Locuzione con cui si designano gli accordi firmati a Minsk (Bielorussia) per porre fine ai violenti scontri verificatisi in Ucraina dal 2014 a seguito della proclamazione unilaterale delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, nel Donbass, dopo la rimozione dalla carica del presidente V. Janukovič successiva alle manifestazioni di piazza note come Euromaidan e alla netta affermazione referendaria della frangia separatista (79%) insediata nell’Ucraina orientale e sostenuta da Mosca. Il 5 settembre 2014 i rappresentanti delle parti hanno firmato una prima intesa, che ha assunto la denominazione di Trattato di Minsk I ed è articolata in 12 punti, impegnandosi – tra gli altri punti – a garantire l’immediato cessate il fuoco bilaterale, ad agevolare la decentralizzazione del potere riconoscendo il temporaneo autogoverno locale e a consentire all’OSCE il controllo dello stato dei confini tra Ucraina e Federazione Russa. In seguito a ripetute violazioni reciproche del cessate il fuoco, nel novembre 2014 è stata avviata una seconda fase di trattative, supervisionate dall'OSCE, che ha portato l'11 febbraio 2015 alla firma del Trattato di Minsk II siglata dai capi di Stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania; oltre a ribadire quanto già espresso nella prima intesa, in essa si sollecita una riforma della Costituzione dell'Ucraina che consenta ampi margini ampi di autonomia alle regioni separatiste, e si sanciscono inoltre il pieno controllo ucraino del confine di Stato lungo la zona di conflitto e il ritiro di formazioni armate e veicoli militari stranieri.