TRASMISSIONE SESSUALE, Malattie a
(v. veneree, malattie, XXXV, p. 46; App. II, II, p. 1095; III, II, p. 1074; IV, III, p. 802)
Le malattie contratte mediante rapporti sessuali, un tempo chiamate ''veneree'', sono attualmente incluse nel più vasto e completo capitolo delle Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST; STD, Sexually Transmitted Diseases). In ambiente scientifico, si è ampiamente dibattuto se usare l'espressione ''malattie sessuali trasmissibili'' o ''malattie sessualmente trasmissibili''. La prima dizione, più restrittiva, limita infatti queste malattie a quelle classicamente conosciute come ''veneree'', quali sifilide, blenorragia, ulcera molle, linfogranuloma venereo, granuloma inguinale. La seconda dizione, senza dubbio la più completa, oltre alle suddette, comprende tutte le malattie acquisite mediante contagio sessuale: ci riferiamo a infezione sostenute da batteri (Chlamydia trachomatis, Mycoplasma hominis, Ureaplasma urealyticum); da virus (HIV, agente eziologico dell'AIDS e sindromi correlate; HBV, virus dell'epatite B; Cytomegalovirus; Virus erpetici; Virus del papilloma genitale; Virus del mollusco contagioso); da agenti protozoari (Trichomonas vaginalis, Entamoeba histolytica, Giardia lamblia); da agenti fungini (Candida albicans); da ectoparassiti (Phtirius pubis e Sarcoptes scabiei). Nella tab. 1 sono schematizzate le MST con i rispettivi agenti patogeni. Nella tab. 2 sono riassunte le complicanze e/o le sindromi più frequenti con i rispettivi agenti patogeni.
Dalla fine degli anni Sessanta a oggi le MST hanno subito in tutto il mondo un notevole aumento con diffusione a carattere epidemico o iperendemico. Tale fenomeno è imputabile a diversi fattori:
1) al forte incremento, su scala mondiale, degli spostamenti di massa, sia per lavoro che per turismo;
2) alla diffusione degli stupefacenti a livello di massa e al sempre presente fenomeno dell'alcolismo;
3) all'incertezza, per molte delle MST, riguardo al periodo d'incubazione;
4) all'esistenza di forme asintomatiche e di manifestazioni cliniche atipiche;
5) alla diffusione capillare dei metodi anticoncezionali (contraccettivi orali, dispositivi intrauterini, ecc.) che permette già in età adolescenziale d'iniziare l'attività sessuale con relativo abbassamento dell'età media dei malati; fra i giovani, il numero delle MST diagnosticate nei soggetti di sesso femminile è nettamente superiore a quello registrato nei pazienti di sesso maschile per quanto riguarda dieci paesi europei: ciò si spiega con il decorso il più delle volte paucisintomatico di tale patologia nelle donne;
6) alla cosiddetta ''rivoluzione sessuale'' verificatasi nel comportamento tra i due sessi negli anni successivi al 1968;
7) al conseguente cambiamento radicale verificatosi nella modalità dell'infezione: responsabili molto spesso sono infatti i partners occasionali;
8) all'ignoranza intorno a queste malattie che resta totale (o pressoché totale) a tutti i livelli sociali.
Il fallimento verificatosi verso la metà degli anni Cinquanta di una eradicazione delle forme cosiddette ''classiche'' che i brillanti risultati ottenuti con l'uso della terapia antibiotica lasciavano sperare; il costante incremento statistico delle nuove infezioni; la difficoltà di un valido controllo epidemiologico, fanno delle MST un problema socio-sanitario di notevole rilevanza, soprattutto in rapporto alla possibilità di complicanze a lungo termine. Le pelvi-peritoniti da germi a t.s. (Malattia infiammatoria pelvica) sono state riconosciute come la principale causa di sterilità femminile: si stima che negli Stati Uniti ogni anno 150.000 donne divengono sterili per gli esiti di tale patologia. È dimostrata inoltre una maggiore incidenza di neoplasia della cervice uterina in relazione a infezioni recidivanti da virus dell'herpes simplex genitalis e da alcuni genotipi di papillomavirus. Una realtà a sé è rappresentata dalla sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) la cui prognosi infausta è pressoché la regola. Da non sottovalutare infine è l'epatite B, con la possibilità di sequele in epatite cronica e cirrosi epatica, suscettibile quest'ultima di evoluzione in carcinoma.
Un dato tutt'altro che trascurabile è il comportamento epidemiologico delle MST nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo: nei primi si rivela uno stato endemico con un numero ridotto di manifestazioni cliniche; nei secondi è presente un'iperendemia con alta incidenza di morbilità e di complicanze, tanto da essere considerati serbatoi d'infezione difficilmente eliminabili. Gli scarsi dati epidemiologici dei paesi del Terzo Mondo sono comunque sufficienti a dimostrare la gravità del problema. In Asia e in Africa la percentuale di soggetti affetti da malattie da contagio sessuale, secondo i dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità, va dal 13% al 18%, con ampie oscillazioni fra nazione e nazione e fra campagna e città. A Kampala (Uganda) nel 1987 il 10% della popolazione era affetto da gonorrea, a Nairobi (Kenya) il 7%: valori, questi, almeno dieci volte superiori a quelli registrabili nei paesi industrializzati. In una popolazione campione in Uganda è stata osservata una frequenza del 29% di epididimiti gonococciche con infertilità nel 44% dei soggetti colpiti; nelle donne affette da gonorrea l'infertilità era presente nel 25% dei casi. Nelle zone tropicali sono tuttora molto diffuse la sifilide, la streptobacillosi, il linfogranuloma venereo, e il granuloma inguinale; è stato altresì rilevato un incremento delle uretriti non gonococciche.
Dati di ben diversa affidabilità forniscono le statistiche dei paesi industrializzati. I dati più completi sono quelli delle nazioni in cui la maggior parte dei malati viene controllata in ambulatori pubblici: nel Regno Unito il 90%, in Francia l'80%, negli Stati Uniti il 30÷55%. Dati epidemiologici completi sono raccolti solo nel Regno Unito e in alcuni paesi dell'Est europeo (ex Repubblica Democratica Tedesca e Polonia). Le statistiche sulle MST di altre nazioni (Paesi Scandinavi, Francia, Stati Uniti, Canada), pur peccando per difetto, forniscono comunque un quadro sufficientemente esauriente dell'andamento epidemiologico.
Per quanto concerne la sifilide, nel Regno Unito si è avuto un progressivo, lieve aumento dell'incidenza fino al 1977: da allora il numero dei casi si è mantenuto relativamente stabile fino al 1985, anno in cui è iniziata una costante flessione che dura a tutt'oggi. Tale decremento viene dai più attribuito al timore della contagiosità e diffusione dell'AIDS, che ha indotto a una più convinta adesione alle norme di prevenzione raccomandate dalla apposita campagna d'informazione sanitaria. In Francia, dal 1964 a oggi, i nuovi casi all'anno di sifilide primo-secondaria sono diminuiti da 11 a 7 per 100.000 abitanti. Negli Stati Uniti si è avuto un decremento nell'ultimo decennio, ma l'incidenza è di molto superiore a quella dei paesi europei: nel 1976 il numero dei casi di sifilide primo-secondaria per 100.000 abitanti era superiore a quello del Regno Unito di 3,6 volte per i maschi e di 6 volte per le femmine. Tale differenza appare legata principalmente a due fattori: 1) la popolazione statunitense di colore presenta tassi d'incidenza molto elevati (nel 1979 i casi di sifilide primo-secondaria per i bianchi erano 9,2 ogni 100.000 abitanti, mentre per le altre etnie erano 120 per 100.000 abitanti); 2) l'elevata incidenza nella razza bianca è legata all'elevata concentrazione di omosessuali in alcune grandi città: a San Francisco si è calcolato che il 33% della popolazione maschile è omo- o bisessuale. I casi di sifilide terziaria nel mondo sono nettamente diminuiti ma non scomparsi: nel Regno Unito nel 1980 ne sono stati denunciati 1428. Quasi totalmente scomparsa è la sifilide connatale, a causa del preventivo controllo sierologico delle gestanti e dell'eventuale, adeguata terapia.
La gonorrea, dalla seconda metà degli anni Settanta, ha assunto, nei paesi ad alto sviluppo industriale, un andamento decrescente: si registra una diminuzione del numero di infezioni più accentuata negli ultimi cinque anni, per gli stessi motivi già accennati riguardo all'epidemiologia della sifilide. Attualmente il maggior problema per il controllo della gonorrea è la resistenza che si è venuta a instaurare verso gli antibiotici elettivi: dal 1976 sono stati segnalati ceppi di Neisseria gonorrhoeae resistenti alla penicillina e dal 1986 casi sporadici di resistenza alla spectinomicina. Le uretriti non gonococciche sono in costante aumento: la loro incidenza, secondo statistiche attendibili, è doppia rispetto a quella della gonorrea.
Tale rapporto (2:1) mostra significative variazioni a seconda del livello tecnico dei centri deputati alle verifiche diagnostiche microbiologiche: molto più agevoli sono infatti le metodiche che si riferiscono alla forma gonococcica, più sofisticate quelle che riguardano le forme non gonococciche. Sono inoltre frequenti le infezioni contemporanee da più agenti patogeni (forme miste). La Chlamydia trachomatis è l'agente responsabile nel 45% dei casi delle uretriti non gonococciche, seguito dall'Ureaplasma urealyticum e da Mycoplasma hominis. Le infezioni da Chlamydia trachomatis possono evolvere in maniera asintomatica (specialmente nei soggetti di sesso femminile) andando incontro a cronicizzazione e a complicazioni di varia gravità.
L'infezione da virus erpetici (HSV, Herpes Simplex Virus) è la causa più frequente, nei paesi industrializzati, di ulcere genitali. Esistono due tipi distinti di HSV, ambedue caratterizzati da tropismo cutaneo, mucoso e nervoso. Schematicamente lo HSV1 è responsabile delle lesioni della parte superiore del corpo (herpes orale), lo HSV2 è responsabile delle lesioni della parte inferiore del corpo (herpes genitale). Questa distinzione non dev'essere intesa in senso stretto: i due tipi di virus possono talora, a seconda del tipo di contatto sessuale, causare rispettivamente infezioni genitali e orofaringee.
Negli Stati Uniti, tra il 1975 e il 1985, l'infezione erpetica si è diffusa in particolar modo nelle metropoli, assumendo carattere epidemico e determinando panico nella popolazione. Nello stesso periodo, la situazione epidemiologica in Europa, ha mostrato un aumento più controllato: nel Regno Unito, dal 1979 al 1981, è stato registrato un incremento del 13ı. Il 50% circa delle infezioni risulta asintomatico; va sottolineata, inoltre, l'evenienza di quadri clinici gravi anche a livello extragenitale. La disponibilità di nuovi farmaci antivirali specifici (aciclovir) tuttavia consente, oggi, di controllare la durata e l'intensità di quest'infezione.
La patologia da Papilloma Virus (HPV, Human Papilloma Virus) ha mostrato, dagli anni Settanta a oggi, un notevole incremento epidemiologico. Nel Regno Unito, nel 1985, sono stati diagnosticati nei presidi pubblici 59.000 casi di patologia genitale da HPV (condilomi acuminati) contro i 52.000 casi di gonorrea. Fra i sottotipi virali individuati, il 16 e il 18 sono considerati ad alto rischio in quanto associati allo sviluppo di lesioni precancerose della cervice uterina nelle giovani. È da registrare che, sempre nel Regno Unito, il numero di morti per cancro della cervice in donne sotto i trent'anni è salito dallo 0,22 per 100.000 abitanti nel 1968 allo 0,69 per 100.000 abitanti nel 1985. La terapia fisica e la disponibilità di un nuovo farmaco (interferone) permettono di controllare tale patologia.
Tra i virus erpetici il Cytomegalovirus (CMV) è il maggior responsabile, nell'uomo, delle infezioni congenite e perinatali (v. virosi, in questa Appendice). Il contagio è esclusivamente interumano, con modalità diverse favorite dalla persistenza dell'agente infettante in secrezioni orofaringee e cervico-vaginali, urine, sperma e altri liquidi organici. Il 13% delle gestanti risulta portatore d'infezione da CMV, soprattutto nelle popolazioni a basso livello socioeconomico.
L'ulcera molle, il linfogranuloma venereo, il granuloma inguinale costituiscono un reperto sporadico nei paesi a clima temperato: sono invece diffusi endemicamente nei paesi a clima tropicale.
I dati statistici sulle MST concernenti l'Italia sono poco affidabili per vari motivi: l'omessa denuncia da parte dei sanitari che pongono la diagnosi, la carenza di strutture pubbliche preposte alla terapia delle MST, l'insufficienza dell'informazione su tale argomento. Tuttavia non c'è motivo di supporre che la situazione sia diversa da quella degli altri paesi europei; la gonorrea presenta un continuo decremento, mentre la sifilide mantiene un'incidenza piuttosto elevata: in Italia ne sono segnalati 280.000 casi. Con tali premesse è da sottolineare il fatto che le MST non costituiscono un problema esclusivamente sanitario: il fallimento, alla luce degli effetti statistico-epidemiologici, delle terapie mediche fa sì che entrino in gioco, oltre a quelli biologici, fattori sociali, economici e morali. Per quanto riguarda i fattori biologici è necessario potenziare le strutture preposte alla diagnosi e terapia delle MST con la creazione di nuovi centri a indirizzo non solo diagnostico-terapeutico, ma anche psicologico e preventivo.
Nel corso del 65° Congresso nazionale della Società italiana di dermatologia e venereologia (1989), riallacciandosi alle esperienze dei Centri per il controllo delle malattie istituiti ad Atlanta (USA) che curano l'edizione e il periodico aggiornamento di una guida alla terapia delle MST, sono stati proposti i protocolli di diagnosi e terapia di tali malattie. Tali protocolli riportano: i criteri minimali, clinici e/o di laboratorio, per la definizione del caso; il trattamento adottabile in Italia, tenuto conto della disponibilità dei farmaci, del loro costo e dei dati noti sulla chemioresistenza; la periodicità e le modalità dei controlli come pure le indicazioni per eventuali nuove terapie.
Cardine della prevenzione rimane una corretta e adeguata educazione sanitaria. Utilizzando come canali di informazione varie strutture (scuole, apparato militare, consultori familiari, associazioni spontanee dei gruppi a rischio), mezzi di comunicazione (radio, televisione, stampa), personale medico e di assistenza sociale, è auspicabile un miglioramento nel controllo epidemiologico delle MST.
Bibl.: M. Rotoli, F. Serri, Le malattie sessualmente trasmissibili (MST) nei giovani, in Difesa Sociale, 5 (1985), pp. 39 ss.; M. Rotoli, F. Zamparelli, R. Capizzi, L. Rusciani, L'educazione sanitaria sulle MST in Italia, in Giornale Italiano di Dermatologia e Venereologia, 122 (1987), pp. 467 ss.; A. Siboulet, Malattie sessualmente trasmissibili (MST), ed. it. a cura di M. Rotoli, Milano 1987; J.D. Oriel, M.A. Waugh, Sexually transmitted diseases today, in Journal of the Royal Society of Medicine, 81 (1988), pp. 312 ss.; E. Alessi, Protocolli di diagnosi e terapia delle MTS, in Dermatologia e Benessere, ii, 6 (1989), pp. 1 ss.