BALLI (Balle, Ballo), Tomaso (Masi)
Nato a Palermo nella prima metà del sec. XVI da Antonio, nobile palermitano, giureconsulto e maestro razionale del tribunale del Regal Patrimonio, tenne nel 1555 la carica di governatore della Tavola e fu nel 1561 giurato e nuovamente governatore della Tavola nel 1567. Cavaliere dell'Ordine mediceo di Santo Stefano, godette gran fama come uomo d'armi soprattutto in virtù di "un rovescio così terribile ch'era irreparabile; ed una volta tagliò con un rovescio una gamba: onde per tal cosa ancor è restato il motto de', 'rovesci di Masi Ballo'" (Di Giovanni). Fu in rapporto con gli Alterati di Firenze, se non proprio anche loro socio; membro dell'Accademia palermitana degli Accesi col nome di Onesto, è tra i poeti di questa Accademia rappresentati nel Primo libro delle Rime dell'Accademia degli Accesi, pubblicato a Palermo nel 1571 e dedicato al viceré Ferdinando Francesco d'Avalos marchese di Pescara, che era stato protettore dell'Accademia stessa.
Le liriche del B. - sonetti, stanze e madrigali - sono tutte d'argomento amoroso e non si scostano dalla maniera del tardo petrarchismo. Vi si loda una "giovanetta real, che de' suoi lustri / Splendea appena nel terzo"; se ne celebrano "i capei crespi e lunghi d'ambra e d'oro", "i bei rubini ardenti" da cui escono "dardi tremendi" e "le perle picciolette" che appaiono splendide tra le labbra nel riso.
Ma il nome del B. rimane soprattutto affidato al Palermo liberato,Palermo 1612,uno dei poemi che, col Tancredi di Ascanio Grandi e col Boemondo di Giovan Leone Semproni, tuttavia posteriori, si richiamano più da vicino al grande modello della Liberata. Condotto a termine quando il poeta era già vecchio, fu dedicato a Cosimo II di Toscana con una lettera nella quale il B. affermò trattarsi di "poema epico, non romanzo, sotto le misure fabbricato dei comun maestro Aristotele, osservando quella da lui tanto desiderata unità al possibile". Presentato al granduca dal letterato Angelo Gueli, amicissimo e familiare del B., il poema fu fatto esaminare, per conto degli accademici Alterati, da una commissione formata da Ottavio Rinuccini, Francesco Venturi e Giacomo Soldani, censori dell'Accademia.
Il Palermo liberato, in trenta canti, si fonda per la parte storica sulla seconda deca del De rebus siculis del Fazello, ove, sulla scorta dei Malaterra, è narrata la conquista di Palermo da parte dei Normanni guidati dal conte Ruggero, conquista avvenuta nel 1072,dopo cìnque mesi di assedio, e che segnò la definitiva caduta del dominio musulmano in Sicilia. Rigorosamente fedele al suddetto principio dell'unità aristotelica, il B. non lo è meno, per quanto riguarda la struttura generale della narrazione, nei riguardi del modello tassesco (come appare fin dall'esordio: "L'arme orrende e il signor pietoso e forte / canto, che per Giesù la spada cinse / che di Palermo le superbe porte / grave percosse e fino a terra spinse"). Nei particolari episodici, invece, e nella ideazione dei personaggi, il B. attua una sorta di contaminazione tra spunti narrativi e caratteri di varia derivazione classica, dantesca, ariostesca e tassesca.
Approvata l'opera dai censori, Cosimo II ne autorizzò la pubblicazione, manifestando il suo gradimento al poeta con una lettera. Questa, con l'approvazione e l'autorizzazione predetta, è riprodotta in principio al volume, il quale contiene ancora un sonetto del B. al granduca e la dedica al Senato di Palermo di Blasco Joppulu.
Si ignora in quale anno sia avvenuta la morte del Balli.
Tra i contemporanei lo lodano O. Potenzano, nei Diecimila martiri, Palermo 1600, c. V, st. 28; Vincenzo di Giovanni, nel Palermo trionfante, Palermo 1600, I, 12, p. 123; A. Joffredo, nelle Rime degli Accesi, cit., p. 47.
Bibl.: A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, II, Panormi 1708, p. 254; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, IV, 2, Venezia 1730. p. 109; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 188; V. Di Giovanni, Filologia e letteratura siciliana, II,Palermo 1879, p. 280; A. Belloni, Gli epigoni della Gerusalemme liberata, Padova 1893, pp. 360-366, 499; Id., Il poema epico-mitologico, Milano 1912, p. 265; Id., Il Seicento, Milano s. d., pp. 192, 225; V. Labate, La Prima conoscenza della Divina Commedia in Sicilia, in Giorn. stor. d. letter. ital., XXXV (1900), p. 341 n. 4; G. B. Grassi, Il primo libro delle rime degli Accesi, Palermo 1900, pp. 7, 73, 74, 75; M. Catalano, La venuta dei Normanni in Sicilia nella poesia e nella leggenda, Catania 1903, pp. 8, 45 n., 46, 47, 48, 49, 51, 53, 55, 57, 64, 72, 74, 99; G. Pellizzaro, Un epis. di un poema del Seicento, in Fanfulla della domenica,2 6 luglio 1903.