trauma cranico
Il trauma cranico rappresenta la terza causa di morte nei Paesi occidentali. Può causare lesioni dirette da contatto e inerziali, in risposta a brusche accelerazioni o decelerazioni, nonché danni secondari che possono manifestarsi dopo un certo lasso di tempo. La valutazione sintomatologica iniziale del traumatizzato cranico si avvale di sistemi di misura internazionali (Scala di Glasgow). In questi traumi, la presenza di raccolte ematiche in evoluzione e la comparsa di edema cerebrale sono i principali responsabili dell’aumento della pressione endocranica che può essere seguito da fenomeni di erniazione cerebrale interna. Dal punto di vista diagnostico la TC è l’indagine di scelta in fase acuta, mentre nella fase subacuta trova indicazione l’RM. Nel trattamento dei traumi, priorità assoluta spetta al mantenimento di adeguati livelli di ossigenazione ematica e di perfusione cerebrale. Inoltre, a causa del carattere evolutivo delle lesioni endocraniche traumatiche, è di grande rilevanza l’osservazione clinica per i pazienti con trauma commotivo. Il trattamento medico mira a contrastare l’elevazione della pressione intracranica, e prevede una profilassi antiepilettica e l’uso di farmaci (barbiturici) per la protezione dei tessuti cerebrali. Il trattamento chirurgico è indicato per l’evacuazione di raccolte ematiche, per la riduzione di fratture craniche e per la riduzione della ipertensione endocranica resistente al trattamento farmacologico.n [➔ coma; commozione cerebrale; emorragia cerebrale; risonanza magnetica nucleare; tomografia computerizzata] Qualsiasi azione lesiva che agisca sul cranio e sulle strutture nervose e vascolari in esso contenute, indipendentemente dalle effettive lesioni verificatesi, si indica con l’espressione trauma cranico; con l’espressione danno traumatico encefalico (traumatic brain injury) si identificano invece le lesioni encefaliche risultato di un’azione traumatica. Si distinguono un danno traumatico primario e uno secondario. Il primo rappresenta la diretta conseguenza dell’azione lesiva sulle strutture cranioencefaliche e comprende: lacerazioni dello scalpo, fratture craniche, contusioni e lacerazioni dell’encefalo, sofferenza assonale diffusa e raccolte ematiche intracraniche. Il danno traumatico secondario ha luogo, invece, nei minuti, ore o giorni successivi al t. c. ed è in genere causa di: ipossia, ipoglicemia, ipotensione arteriosa, ipercapnia, ipotermia, incrementata pressione intracranica (PIC) e infezioni.
Nei paesi industrializzati, il t. c. rappresenta la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, nonché la prima causa di decesso nella popolazione al di sotto dei 45 anni di età. Ogni anno in Italia vengono ricoverati in seguito a t. c. 250 pazienti per 100.000 abitanti, con una mortalità di circa 17 pazienti per 100.000 abitanti. La massima incidenza è documentata tra i 15 e i 24 anni di età. Le principali cause sono: incidenti stradali (48%), cadute accidentali e incidenti domestici (25%), attività sportive (10%), incidenti sul lavoro (8%), aggressioni (4%), altro (5%). Il t. c. produce quindi esiti di notevole impatto socioeconomico sia per il tipo di disabilità conseguente (cognitiva, neuromotoria, comportamentale), sia perché la fascia di età più colpita è quella dei giovani adulti. Deve essere tuttavia sottolineato che le strategie di prevenzione, diagnostica e trattamento sviluppate nel corso degli anni hanno modificato in misura importante la storia naturale di questa patologia. Per es., l’utilizzo del casco, delle cinture di sicurezza e dell’airbag, la migliore progettazione delle autovetture e le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro hanno determinato un’importante riduzione della mortalità e della morbilità. Da un punto di vista diagnostico- terapeutico, l’elaborazione di linee guida condivise ha contribuito a razionalizzare la gestione dei pazienti, riducendo il ricorso a esami inutili e migliorando l’identificazione e il trattamento di tutte quelle condizioni potenzialmente a rischio di vita per il paziente. Altrettanto importante è la capillare presenza sul territorio dei servizi di primo soccorso, considerando che circa il 70% dei decessi avviene prima dell’arrivo in ospedale.
Le lesioni causate direttamente dal t. c. rientrano nell’ambito del danno primario e possono essere suddivise in lesioni da contatto e lesioni inerziali. Le prime sono localizzate nella sede dell’impatto e sono direttamente correlate alla natura, forma e dimensioni dell’oggetto contundente, e all’energia cinetica dello stesso. Una ferita penetrante cranioencefalica rappresenta il risultato dell’urto contro una superficie irregolare, oppure della penetrazione di un corpo acuminato; le fratture lineari vengono invece prodotte da un impatto a elevata energia contro una superficie piana. Al momento dell’urto, la scatola cranica assorbe parte dell’energia traumatica, subendo una deformazione entro certi limiti reversibile, e trasmette l’onda d’urto alle strutture cerebrali adiacenti, potendo così verificarsi una lesione contusiva del parenchima cerebrale. Lungo il vettore della forza, nella regione corticosottocorticale esattamente opposta alla sede del trauma, possono inoltre prodursi lesioni da contraccolpo, dovute all’urto del cervello contro il tavolato interno della scatola cranica. Le lesioni inerziali si producono in risposta a brusche accelerazioni o decelerazioni, a causa del fatto che l’encefalo risulta sospeso nel liquido cerebrospinale e che le principali strutture di ancoraggio sono rappresentate dal tronco encefalico, dai nervi cranici e dai vasi. Se le sollecitazioni dinamiche risultano sufficientemente rapide, il cervello subisce uno stiramento e una torsione delle strutture profonde, soprattutto a livello del ponte, la cui entità è direttamente correlata alla forza applicata e all’ampiezza dell’angolo di rotazione. Inoltre, le strutture cerebrali rispondono alle rapide accelerazioni con differente inerzia, originandosi tensioni abnormi a carico dei fasci di fibre bianche e delle strutture vascolari al confine tra sostanza grigia e bianca. A seguito di lesioni delle strutture vascolari indotte dal trauma, si possono formare raccolte ematiche endocraniche: in relazione al rapporto che presentano con le meningi e con il parenchima, vengono distinte in epidurali (tra dura madre e teca cranica), subdurali (tra dura madre e aracnoide) e intraparenchimali (all’interno del tessuto cerebrale). In base a un criterio temporale, si parla di ematomi acuti (insorti entro 2 ore dal trauma), subacuti (insorti tra 3 e 15 giorni dal trauma) e cronici (insorti a più di 15 giorni dal trauma).
Danni secondari da trauma. Il danno secondario può manifestarsi clinicamente e radiologicamente dopo un certo lasso di tempo dal t. c. ed è il risultato di una serie di processi che, pur essendo innescati dall’evento traumatico, non risultano direttamente correlati a esso. Possono verificarsi sia alterazioni sistemiche che intracraniche: tra le prime hanno rilievo i disturbi emodinamici (ipotensione arteriosa), elettrolitici (iponatremia), respiratori (ipercapnia e ipossemia), metabolici (iperglicemia) e l’ipertermia; tra le alterazioni intracraniche, l’incremento della pressione intracranica, il vasospasmo, le infezioni e l’epilessia, che possono tradursi in alterazioni emodinamiche, metaboliche e ischemiche a carico del tessuto cerebrale. La pressione intracranica contribuisce, insieme alla pressione arteriosa media, alla determinazione della pressione di perfusione cerebrale; la relazione tra questi tre parametri viene rappresentata dalla formula: PPC=PAM−PIC (Pressione di Perfusione Cerebrale= Pressione Arteriosa Media−Pressione Intra- Cranica). La scatola cranica, nel soggetto adulto, rappresenta un involucro chiuso e inestensibile, la cui pressione interna è mantenuta dall’equilibrio dei tre compartimenti in essa presenti: liquor, tessuto cerebrale e sangue. L’aumento di uno di questi tre componenti determina modificazioni compensatorie a carico degli altri due, al fine di mantenere costante il valore della pressione intracranica: per es., in caso di ematoma cerebrale si verificano la riduzione degli spazi liquorali e l’espulsione del sangue venoso dai vasi del tessuto circostante. In caso di superamento di questi meccanismi di compenso si determina un’elevazione dei valori pressori, ossia l’ipertensione endocranica, con gravi conseguenze cliniche e fisiopatologiche.
Il t. c. è un evento dalle molteplici conseguenze e proprio per questo motivo il corteo sintomatologico con cui si presenta può essere estremamente variegato. Una prima differenza deve essere fatta tra t. c. commotivo e t. c. non commotivo: nel primo si verifica una immediata perdita di coscienza, attribuita a una temporanea disfunzione del sistema reticolare ascendente, che si risolve spontaneamente e che viene appunto definita commozione cerebrale (➔). La valutazione iniziale del traumatizzato cranico si avvale della Scala di Glasgow (➔ coma) che, oltre a fornire indicazioni sulla gravità del trauma, offre la possibilità di stratificare i pazienti nel successivo percorso diagnostico-terapeutico e fornisce elementi utili ai fini della prognosi. La Scala di Glasgow si basa sul rilievo di tre parametri fondamentali: apertura degli occhi, risposta verbale e risposta motoria, assegnando un punteggio per ciascun parametro. Un GCS (Glasgow Coma Scale) tra 15 e 14 (t. c. lieve) corrisponde a un paziente sveglio o comunque risvegliabile, per il quale non è possibile escludere un deterioramento, sebbene lo stato clinico non risulti allarmante al momento della valutazione. Un GCS tra 13 e 9 (t. c. moderato) corrisponde a un paziente confuso o soporoso, che localizza o allontana lo stimolo doloroso. Un GCS tra 8 e 3 (t. c. grave) corrisponde a un paziente in coma che non risponde agli stimoli dolorosi, se non in flessione afinalistica o estensione, e che spesso richiede presidi rianimatori, tra cui l’intubazione orotracheale per il controllo delle vie aeree e l’assistenza respiratoria. In aggiunta al punteggio ottenuto con il GCS, è importante la valutazione del diametro pupillare (iso-anisocoria) e del riflesso fotomotore: questi parametri, insieme alla valutazione della simmetria della risposta motoria, permettono di escludere grossolanamente la presenza di lesioni focali. La valutazione neurologica deve essere quindi ripetuta a stretti intervalli di tempo, al fine di cogliere precocemente i segni di deterioramento neurologico; i maggiori problemi legati al t. c., nella fase acuta, sono dovuti alla possibilità di progressione delle lesioni endocraniche, nonostante l’assenza di sintomatologia (il cosiddetto intervallo libero o periodo di latenza). La lesione endocranica traumatica può quindi evolvere inizialmente in forma sostanzialmente asintomatica, oppure presentarsi con segni e sintomi espressione di deficit neurologici focali (manifestazioni su base irritativa o deficitaria), di ipertensione endocranica o di erniazione cerebrale. I segni neurologici focali si distinguono a loro volta in sopratentoriali (crisi epilettiche, deficit motori, deficit del III nervo cranico, disfasia, disartria) e sottotentoriali (atassia, vertigini, segni cerebellari, nistagmo, paralisi del VI nervo cranico). Nei traumatizzati cranici, la presenza di raccolte ematiche in evoluzione e la comparsa di edema cerebrale focale o diffuso (➔ emorragia cerebrale) sono i principali responsabili dell’aumento della pressione endocranica e del conseguente deterioramento clinico. La sindrome che ne deriva si manifesta con cefalea, vomito a getto (generalmente non preceduto da nausea), edema della papilla del nervo ottico e abbassamento del livello di vigilanza, fino al coma. In assenza di adeguato trattamento medicochirurgico, una marcata elevazione della pressione intracranica può essere seguita da fenomeni di erniazione cerebrale interna, conseguenza del fatto che il tessuto cerebrale si disloca nelle uniche direzioni consentite dalle aperture osteodurali della cavità cranica, in partic. attraverso la falce interemisferica, il forame tentoriale, e il forame occipitale (➔ coma). Diagnostica La valutazione neuroradiologica assume, unitamente alla valutazione clinica, un’importanza centrale nella gestione del paziente con t. c., in quanto necessaria a definire la sede e l’entità del danno. Indagini diagnostiche per mezzo della tomografia computerizzata. L’accuratezza e l’ampia diffusione delle apparecchiature TC hanno fatto di questa metodica l’indagine di scelta in fase acuta, relegando a un ruolo di secondo piano, almeno per quanto riguarda la patologia intracerebrale, la radiologia convenzionale. L’esame TC senza mezzo di contrasto consente di evidenziare, rapidamente e in maniera accurata, raccolte ematiche occupanti spazio, fratture ossee e lesioni parenchimali. Inoltre con la TC è possibile esplorare altri distretti corporei, spesso coinvolti in pazienti politraumatizzati. L’esame TC senza mezzo di contrasto consente di identificare: raccolte ematiche, iperdense se recenti e con una densità che tende a ridursi con il passare del tempo (con il classico aspetto a lente biconvessa dell’ematoma epidurale e a semiluna a concavità interna di quello subdurale); edemi cerebrali, visibili come aree ipodense nel contesto del parenchima cerebrale; anomalie del sistema ventricolare; spostamento (shift) della linea mediana; contusioni cerebrali, visibili come aree in cui si alternano zone di iperdensità e di ipodensità; fratture craniche; aree di ischemia e raccolte aeree (pneumocefalo). Per quanto riguarda la gestione del traumatizzato cranico e l’indicazione all’esecuzione della TC cerebrale, sono state elaborate diverse linee guida; quelle proposte dalla SINCH (Società Italiana di NeuroCHirurgia) e dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) tra il 1995 e il 1997, tuttora (2010) importanti punti di riferimento, fondano l’intero percorso diagnostico sulla valutazione del GCS. L’esecuzione della TC viene raccomandata solo per i pazienti con GCS <15; per i pazienti con GCS=15, la TC è indicata in caso di presenza di almeno un sintomo tra vomito, cefalea diffusa, amnesia o perdita di coscienza, presenza di fattori di rischio (coagulopatie, assunzione di anticoagulanti, alcolismo, abuso di droghe, epilessia, precedenti trattamenti neurochirurgici, anziani disabili). Si consideri che le lesioni intracraniche presentano spesso carattere dinamico: questo determina la necessità di un periodo di osservazione di durata variabile (12÷48 h), nonché la ripetizione dei controlli TC, anche in assenza di modificazioni del quadro clinico. Ciò risulta particolarmente importante nei casi in cui il primo controllo TC sia stato effettuato molto precocemente (entro 3÷6 ore), in quanto possono in questo caso non evidenziarsi lesioni in evoluzione. Indagini diagnostiche tramite risonanza magnetica. In fase subacuta trova invece indicazione l’esecuzione della RM, indagine non impiegata di routine in fase acuta. Rispetto alla TC, la RM ha una maggiore sensibilità nell’individuare le aree ischemiche e il DAD (Danno Assonale Diffuso), risultato di forze di accelerazione-decelerazione, le cui alterazioni sono prevalentemente localizzate a livello della sostanza bianca parasagittale, del corpo calloso e della giunzione pontomesencefalica. In fase acuta, il DAD può essere suggerito dalla presenza di aree emorragiche puntiformi, tuttavia la sua presenza risulta spesso sottostimata.
La gestione del paziente affetto da t. c. è complessa e multidisciplinare, tenendo presente che la possibile presenza di lesioni in altri distretti corporei può contribuire a modificare e aggravare il quadro clinico. Da un punto di vista strettamente neurochirurgico, lo status neurologico del paziente e il quadro radiologico sono i principali fattori che determinano la condotta terapeutica, la quale può consistere nella semplice osservazione clinica, nel trattamento medico o nel trattamento chirurgico. Soprattutto nel t. c. grave, priorità assoluta spetta al mantenimento di adeguati livelli di ossigenazione ematica e di perfusione cerebrale, ricorrendo alla ventilazione assistita e sostenendo la pressione arteriosa ove necessario: questo aspetto è fondamentale al fine di evitare l’insorgenza di un danno cerebrale di tipo ischemico-metabolico. L’osservazione clinica si rende necessaria nei pazienti con trauma commotivo, in caso di rilievi anamnestici compatibili con trauma violento o in presenza di reperti patologici agli esami radiologici per i quali non viene posta immediata indicazione chirurgica: il suo scopo è quello di permettere una tempestiva diagnosi e un opportuno trattamento in caso di deterioramento clinico, essendo già stato sottolineato il possibile carattere evolutivo delle lesioni endocraniche traumatiche. Le principali opzioni del trattamento medico sono rappresentate dall’impiego del mannitolo, diuretico osmotico utilizzato in caso di elevazione della pressione intracranica, della profilassi antiepilettica, e dei barbiturici (in partic., il tiopentone sodico) che esercitano i loro effetti protettivi sul tessuto cerebrale, riducendone il metabolismo. Il trattamento chirurgico è invece indicato per l’evacuazione di raccolte ematiche acute che producano uno spostamento delle strutture della linea mediana maggiore o uguale a 5 mm, associate a deterioramento dello status neurologico, per la riduzione di fratture craniche, nelle condizioni di ipertensione endocranica elevata non responsiva al trattamento medico, mediante l’esecuzione di craniectomia decompressiva mono- o bilaterale. La chirurgia rappresenta, inoltre, un supporto al trattamento medico in quanto permette di posizionare sistemi di monitoraggio della pressione endocranica, che consentono di migliorare la gestione terapeutica del traumatizzato cranico e di valutarne l’efficacia.