TIMOMACO (Τιμόμαχος, Timomăchus)
Pittore nato a Bisanzio, contemporaneo di G. Cesare. Di lui erano rinomati un Aiace e una Medea, evidentemente tavole, che Cesare pose nel tempio di Venere Genitrice, ed anche: l'Oreste ed Ifigenia in Tauride, una Gorgone e qualche soggetto di genere. La Medea (meditante la vendetta mediante l'uccisione dei figli) secondo Plinio fu l'ultima opera, lasciata incompiuta dall'artista. Per la sua collocazione in Roma diede luogo a molti epigrammi e ricordi poetici, in greco e in latino; ma di tal genere di poesia, per cui l'opera d'arte era pretesto a giochi di concetto, non è da fidarsi per l'apprezzamento di essa. Più dovremmo fidarci degli echi che se ne possono aspettare nella pittura delle città campane, dove infatti troviamo un dipinto pompeiano con la scena accennata (in presenza dei fanciulli e del pedagogo) e un frammento di altro ercolanese, con la sola figura superstite di Medea, di valore artistico senza paragone superiore. Le due Medee però non somigliano tra loro nei particolari, ed è stato anche pensato a un loro originale protodiadocheo, diverso dal quadro di Timomaco. Dubbî sono anche gli echi dell'Ifigenia.
Bibl.: E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung d. Griechen, Monaco 1923, pagina 820 segg.