TALENTI, Tommaso
– Nacque a Lucca il 30 dicembre 1629, sesto figlio maschio di Talento di Pietro Talenti e di Margherita, detta Maddalena.
Trascorsa un’infanzia complessivamente serena, seppure non agiata, all’età di diciotto anni decise di lasciare la casa paterna per avventurarsi alla conquista del mondo. I motivi che portarono il giovane a intraprendere un così lungo viaggio, non sono del tutto chiari. Non v’è dubbio che in lui c’era la speranza di procacciarsi quella fortuna che le anguste sostanze della famiglia non gli potevano assicurare, oltre a un gusto personale per l’avventura, un’inclinazione che non lo avrebbe mai abbandonato.
Poco avvezzo nell’arte della mercatura come altri della famiglia, né pronto a sottostare all’autorità di qualche datore di lavoro legato alla cerchia dei mercanti lucchesi, nel mese di luglio del 1647 era a Cracovia come fanno fede le dichiarazioni giurate rilasciate da due connazionali: Ventura Cavazzi e Giusto Marescandoli, poi confermate da Talento Talenti, padre del giovane. Qui si arruolò nelle milizie regie combattendo contro l’esercito dello zar. Erano gli ultimi anni di regno per Ladislao IV Wasa, momento in cui il sovrano polacco era chiamato a fronteggiare il problema turco a sud del Paese, ma anche ad affrontare – nell’Ucraina – l’insurrezione cosacca di Bogdan Chmel′nickij il quale, grazie agli aiuti dei tartari di Crimea, volgeva lo sguardo verso la Moscovia sperando nell’aiuto e nella protezione dello zar. Con la morte di Ladislao a Merecz il 20 maggio 1648 si aprì un difficile interregno che, il 20 novembre dello stesso anno, vide eletto al trono il fratello del defunto, Giovanni II Casimiro, che avrebbe poi sposato Ludovica Maria Gonzaga-Nevers, regina vedova (30 maggio 1649).
Mentre la Rzeczpospolita reclamava un periodo di pace e maggiore stabilità – aspettative risultate poi vane –, Talenti, sempre più irrequieto, considerato che l’impiego nell’esercito regio era per lui insoddisfacente, allontanatosi dai compagni d’arme, nel 1650 si pose al servizio del conte Francesco Magni, conosciuto in patria anni prima come testimonia la registrazione fatta nei rotulari del nobile lucchese Bernardino Baroni in data 3 febbraio 1647 (Archivio di Stato di Lucca, Notizie genealogiche..., LXV, 2, pp. 520 s.).
Dopo aver seguito Magni a Roma nel 1651, Talenti decise di abbandonarlo, passando nel 1658 al servizio del duca Giuliano Cesarini con la mansione di segretario, un incarico che non lo doveva appagare se nel 1667 lo si trovava nuovamente a vagabondare per l’Europa; dopo una prima sistemazione in Slesia e poi a Vienna, nel 1669, a seguito di vari spostamenti e occupazioni, si stabilì ancora in Polonia accolto dal fratello maggiore Pietro, residente nel regno da alcuni anni, grazie al quale entrò al servizio di Michele Korybut Wiśniowiecki nuovo sovrano polacco come ‘uomo di camera’, facendosi apprezzare da molti e in particolare dal re.
Raggiunta una certa sicurezza economica, all’età di quarantatré anni decise di ammogliarsi con Teresa Borgogni (o Borgoni), residente a Leopoli e cognata di Ventura Briganti, un mercante originario di Lucca che operava sulla piazza di Cracovia; unione ben vista dallo stesso sovrano che onorò questo suo ‘cameriere privato’ mettendogli a disposizione una carrozza regia «a sei e delle guardie per andare a prendere la sua sposa» (Lucca, Biblioteca statale, ms. 926: Memorie, c. 26v).
Nel frattempo, le continue scorrerie cosacche e turche costrinsero Michele Wiśniowiecki a intimare un consiglio di guerra, cedendo a Giovanni Sobieski il comando generale dell’armata con lo scopo di affrontare l’esercito del sultano che premeva a sud del Paese.
L’impresa militare si concluse nel 1673 con la vittoria dei polacchi a Chotim, offuscata, tuttavia, dall’improvvisa morte del re avvenuta alla vigilia della battaglia. Una novità che riapriva per la Rzeczpospolita l’interregno per la scelta del successore. Ancora una volta il futuro per Talenti si presentava a rischio. Privato della protezione di Michele e del sostegno di suo fratello Pietro, morto il 20 dicembre 1673 all’età di cinquantacinque anni, incerto sull’impiego e a capo di una famiglia accresciuta con la nascita di un secondo figlio, fu preso da sconforto. Nondimeno, l’elezione del nuovo sovrano di Polonia avvenuta il 21 maggio 1674 nella persona di Giovanni III Sobieski, aprì al lucchese nuove possibilità.
Con l’incarico di ‘segretario particolare (e/o intimo) per le cose d’Italia’, divenne un fedele esecutore delle direttive regie; ruolo evidente nell’aprile del 1681 quando inviò al cardinale Carlo Barberini, neo ‘protettore’ del regno, precise informazioni sullo ‘Stato degli affari della Maestà del Re di Polonia’.
Si trattava di una nota di ben diciannove ‘vertenze’ tra la S. Sede e Varsavia, con la quale si invitava il porporato a porvi rimedio favorendo gli interessi della corte. Al primo posto vi era la richiesta dell’invio del breve De capienda possessione circa la proposizione fatta della Chiesa di Cracovia a favore di monsignor Jan Małachowski, seguiva poi l’istanza della spedizione delle bolle relative alla diocesi di Kujawy (Włocławek) oltre a quelle di Płock, Poznań, Chełmo (Kulm). Altrettanto importanti erano le sollecitazioni che Talenti faceva al protettore esortandolo a mettere ordine al contestato e mai risolto attrito sullo jus nominandi in essere tra la corte pontificia e quella di Varsavia.
A legare Talenti al nuovo sovrano polacco, oltre a queste incombenze di Cancelleria, vi era anzitutto la personale convinzione del ruolo politico-militare al quale Sobieski, con la sua elezione, era stato chiamato: una totale fiducia espressa con chiarezza in tutta la lunga corrispondenza che il lucchese scambiò con il cardinale Barberini, in particolare in occasione dell’imminente battaglia di Vienna (12 settembre 1683) quando scrisse che «se la Maestà del Re si mette in campagna e che abbi il comando anche dei Cesarei come si è convenuto, Vostra Eminenza mi creda che farà miracoli e che s’immortalerà» (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 6655, Talenti a Barberini, Vobano 21 luglio 1683, c. 298rv).
Negli anni successivi, Talenti avrebbe poi conquistato l’incondizionato affetto e l’amichevole confidenza del re, servendolo scrupolosamente e seguendolo in tutte le spedizioni militari. Importante restò la missione che Sobieski gli affidò all’indomani della liberazione di Vienna dall’assedio turco, incaricandolo di portare a Roma la notizia della vittoria.
Partito dalla capitale imperiale il 14 settembre, per Enns e Trento si diresse spedito alla volta dell’Italia. Il 24 dello stesso mese, come testimoniava Giovanni Claudio Buonvisi, ambasciatore lucchese presso la corte medicea, Talenti era a Firenze. La sera del giorno successivo giungeva a Roma, incontrato fuori le mura da una carrozza che Barberini gli aveva inviato per scortarlo con ogni riguardo nel sontuoso palazzo alle Quattro Fontane. La notizia del suo arrivo in città raggiunse Innocenzo XI mentre il pontefice presiedeva il Te Deum in ringraziamento per un’impresa tanto incerta quanto fondamentale per l’intera cristianità. Terminata la funzione, papa Odescalchi espresse subito il desiderio di ascoltare privatamente gli eventi della battaglia dalla viva voce di Talenti, testimone oculare della vittoria, rinviando alla mattina del 29 l’udienza pubblica. Accompagnato al Quirinale da monsignor Kazimierz Denhoff, residente polacco a Roma, il lucchese consegnò al pontefice la lettera di Sobieski che principiava con le famosissime parole Venimus, vidimus et Deus vicit. Completata questa prima fase, il segretario regio gettò ai piedi del papa lo stendardo di broccato rosso, con una fascia verde attorno, larga un palmo e due once, strappato al gran visir Kara Mustafà in fuga da Vienna, come attestazione di riconoscenza verso colui che si era tanto adoperato per la realizzazione della Lega santa.
Conclusa con soddisfazione la missione romana, ubbidendo a una esplicita richiesta di Sobieski, prima di fare rientro a Varsavia, fece tappa a Venezia con l’ordine di consegnare nelle mani del doge Alvise Contarini una lettera con la quale il sovrano polacco rendeva noti i fatti accaduti sotto Vienna. Nonostante questo, la tappa veneziana prolungatasi per tutto il mese di ottobre del 1683 permise a Talenti di farsi un’idea sulle future intenzioni del governo della Serenissima, incerto se partecipare o meno a una nuova impresa militare antiturca al fianco degli imperiali e dei polacchi; solo dopo intense e complesse trattative Venezia entrò nella coalizione (5 marzo 1684). Mentre le armate asburgiche e, in parte, quelle veneziane ottennero nelle campagne seguenti successi importanti, non così fu per le operazioni condotte da Giovanni III in Moldavia e Valacchia: nonostante questo Talenti restò sempre accanto al sovrano polacco, intimamente convinto di servire uno stratega capace, e un forte sovrano, al quale si doveva la liberazione dell’Occidente dal pericolo ottomano.
Lo stretto legame con Sobieski e con il Paese che lo aveva ospitato, e per il quale aveva ricoperto posizioni di rilievo all’interno della corte, lo avrebbe poi premiato nel 1685 con la concessione dell’indigenato accordatogli dal sejm all’unanimità. Un riconoscimento che Talenti considerava importante per sé, ma anzitutto per la sua stessa famiglia, nel ramo polacco come in quello italiano.
Il rapporto profondo instaurato con Giovanni III e con la Polonia si sarebbe interrotto solo nell’aprile del 1693 con la sua morte, avvenuta tra l’8 e il 12 di quel mese, non prima di essersi congedato dal suo sovrano, e dalla corte tutta, accomiatandosi anche dal suo corrispondente fidato, il cardinale Barberini, con un’ultima missiva di pochissime righe scritta da Varsavia il 7 aprile con la quale gli annunciava la vicinanza a quel Tribunale Divino al quale avrebbe reso conto delle sue colpe.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 6550, passim; 6560, cc. 2r-286r; 6561, cc. 1r-275v; 6562, cc. 1r-322r; Archivio di Stato di Lucca, Notizie genealogiche istorico-critiche della famiglia Talenti di Lucca ed ordinate da Giacomo di Giovan Vincenzo Battista Talenti, Pastore Arcade Accademico Inculto ed Oscuro, LXV, 2, pp. 482, 510, 515, 520 s., 526, 530-532, 639-644; Lucca, Biblioteca statale, ms. 926: Memorie del conte T. T. scritte dal Signor Giacomo Vincenzo Talenti l’anno 1775, cc. 261r-265v.
T. Trenta, Memorie per servire alla storia politica del cardinale Francesco Buonvisi patrizio Lucchese, II, Lucca 1818, pp. 43 s., 45, 48 s., 191; S. Ciampi, Bibliografia critica..., I, Firenze 1830, pp. 94, 116; Id., Lettere militari di Giovanni Sobieski..., Firenze 1830, pp. 41 s., 46, 47, 49 s., 59 s., 64-72; F. Lancellotti, Secondo centenario della liberazione di Vienna dall’assedio dei Turchi (1683-1883). Ricordi storici, Roma 1883, pp. 68 s., 72, 77, 91; Acta quae ad Joannis Regnum illustrandum spectant expeditio Viennensis 1683, a cura di F. Kluczycki, Cracoviae 1883, pp. 291, 301, 380, 499, 550; F.F. De Daugnon, Gli italiani in Polonia dal X secolo al XVIII. Notizie storiche con brevi cenni genealogici araldici e biografici, I, Crema 1905, pp. 4, 277-279; Zb. Wójcik, Jan Sobieski (1629-1696), Warszawa 1994, pp. 317, 338, 411; Acta Nuntiaturae Polonae, XXXIV, 1-6, Opitius Pallavicini (1680-1688), a cura di M. Domin-Jačov, Romae 1995-2008, ad ind.; G. Platania, La Polonia di Giovanni Sobieski e ‘l’infedele turco’ nelle inedite carte di T. T. segretario regio, in L’Europa centro-orientale e il pericolo turco tra Sei e Settecento, Viterbo 1999, pp. 33-172; Id., Polonia e Curia romana. Corrispondenza del lucchese T. T. segretario intimo del re di Polonia con Carlo Barberini protettore del regno (1681-1693), Viterbo 2000; Id., Le fonti per la storia dell’Europa orientale: la Polonia e la Santa Sede, in Gli archivi della Santa Sede come fonte per la storia moderna e contemporanea, a cura di M. Sanfilippo - G. Pizzorusso, Viterbo 2001, pp. 133-235 (in partic. pp. 149 s., 160 s., 167 s., 170, 175 s., 180, 182, 193 s.); Id., Carlo Barberini. ‘Protektor Królestwa Polskiego’ – w Nieopublikowanej korespondencji przechowywanej w zbiorach watykańskik (Carlo Barberini. ‘Protettore del Regno di Polonia’ – nella corrispondenza inedita conservata nelle raccolte vaticane), in Europa między Italią a Polską i Litwą. Studia (Europa tra Italia, Polonia e Lituania. Studi), Kraków 2004, pp. 75-121 (in partic. pp. 85 s., 89 ss., 93 s., 96 s., 103); W. Tygielski, Włosi w Polsce XVI-XVII wieku (Italiani in Polonia XVI-XVII secolo), Warszawa 2005, pp. 185, 201, 208, 316, 338, 580, 671; R. Mazzei, La trama nascosta. Storie di mercanti e altro (secolo XVI-XVII), Viterbo 2006, pp. 20 s., 45, 239, 262 s., 267; F. Cardini, Il Turco a Vienna. Storia del grande assedio del 1683, Roma-Bari 2011, pp. 226, 250, 254, 268, 351 s., 355, 556, 564, 578-580; G. Platania, Polonia e Curia romana. Corrispondenza di Giovanni III Sobieski re di Polonia con Carlo Barberini protettore del regno (1681-1696), Viterbo 2011, passim; Id., L’inedita corrispondenza di Jan III Sobieski e Carlo Barberini, cardinale protettore del regno, in Studia Wilanowskie, Krakóv 2015, passim.