UNDICI (οἱ ἕυδεκα1)
Antico collegio di magistrati ateniesi risalente forse a Solone, che prendeva il nome dal numero delle persone che lo componevano, come i quindici in Chio, i sette e i nove a Olbia.
Non si conosce esattamente il significato del loro numero, quantunque sia certo che esso fosse dispari per determinare una maggioranza nei giudizî penali che in principio dovevano essere una loro attribuzione. Da una notizia di Polluce (VIII, 102) risulta che gli undici erano scelti a sorte uno per tribù e ad essi si aggiungeva un segretario. Nell'età classica gli undici erano gli ἐπιμεληταί τῶν κακούργων ed erano preposti alle prigioni. Con κακοῦργοι, malfattori, si intendevano gli autori dei reati comuni, come i furti notturni e quelli diurni aggravati o no dallo scasso, i furti di vesti, il borseggio e il ratto di persona. I colpevoli di tutti questi reati essi dovevano arrestare e custodire nelle prigioni, mentre più tardi la loro competenza si estese anche agli assassini colti in flagrante. Tanto nell'arresto e nella custodia dei delinquenti arrestati, quanto nella loro esecuzione, se condannati, gli undici erano assistiti da aiutanti detti ὑπηρέται e παραστάται. In via straordinaria (Demostene, XXII, 49) furono incaricati del ricupero dei debiti verso lo stato.
Bibl.: E. Caillemer, in Daremberg e Saglio, Dict. d. antiq., III, p. 73 segg.; Th. Thalheim, in Pauly-Wissowa, Real-Encyclopädie, VIII, col. 257; G. Busolt, Griechische Staatskunde, 3ª ed., p. 1107.