transfert
Inconscia ripetizione, nel qui e ora della cura analitica e nelle relazioni del presente, di conflitti e passioni con personaggi basilari del passato. Il concetto di t. è contemporaneo alla nascita della psicoanalisi. L’analisi del t., insieme con l’analisi della resistenza, caratterizza la psicoanalisi distinguendola da qualunque altra forma di psicoterapia. Il t. implica il controtransfert, ossia l’influsso dell’inconscio del paziente sui sentimenti inconsci dell’analista.
La formulazione del concetto di t. in Sigmund Freud risale all’epoca in cui egli scrisse, insieme a Josef Breuer, Studi sull’isteria (1892-95). Nel trattamento di Elisabeth Von R., una giovane isterica, Freud scopri che un desiderio passato – l’attrazione sessuale per il padre, rifiutato dalla coscienza perché illecito –, veniva trasferito mediante un ‘falso nesso’ sulla persona del medico, di modo che la paziente poteva esprimere affettivamente il desiderio sotto tale nuova veste. Il t. venne descritto, inizialmente, come una resistenza (➔) al trattamento perché sostituisce il ricordo impedendo al medico di delucidare i sintomi (Ricordare, ripetere, rielaborare, 1914): occorreva dunque rendere l’ostacolo cosciente affinché il paziente potesse superarlo. Successivamente, Freud comprese che il t. non è un evento sporadico, bensì una componente inevitabile in ogni terapia psicoanalitica. È inoltre un fenomeno sotterraneo e spontaneo in tutte le relazioni umane, relativamente indipendente dalla realtà. Consiste nella tendenza alla ripetizione di tutte le componenti di un rapporto pregresso (conflitti, desideri, paure, fantasie, pulsioni e relative difese) in una situazione del presente. La ripetizione non riproduce oggettivamente il passato, ma il modo in cui e stato vissuto dal soggetto. Freud, infatti, parla di transfert della imago materna o paterna sull’analista, proprio per chiarire che quanto viene trasferito da parte del paziente non rispecchia le figure reali dei genitori, ma il modo in cui sono state desiderate, temute, modificate. Non e la rievocazione intellettuale dei ricordi infantili, ma la loro attualizzazione nel vivo della seduta che li rende accessibili all’analisi. Freud distingueva un t. positivo di impulsi teneri e un t. negativo di impulsi ostili. Il t. erotico nei confronti del terapeuta e una subdola forma del t. negativo, poiché sotto l’apparenza dell’amore si cela la più tenace delle resistenze al cambiamento (➔ seduzione).
Lo specialissimo clima emotivo della cura psicoanalitica, grazie alle regole formali dell’analisi e al cosiddetto setting (➔ psicoanalisi), facilita la messa in scena del t. sulla persona dell’analista, il quale si trova a essere investito da tutta una complessità di immagini e modalità relazionali che i pazienti proiettano su di lui. Il compito dell’analista e quello di accogliere e tollerare tutti questi ruoli che gli vengono attribuiti dalle fantasie inconsce degli analizzandi, senza scambiarli per sentimenti dovuti alle sue personali qualità e caratteristiche reali. Egli deve comprenderli e analizzarli senza reagire e senza colludere. L’interpretazione del t., cioè l’esplicitare al paziente la qualità ripetitiva del suo modo di impostare e di vivere i rapporti, mira a mostrargli nel vivo della relazione analitica l’esistenza, la permanenza e la forza dei suoi desideri inconsci, che sono alla radice delle sue sofferenze presenti. E un processo terapeutico lungo e faticoso, tramite il quale e pero possibile ottenere modificazioni profonde e stabili della personalità e avviare il cambiamento.
Freud parla raramente di controtransfert. In Le prospettive future della terapia psicoanalitica (1910) lo definisce come l’influsso del paziente sui sentimenti inconsci dell’analista il quale, nella continua autoanalisi, ha il compito di riconoscere e padroneggiare il proprio controtransfert, evitando di comunicarlo al paziente. A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso il controtransfert e oggetto di studio di molti autori postfreudiani, tra i quali Paula Heimann e Heinrich Racker che lo considerano uno strumento essenziale nella comunicazione tra paziente e analista. Secondo Heimann, l’inconscio dell’analista e in profondo contatto con quello del paziente e ciò si manifesta in forma di sentimenti consci che l’analista prova come risposta nei suoi confronti. Cosi, per es., un paziente può portare in analisi tematiche angoscianti senza avvertire affatto la propria angoscia, ma induce tale stato emotivo nel terapeuta; oppure può suscitare nell’analista l’aggressività che non si può permettere di provare nei confronti delle figure parentali. Se il controtransfert e uno strumento prezioso, il suo utilizzo e pero delicato e difficile. L’analista, infatti, dovrebbe essere sempre in grado di distinguere il proprio controtransfert dai suoi propri moti emotivi consci e inconsci, che rischiano di interferire nel processo della cura.