TIMOTEO da Lucca
TIMOTEO da Lucca (Girolamo Maria dei Medici da Moncigoli). – Figlio del giurista Benedetto di Niccolò dei Medici da Moncigoli e di Beatrice di Stefano di Poggio, nacque nel 1456 a Lucca, dove venne battezzato il 4 aprile.
Il padre risulta morto nel 1464, quando la famiglia era già guidata dal primogenito, Giovan Marco, giurista, futuro conte palatino e figura ben inserita nella vita politica della Repubblica. Scarse le informazioni sulla giovinezza di Girolamo che nel 1476-77 era attivo nel gestire il cospicuo patrimonio familiare insieme ai fratelli. L’atto con cui il 26 agosto 1478 donò la sua parte di eredità al fratello maggiore è verosimilmente legato al suo ingresso nel ramo osservante dell’Ordine minoritico, dove assunse il nome Timoteo (Luzzati, 1981, pp. 381 s.).
Non si hanno notizie sulla sua formazione religiosa e culturale nell’Ordine, dove probabilmente seguì il curriculum necessario ai successivi incarichi da predicatore (dubbia la notizia di studi in utroque iure a Siena, riportata da Pulinari, 1913, p. 19). Le prime notizie certe lo presentano nel 1489 a fianco di Bernardino da Feltre al momento della fondazione del Monte di pietà di Lucca e, all’inizio del 1492, a Pisa. Nel 1493 era guardiano del convento di S. Francesco a Lucca. In concomitanza al processo contro Davide di Dattilo da Tivoli, principale banchiere ebreo in città, accusato di avere bestemmiato e distrutto alcune immagini cristiane, in quaresima Timoteo attaccò duramente il credito ebraico e la stessa presenza degli ebrei in città. Il governo lucchese discusse ripetutamente delle prediche de iudeo tenute dal frate con «verbis incitativis populi», temendo per l’ordine pubblico e il possibile «saccomanno» del banco ebraico. La campagna antigiudaica spaccò il governo cittadino, nel quale Timoteo godeva di ottimi contatti, innescando il processo che portò, dopo lunghe discussioni, alla revoca della condotta e all’espulsione dei feneratori ebrei dalla città, finanziando con l’ingente multa riscossa (1300 ducati) il secondo Monte di pietà (Lucca 1493, 2014).
Nel settembre del 1493 Timoteo fondò la Compagnia della frateria a Pisa, dove predicò tra il 1493 e il 1494, diventando figura di spicco nel turbolento periodo del passaggio di Carlo VIII e della riconquistata indipendenza da Firenze, tanto da essere nominato tra gli ambasciatori pisani inviati il 30 novembre 1494 presso il re francese. La partecipazione del frate all’ambasceria non è certa, visto che a dicembre era a Volterra, dove predicò l’avvento e fondò il Monte di pietà. Nel delicato quadro politico i magistrati fiorentini della città temevano che «nelle sue prediche esca il termine dell’officio suo, entrando in cose non convenienti et da indurre codesto populo in qualche sollevamento allo exemplo de’ pisani» (Luzzati, 1981, p. 387). Timori fondati, visto il ruolo politico-religioso svolto da Timoteo a Pisa e il suo fattivo contributo nel fornire ragioni e giustificazioni al nuovo assetto politico. Nel giugno del 1495 il frate fu tra gli incaricati di imborsare i nomi dei candidati alle magistrature cittadine, mentre il 25 aprile aveva ottenuto la fondazione del Monte di pietà, presentato come segno concreto del rinnovamento religioso-morale che giustificava e supportava la riconquistata libertà pisana. Visto il precedente lucchese, i prestatori ebraici (sotto notevoli pressioni) finanziarono il Monte con un ‘dono’ di 1050 ducati, il prestito di 300 ducati e il pagamento dell’affitto della sede (ibid., p. 388).
A conferma del legame privilegiato con Pisa, Timoteo avrebbe ricordato in una lettera agli Anziani di essere stato «per due anni volentieri audito et anche ultra vivos venerato» e come il popolo pisano fosse stato «da me e per me disciplinato». La lettera rivela l’autocomprensione del frate, che afferma: «sono obbligato aiutare con le mie armi la iustitia e la ragione, la quale cosa mi pare militi per voi» (2 nov. 1495, da Carrara in partenza per La Spezia, in Lupo Gentile, 1937, p. 159).
Tra la fine del 1495 e l’inizio del 1496 Timoteo era attivo a Milano e a Venezia, da dove promise di perorare la causa pisana. Nell’estate del 1496 tornò in Toscana, prima a Lucca e poi a Pisa, dove predicò la quaresima del 1497 su richiesta degli Anziani che, sottolineandone il ruolo civico, lo definirono «animam urbis nostrae» (Luzzati, 1981, p. 391). In un certo senso, Pisa si avvalse di Timoteo «per contrapporre alla Repubblica di Cristo proclamata dal Savonarola in Firenze una immagine altrettanto ‘santa’ del loro governo» (ibid.).
Timoteo fu però apprezzato anche altrove. Nell’avvento del 1497 era a Venezia e, in tempo di peste, fu chiamato a predicare a Natale in S. Marco, davanti al doge e agli ambasciatori delle città italiane. Marino Sanudo registrò il passaggio più memorabile di questa «bella predicha», fornendoci così uno spiraglio su temi e toni dei sermoni del lucchese: «Signori, [...] se voria remediar a le cause che induce la peste, ch’è li peccati orendi che si fa: e biastemar Dio e santi, le scole di le sodomie, li infiniti contrati usurarii si fa a Rialto; e per tutto el vender de la justicia e far in favor dil richo e contra il povero. E pezo! Quando viene qualche signor in questa terra, li mostrate li monasterii di monache, non monasterii, ma postribuli e bordelli publici! Serenissimo principe, io so che non seti ignorante e che tutto sapeti meglio che mi. Provedete, provedete e provedereti alla peste» (Sanudo, 1879-1903, I, col. 836). Nella quaresima del 1498 Timoteo fu a Perugia, dove rilanciò la Compagnia di S. Giuseppe, alla quale si iscrissero 511 nuovi aderenti. Nel 1499 tornò in Veneto, dove predicò lungamente a Vicenza (231 prediche, secondo una cronaca cittadina), esortando alla riforma del clero con duri attacchi agli alti prelati e al papa, come scrisse allo stesso Alessandro VI il vescovo di Concordia, Lionello Chiericati, presente in città (Meneghin, 1969, pp. 522 s.). A Vicenza fondò la Compagnia dei soldatelli di Gesù, iniziativa replicata nel giugno del 1499 a Feltre.
Di questa compagnia, orientata all’educazione dei giovani, restano gli statuti, prezioso documento sul progetto di formazione e disciplinamento promosso dal frate, dove spicca il controllo sulla confessione frequente attraverso l’uso di «uno sigillo el quale se portano a li confessori in segno de esser confessati» (ibid., p. 553).
Il 24 settembre 1499 predicò di nuovo a S. Marco, davanti alle massime autorità veneziane, in occasione della nomina di Melchiorre Trevisan a comandante della flotta (Sanudo, 1879-1903, II, col. 1348). Dopo aver predicato la quaresima del 1500 nel duomo di Siena, a maggio venne eletto vicario della provincia di Toscana (1500-03). Nel dicembre del 1500, a Firenze, le autorità cittadine, consapevoli della sua azione a sostegno della causa pisana, lo arrestarono con l’accusa di avere «travagliato cose fuora della professione sua» (Luzzati, 1981, p. 392). Scampato a una possibile condanna a morte, Timoteo si focalizzò progressivamente sul governo dell’Ordine.
Attivo nel difendere l’autonomia dell’Osservanza nel capitolo provinciale di Lucca (maggio del 1501), partecipò ai capitoli osservanti di Urbino (giugno del 1501) e Mantova (1504) e a quello dell’Ordine a Roma (1506). A partire dal 1505, fu guardiano e promosse l’ampliamento del convento osservante della Capriola, a Siena, luogo legato alla memoria e al culto di s. Bernardino (Bertagna, 1964, p. 114). Partecipò inoltre alla vita della città, predicando in piazza per l’Annunciazione nel 1508 e intervenendo nelle dispute interne alla Compagnia di S. Girolamo (1512). Eletto nuovamente vicario provinciale nel 1509, nella quaresima del 1510 predicò nel duomo di Lucca.
Nel giugno del 1512, al capitolo osservante di Napoli, venne eletto vicario generale dell’Osservanza cismontana, incarico svolto fino alla morte, avvenuta il 23 ottobre 1513 a Siena nel convento della Capriola, dove venne sepolto.
Discorde la memoria del suo operato nell’Ordine. Se Dionisio Pulinari (morto nel 1582) ne diede un ritratto di stampo agiografico, definendolo «grande predicatore», «zelatore della regolare osservanza», «parco e austero», «grato a tutti e reputato per santo» (1913, p. 19), di diverso avviso fu Mariano da Firenze (morto nel 1523), sul cui giudizio pesano l’azione antifiorentina di Timoteo e le discordie interne all’Osservanza che portarono alla divisione della provincia toscana nel 1523. In tale contesto venne scritto un duro memoriale di parte ‘fiorentina’ contro i frati del partito ‘lucchese-senese’, nel quale Timoteo è descritto come un cospiratore, un ribelle e, nel suo governo, un tiranno (Cannarozzi, 1929, pp. 309-325).
Al di là degli statuti dei Monti e delle Confraternite da lui fondate, non restano opere di Timoteo. Preziosa risulta pertanto la reportatio di un sermone predicato a Pasqua in un convento femminile, forse a Pisa, dove egli sviluppa il parallelo tra le nozze terrene e le nozze spirituali, alternando toni popolari (le lacrime di Cristo diventano «un buon trebbiano dolcie») e temi mistici come l’unione dell’anima con Cristo sul letto insanguinato della croce, senza rinunciare a passaggi antigiudaici, come la critica a «quella vecchiaccia iscorticata della sinagoga» (Garzia, 1901).
Fonti e Bibl.: M. Sanudo, I Diarii, I-LVIII, Venezia 1879-1903, I, col. 836, II, col. 1348; R. Garzia, Una predica a monache del Quattrocento, Cagliari 1901; D. Pulinari, Cronache dei frati minori della provincia di Toscana, Arezzo 1913, pp. 19 s.; C. Cannarozzi, Il pensiero di Fra Mariano da Firenze, in Studi francescani, XXVI (1929), pp. 4-28, 121-179, 295-326; M. Lupo Gentile, La politica religiosa di Pisa durante l’assedio (1494-1509), in Bollettino storico pisano, VI (1937), pp. 147-162; M. Bertagna, Il convento dell’Osservanza di Siena e le sue vicende strutturali, in Archivum Franciscanum historicum, LVII (1964), pp. 110-153; V. Meneghin, Due compagnie sul modello di quelle del Divino Amore fondate da francescani a Feltre e a Verona (1499, 1503), ibid., LXII (1969), pp. 518-564; M. Luzzati, Fra T. da L. (1456-1513): appunti di ricerca, in Miscellanea Augusto Campana, II, Padova 1981, pp. 377-401; R. Galli, I Capitoli del Monte di Pietà di Volterra del 18 dicembre 1494, in Rassegna volterrana, LVIII (1982), pp. 145-191; G. Casagrande, Devozione e municipalità. La compagnia del S. Anello/S. Giuseppe di Perugia (1487-1552), in Le mouvement confraternel au Moyen Âge, Roma 1987, pp. 155-183; Lucca 1493: un sequestro di lettere ebraiche, a cura di C. Skalli - M. Luzzati, Napoli 2014.