Nome comune delle piante appartenenti al genere Tilia, il legno che se ne ricava e l’infuso con effetto diaforetico che viene preparato con i loro fiori.
Studi filogenetici condotti negli anni 1990 hanno permesso di includere le Tigliacee nella famiglia Malvacee appartenente all’ordine Malvali (➔). Il genere Tilia comprende molte specie arboree dell’emisfero boreale, con foglie a base cordata, spesso asimmetriche, e infiorescenze cimose su un lungo peduncolo, con il quale è concresciuta per metà una grande brattea fogliacea che favorisce la disseminazione; il frutto è una noce uniseminata. I fiori, molto profumati, sono ricercati dalle api; secchi, sono usati in medicina, in quanto contengono mucillagine e un olio essenziale. Numerose specie e varietà colturali si coltivano a scopo ornamentale per alberate nei viali e nei giardini. I semi contengono il 55% di un olio commestibile. L’essenza di t. si ricava saturando con cloruro sodico l’acqua di distillazione dei fiori freschi di alcune specie di t., estraendo con etere la parte oleosa che si separa dall’acqua, e facendo evaporare poi l’etere. È un liquido incolore, che sotto 17 °C si rapprende in una massa cristallina di consistenza butirrosa, contenente farnesolo. Dal legno di t. si ricava un legname bianco leggermente rosato, tenero, omogeneo, con pochi nodi, ma di breve durata e facilmente attaccato dai tarli. È impiegato per mobili, modelli da fonderia, tasti di pianoforte, matite, fiammiferi, pasta da carta ecc.; le fibre della corteccia si possono utilizzare per fabbricare stuoie e cordami.
Si chiamano t., per estensione, le fibre anche di altre piante legnose o erbacee (per es. canapa, lino). Nell’industria tessile, sotto la denominazione di t. lungo si indicano i fiocchi di fibre ottenuti con l’operazione di pettinatura; si denomina invece lunghezza di t. un indice caratteristico delle fibre vegetali che ne precisa l’idoneità alla filatura e corrisponde circa alla lunghezza media delle fibre lunghe.