THYSDRUS
Il villaggio di El Jem, in Tunisia, situato a 65 km da Sousse e a 40 km dal mare occupa, in parte, il luogo dell'antica città di Thysdrus. L'esplorazione del luogo non è stata ancora completata, ma si può valutare l'importanza di questa città che aveva una superficie di 150 ettari e fu, alla fine del II e al principio del III sec. d. C., una vera "capitale dell'olio" (G. Picard).
Storia. - I più antichi documenti trovati a Th. risalgono al III sec. a. C. Essa era, all'epoca punica, una borgata circondata da fortificazioni; alcuni mercanti italici vi si stabilirono nel corso del I sec. d. C. Quando Cesare era a Ruspina alcuni abitanti andarono ad offrirgli una partita di grano di 300.000 misure (26.250 hl). Durante la campagna di Aggar, Cesare passò davanti alla città, occupata dai pompeiani, ma giudicò inutile assalirla; dopo la sua vittoria, quando colpì le altre città con ammende molto gravi, impose a T. solo il tributo di una certa quantità di grano, vista la poca importanza della città (propter humilitatem civitatis).
Malgrado l'assenza di testi, si può affermare che dal I sec. d. C. Th. cominciò ad arricchirsi ed è probabile che questa prosperità sia in rapporto con lo sviluppo della arboricoltura. Sotto i Flavi si intrapresero lavori di adduzione d'acqua e si costruì un primo anfiteatro con i gradini tagliati nel tufo. Nel II sec. d. C. la città s'ingrandisce e si orna di monumenti e di case sempre più lussuose; il podium dell'anfiteatro viene rialzato e nuovi gradini vengono installati a un livello superiore; un vasto stabilimento termale viene costruito in questo periodo e si può affermare che le costruzioni dei lati del Foro, non ancora esplorate, appartengano alla stessa epoca. Questa ricchezza non si spiega solo con una valorizzazione più razionale dei terreni circostanti, ma soprattutto con il fatto che Th. diviene un centro di mercato dove vengono avviati, attraverso belle strade, i prodotti provenienti dall'O e dal N-O; essi sono in seguito fatti proseguire, per l'esportazione verso i porti della costa sahelica: Acholla, Sullecthum, Gummi, Thapsus e Leptis Minor.
Gli abitanti di Th. cercarono ben presto di ottenere il titolo di cittadini romani, aggregandosi alla tribù Galeria, ma l'evoluzione politica della città resta un po' oscura: sembra (P. Quoniam) che, facendo parte degli oppida libera, citati da Plinio, Th. sia divenuto municipio nell'epoca in cui Ottaviano ebbe in sorte l'Africa, oppure un po' più tardi, sotto il suo principato, e colonia sotto il regno di Commodo (C.I.L., viii, 10500). Un testo (G.LL., vIli, 686), del periodo di Filippo l'Arabo, che ricorda un Septimium municipium è dei più sospetti.
I monumenti della città indicano le tappe di questa prosperità e di questa promozione: al principio del III sec. d. C., poiché il primo teatro non sembrava più degno della ricchezza della città, allora al suo apogeo, si inizia, verso il 230, la costruzione di un più grande edificio che ancora domina, e schiaccia, il piccolo villaggio di El Jem. Parecchie lussuose case si datano ugualmente a quest'epoca. È probabile tuttavia che la politica dei Severi, dirigendo verso Roma l'olio dei porti della Byzacena, sia stata dapprima vantaggiosa per questi; essa tuttavia aveva fatto perdere loro la clientela dell'Oriente mediterraneo e, poiché le riserve accumulate a Roma erano già notevoli alla morte di Settimio Severo, i prezzi erano dovuti progressivamente diminuire: si può dunque pensare che a Th. regnasse, verso il 238, un disagio economico al quale si aggiungevano le tassazioni rese necessarie dalla politica di sfruttamento di Massimino. La crisi era latente e stava per scoppiare nel febbraio del 238, nel momento in cui, essendo terminata la raccolta delle olive, i frantoi funzionavano a pieno rendimento, ed erano in corso transazioni finanziarie di ogni specie. Il proconsole d'Africa, Gordiano, era venuto senza dubbio per amministrare la giustizia e assistere, nell'anfiteatro, alle feste dei Liberalia, che si dovevano quanto prima celebrare con pompa entro il nuovo monumento. Il procuratore del fisco requisiva l'olio per l'Annona e prelevava l'imposta sulle vendite quando alcuni giovani della città, aiutati da contadini e da qualche soldato, lo uccisero e proposero l'impero al vecchio proconsole. Gordiano accettò, Cartagine e, poco dopo, Roma, ratificarono questa scelta (gordano i).
Massimino rispose inviando contro Capelliano, il legato della III legione Augusta, che sconfisse l'imperatore e saccheggiò le città. Th. fu una delle principali vittime di queste rappresaglie e la ricerca archeologica ha mostrato che numerose case furono proprio allora distrutte.
La città si risollevò malamente da questa catastrofe: senza dubbio Gordiano le portò qualche soccorso (I. L. T., 110), ma nella seconda metà del III sec. e nel IV sec. d. C., le costruzioni sono più rare e i documenti archeologici meno numerosi: l'epigrafia ci indica solamente una ricostruzione delle terme sotto Costantino. Il grande centro di ammasso della produzione dell'O era allora Sufetula (v.) e le merci venivano dirette verso Thaenae e soprattutto verso il N: insieme ai porti della costa sahelica, Th. ridiveniva un piccolo villaggio. I resti del V e del VI sec. d. C. sono ancora più rari; si può segnalare solo l'esistenza di una piccola cappella bizantina.
Topografia generale. - Per quel che è possibile constatare dai resti dei muri scoperti al disotto del livello romano, il villaggio punico, situato a N-O, aveva strade strette e tortuose. Questa particolarità si riprodusse nella città romana che si sviluppò in una maniera capricciosa, poiché i proprietari facevano edificare le loro case o i monumenti pubblici innalzati a loro spese, nel terreno di loro proprietà. È evidente che la costruzione di certe case, dapprima isolate, ha preceduto il tracciato della strada selciata; si può constatare in ogni caso che, nella città romana, le strade, anche le più larghe, non si tagliano ad angolo retto e non sono rettilinee. Il Foro era situato circa al centro della città, e i grandi monumenti alla periferia, il circo a N-O, il grande anfiteatro a E, il piccolo a S-E e le terme a O. Non si sono ancora scavati né il teatro né i templi.
Il grande anfiteatro, chiaramente modellato sul Colosseo di Roma, ha un perimetro di 427 m e poteva contenere circa 30.000 spettatori; ha tre ambulacri e i gradini, scendendo fino al limite dell'arena, non lasciano che un passaggio di m 0,70. Costruito in pietra molto tenera del Sahel, di debole resistenza, ha i muri e i pilastri di una sezione molto maggiore rispetto a quella dei simili monumenti in Italia e in Gallia. Per la stessa ragione i capitelli corinzi e compositi della facciata sono semplificati.
Il circo non è stato ancora messo in luce, ma il suo tracciato e alcuni particolari appaiono nettamente dalle fotografie aeree; era anch'esso di dimensioni importanti: m 516 di lunghezza su m 100 di larghezza. Le terme pubbliche sono di dimensioni più modeste.
Numerose statue, generalmente mutile, sono state messe in luce in diversi punti della città: di divinità, Venere, Iside, Serapide, Vittoria, frammenti del trono di Cibele, teste di imperatori, Adriano, Antonino Pio, Lucio Vero.
Ma gli scavi di Th. hanno soprattutto rivelato ville, generalmente lussuose. Queste sono costruite, fino alla fine del II sec. d. C. in mattoni crudi su di un filare di base un po' più resistente, più tardi in mattoni. Presentano al centro un cortile interno, circondato da un portico sul quale si aprivano le stanze; questa corte è raramente fornita di bacino, serviva più spesso da viridarium. A volte sono state praticate aperture per introdurre la luce. I muri e i soffitti erano coperti di pitture, di cui restano numerosi esemplari rappresentanti scene mitologiche, raffigurazioni di caccia o animali isolati. Il pavimento era sempre coperto di mosaici e, per la notevole quantità che di essi è stata trovata fino ad oggi, si può affermare che l'officina di Th. era una delle più importanti d'Africa.
I pavimenti in opus sectile sono piuttosto rari e questa tecnica sembra essere stata abbandonata verso la metà del II sec. d. C. È molto interessante seguire l'evoluzione dei motivi geometrici in bianco e nero al principio del II sec.; in seguito hanno tendenza a complicarsi e a lasciare sempre meno posto al fondo bianco. Motivo molto frequente è il quadrato quadrilobato con i bordi concavi fiancheggiati da ovali. Si trova ugualmente una grande varietà di motivi in cui elementi vegetali si uniscono ad una trama geometrica, motivo denominato "decorazione floreale". Tra i soggetti figurati frequente il tema delle Stagioni (v.). Le quattro Stagioni inquadrano talora un Apollo-Sole e una Artemide-Luna o circondano il busto del Genio dell'anno con la testa, coronata di varie fronde. Su di un documento di grande interesse, ciascuna di esse è accompagnata da tre immagini illustranti i corrispondenti Mesi. Questo mosaico si data al III sec. d. C. e sorprende per il suo carattere arcaico; la maggior parte dei Mesi è evocata mediante la rappresentazione di vecchie feste romane. Alcune scene sono improntate a calendari rustici.
Sulla maggior parte dei pavimenti, qualunque sia il soggetto, il busto femminile delle Stagioni- molto più raramente di giovinetti stanti- appare agli angoli e conferisce all'insieme un valore profilattico. Esse si vedono così intorno alla disputa tra Apollo e Marsia, intorno ad Achille a Sciro e a Venere al bagno. Sono tuttavia più spesso in rapporto con temi dionisiaci, poiché Dioniso, che godeva di un grandissimo favore a Th., era considerato come un Kosmokrator che regola il corso delle stagioni. Questo dio appare variamente atteggiato, a mezzo busto, in piedi, vicino ad una vittoria, in un carro di trionfo, molto spesso anche nell'aspetto di un fanciullo che doma le fiere. È generalmente accompagnato dai personaggi del suo thiasos, satiri, baccanti, sileni, Pan, Eracle; a volte questi camminano o danzano formando una processione, a volte sono raggruppati per due, a volte si presentano soli.
I Bàcchoi vendemmiatori o gli uccelli che beccano grappoli appesi a tralci di vite che si snodano sul campo del pavimento sono motivi altrettanto frequenti. Le siringhe, i cembali, le piume di pavone, i crateri si aggiungono normalmente a questa iconografia, che sembra essere stata fortemente influenzata dall'arte ellenistica.
Si può attribuire la stessa origine ai mostri marini fantastici, soprattutto ai centauri marini cavalcati dalle nereidi che dominano nelle decorazioni marine con la testa del dio Oceano barbuto o le scene di pesca. L'influenza alessandrina si ritrova nelle feste nilotiche, nei riquadri raffiguranti xenia e, soprattutto, nei piccoli quadretti che richiamano le ierogamie mitologiche, dove si vede un seduttore e una "ninfa sorpresa". Artemide, Apollo, Orfeo e le Muse sono inoltre le divinità più frequenti sui documenti di Thysdrus.
Verso la fine del III e nel IV sec. d. C., la predilezione degli artisti va piuttosto verso le scene di circo, in particolare combattimenti di animali, e verso le scene di caccia, ma i soggetti tradizionali, particolarmente i dionisiaci, sono ancora frequenti, il che sembra provare che il paganesimo è sopravvissuto per molto tempo in questa città in declino, anche dopo il trionfo del cristianesimo.
Lo scavo nelle necropoli ha dato, oltre al materiale funerario abituale, anche numerose statuette in terracotta.
Gli innumerevoli documenti provenienti da questa città sono divisi tra il Museo del Bardo e di Sousse, ma l'abbondanza delle scoperte degli anni 1959-62 permette di contemplare la prossima creazione di un museo a El Jem.
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