POLI, Umberto
POLI, Umberto (Umberto Saba). – Nacque il 9 marzo 1883, a Trieste, da Ugo Edoardo (1853-1916) e da Felicita Rachele Coen (1845-1921), di famiglia ebraica benestante.
Trieste era allora aperta alla cultura mitteleuropea, ma arretrata rispetto alla tradizione italiana, per la quale «nascere a Trieste nel 1883 era come nascere altrove nel 1850» (Saba, Tutte le prose, p. 115). Alla condizione di ‘periferico’ culturale, Umberto Poli aggiunse l’appartenenza a una famiglia disunita: il padre abbandonò la moglie ancor prima del parto, probabilmente perché fu arrestato dopo l’esecuzione di Guglielmo Oberdan (20 dicembre 1882), di cui era simpatizzante, e nel maggio 1883 bandito dai territori del Regno, senza poter conoscere il figlio nato da poco (il loro primo incontro avvenne venti anni dopo). La radice della propria ‘diversità’ è espressa da Saba in Autobiografia, III (1924), in cui contrappone lo «sguardo azzurrino», il sorriso «dolce e astuto» del padre, che è «gaio e leggero», alla madre che «tutti sentiva della vita i pesi», come «due razze in antica tenzone».
Umberto fu accudito fino a tre anni da Giuseppina (Gioseffa) Gabrovich, giovane slovena di religione cattolica: staccato a forza dall’amata balia, fu subito mandato a Padova, presso alcuni parenti, dove rimase probabilmente fino ai dieci anni. Tornò poi a vivere a Trieste con la madre e la zia Regina, molto affezionata a lui e sostegno economico della famiglia; frequentò il ginnasio comunale Dante Alighieri dal 1893 al 1897, quindi l’Accademia di commercio e nautica, sezione commerciale, abbandonata dopo soli sei mesi. Nell’autunno 1898 si impiegò come praticante d’ufficio presso un commerciante di farine, dove rimase circa un anno (le vicende di questo periodo si ritrovano, più o meno riviste dalla fantasia, in Ernesto, scritto nel 1953).
Gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza furono schivi e solitari, con pochi amici (tra i quali il cugino Giorgio Fano e Virgilio Giotti), molte letture di classici (Giacomo Leopardi in testa), e la passione per il violino. Nel gennaio 1903 seguì alcuni corsi universitari a Pisa, dove fu colto da un primo attacco di «neurastenia»; l’anno seguente compì un viaggio movimentato nel Montenegro, da dove inviò una corrispondenza all’amico Amedeo Tedeschi (già destinatario nel 1902 di alcune poesie firmate «Umberto Chopin Poli»), che il 14 luglio la pubblicò nel Lavoratore, di cui era redattore: si tratta della prima apparizione a stampa di uno scritto di Poli. Nel 1905 soggiornò a lungo a Firenze, frequentando circoli artistici e letterari, ma percependo freddezza da parte dell’intellighenzia fiorentina. Il 1° maggio il Lavoratore pubblicò Il borgo.
Fu la prima apparizione a stampa di una poesia di Poli, firmata «Umberto da Montereale»: forse lo pseudonimo derivava dal luogo di provenienza della famiglia paterna, Montereale Valcellina, ma era comunque chiaro l’omaggio a Gabriele D’Annunzio, cui si sforzava di assomigliare e che incontrò forse nel settembre 1906.
Dall’aprile del 1907 al settembre 1908 prestò servizio militare nel R. Esercito italiano, dapprima a Firenze (quartiere di Monte Oliveto), poi a Salerno, dove nacquero i Versi militari. Rientrato a Trieste dopo il congedo, il 28 febbraio1909 sposò con rito ebraico Carolina Woelfler (nata a Trieste il 27 luglio 1877, da Giulio e da Amalia Fano) e andò ad abitare con lei in periferia, a Chiarbola Superiore 91 (poi Strada di Fiume, 53), lo scenario delle poesie di Casa e campagna e di Trieste e una donna.
Il 24 gennaio 1910 nacque la figlia Linuccia, e nel novembre dello stesso anno (ma con data 1911) uscirono a Firenze, per la Casa Editrice Italiana, le Poesie di Umberto Saba, autorevolmente prefate da Silvio Benco.
Qui per la prima volta venne adottato lo pseudonimo di Saba (poi regolarizzato all’anagrafe nel 1928), che derivava forse dalla lingua ebraica (‘nonno’) o, più probabilmente, era il ‘furto’ autorizzato dello pseudonimo già usato da Giorgio Fano (così ricorda Anna Fano in Umberto Saba e Giorgio Fano, in Il Ponte, XL (1984), 4-5, p. 114). Il manifesto di poetica Quello che resta da fare ai poeti («ai poeti resta da fare la poesia onesta»), proposto a Scipio Slataper nel febbraio 1911 per la Voce, venne rifiutato dalla rivista, e apparve a stampa solo postumo.
Nel 1911 una grave crisi coniugale portò Umberto Saba e Lina a una separazione temporanea, ricomposta l’anno seguente, quando insieme si trasferirono a Bologna. Il 1912 è l’anno dell’importante lettura di Sesso e carattere di Otto Weininger e della pubblicazione, nella Libreria della Voce, di Coi miei occhi (più tardi Trieste e una donna), che comprendeva sia la ‘cronaca poetica’ della crisi coniugale (Nuovi versi alla Lina) sia alcune fra le più belle e famose poesie dedicate a Trieste (Trieste, Città vecchia, Tre vie). Nel settembre 1913 fu rappresentato a Trieste, con totale insuccesso, il dramma Il letterato Vincenzo, pure ispirato alla crisi coniugale. Alla prima guerra mondiale Saba prese parte in posizione defilata (a Casalmaggiore, Roma e a Milano, dove nel novembre 1918 fu ricoverato per una nuova crisi nervosa), non interrompendo la sua attività poetica (Poesie scritte durante la guerra). Dopo il ritorno a Trieste dapprima si impiegò in lavori saltuari, ma trovò presto quello che sarebbe stato il suo lavoro definitivo: libraio antiquario, con negozio in via San Nicolò 30.
Con il marchio La Libreria Antica e Moderna, uscirono nel 1920 Cose leggere e vaganti e nel 1921 il Canzoniere, comprensivo di tutte le liriche composte fino a quel momento, rielaborate e organizzate come capitoli di un’autobiografia poetica. Nel 1923 la nuova raccolta Preludio e canzonette, parzialmente anticipata nel Convegno, uscì per le edizioni di Primo Tempo, a segnare l’inizio della fortuna critica di Saba, che vedeva riconosciuta la sua statura poetica da alcuni giovani, ma autorevoli collaboratori delle due riviste (Giacomo Debenedetti, Sergio Solmi, Eugenio Montale). Nel 1926 Figure e canti fu il primo libro di Saba pubblicato da una grande casa editrice, Treves, e nel 1928 le prestigiose edizioni di Solaria accolsero Preludio e fughe. Nel 1929 intraprese la terapia psicoanalitica con Edoardo Weiss, allievo di Sigmund Freud e tra i primi a introdurre la psicoanalisi in Italia, ma dovette interromperla nel 1931, quando Weiss si trasferì a Roma.
‘Resuscitando’ se stesso bambino («il piccolo Berto»), il poeta trasformava in poesia i suoi ricordi, man mano che riaffioravano; la cura fallì, perché il piccolo Berto non morì mai del tutto, ma la guarigione avrebbe avuto come conseguenza il silenzio della poesia: Saba «non avrebbe più scritto poesie: non avrebbe avuto più bisogno di scriverne» (Storia e cronistoria del Canzoniere, in Tutte le prose, pp. 261 s.). La psicoanalisi fu dunque per lui soprattutto uno strumento straordinario di conoscenza dell’animo umano (e quindi della realtà tutta). Frutto poetico immediato della cura fu Il piccolo Berto (in Solaria, febbraio 1931), ma intanto proseguiva, anche grazie allo scavo psicoanalitico, il lavoro incessante di sistemazione e correzione delle poesie giovanili: Ammonizione e altre poesie (Trieste 1932) fu presentato da Saba come il primo volume dell’«ed. completa e definitiva» della sua opera poetica.
Come rilevato dallo stesso autore, alla «crisi del Piccolo Berto» seguì «una grande chiarificazione interna, alla quale risponde un uguale illimpidimento della forma», così che il Saba di Parole (opera scritta nel 1933-34 e pubblicate nel 1934 a Lanciano, da Carabba) e poi di Ultime cose (scritta fra il 1935 e il 1943 e pubblicata in edizione semiclandestina a Lugano nel 1944, con prefazione di G. Contini), abbandonata la sua linea narrativa, ci si presenta come un «lirico puro» (Storia e cronistoria del Canzoniere, in Tutte le prose, p. 278). In un clima politico sempre più cupo e minaccioso Saba cercava un rifugio per sé e la famiglia: nell’estate 1938 fu a Parigi, poi a Roma, tornando infine (gennaio 1939) a Trieste, dove fu costretto dalle leggi antirazziali a cedere formalmente la libreria a Carlo Cerne, assunto come commesso fin dal 1924. Nei primi anni di guerra visse tra Trieste e Milano, ospite di Emanuele Almansi, libraio antiquario, che abitava in via Andrea Doria 7 con la moglie Onorina Berra e il figlio Federico, nato nel 1924: al ragazzo, Saba si legò progressivamente di affetto poliedrico, anche con risvolti omoerotici, vedendo in lui un figlio, un giovane amico, un allievo tanto bravo da potere diventare il suo erede poetico (scrisse la prefazione alle Poesie del giovane, edite a Firenze nel 1948). Federico, ispiratore e protagonista più o meno occulto di molte poesie sabiane a partire da Ultime cose, dal 1950 mostrò segni sempre più gravi di schizofrenia, e trascorse molti degli anni seguenti (fino alla morte, nel 1978) in ospedali psichiatrici.
Dopo l’8 settembre 1943 Saba fuggì da Trieste, con Lina e Linuccia, per rifugiarsi a Firenze, dove rimase per tutto l’anno 1944. La clandestinità fiorentina fu cupa e dolorosa (dovette cambiare ben undici domicili), confortata dalla vicinanza di amici fidati, tra i quali Montale, che gli faceva visite quotidiane. Nel gennaio 1945 partì per Roma, dove trascorse il periodo più felice della sua vita («Avevo Roma e la felicità. / Una godevo apertamente e l’altra / tacevo per scaramanzia», Gratitudine (1946), vv. 2-4): circondato da amici come Debenedetti, Sandro Penna, Adriano Grande, Renato Guttuso, Guido Piovene, Elsa Morante, teneva con successo letture pubbliche delle sue poesie e riusciva a vivere con i compensi delle collaborazioni a varie riviste. Intanto, lavorava alla raccolta poetica Mediterranee e al libro di aforismi Scorciatoie e raccontini, pubblicati entrambi da Mondadori nel 1946. A Roma Saba portò avanti la laboriosa correzione delle bozze della seconda edizione del Canzoniere (poesie 1900-45, ripartite in tre volumi: 1900-20, 1921-32, 1933-45), uscita da Einaudi nell’autunno del 1945. La felicità fu breve: tornato a Roma dopo lunghi soggiorni estivi a Venezia e Trieste, Saba trovò «tutto cambiato […] come se ci fosse passata una corrente di gelo» (Università di Pavia, Fondo manoscritti, lettera a Lina del 4 novembre 1945).
A novembre si trasferì quindi a Milano, dove poté contare sull’ospitalità degli Almansi, sulla generosità di Raffaele Mattioli, che mise a sua disposizione, per poter lavorare al caldo, un salottino della Banca commerciale, e sulla stima e amicizia di giovani letterati e poeti, tra i quali Vittorio Sereni e Giansiro Ferrata. Nel 1946 fu insignito del premio Viareggio e l’anno seguente rifiutò la proposta di insegnare all’Università di San Paolo, in Brasile. La difficoltà di trovare un lavoro stabile (tale non erano né la pubblicazione retribuita di sue poesie e prose né la collaborazione saltuaria al Corriere della sera) lasciava presagire sempre più il temuto ritorno a Trieste, da lui percepita profondamente ostile nei suoi confronti. Alle preoccupazioni economiche e ai dolori privati (l’aggravarsi dei disturbi psichici di Federico), si aggiunse nel 1948 la forte delusione per la sconfitta del Fronte popolare alle elezioni del 18 aprile (cfr. la poesia di Sereni Saba, negli Strumenti umani). Nel settembre 1948 uscì la seconda edizione Einaudi del Canzoniere 1945 (poesie 1900-47) e nell’ottobre, da Mondadori, Storia e cronistoria del Canzoniere, analisi della sua poesia scritta in terza persona, con pseudonimo Giuseppe Carimandrei, volta a compensare la disattenzione della critica nei confronti della propria opera.
Qualche mese prima, il 7 maggio 1948, aveva lasciato Milano per Trieste, da dove non si sarebbe più mosso, con l’eccezione dei ricoveri in cliniche (a Roma, Trieste, Gorizia) dovuti al frequente riacutizzarsi della nevrosi, combattuta con dosi sempre più massicce di oppiacei.
Argine parziale all’angoscia furono, in quegli anni, alcuni riconoscimenti ufficiali: nel 1951 i premi Taormina e dell’Accademia nazionale dei Lincei; nel 1953, per il settantesimo compleanno, l’onorificenza di Grande ufficiale al merito della Repubblica, grandi festeggiamenti triestini e la laurea ad honorem conferita dall’Università di Roma. Nel 1951 uscirono sia un’edizione di lusso del Canzoniere per Garzanti (Milano), sia Uccelli. Quasi un racconto per Mondadori (Milano), mentre uscì solo postuma l’einaudiana Antologia del Canzoniere (a cura di C. Muscetta, Torino 1963).
Nel maggio 1953, durante un breve periodo di serenità trascorso nella clinica romana Villa Electra, Saba iniziò a scrivere Ernesto, da lui definito scandaloso e impubblicabile (per la tematica omosessuale), al quale lavorò nei mesi successivi, ma senza terminarlo. Sospeso e poi rimasto incompiuto, il breve romanzo era destinato, per volontà dell’autore, a essere bruciato; Linuccia invece disobbedì all’ordine del padre, pubblicandolo nel 1975. L’aggravarsi delle condizioni di salute e la malattia della moglie resero molto penosi gli ultimi anni di Saba, durante i quali scrisse le Sei poesie della vecchiaia e dette in stampa il faticoso lavoro di raccolta delle prose, antiche e recenti (Ricordi-Racconti, Milano 1956). Lina morì il 25 novembre 1956 e il giorno dopo Saba uscì per l’ultima volta dalla clinica San Giusto di Gorizia, dov’era ricoverato, per partecipare ai funerali. Nel febbraio 1957 apparve l’ultima edizione del Canzoniere vivo l’autore.
La mattina di domenica 25 agosto 1957 Saba, colpito da infarto, fu trovato morto nella sua stanza di ospedale a Gorizia.
Dopo il funerale, celebrato in forma solenne, il 27 agosto fu sepolto a Trieste, accanto a Lina, nel cimitero cattolico di Sant’Anna.
Opere. La prima edizione completa del Canzoniere uscì a Torino nel 1961, per Einaudi, e comprende le poesie 1900-54 (vengono aggiunte le ultime raccolte, in ordine di composizione: Epigrafe, Uccelli e Quasi un racconto, Sei poesie per la vecchiaia). Nell’edizione Einaudi 1965 (su cui sono esemplate le ristampe successive), Epigrafe è spostata in ultima posizione, per ricostituire l’ordine delle ultime poesie in modo più consono alla volontà dell’autore, che aveva destinato Epigrafe a una pubblicazione postuma.
L’opera di Saba è raccolta in due «Meridiani» Mondadori: Tutte le poesie e Tutte le prose, a cura di A. Stara e con introduzione di M. Lavagetto (rispett. Milano 1988 e 2001). Il Canzoniere è pubblicato anche da Einaudi (ultima rist., con introduzione di N. Palmieri, Torino 2014). Manca ancora l’edizione critica dell’intero Canzoniere (cfr. G.E. Bonura, I Canzonieri di U. S.; verso l’ed. critica delle poesie, in Rivista di letteratura italiana, XXXII (2014), 1, pp. 107-145), che prosegua l’edizione critica del Canzoniere 1921 curata da G. Castellani (Milano 1981), dando conto del lavoro variantistico di un poeta sempre impegnato nella sistemazione ‘definitiva’ del proprio corpus. Fra le singole raccolte riproposte da ultimo: Ammonizione e altre poesie, a cura di R. Deidier (Genova 2003); Figure e canti, a cura di S. Carrai (Alessandria 2004); Intermezzo quasi giapponese, a cura di M.A. Terzoli (Parma 2007). La sola edizione commentata è Coi miei occhi (1911), a cura di C. Milanini (Milano 1981). Ancora utile (anche per l’accurato Indice analitico finale, assente nel «Meridiano») il volume di Prose curato da Linuccia Saba, con prefazione di G. Piovene e nota critica di A. Marcovecchio (Milano 1964). Di Ernesto, M.A. Grignani ha curato una nuova edizione filologicamente corretta per Einaudi (Torino 1995). Il letterato Vincenzo è uscito a cura di R. Saccani (Lecce 1989).
Dell’epistolario, di cui sembra lontana la pubblicazione integrale, sono state edite finora più di 500 lettere; tra i volumi usciti: U. Saba - P.A. Quarantotti Gambini, Il vecchio e il giovane, a cura di L. Saba, Milano 1965. Inoltre: Amicizia. Storia di un vecchio poeta e di un giovane canarino (Quasi un racconto, 1951), a cura di C. Levi, Milano 1976; La spada d’amore. Lettere scelte 1902-1957, a cura di A. Marcovecchio, con una presentazione di G. Giudici, Milano 1983; Atroce paese che amo. Lettere famigliari (1945-1953), a cura di G. Lavezzi - R. Saccani, Milano 1987; Lettere sulla psicoanalisi. Carteggio con Joachim Flescher, 1946-1949, a cura di A. Stara, Milano 1991; Lettere a Sandro Penna, 1929-1940, a cura di R. Deidier, Milano 1997; Quante rose a nascondere un abisso. Carteggio con la moglie, 1905-1956, a cura di R. Acetoso, con prefazione di A. Debenedetti, Lecce 2004; U. Saba - V. Sereni, Il cerchio imperfetto. Lettere 1946-1954, a cura di C. Gibellini, Milano 2010; U. Saba - S. Ferrero, Gli angeli di Cocteau. Lettere 1946-1954, a cura di B. Luoni - A. Rossetti, Milano 2013. Antologie commentate: Il Canzoniere, a cura di F. Portinari, Torino 1976; La malinconia amorosa. Poesie 1900-1954, a cura di G. Pontiggia, Milano 1992. Concordanze: G. Savoca - M.C. Paino, Concordanza del «Canzoniere 1921» di Umberto Saba. Testo, concordanza, liste di frequenza, indici, Firenze 1996.
Fonti e Bibl.: Appunti, manoscritti, dattiloscritti, libri postillati sono conservati presso il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia. Altre importanti testimonianze autografe sono conservate nella Biblioteca civica e presso l’Università di Trieste, la Biblioteca comunale di Treviso, l’Archivio di Stato di Torino, l’Archivio della Fondazione Mondadori di Milano. Tra i privati che posseggono importanti carte sabiane si contano: M. Cerne (figlio di Carlo, e attuale gestore della libreria antiquaria); M. Coen Miraldi (Torino); A.M. Fortuna (Pontassieve); S. Volpato e libreria antiquaria Pontremoli di Milano (carte dagli archivi di A. Pittoni e C. Pagnini, esposte in mostra a Milano, Casa Manzoni, 14-27 marzo 2013, e parzialmente riprodotte nel catalogo relativo).
S. Mattioni, Storia di Umberto Saba, Milano 1989; molto dettagliata la Cronologia dei due «Meridiani». Tra le testimonianze parziali, oltre al ricordo di Linuccia (Umberto Saba mio padre. Memorie raccolte da A. Andreoli, in Linea d’ombra, 1983, 2, pp. 170-186) si ricordino almeno: O. Cecchi, L’aspro vino di Saba, Roma 1988 e C. Benussi et al., Umberto Saba. Sei donne per un poeta, Empoli 2007. Offrono dati nuovi sulla figura del padre due interventi di O. Spoglianti: Indagini e congetture su Ugo Poli padre di Umberto Saba e Dalla parte di Ugo…, in Metodi e ricerche, VI (1987), 2, pp. 77-82; IX (1990), 2, pp. 23-28. Sulla libreria antiquaria: E. Bizjak Vinci - S. Vinci, La libreria del poeta, Trieste 2008. Il Catalogo primo (1923) è stato edito da M. Gatta (Macerata 2011). Poche le testimonianze in video, riunite in G. Sica, Umberto Saba. «Il Canzoniere», regia di G. Barcelloni, Roma 1998 (Rai-Educational). È consultabile in rete (www. internetculturale.it) la versione digitale della Mostra Umberto Saba. La poesia di una vita (Trieste, 8 aprile - 30 giugno 2003). Bibliografie: G. Castellani, Bibliografia delle edizioni originali di Umberto Saba, Trieste 1983; indispensabili le bibliografie delle opere nei due «Meridiani», cui si rimanda anche per la bibliografia critica su Saba fino al 1999; per gli anni successivi soccorre M. Ceroti, Bibliografia sabiana 1997-2007, in Rivista di letteratura italiana, XXVI (2008), 2-3, pp. 429-446.
Si vedano, inoltre, fra le opere collettive e atti di convegni: 1983 anno di U. S. Celebrazioni per il centenario della nascita, Trieste s.d. (ma 1983); Il punto su Saba, Atti del convegno internazionale… 1984, Trieste 1985; Umberto Saba. Un Canzoniere e una città, Atti del convegno nazionale… 1983, Trieste 1986; Umberto Saba, Trieste e la cultura mitteleuropea. Atti del convegno, Roma… 1984, Milano 1986; «In fondo all’Adriatico selvaggio…»: Umberto Saba, con gli occhi dell’altra Europa, Pécs 2004; «Si pesa dopo morto». Atti del convegno internazionale di studi per il cinquantenario della scomparsa di Umberto Saba e Virgilio Giotti (Trieste… 2007) e Saba extravagante, Atti del convegno internazionale di studi (Milano… 2007), numeri monografici di Rivista di letteratura italiana, XXVI (2008), 1-3. Fra i numeri monografici di periodici: Solaria, III (1928), 5; La fiera letteraria, V (1950), 44; Galleria, X (1960), 1-2; Nuovi Argomenti, n.s., 1978, n. 57; Otto/Novecento, VII (1983), 1-2; il Portolano, XIII (2007), pp. 1-31; Comunicare letteratura, I (2008), pp. 11-172.
Fra gli studi monografici e i saggi: F. Portinari, Umberto Saba, Milano 1963; P. Raimondi, Invito alla lettura di Saba, Milano 1974; A. Pinchera, Umberto Saba, Firenze 1974; Per conoscere Saba, a cura di M. Lavagetto, Milano 1981; E. Guagnini, Il punto su Saba, Roma-Bari 1987; F. Brugnolo, Il Canzoniere di Umberto Saba, in Letteratura italiana (Einaudi), diretta da A. Asor Rosa, Le Opere, IV, Il Novecento, I, Torino 1995, pp. 497-559. Voci sintetiche ma rilevanti: P.V. Mengaldo, Umberto Saba, in Poeti italiani del Novecento, Milano 1978, pp. 182-197; Id., Umberto Saba, in Storia dell’italiano nel Novecento, Bologna 2014, pp. 199-206; R. Luperini, Le rose e l’abisso: la poesia di Umberto Saba, in Il Novecento, Torino 1981, I, pp. 244-267. Oltre ai tempestivi interventi di G. Debenedetti (in Id., Saggi critici. Serie prima, Firenze 1929, ad ind.; Intermezzo, Milano 1963, ad ind.; Poesia italiana del Novecento. Quaderni inediti, Milano 1974, ad ind.) e di S. Solmi (poi in Id., La letteratura italiana contemporanea, I, a cura di G. Pacchiano, Milano 1992, ad ind.), si vedano: E. Favretti, La prosa di Umberto Saba, Roma 1984; T. Ferri, Poetica e stile di Umberto Saba, Urbino 1984; A. Girardi, Cinque storie stilistiche, Genova 1987; M. Lavagetto, La gallina di Saba, Torino 1989; L. Polato, L’aureo anello. Saggi sull’opera poetica di Umberto Saba, Milano 1994; A. Girardi, Prosa in versi, Padova 2001; A. Cinquegrani, Solitudine di Umberto Saba: da «Ernesto» al «Canzoniere», Venezia 2007; M. Paino, La tentazione della leggerezza. Studio su Umberto Saba, Firenze 2009; A. Girardi, Grande Novecento, Venezia 2010.