tifo, paratifo, salmonelle
Infezioni intestinali causate da batteri
Tifo, paratifo e salmonella fanno parte delle cosiddette salmonellosi, ovvero infezioni con particolare coinvolgimento intestinale causate da batteri che appartengono al genere Salmonella. Il tifo, per la sua gravità, è detto salmonellosi maggiore, mentre il paratifo e la salmonella sono incluse nelle salmonellosi minori
Nel 1886 il veterinario inglese Daniel Salmon riuscì a isolare il batterio responsabile della peste suina, a cui più tardi fu dato il nome di Salmonella, dal nome del suo scopritore. Le salmonelle sono batteri capaci di causare infezioni sia nell’uomo sia negli animali. Esse sono classificate in quattro gruppi: A, B, C, D, con caratteristiche in parte sovrapponibili. I primi tre gruppi includono le salmonelle responsabili di tossinfezioni alimentari a rapida guarigione e sono dette salmonellosi minori o paratifi. Il gruppo D include invece la Salmonella typhi, che è responsabile del tifo, noto anche come salmonellosi maggiore o febbre tifoide. Le salmonelle non sono capaci di sopravvivere alle alte temperature e muoiono durante l’ebollizione dell’acqua, oppure durante la procedura di pastorizzazione (sterilizzazione e pastorizzazione) o di irradiazione dei cibi con i raggi gamma. Questi batteri sono però in grado di sopravvivere alle temperature di congelamento, negli alimenti conservati mediante essiccamento oppure sottoposti a salatura.
Le normali fonti di infezione sono l’acqua o gli alimenti contaminati dai batteri che vengono eliminati con le feci. La salmonellosi maggiore ha un periodo di incubazione che va da pochi giorni fino a 2 mesi; si possono osservare quattro fasi della malattia, ognuna della durata di circa sette giorni. Nella prima fase il malato presenta febbre, che è detta a scalini perché aumenta di mezzo grado ogni giorno rispetto alla temperatura misurata alla stessa ora del giorno precedente, sino ad arrivare intorno al quinto-sesto giorno a circa 39÷40°C. La febbre è accompagnata da mal di testa e lingua asciutta. Nella seconda fase il malato appare sonnolento – stato tifoso –, la lingua ha un colorito grigio, iniziano dolori di pancia e scariche di diarrea. Nella terza fase i disturbi continuano, il cuore inizia ad avere una frequenza più bassa e la febbre comincia a diminuire. Infine, nella quarta, la sintomatologia migliora, la febbre e la sonnolenza scompaiono.
Nelle salmonellosi minori, dopo un periodo di incubazione che oscilla dalle 8 alle 24 ore, il malato inizia ad avere diarrea con numerose scariche di feci completamente liquide e di odore particolarmente cattivo, febbre accompagnata da brivido, dolori addominali, nausea e vomito.
Le salmonellosi minori guariscono spesso anche spontaneamente in pochi giorni. Però nei bambini, negli anziani e nei soggetti che hanno altre patologie, le salmonellosi spesso possono progredire sino a causare uno stato di shock. Nelle salmonellosi minori la terapia consiste solo in uno stretto digiuno, anche se di un solo giorno.
Prima della scoperta degli antibiotici la febbre tifoide era considerata una malattia infettiva molto grave, che causava la morte nel 10% circa delle persone colpite. Oggi, grazie alle terapie disponibili, la mortalità è inferiore allo 0,5%. La cura deve essere praticata con attenzione, somministrando gli antibiotici prima per endovena e poi per bocca.
Le salmonellosi, comunque, non vanno mai sottovalutate. A tutt’oggi sono ancora responsabili di milioni di morti, per lo più nei paesi poco sviluppati.
La frequenza delle infezioni aumenta nel periodo estivo: con le temperature più elevate i batteri si sviluppano e proliferano più facilmente, in particolare se si trovano nella crema racchiusa in un dolce! Quindi attenzione, soprattutto d’estate, a seguire alcune regole fondamentali per non ammalarsi: lavare le mani dopo avere toccato cibi crudi; lavare il guscio delle uova prima di utilizzarle; in cucina, tenere separati i cibi crudi da quelli cotti; conservare i cibi deteriorabili in frigorifero o nel congelatore.
Altrettanto importante, però, è che coloro che ci hanno venduto gli alimenti o che li hanno confezionati in fabbrica abbiano rispettato le norme di igiene necessarie per prevenire l’infezione.