TIVOLI (lat. Tibur; A. T., 24-25-26 bis)
Antichissima città del Lazio, situata su un ripiano (175-230 m.) calcareo, sulla sinistra dell'Aniene, nel punto dove questo fiume, dopo essersi ristretto fra il Colle Ripoli e il M. Catillo, gira intorno a quest'ultimo e salta, con una serie di cascate, un ripido gradino per scendere nella Campagna Romana. Su questa, la città si affaccia come da una balconata che offre ampî panorami fino al mare. La topografia delle cascate è più volte cambiata in tempi storici per l'opera di erosione esercitata sulla roccia calcarea dalle acque, tendenti a insinuarsi entro incavi sempre più bassi: la sistemazione attuale, mercé la quale la massima parte delle acque è convogliata nella Grande Cascata attraverso una galleria artificiale, risale al 1834 e fu studiata in seguito a una piena disastrosa del novembre 1826.
La cittadina conserva in parte (a sud e a ovest) la sua cinta murata, irrobustita in un angolo, tra Porta S. Giovanni e Porta S. Croce, dalla Rocca Pia, eretta da Pio II sul sito dell'antico anfiteatro. Le arterie principali (Via Trevio e Via Palatina) conducono da Porta S. Croce alla Piazza Rivarola, presso la quale il Ponte Gregoriano varca l'Aniene subito a monte delle cascate. Le vite secondarie hanno conservato spesso l'aspetto medievale (Via del Colle, Via del Serraglio), con tipiche case sovente decorate con frammenti di costruzioni antiche.
L'utilizzazione della energia idraulica, attraverso numerose officine elettriche, ha permesso il sorgere in Tivoli di alcune industrie (cartiere, cappellifici, fabbriche di coltelli e altri oggetti da taglio; inoltre stabilimenti tipografici), che ne fanno uno dei più vivaci tra i minori centri industriali del Lazio. Gli abitanti che non arrivavano a 4000 nel 1656 e superavano di poco questa cifra al principio del secolo XVIII, erano 5897 nel 1782; discesi a 5484 nel 1816, mostrano poi un costante aumento: 6324 nel 1833, 7147 nel 1853, 8105 nel 1871, 10.297 nel 1881, 13.396 nel 1901, 16.387 nel 1921 e 19.223 nel 1931. Il rapido incremento degli ultimi anni si deve anche al fatto che a Tivoli risiedono non poche famiglie che hanno le loro ordinarie occupazioni a Roma. Dei 19.223 ab. all'ultimo çensimento, 15.312 risiedevano in città, gli altri erano sparsi nel comune (kmq. 87,6), che è essenzialmente un comune agricolo, con estesi ottimi oliveti e vigneti. Tivoli ha stazione sulla ferrovia Roma-Sulmona; essa è sulla destra dell'Aniene dove si va formando un piccolo sobborgo. È poi riunita a Roma da celeri servizî automobilistici.
Monumenti. - Il più antico sacello dedicato ad Ercole sorse nell'arce (templum Herculis Saxani) identificabile, con tutta probabilità, con il celebre tempio rotondo, detto, senza ragione alcuna, tempio di Vesta o della Sibilla. L'altro tempio contiguo, di forma rettangolare, fu forse dedicato a Tiburto, l'eroe eponimo della città. Un grandioso tempio fu poi eretto in onore di Ercole, sotto il titolo di vincitore (Hercules Victor); i suoi resti si ammirano dietro la cattedrale di San Lorenzo e presso le cartiere, nella località arbitrariamente detta Villa di Mecenate. Il tempio di Vesta dovette sorgere presso l'arce, nel luogo ancor oggi detto Vesta. È recente la scoperta della tomba della vestale tiburtina Cossinia; la tomba è visibile presso la stazione ferroviaria, sulla riva destra dell'Aniene, dove si estendeva la necropoli tiburtina.
Nell'età medievale l'attività artistica ebbe nocumento dalle lunghe lotte sostenute da Tivoli con Roma; ciononostante furono edificati in buon numero monasteri, chiese e santuarî, che però vennero quasi tutti completamente rinnovati, specie nei secoli XVII e XVIII. Ricordiamo la chiesa di S. Silvestro, costruita intorno al sec. X, poi tutta modificata, restaurata nel 1917; la chiesa inferiore di S. Biagio del sec. XI, sulla quale venne costruita dai domenicani alla fine del Duecento l'attuale, poi rifatta nel sec. XIX; Santa Maria Maggiore, che la tradizione attribuisce a papa Simpliciano, tutta trasformata, con facciata gotica; S. Andrea e S. Michele, edificate tra il sec. X e il XIV; S. Lorenzo e S. Pietro, più antiche, ma anch'esse ricostruite in quei secoli e poi rifatte. Queste chiese ebbero quasi tutte pianta basilicale e decorazione cosmatesca (tracce di pavimento cosmatesco in Santa Maria Maggiore, S. Silvestro e S. Pietro; paliotti e colonne tortili cosmatesche a Santa Maria Maggiore).
Del romanico rimangono ancora varî campanili, molto alterati, come quelli del duomo, di S. Biagio, di S. Andrea, di S. Michele, questo meglio conservato; e cripte in S. Pietro e in S. Silvestro.
Il più notevole edificio sacro era la cattedrale, prima che nel 1635 venisse interamente rinnovata; resta la torre campanaria del sec. XII.
Alcuni quartieri della città, come quello del Colle, presentano ancora un aspetto medievale, con case-torri dei secoli XI-XII e varie case che conservano le caratteristiche dei secoli XIII XIV, piccole, costruite in materiale laterizio, con finestrelle bifore, scalinate esterne e decorazioni di frammenti antichi.
La pittura medievale si esplicò nelle serie di grandi affreschi, ora quasi tutti periti, che ricoprivano le pareti della navata grande e l'abside delle chiese; oltre ad altri avanzi di minore importanza, restano ancora gli affreschi nell'abside di S. Silvestro, rappresentanti Gesù tra i Santi Pietro e Paolo; la Madonna col Bambino in trono tra i due Ss. Giovanni e Profeti; e la leggenda di S. Silvestro e Costantino (sec. XIII).
Al sec. XI o XII va attribuito il trittico della cosiddetta "macchina del Salvatore" nel duomo; al sec. XIII la tavola della Madonna in S. Maria Maggiore attribuita a Iacopo Torriti e quella della Madonna degli Angeli già nella chiesa omonima; al sec. XIV appartiene il trittico conservato in Santa Maria Maggiore, opera di Bartolomeo Bulgarini da Siena. Le Crocifissioni in S. Pietro ed in S. Biagio, gli affreschi della cappella Pacifici con i simboli degli Evangelisti, la nascita e la morte di Gesù, la dormizione di Maria e varie scene agiografiche; e le decorazioni di una casa-torre con allegorie della fortuna, continenza, penitenza, giustizia, sapienza e saggezza.
La plastica medievale è rappresentata da una scultura lignea di S. Valerio, del sec. XII in S. Silvestro e dalla Deposizione, gruppo di cinque grandi figure lignee, che si conserva nel duomo, opera probabilmente del principio del sec. XIII.
Nel Rinascimento la vita della città, prima limitata alla zona bassa, si estese alle parti alte (quartieri del Trevio e Santa Croce); il più insigne monumento del Quattrocento è la Rocca Pia, fortezza innalzata sugli avanzi dell'anfiteatro da Pio II. In via del Trevio, in via e piazza del Seminario si trovano case quattrocentesche; ai principî del Cinquecento appartengono varî palazzi, siti specialmente in Via Maggiore, uno dei quali è interessante per la decorazione del cortile e il rivestimento di mattonelle dipinte nel cortile, nell'androne e nelle scale.
La pittura del Rinascimento (appare in cospicui saggi in una tavola di Sano di Pietro raffigurante S. Bernardino, nel palazzo comunale e nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, dove , furono dipinti nel sec. XV gli affreschi rappresentanti l'Assunzione di Maria, la Natività del Battista e S. Zaccaria che ne scrive il nome; le Sibille, gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa latina, riconosciuti opera di Melozzo da Forlì.
Al Quattrocento appartengono ancora il monumento funebre del vescovo Angelo Lupo, la custodia argentea del ricordato trittico del Salvatore sormontata da cinque statuine dell'orafo Santo Romano ed il busto marmoreo di Gesù nell'oratorio dell'arciconfraternita del Salvatore. Al Cinquecento spetta il monumento sansovinesco del vescovo Angelo Leonini, collocato nella cattedrale, dove pure si conserva l'opera più interessante del periodo barocco, la statua dell'Immacolata, che viene attribuita a Pierre Puget ed il berniniano gruppo ligneo del battesimo di Gesù.
Ma è al Rinascimento che Tivoli deve l'opera d'arte che più la rende famosa: Villa d' Este, che il cardinale Ippolito II d' Este, eletto governatore della città nel 1550 fece costruire da Pirro Ligorio. Il palazzo venne decorato di pitture da Federico Zuccari, da Livio Agresti e da Girolamo Muziano. Oltre a varie statue e a stucchi del tempo, ornavano la villa numerose sculture classiche rinvenute negli scavi di Villa Adriana e di altri luoghi del territorio di Tivoli, quasi tutte asportate. Ma la decorazione più vivace e pittoresca era costituita dalle numerose fontane, tra cui notevoli specialmente quelle dei Draghi, della Civetta, del Bicchierone (di Gian Lorenzo Bernini), dell'Organo e dell'Ovato. Famoso era l'Organo idraulico; notissimi il viale delle Cento Fontane e la Rometta, riproduzione in piccolo di edifici della Roma antica.
Il sapiente restauro operato dal governo italiano ha, si può dire, cancellato dalla villa le tracce del secolare abbandono, restituendole l'antico incantevole aspetto.
Pure del '500 è la chiesa di S. Sinforosa attribuita a G. Castrichini con tele attribuite al cardinale Celio e al padre Pozzo. In S. Pietro è una Madonna col Bambino di Cecchino Salviati, in S. Filippo un quadro attribuito al Borgognone e in S. Antonio uno di Pietro Mignard. Nella cattedrale sono affreschi del Grimaldi nella cappella della Concezione, e del Manenti in quella dell'arciconfraternita del Salvatore; e tele attribuite al Locatelli nella cappella del Sacramento. Decorazioni monocrome di S. Zofanelli (fine del sec. XVIII) si trovano in S. Antonio, mentre la chiesa di S. Vincenzo, elegante saggio di arte neogotica, fu affrescata dal Dies.
V. tavole CXLI e CXLII.
Storia. - Il nome dell'antica Tibur deriva dalla voce sabina teba o teiba che significava un luogo elevato, un colle. Incerte e avvolte nella leggenda le origini della città. Tivoli fin da prima del foedus Cassianum faceva parte della lega latina come mostra la lista delle città latine data da Catone. È quindi da credere che con le altre città latine entrasse in lega subito dopo l'invasione gallica, ma a guerra aperta fra Tivoli e Roma non si venne che più tardi, quando Roma cercò di ristabilire il suo primato nel Lazio. La tradizione riferisce che nell'anno 366 a. C. la città chiuse le porte ai consoli romani, reduci dalla vittoria sugli Ernici, e che poco dopo si alleò con i Galli minaccianti di nuovo Roma. Tiburtini e Galli furono sconfitti, nel 360 a. C., dal console C. Petelio Libone, che ne riportò il trionfo (Liv., VII, 11, 9). Ricostituita dai Romani la lega latina nel 358, Tivoli nel 354 fu costretta a sottomettersi, cioè a rientrare anch'essa nella lega. Partecipò poi alla ribellione dei Latini nel 340, ma i Tiburtini con i soci furono sconfitti a Pedum da L. Furio Camillo nell'anno 338 a. C. (Liv., VIII, 12, 7). Quell'anno i Romani vittoriosi disciolsero la lega latina; Tivoli fu tra le città latine con cui essi rinnovarono il loro foedus concedendo l'autonomia nell'amministrazione della comunità e della giustizia. I Tiburtini rimasero federati fino alla guerra sociale, quando fu concessa ad essi la cittadinanza. Nel calamitoso periodo delle guerre civili di Silla, di Cesare e dei triumviri, Tibur non ebbe molto a soffrire perché seguì sempre una politica evasiva e prudente, inclinando verso la parte preponderante. La città fu in gran parte ricostruita nell'età sillana, e cospicui sono i resti tuttora visibili delle costruzioni caratteristiche di quel periodo, comprese le mura di cinta.
Tibur fu sacra ad Ercole. Altro antico suo culto fu quello di Vesta. A partire dalla guerra sociale fu municipio romano, ascritto alla tribù Camilia; furono suoi magistrati supremi i IVviri iure dicundo, coadiuvati nell'amministrazione della cosa pubblica dai quaestores. Il consiglio cittadino fu detto senatus Tiburs, e i suoi membri furono i decuriones Tiburtes.
L'amenità del sito e la vicinanza di Roma indussero, fin dagli ultimi tempi della repubblica, i doviziosi romani a costruire nel territorio tiburtino magnifiche ville. Apprendiamo da Svetonio (Aug., 82) che Augusto amava il soggiorno di questa città. Giulio Cesare, fra gli altri, vi ebbe una sua villa che poi passò in possesso di C. Sallustio; celebre è la villa di C. Cassio, ove tornarono in luce l'Apollo Citaredo e le nove Muse del Museo Vaticano. Catullo e Orazio v'ebbero piccoli possessi fondiarî, e Properzio spesso vi si recava invitato dalla sua Cinzia, che vi possedeva una villa. Sorsero splendide presso Tibur le ville di Quintilio Varo (Quintiliolo) e di Cilnio Mecenate, sontuosa questa quanto altre mai. Tibur fu considerato come luogo suburbano di Roma e soggetto per molti riguardi al praefectus urbi. Continuò anche durante l'impero ad essere dimora estiva di molti ricchi romani, e l'imperatore Adriano, al ritorno dai suoi viaggi in Oriente e in Egitto, fece costruire quella meravigliosa ed estesissima villa che da lui prende il nome.
Nel Medioevo, Tivoli sbarrò a Roma la via di Napoli e d'Abruzzo ed assunse un'importanza strategica di prim'ordine. Fu danneggiata dai Goti, ma poi restaurata e fortificata da Totila stesso (547-48); fu dai Bizantini eretta a ducato e dal pontefice fatta centro amministrativo dei patrimonî sabinense e carseolano di S. Pietro.
Fu minacciata nel sec. VIII da Astolfo, re dei Longobardi; assediata con ardua impresa dall'imperatore Ottone III (1001) al quale infine si assoggettò restando poi sempre fedele alla parte imperiale; fu poi contesa fra Gregorio VII, che vi dimorò nel 1074, e l'antipapa Clemente, e fra l'antipapa Anacleto ed Innocenzo II che, assediatala a capo dei suoi eserciti, subì una clamorosa sconfitta (1142). Roma vendicò l'onta un anno dopo con un aspro assedio, tolto per ordine del papa dopo la sottomissione dei Tiburtini.
Fedele ad Eugenio III, Tivoli, collegata ad altre città del Lazio, riprese le armi contro Roma e la vinse (1145) ma dové più tardi subire la rappresaglia dei Romani ed ospitare il pontefice fuggiasco che sulle sue alture trovava la morte (1153). Pure Adriano IV, cacciato da Roma con Federico Barbarossa, trovò in Tivoli rifugio (1155). E fu allora che la città offertasi all'imperatore come città imperiale fu da questi notevolmente ampliata, rinnovata e fortificata. Più tardi ospitò Enrico VI (1196) e Federico II (1241) che vi posero quartiere generale.
L'autonomia municipale di cui aveva goduto durante l'impero romano si sviluppò nell'alto Medioevo e diede quindi origine ad uno dei più antichi comuni d'Italia. Di esso infatti già si hanno notizie nel sec. IX.
La giurisdizione comunale di Tivoli si estendeva, come quella della diocesi ecclesiastica, dalle porte di Roma fino nei pressi di Rieti e fino al confine d'Abruzzo; comprendeva circa 50 castelli e l'abbazia di Subiaco che fu sempre molestissima, e finì per rendersi indipendente di fatto (1441), sebbene restasse poi sempre, e cioè fino al 1816, censuaria del comune.
Nel 1259 dopo lunghe lotte accettò la dipendenza dal Senato di Roma e fu inclusa nel "Districtus Urbis" col nome di "Provincia di Tivoli". Fu assediata da Manfredi (1264); ospitò Corradino di Svevia (1267); Arrigo VII di Lussemburgo (1312) e Ludovico il Bavaro (1328). Fu alleata di Cola di Rienzo che vi pose quartiere per l'impresa di Palestrina (1354) e di cui accolse la famiglia dopo la tragica morte. A fianco del papa Urbano VI guerreggiò, con un proprio esercito di 5000 soldati, contro i fautori dell'antipapa Clemente VII dopo aver assoggettato il ribelle conte d'Antiochia (1381).
Si alleò (1413) con Ladislao di Durazzo e resistette all'assedio di Braccio da Montone (1417). Nel 1447 accolse per lunghi mesi le armate di Alfonso d'Aragona che ne risarcì e ne fortificò le mura preparandosi all'impresa contro Firenze.
L'indipendenza effettiva che Tivoli aveva riacquistato durante il periodo avignonese, cadde per sempre nel Rinascimento. Pio II, eresse sulle rovine dell'antico anfiteatro, già fortificato nel Medioevo, una rocca di quattro torri. Sisto IV, che a lungo vi dimorò fuggendo l'ostilità dei Romani, tornò a favorirne le antiche istituzioni e cioè le vecchie università delle arti e le confraternite ospitaliere. Da Melozzo da Forlì fece affrescare la chiesa di quella di San Giovanni (1475).
Alessandro VI vi soggiornò più volte e Carlo VIII di Francia vi sostò prima di abboccarsi a Vicovaro con lui e con il re di Napoli (1495). Adriano VI la sottrasse alla giurisdizione del Senato romano (1522) e la dichiarò sede di un governo nel quale si susseguirono i più fastosi cardinali del Rinascimento tra cui Alessandro Farnese ed Ippolito II d'Este che vi eresse (1550) la famosissima villa e vi fondò l'accademia letteraria degli "Agevoli".
Dilaniata durante il sacco di Roma, roccaforte nell'invasione del duca d'Alba, contesa nella guerra austro-spagnola del '700, fu soggiorno di Carlo III di Borbone, che, dopo la conquista di Napoli, ordinò al Vanvitelli di ispirarsi alla villa di Tivoli per la sua reggia di Caserta.
Ostile ai Francesi durante la repubblica romana del 1798-99, insorse a favore dei Napoletani che riconquistarono Roma. Sotto l'impero di Napoleone, Tivoli fu capoluogo di un circondario che comprendeva 54 comuni. Continuò ad essere uno dei centri maggiori dello stato pontificio dopo la restaurazione di Pio VII e tale rimase fino al 1870.
Gregorio XVI vi compié giganteschi lavori per proteggerla dalle minacce del fiume Aniene e vi creò (1835) la celebre Cascata grande (architetto Clemente Folchi) e la Villa Gregoriana. Vi eresse anche un "Consorzio di utenti" per lo sfruttamento dell'energia idraulica.
Pio IX le donò le sorgenti termali delle Acque Albule site presso i ruderi delle Terme Romane che si crede abbiano ospitato l'imperatore Augusto.
Con una fitta rete di canali sotterranei, scavati nel Medioevo, azionò mole e ferriere; cartiere e lanifici nel Rinascimento; coltivò viti e olivi sopra i colli cosparsi di ruderi romani.
Bibl.: G. Cascioli, Bibliografia di Tivoli, in Studi e fonti per la storia della Regione Tiburtina, Società di storia e d'arte, Tivoli 1923; Atti e memorie della Società Tiburtina di storia e d'arte, ivi dal 1921 in poi; G. M. Zappi, Annali e memorie di Tivoli, ed. V. Pacifici, in Studi e fonti per la storia della regione Tiburtina, ivi 1920, n. i; M. A. Nicodemi, Tiburis urbis historia (1585-1589), ed. A. Bussi e V. Pacifici, in Studi e fonti per la storia della Regione Tiburtina, ivi 1926, n. 4; A. di S. Petrarca, Codice diplomatico di Tivoli, a cura di V. Pacifici, in Studi cit., 1929; F. Marzi, Historie Tiburtine, libri 3, ivi 1646; S. Viola, Storia di Tivoli dalla sua origine fnio al sec. XVII, voll. 3, Roma 1819; F. Gori, Viaggio pittorico-antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco, voll. 3, Roma 1855; V. A. Searle, Tibur superbum, Roma 1906; V. Pacifici, Tivoli nel Medioevo, in Atti e Memorie della Società Tiburtina di storia e d'arte, V-VI (1925-26); E. Bourne, A study of Tibur, Baltimora 1916; G. Mancini, Tibur nei poeti Augustei, in Atti dell'Accademia degli Arcadi, Roma 1930. - Per i monumenti, v. inoltre G. C. Crocchiante, L'istoria delle chiese della città di Tivoli, Roma 1726; S. Cabral e F. Del Re, Delle ville e dei più notabili mon. antichi della città e del territorio di Tivoli, ivi 1779; G. Lolli Micheletti, Tivoli illustrata, ivi 1818; F. A. Sebastiani, Viaggio a Tivoli, Foligno 1828; F. Bulgarini, Notizie di Tivoli, Roma 1848; L. Di Carlo, Chiesa di S. Pietro in Tivoli, Tivoli 1884; R. Del Re, Tivoli e i suoi monumenti, Roma 1886; A. Rossi, Tivoli, Bergamo 1909; C. Ricci, Un'opera sconosciuta di Pierre Puget, in Atti X Congr. int. di st. dell'arte in Roma, Roma 1922, pp. 349-351; T. Ashby, The Villa d'Este at Tivoli and the collection of classical sculptures which it contained, in Archeologie, LXI (1908); C. Grigioni, Intorno agli affreschi della chiesa di S. Giovanni di Tivoli dipinti da Melozzo da Forlì, in Rubicone, II (1933); V. Pacifici, Un nuovo cicloo di affreschi di Melozzo da Forlì, in atti e memorie della Società Tiburtina di storia e di arte, XI-XII (1932); id., La sigla di Melozzo e il ritratto di Sisto IV nella chiesa di S. Giovanni, ibid.; XIII-XIV (1933); id., Una scultura berniniana nel duomo di Tivoli, ibib.; id. Una scultura quattrocentesca di scuola romana, ibid.; id., Villa d'Este, Tivoli 1921; id., La scoperta di alcuni affreschi trecenteschi, ecc., ibid., IX-X (1930); id., Il Bernini a Tivoli, Tivoli 1923; id., La chiesa di Silvestro a Tivoli, in Arte Cristiana, IX (1921); id., L'"Inchinata", Tivoli 1928; id., Tivoli e i suoi costumi, in Latina Gens, XII (1934); id., Notes on some recent discouveries at Tivoli, in Journal of Roman Studies, X (1920); E. Martinori, Via Tiburtina, Roma 1932.
Vita musicale. - Le più antiche notizie sulla vita musicale in Tivoli riguardano l'esistenza della Cappella della cattedrale fin dal 1539: l'ufficio di maestro dai primi del sec. XVII allo scorcio del XVIII fu sempre tenuto da buoni musicisti in gran parte della scuola romana, fra gli altri da G. Carissimi, cantore e poi organista dal 1623 al 1627.
A Tivoli nacque nel 1544 Giovanni Maria Nanino, che fu allievo del Palestrina e suo successore nella direzione della Cappella Liberiana. Di un altro musicista tiburtino, Giuliano Buonaugurio, vissuto fra i secoli XV e XVI, si ha notizia in una raccolta di Fantasie e ricerchari ∣ a tre voci accomodate ∣ da cantare et sonare per ogni in ∣ strumento composta da M. Giuliano Tiburtino da Tievoli, Musico Eccellentiss., ecc. (Venezia, G. Scotto, 1549).
Il sec. XVI vide lo splendore di Villa d'Este, ove la musica fu fra le attrattive più pregiate dal cardinale Ippolito, che si circondò di suonatori e compositori d'ogni parte d'Italia. Fra gli altri si ricordano: Nicolò Vicentino, allievo del Willaert e detto "l'arcimusico", Giov. Battista Corvo, comasco, e il sommo Giovanni Pierluigi da Palestrina. Ad accrescere le delizie dell'incantevole parco il francese Claudio Vernard veniva incaricato della costruzione dell'organo idraulico, di cui ancor oggi si ammirano le vestigia.
I successori del card. Ippolito, card. Luigi, suo nipote, e il nipote di questi, card. Alessandro, favorirono anch'essi la musica e i musicisti con uguale interesse se pure con minore munificenza. Agli stipendî del primo fu Luca Marenzio e fra i numerosi protetti del secondo si annovera Orazio Vecchi.
Sulla fine del sec. XVIII il romano Bernardo Porta, maestro di violino, fondava una società filarmonica - "aggregazione di dilettanti di suono" - continuata poi per lungo tempo dal suo scolaro tiburtino Luigi Vergelli: oltre a partecipare alle sacre funzioni nelle varie chiese della città e a tutte le feste religiose, essa ebbe anche una propria attività concertistica.
Nella vita musicale del secolo decimonono il fatto più notevole da segnalare è il frequente soggiorno che fece a Villa d'Este Franz Liszt, durante il suo secondo periodo di vita romana dal 1862 al 1879, ospite del card. Hohenlohe.
La singolare bellezza della dimora ispirò al Liszt alcune delle sue composizioni pianistiche più notevoli: I Cipressi di Villa d'Este e Le fontane di Villa d'Este, ed è probabile che frequentando la chiesa di S. Francesco, dal ricco portale romanico, che con l'annesso monastero è sulla piazzetta ove s'apre l'ingresso alla villa, abbia concepito le due leggende di S. Francesco di Paola che cammina sui flutti e di S. Francesco d'Assisi che predica agli uccelli e la Cantica di S. Francesco.
Bibl.: G. Radiciotti, L'arte musicale in Tivoli nei secoli XVI, XVII, XVIII, Tivoli 1907; A. De Angelis, Francesco Liszt a Roma, in Riv. mus. it., XVIII; G. Benvenuti, Andrea e Giovanni Gabrieli e la musica strumentale in San Marco, in Istituzioni e monumenti dell'arte musicale in Italia, I, tomo i°, Milano 1931, p. lxxxviii.