TROILO E POLISSENA
A) Troilo (Τρωίλος, Troilus). - Principe troiano figlio di Priamo, ucciso da Achille in un'imboscata notturna nei primi tempi della guerra di Troia. Il suo nome è ricordato solo una volta da Omero (Il., xxiv, v. 259) con un epiteto che ricorda la sua passione per i cavalli. La storia del giovane principe ebbe invece notevole sviluppo nelle Kypria e da qui venne accettata con estremo entusiasmo nell'arte figurativa dell'arcaismo in tutti i più svariati ambienti artistici della Grecia.
1. - Anche opere d'arte di carattere monumentale ebbero a soggetto le vicende del giovinetto cavaliere, di Polissena sua sorella e dell'agguato di Achille, con ogni probabilità sin dalla fine del VII sec. a. C. Se infatti è incerta la lettura del nome di una metopa dipinta estremamente mutilata di Kalydon, è invece praticamente sicuro che nel frontone attico detto dell'Ulivo è figurata la scena dell'agguato di Achille a T. presso la fontana monumentale dove il giovinetto viene ad abbeverare i cavalli e a scortare la sorella Polissena che attinge acqua. Allo stesso modo una metopa del thesauròs del Sele conserva una grande figura isolata di Achille in agguato inginocchiato presso una palma, come a presupporne altre con T. e Polissena. In tutti questi monumenti peraltro la figura di T. è sempre mancante o perduta a causa di lacune. Mentre in realtà una tradizione figurata continuata e consistente s'incontra solo in opere minori, lamine di bronzo e vasi dipinti d'ogni famiglia.
Il documento più antico sembra essere l'aröballos tardo-protocorinzio da Efestia, dove in forme rozze e imprecise s'incontrano già tutti i motivi fondamentali della storia: Achille inginocchiato in agguato, T. a cavallo e un'altra figura di giovane che fugge che è stata intesa come uno dei compagni del giovane principe, mentre in realtà potrebbe unicamente indicare il tema della fuga successivo a quello dell'agguato. Segue la raffigurazione dello stesso mito sul grande calice chiota da Pitane-Çandarli (Istanbul, museo), dagli scavi dell'Akurgal (inedito).
2. - Una classe di figurazioni peloponnesiache che sembra differenziarsi profondamente dalle altre è quella offerta dalla lamine bronzee di scudi da Olimpia. In questa serie compaiono quattro versioni della stessa scena- un guerriero che uccide un giovinetto su un altare- di cui due vengono riferite ad Achille e T., le altre a Neottolemo e Astianatte. In considerazione dell'estrema, concentrata ferocia della scena, E. Kunze postula una tradizione peloponnesiaca ben differenziata, in cui non dovrebbero rientrare i motivi della fontana e della sorella che viene ad attinger acqua. In compenso il Kunze vede un preciso significato erotico nel galletto che il fanciullo ha nelle mani in una delle figurazioni. In realtà l'attributo del galletto più che un significato erotico, appare piuttosto come un'indicazione della giovane età del ragazzo, mentre la composizione serrata ed essenziale è determinata dalle dimensioni delle lamine bronzee, di carattere metopale, piuttosto che da particolari esigenze narrative. E in ogni modo la tradizione figurativa corinzia così nel già ricordato aröballos di Efestia come nella notissima fiasca firmata da Timonidas (Atene, Museo Naz.), presenta chiaramente i noti motivi dell'agguato alla fontana, con Achille in panoplia inginocchiato tra gli arbusti. In definitiva i temi che vengono rappresentati possono distinguersi in quattro momenti consecutivi: l'agguato, l'inseguimento, l'uccisione e, come corollario, la lotta intorno al corpo dilaniato.
3. - La ceramica corinzia apparentemente conosce solo il tema dell'agguato e della morte; o almeno, il tema dell'inseguimento sarebbe rappresentato solo da un'anfora di Zurigo in cui gli studiosi non riconoscono più la storia di Troilo. Uno dei documenti più raffinati e completi è quello rappresentato dalla già ricordata fiasca di Timonidas. La scena ha una peculiare dignità e staticità anche per la presenza del vecchio re Priamo. T. conduce i cavalli alla fonte appiedato, accompagnato dalla sorella Polissena in un'atmosfera calma e distesa in cui l'unico elemento conturbante, la figura di Achille in agguato appare dissimulata in un angolo e come sminuita. In questo caso la centralizzazione della figura di T. rappresenta un elemento raro se non addirittura eccezionale. È evidente infatti che anche nella tradizione figurata, per effetto della normale legge di attrazione del maggiore sul minore, la storia di T. non sia da considerarsi che come un episodio della storia di Achille. È ben naturale quindi che l'accento vada sul maggiore eroe che giganteggia sugli altri elementi del racconto e che anche da solo, come nella metopa del Sele, basta a riassumere la tragica vicenda. Nella più povera hydrìa di Cartagine il tema ritorna in forme essenzialmente immutate, unica differenza è nella figura di T. giovinetto a cavallo invece che barbato e stante come nella fiasca di Timonidas.
Il cratere corinzio Louvre E 368 pone invece al centro di una densa battaglia l'ultimo atto della storia: Achille che tiene sospeso per i piedi il fanciullo sull'altare e gli taglia la gola come a una vittima sacrificale. Lo schema s'incontra nella ceramica attica e in un'anfora pseudocalcidese del Louvre. E indubbiamente l'aspetto quasi ritualistico dell'immolazione sull'altare sembra far presente l'idea della necessità della morte del giovinetto, condizione richiesta dagli oracoli per la vittoria degli Achei: e di conseguenza serve a giustificare o in parte a redimere la sorprendente brutalità del fatto.
4. - Nella ceramica laconica si ritrovano i due tipi di T. stante con i cavalli e di T. cavaliere. Mentre ancora una volta l'accento è posto decisamente sulla grande figura di Achille in agguato seminginocchiata presso la fontana monumentale. In generale T. e Polissena secondo quella peculiare inconsistenza narrativa della ceramica laconica vengono frettolosamente smistati nell'esergo: e in un caso la situazione è spinta a tal punto che anche i piccolissimi fratelli troiani scompaiono e Achille rimane solo presso il grande tempio-fontana intorno alle cui colonne s'avvolge un serpente. Nè è meraviglia che antichi esegeti in base agli elementi in esistenza avessero dato al serpente, mero elemento di color locale, importanza di protagonista e letto la scena misteriosa come una figurazione di Cadmo e il dragone. La ceramica laconica apparentemente non conosce i temi dell'inseguimento e dell'uccisione: seppure i cavalli al galoppo nell'esergo della coppa di Samo opposti alla statica figura di Polissena non stiano a indicare il motivo della fuga.
5. - La ceramica calcidese conosce lo schema di T. stante presso la fontana come nel ben noto frammento iscritto di Reggio, T. a cavallo contrapposto ad Achille inginocchiato o anche l'immolazione del fanciullo sull'altare, in forme sempre sostanzialmente dipendenti dalla tradizione corinzia e attica. Mentre nella ceramica etrusca e in particolare nella nuova anfora del Pittore di Paride nel museo di Reading, i temi dell'inseguimento e dell'uccisione vengono svolti con singolare veemenza e crudezza.
6. - Estremamente più ampio e variato è il panorama presentato dalla ceramica attica, in particolare quella a figure nere, dove i varî episodî della storia di T. particolarmente l'agguato e l'inseguimento, rientrano tra i più costanti e popolari temi di repertorio. Così T. in fuga a cavallo dinanzi ad Achille trova posto nel grande cratere di Kleitias che rappresenta per noi una sorta di Bibbia ufficiale dei più famosi temi mitici. Ed è persino da supporre che qualsiasi giovinetto in fuga a cavallo sia da intendere almeno alle origini, come un excerptum dalla famosa storia troiana.
Già nella prima metà del sec. VI a. C. si contano edizioni di estremo interesse e di intensa drammaticità. Così quelle del Pittore di Londra B 76 (anfora British Museum 37.7-21.2, hydrìa New York, v. vol. iv, fig. 815), del Pittore C. o del Pittore di Heidelberg, delle anfore tirreniche. Gli artisti attici sembrano più dei corinzî intenti a cogliere la sotterranea tensione della scena: la quiete idillica apparente con la dissimulata minaccia dell'agguato. Tensione che sembra materializzarsi nella presenza del corvo, in generale appollaiato presso la fontana, il messaggero di Apollo che comunica l'estremo avvertimento e che sembra render tangibile l'atmosfera di pericolo indeterminato che è nell'aria. Come è stato detto sopra, il protagonista è quasi sempre Achille inginocchiato tra gli arbusti o inseguente in potenti falcate il fanciullo che fugge a cavallo; o più tardi Polissena che il grande eroe amerà e che porterà su lui la punizione e la morte. Mentre T. non è che un anonimo fanciullo a cavallo impiccolito dal fatto stesso che i cavalieri appaiono sempre di statura ridotta nelle figurazioni arcaiche: così che ci si può domandare se la circostanza della giovanissima età di T. non sia dovuta a questa consuetudine figurativa. A volte si ha anzi addirittura l'impressione ché il giovinetto costituisca un'aggiunta non indispensabile nel dramma che è già di per sè completo nei due protagonisti Achille e Polissena. Non di rado infatti T. è assente, particolarmente nelle figurazioni più ridotte delle lèkythoi. Mentre in una hydrìa del Gruppo di Leagros l'anonimo piccolo cavaliere che segue Polissena è tagliato a metà dalla cornice del quadro. Sempre restando nello stesso ambiente del Gruppo di Leagros, numerose sono le figurazioni dell'ultimo atto della tragedia. Anche qui sembra di vedere degli aspetti di sacrificio quasi cerimoniali nelle rappresentazioni del fanciullo sgozzato sull'altare e ancora più in quella curiosa immagine su una hydrìa riscoperta recentemente in una raccolta portoghese, di T. ritto come una piccola statua sull'altare, come in aspetto di vittima volontaria. Il motivo poi della selvaggia mutilazione del giovinetto ricordato del resto anche da Sofocle, è da intendersi nei gesti brutali di distruzione: così T. ci appare a volte proiettato come una fionda contro l'altare in maniera non diversa a quanto accade per Astianatte, donde incertezze di esegesi e possibilità di contaminazioni. In altri casi la testa staccata del fanciullo appare infissa sulla punta della lancia di Achille o lanciata contro i Troiani (anfora Monaco 1426; British Museum B 326).
Se poi la presenza occasionale di guerrieri o di compagni del giovane principe sembra dovuta principalmente a ragioni tecniche di ampliare o comprimere la scena, una maggiore consistenza figurativa e narrativa sembra di poter cogliere nella tradizione di una battaglia sul corpo di T., anche questa svolta unicamente nella ceramica corinzia e attica a figure nere, dalle anfore tirreniche in poi.
Più ristretta nei motivi appare invece la tradizione figurata nella ceramica attica a figure rosse: il motivo dell'agguato sembra ad esempio completamente abbandonato, o almeno nell'unico esempio che conosciamo, la squisita kàlpis del Pittore di Berlino nell'Ermitage, la scena è limitata ad Achille inginocchiato e a Polissena alla fonte, in un mirabile equilibrio formale che in certo modo sembra legittimare l'abolizione di Troilo. I motivi più ripetuti sono invece quelli dell'inseguimento da parte del piè-veloce Achille e dell'uccisione. Sembra a volte di poter notare come gli artisti abbiano figurato T. meno fanciullo, a volte armato di due aste e a volte con il manto e la mitra di cuoio dei cavalieri e delle amazzoni. Si veda ad esempio lo stàmnos del Pittore di Ettore nel Vaticano o la pelìke del Pittore G 231 del Louvre, che contano tra le più tarde edizioni della storia in Attica. Singolare è anche l'esempio di un T. adulto e combattente nella coppa di Oltos, Louvre G 16. In questo caso l'uccisione ha l'aspetto di un normale duello in cui T., che solo il nome iscritto vale a far riconoscere, è un guerriero sopraffatto come tanti altri che si difende in ginocchio con la spada contro la lancia di Achille. Sono d'altra parte in questa serie le edizioni più intensamente poetiche della storia, la coppa del Pittore di Brygos Louvre G. 254, quella di Makron a Palermo o la raffinatissima coppa di Perugia firmata da Euphronios e assegnata ad Onesimos. In alcune di queste figurazioni sembra innegabile la presenza di quegli elementi di amore e di odio, attrazione e volontà distruttiva che dovevano esser presenti per lo meno già nel dramma di Sofocle. Così il fanciullo ci appare afferrato per i capelli e divelto come un fiore dal cavallo: a volte quest'ultimo è crollato a terra in un drammatico viluppo. Mentre nella coppa di Onesimos la relazione tra il gran gesto drammatico di Achille che leva alta la spada e la fragilissima, patetica figura del fanciullo semimorto e quasi spezzato nelle mani del grande guerriero, fanno intendere un parossismo di odio e di violenza che non trovano giustificazione nella pietosa debolezza dell'avversario. Lo stesso folle infuriare di crudeltà sembra di intendere in un'anfora nolana del Pittore di Alkimachos dove un gran guerriero porta afferrato per i capelli un piccolo corpo di fanciullo nudo, come la preda personale che un leone trascina gelosamente al covo.
7. - In ambiente etrusco il mito dell'agguato di Achille a T. è già noto alla fine del VI sec. (Tomba dei Tori, a Tarquinia) e riappare poi su urnette di età ellenistica. Le rare edizioni del mito nella ceramica italiota seguono invece una strada del tutto diversa. Il dramma è sempre da collocare in un momento futuro: per il momento non abbiamo che i protagonisti evocati in atteggiamenti statici e sospesi, tali che appena lasciano presumere gli atroci sviluppi che seguiranno. Fa eccezione il superbo cratere della Biblioteca dei Gerolamini (Napoli), in cui il dramma è compiuto e il corpo di T. giace riverso obliquo tra le colonne del tempietto che qui evidentemente rappresenta la fontana. Elementi accessori quali la hydrìa abbandonata sembrano confermare l'identificazione: e indubbiamente il florido corpo giovanile abbattuto in un superbo scorcio ci dà una delle più vivide e poetiche immagini del fanciullo eroe stroncato dalla morte.
8. - La storia di T. forse a causa della sua inspiegabile crudeltà venne presto dimenticata dalla matura arte classica e dall'ellenismo.
Non sicura è infatti l'identificazione di T. in uno specchio bronzeo della Collezione Stathato (Mélanges C. Picard) e ugualmente incerto un dipinto pompeiano che del resto, come lo specchio, si ricollega a schemi di amazzonomachie. Mentre inaccettabile è l'ipotesi che il notissimo gruppo colossale di Napoli con un guerriero che porta brutalmente sulle spalle come una piccola preda uccisa il corpo di un fanciullo possa rappresentare Ettore con il corpo di Troilo.
È peraltro da menzionare che Virgilio include la scena della morte di T. tra i pannelli che Didone ha voluto inserire nel tempio di Cartagine (Aen., i, v. 474).
B) Polissena (Πολυξένη, Polyxena). - Le immagini della sorella dell'adolescente T. che accompagna quest'ultimo nelle sue sortite notturne alla fontana sono appena da disgiungere da quelle del fratello. Cosi incontriamo Polissena stante presso la fonte, a volte l'hydrìa sul capo, a volte poggiata a terra sotto il getto dell'acqua: o nelle scene d'inseguimento, in fuga disperata, l'hydrìa abbandonata a terra riversa, mentre Achille punta irresistibile contro quello che è in realtà il suo nemico, non la timida donna, ma il giovinetto cavaliere.
In realtà, almeno per quanto riguarda le immagini più antiche nella ceramica corinzia, laconica e attica a figure nere, il centro nevralgico del dramma si ha nell'urto, nel furioso inseguimento e nell'uccisione del giovinetto: la figura della fanciulla è per lo più un accessorio, e come tale è considerata, una sommaria immagine di hydrophòros senza nessuna trasformazione poetica. Anche nel frontone dell'Ulivo, dove resta unica a dominare nella distruzione quasi totale delle altre figure, sembra di sentire in Polissena un distacco, un'assenza che la esclude dal cerchio magico della passionalità e della violenza. E solo nella tarda produzione attica a figure nere, in particolare nelle lèkythoi dove per ragione di limitazione del campo T. viene non di rado eliminato, che Polissena viene ad assumere una sempre maggiore importanza e un accento più personale. E infine nella hydrìa del Pittore di Berlino dell'Ermitage, l'unica figurazione dell'agguato alla fontana nella tecnica a figure rosse, Polissena ci appare protagonista, opposta ad Achille inginocchiato, come una sorta di principessa incantata su cui trasvola un piccolo erote.
Non mancano peraltro apparizioni isolate di Polissena in altre situazioni mitiche. Così nel cratere corinzio E. 638 del Louvre, Polissena appare a fianco della sorella Cassandra ambedue indicate con il nome, dinanzi ai cavalli del carro di Ettore che parte per la battaglia. Allo stesso modo la sua presenza è attestata sicuramente dall'iscrizione in una figurazione dell'oltraggio a Cassandra dinanzi al Palladio- anfora di Berlino 1628- e può di conseguenza essere eventualmente identificata in una delle donne fuggenti nelle numerosissime ripetizioni della stessa scena.
Polissena appariva nell'Ilioupèrsis di Polignoto (Paus., x, 25, 10) accanto alla madre e alle altre donne troiane prigioniere in attesa di un terribile fato. Mentre altri dipinti anoniini sono ricordati dalle fonti come aventi a soggetto il sacrificio finale della fanciulla. Così un dipinto nella Pinacoteca presso i Propilei (Paus., i, 28, 6) e un altro a Pergamo sul Kaikos (Paus., iv, 15, 10): mentre in un epigramma dell'Anthologia Planudiana (iv, 150) un'altra pittura dello stesso soggetto è stata con evidente confusione assegnata a Policleto. Un gruppo marmoreo è invece descritto in un passo di Libanio (ed. Reske, 4, 1088), in cui ancora una volta è ricordata l'eroica docilità della fanciulla che si sottomette al sacrificio ferma e serena, come ad accettare le condizioni espresse dalle parole di Ovidio "cineribus ... desponsa". Di quest'ordine è l'immagine seminuda, inginocchiata presso l'altare, che figura nella Tabula Iliaca. Per contro, a giudicare dai monumenti esistenti una concezione del tutto diversa e di una estrema crudeltà s'incontra nelle figurazioni più antiche in vasi attici a figure nere. Due anfore tirreniche (British Museum, 97.7-27, 2 e Berlino 4841) ci presentano infatti una volta Polissena sollevata orizzontalmente da tre eroi e come forzata sotto il coltello sacrificale e nell'altra il corpo esanime riverso sul tumulo, da cui emerge furioso il serpente custode. In aspetti più sereni la tarda ceramica a figure nere (hydrìa di Berlino 1902) raffigura Polissena condotta da un eroe verso un tumulo su cui trasvola l'eìdolon inquieto di un guerriero. Il sacrificio di Polissena è praticamente assente nella ceramica a figure rosse- tutt'al più il corteo sacrificale è rappresentato nella coppa di Makron, Louvre G 153- per tornare invece ad avere una certa popolarità nella ceramica italiota, specialmente pestana.
Non del tutto soddisfacente appare invece l'identificazione di Polissena in una famosa coppa del Pittore di Brygos (Louvre G 152) in cui il nome dell'eroina è apposto a una donna condotta per mano da Acamante nello schema normale della liberazione della vecchia Aithra. Non è improbabile si tratti di una confusione, dato che anche altri nomi nella stessa coppa sono per lo meno insoliti: mentre l'assoluta indifferenza della donna per l'atroce fine di Priamo, che ha luogo subito appresso, meglio si adatterebbe alla vecchia schiava liberata che alla giovinetta figlia del re ucciso.
Sopra un sarcofago etrusco del Museo Vaticano Gregoriano, da Tarquinia (Herbig, n. 79), assegnato al III sec., si ha da un lato il sacrificio dei prigionieri, dall'altro Polissena immolata riversa sopra un altare.
Le nozze di Polissena e di Achille sarebbero figurate in un sarcofago di Madrid in forme accademiche: Polissena velata e lo sposo in costume romano.
Bibl.: Mayer, in Roscher, V, 1916-24, c. 1215 ss., s. v. Troilos; E. Wüst, in Pauly-Wissowa, XXI, 1952, c. 1840 ss., s. v. Polyxena; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 314; U. Zanotti Bianco, in Rend. Pont. Acc. Arch., XIX, 1942-43, p. 371 ss.; E. Kunze, Archaische Schildbänder, Berlino 1950, p. 140 ss.; A. Rocco, in Arch. Class., III, 1951, p. 168 ss.; P. Zancani Montuoro, in Boll. d'Arte, XXXIX, 1954, p. 289 ss.; M. Heidenreich, in Mitt. d. Instituts, IV, 1951, p. 103 ss.; C. Mota, in Rev. Arch., L, 1957, p. 25 ss.; F. Brommer, Vasenlisten, Marburgo 1960, p. 264 ss. Per i vasi chioti di Pitane-Candarlì: M. J. Mellink, Archaeology in Asia Minor, LXVI, 1962, p. 84; R. Kunisch in Arch. Anz., LXXX, 1965, c. 394 ss. Per la Tomba dei Tori e altri monumenti etruschi: L. Banti, in St. Etr., XXIV, 1955-6, p. 143 ss.; K. Schauenburg, in Bonner Jahrbücher, CLXI, 1961, p. 218 s.; R. Hampe-E. Simon, Griechische Sagen in der frühen Etruskischen Kunst, Magonza 1964, p. 66 s. Polissena: Türk, in Roscher, III, 1897-1902, c. 2718 ss., s. v. Polyxena, n. i; Pauly-Wissowa, loc. it.; R. Herbig, Die Spätetrusk. Sarkophage, Berlino 1952, cat. n. 79.