PERELLI, Tommaso
PERELLI, Tommaso. – Nacque il 21 luglio 1704 a Firenze da Bernardino Girolamo, avvocato, segretario del magistrato degli Otto di guardia sotto Cosimo III, e dalla nobile Maria Settimia Cherici. Completò la sua formazione umanistica e scientifica nel collegio gesuita di S. Giovannino, dove acquistò «una completa padronanza della lingua greca e latina» (Barsanti, 1988, p. 40) e una buona preparazione nelle discipline matematiche e naturali. Immatricolato come ‘legista’ all’Università di Pisa il 13 novembre 1721, seguì poi le proprie inclinazioni per le matematiche, divenendo l’allievo prediletto di Guido Grandi, e si laureò, infine, in medicina e filosofia (10 novembre 1731) sotto la guida di Anton Domenico Gotti. Testimoni di laurea furono Vincenzo Martellini e Bernardo Tanucci, con il quale rimase in corrispondenza anche dopo il trasferimento di quest’ultimo a Napoli (1734).
Tra il 1732 e il 1734 fu a Firenze, anche dopo la morte del padre, dove coltivò gli studi umanistici entrando in rapporto con i dotti che gravitavano attorno alla Biblioteca Laurenziana, Giovanni Lami, Anton Maria Salvini, Filippo Buonarroti, il botanico Pier Antonio Micheli, Giuseppe Maria Buondelmonti, Tommaso Crudeli. Ebbe allora esperienze massoniche nella loggia hannoveriana fiorentina, folta di presenze britanniche (Charles Sackville conte di Middlesex, Henry Fox, Sewallis Shirley, il residente inglese Horace Mann), per qualche tempo guidata dal celebre medico Antonio Cocchi. Opinioni eterodosse Perelli doveva aver da tempo maturato se, durante lo studentato pisano, attrasse l’attenzione dell’Inquisizione: idee forse rafforzate dai soggiorni livornesi e dai contatti con la cultura cosmopolita della città (Giuseppe Attias, George Jackson, Giovanni Gualberto De Soria). Nel 1733 è attestata la sua presenza a Roma, dove l’Inquisizione lo coinvolse nel processo a carico di Ottaviano Bonaccorsi, sodale di loggia, mentre tra il 1735 e il 1738 approfondì le proprie conoscenze matematiche a Bologna in rapporto con Gabriele ed Eustachio Manfredi, Jacopo Bartolomeo Beccari, Ippolito Francesco Maria Albertini e l’astronomo Eustachio Zanotti, che ne indirizzò gli interessi verso la matematica applicata e l’idraulica. Fu poi a Padova, dove fra il 1738 e il 1739 conobbe Jacopo Facciolati, che gli propose di concorrere a una cattedra di lingua greca all’Università – candidatura fallita per il mancato invio da parte di Cocchi del testo di Caritone di Afrodisia, che Perelli intendeva tradurre e pubblicare. Se l’episodio segnò la fine della loro amicizia, utili furono, però, i contatti con i luminari patavini Giovanni Poleni e Giovanni Battista Morgagni.
Emerge da queste esperienze una cultura vasta e poliedrica, tributaria degli antichi (soprattutto greci), retta da riconosciute competenze epigrafiche e filologiche, al cuore della quale stavano, in primo luogo, la matematica e la geometria con le loro possibili applicazioni: saperi che collocano Perelli più nel solco della tradizione erudita e libertina, che in quello dell’illuminismo maturo. Nacque da queste basi la chiamata a Pisa quale docente di astronomia e direttore della Nuova specolanel 1739, con lo stipendio di 400 scudi annui: ruolo che Perelli ricoprì sino al 1779, quando gli venne concesso di ritirarsi ad Arezzo.
Conversatore brillante, frequentatore di salotti e dame, Perelli pubblicò pochissimo e minimi furono il suo impegno didattico e l’attività osservativa pisana: come amici e autorità spesso lamentarono. Tra la fine del 1766 e la metà del 1769 fu a Firenze, dove ne apprezzò la «molta semplicità e bonomia» Alessandro Verri (lettera a Pietro Verri, 15 maggio 1767, in Viaggio a Parigi e a Londra, a cura di G. Gaspari, Milano 1980, p. 431).
Nel 1770 Charles Burney ne riconobbe le non comuni competenze di musica antica e la padronanza dell’inglese scritto (Viaggio musicale in Italia, a cura di E. Fubini, Torino 1979, pp. 226 s.). Poco tagliato per l’uso pratico degli strumenti – di cui aveva favorito gli acquisti principalmente in Inghilterra –, intelletto duttile e curioso, ma indolente e svagato, mente enciclopedica in una fase storica che vedeva la nascita dell’autonomia professionale delle discipline, Perelli venne dal 1765 affiancato alla specola da Giuseppe Antonio Slop, e al suo collaboratore e successore si devono le uniche osservazioni astronomiche pisane. Pure, all’altezza del 1740 Perelli figurava «tra i principali matematici dell’età nostra», come affermò Paolo Frisi, che gli fu intimo amico, in un elogio partecipe e privo di retorica (1784, p. 62). Angelo Fabroni, rettore dell’Ateneo granducale, lo paragonò a Leibniz, cui pure era inferiore per genialità matematica. I limiti di Perelli, e la sua stessa dissipazione, erano forse riducibili al mancato desiderio in lui di gloria letteraria e alla mancanza in Pisa (e in Italia) dopo la morte di Grandi di chi potesse stimolarne la creatività matematica (ibid., p. 28).
La sua fama resta legata all’opera di consulente idraulico e di grande tecnico dell’amministrazione lorenese: dal 1740 agli anni Settanta cooperò sistematicamente alle indagini di esperti e funzionari sul sistema idrogeografico della Toscana (campagna pisana e senese, Maremma, dove si pronunciò a favore delle ‘colmate’ quale strumento di bonifica integrale, Agro pratese e corso dell’Arno, padule di Fucecchio e piana di Bientina, Val di Chiana e bassa Valdelsa), collaborando con figure di punta del potere politico quali Pompeo Neri nel 1740 e nel 1748 (Barsanti, 1988, pp. 48, 52) e proponendo progetti sulla regimazione delle acque, le bonifiche e le migliorie atte a stimolare la produttività agraria, la costruzione di ponti, argini e altre infrastrutture. Ne emerse un mosaico d’interventi tesi al coinvolgimento, anche finanziario, della proprietà, entro un disegno di razionalizzazione delle forze produttive complementare all’impegno riformatore del governo della Reggenza e dello stesso Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena, dopo il 1765. Perelli fu tra i primi a indicare l’esigenza di frenare il disboscamento per prevenire disastrose inondazioni (Vecchio, 1974, pp. 144-146), aprendo un dibattito che si prolungherà sino all’Ottocento.
Nacquero così lavori significativi solo in parte affidati alle stampe, quali la Relazione sulla difesa del Valdarno inferiore dalle tracimazioni dell’Usciana, firmata con Pompeo Neri nel 1748; la Relazione intorno all’Arno dentro la città di Firenze (1759), preparata per il senatore Francesco Maria Buondelmonti; il Parere all’amico Antonio Niccolini sulla regimazione del torrente Marroggia, in Umbria (1758), e il celebre rapporto sulle cause delle esondazioni dell’Arno a Firenze, dove i dati risalivano sino al 1268 (1758). Tutto ciò fece di Perelli il «maggiore esperto di idraulica dell’ateneo pisano» (Panicucci, 2000, p. 94). Di nuovo sospetto all’Inquisizione nel 1761, grazie al sostegno degli amici Frisi e Niccolini fece parte della commissione d’indagine sulle condizioni idrogeologiche delle Legazioni padane, di cui presentò i risultati a Clemente XIII (Relazione all’Ecc.mo e Rev.mo Sig. Card. Pietro Paolo Conti sopra il regolamento delle acque delle tre province di Bologna, Ferrara e Romagna, Lucca 1764).
Gran parte del suo lavoro in questo campo confluì nella Raccolta d’autori che trattano del moto delle acque (VI, Firenze 1769, pp. 213-271, e IX, Firenze 1774, pp. 89-154), nella quale Perelli funse anche da consulente del libraio-stampatore (Giuseppe Cambiagi), e dove corredò di note critiche testi di Domenico Guglielmini, Vincenzo Viviani, Jean Picard (Barsanti, 1988, pp. 67 s.).
A partire dagli anni Sessanta appannò la sua stella la rivalità con il gesuita Leonardo Ximenes, emersa circa il risanamento della Valdichiana: dove fu prescelto il meno costoso progetto di Perelli. Intervenne anche sul problema dell’insalubrità dell’aria e nelle visite alle zone malariche della Toscana (Firenze, 1766; Settimello presso Sesto Fiorentino, insieme a Giovanni Targioni Tozzetti, 1770) indicò nella malnutrizione e nella miseria la concausa del male, sottolineando l’esigenza di un miglioramento organico delle condizioni dei contadini per prevenirlo.
Perelli ebbe buoni rapporti con Pietro Leopoldo, che accompagnò più volte nei viaggi di ricognizione delle province (Relazioni sul governo della Toscana, a cura di A. Salvestrini, I-III, Firenze 1969-1974, ad ind.) e che ne accolse alcuni importanti progetti idraulici. Membro di numerose commissioni e istituzioni accademiche (fra cui la celebre Accademia dei XL di Verona, la Crusca e l’Arcadia), operò al servizio del magistrato di Parte e mosse critiche all’Uffizio dei fossi di Pisa, poi soppresso. Ma l’adesione alle vedute governative non fu illimitata, se tra il 1767 e il 1772 egli si oppose ai tentativi di riforma dell’Ateneo pisano, adottando posizioni conservatrici e corporative.
Non v’è dubbio, però, che egli vedesse con favore i processi di mutamento istituzionale ed economico avviati dai Lorena, né che la sua formazione libertina e filobritannica lo spingesse a guardare con sospetto alla Chiesa di Roma. Lettore di Locke, Montesquieu, Chesterfield, accanito collezionista di libri, poi dispersi, il suo non conformismo spinse l’amico milanese Frisi a una serrata apologia della sua ortodossia religiosa. Non è forse un caso che uno degli elogi dedicatigli post mortem fosse di mano di Lorenzo Pignotti, personalità di rilievo della massoneria toscana.
«Uomo di gran capacità, e d’immenso sapere in qualunque scienza, ma indolente al maggior segno»: questo il giudizio di Angelo Maria Bandini, che lo aveva frequentato in gioventù «per la sua onoratezza» (Un erudito del Settecento. Angelo Maria Bandini, a cura di R. Pintaudi, Messina 2002, p. 163), morì ad Arezzo, povero e in condizioni fortemente debilitate, il 5 ottobre 1783.
Fonti e Bibl.: Arezzo, Accademia Petrarca, Carte Perelli; Biblioteca della città di Arezzo, Mss., 251; Pisa, Biblioteca Universitaria, Mss., 95, 168 ins. 15 (lettera a G.A. Slop); Milano, Biblioteca Ambrosiana, Y.151.sup. (due lettere a P. Frisi); Firenze, Biblioteca nazionale, Nuovi acquisti, 654: Carteggio Perelli (quattro lettere di G. Attias a Perelli, include il ms. delle Osservazioni sopra la discesa dei corpi solidi nei mezzi fluidi); Galileiani, 294; Fondo Magliabechiano, VII, cc. 9r, 15r, 17r, 67r, 125r, 282r (ricevute per acquisto libri); Biblioteca Marucelliana, B.I.27.VII, 11 (lettera ad A.M. Bandini, 1739); Archivio Baldasseroni (due lettere ad A. Cocchi, 25 maggio 1733, 23 giugno1746); Archivio di Stato di Firenze, Reggenza, 984, ins. 6 (parere di Perelli su ruoli e stipendi all’Università di Pisa); Segreteria di Stato, 827, prot. 23, n. 1; Relazioni manoscritte di Perelli o loro estratti si conservano a Praga, Národní Archiv, Archivio familiare degli Asburgo, Archivio di P. Leopoldo, f. 4, cc. 145-150; cc. 258-288, Istruzione del dott. T. P. sopra le regole da osservarsi nel prosciugamento della Valdichiana; f. 3, cc. 475-476, copia di Estratto della relazione del dott. T. P. sopra il Pietrasantino; Soluzione di alcuni problemi geometrici, in Giornale dei letterati di Firenze, 1757, t. VII, p. 1, pp. 1-30; Relazione sopra il lago Trasimeno… scritta per il nobile uomo F. Baglioni, Firenze 1771 (con dedica ad Antonio Thurn); Ragionamento sopra la campagna pisana dato ai sigg. deputati in occasione della visita del 1740, in Raccolta di autori italiani che trattano del moto delle acque, IX, Firenze 1774, pp. 89-154; Relazione sopra il modo di liberare la campagna del Valdarno inferiore dall’inondazione dell’Usciana, ibid., pp. 155-179 (con P. Neri); Relazione sopra gli argini dell’Anconella, ibid., pp. 181-198; altri scritti in Opuscoli idraulici, VI, Bologna 1823; tra gli elogi coevi, cfr. A. Fabroni, Elogio di T. P., in Giornale dei letterati, 1784, t. 53, pp. 3-65; P. Frisi, Lettera a mons. Fabroni intorno agli studi di T. P., Pisa 1784; M. Lastri, Elogio di T. P., in Novelle letterarie, 2 gennaio 1784, n. 1, coll. 1-16; L. Pignotti, Elogio di T. P., prof. di astronomia all’Università di Pisa, Pisa 1784.
E. de Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del XVIII secolo e dei contemporanei, IV, Venezia 1837, pp. 149-152 (voce di O. Brizi); D. Barsanti, La figura e l’opera di T. P. (1704-1783), matematico e professore di astronomia all’Università di Pisa, in Bollettino storico pisano, 1988, n. 57, pp. 39-83. Per il luogo di nascita e altre notizie: M.A. Timpanaro Morelli, Per una storia di Andrea Bonducci (Firenze, 1715-1766), Roma 1996, pp. 218 s. e passim; E. Panicucci, Dall’avvento dei Lorena al Regno d’Etruria 1737-1807, in Storia dell’Università di Pisa, II, 2, Pisa 2000, pp. 3-134; M.A. Timpanaro, Tommaso Crudeli (Poppi 1702-1745), I-II, Firenze 2003, I, p. 28, II, pp. 568 s., 580-588 (sul fratello Zanobi). Ulteriori spunti su Perelli in B. Vecchio, Il bosco negli scrittori italiani del Settecento e dell’età napoleonica, Torino 1974, e in La politica della scienza. Toscana e stati italiani nel tardo Settecento, a cura di G. Barsanti - V. Becagli - R. Pasta, Firenze 1996, passim.