GREEN, Thomas Hill
Filosofo inglese, nato a Birkin (Yorkshire) il 7 aprile 1836, morto a Oxford il 26 marzo 1882. Divenne nel 1860 fellow nel Balliol College, e v'insegnò fino alla morte, prima come lecturer, poi, dal 1878, come titolare della cattedra White di filosofia morale. È il vero fondatore, e il rappresentante più notevole, dell'idealismo inglese del sec. XIX.
Le sue opere principali sono tre: Introduction. to Hume's Treatise on Human Nature (nell'edizione, curata dal G. e da T. H. Grose, delle opere filosofiche di Hume, Londra 1874), Prolegomena to Ethics (1883, 2ª ed. 1884), Lectures on the Principles of Political Obligation (pubblicate postume nel 1901, e quindi non comprese nell'edizione completa dei Works curata in 3 voll. da R. L. Nettleship nel 1885-88). Il G. parte da un'acuta critica dell'empirismo e del positivismo, mostrando come le loro assunzioni oggettivistiche si basino sempre sull'inavvertito scambio tra le percezioni come fatti psichici e la realtà esterna presupposta come loro causa. Nel fatto, tutta la realtà si risolve in percezioni, e la distinzione del reale dall'irreale non ha altro fondamento che quello della connessione costante delle percezioni che al reale si presumono corrispondenti. Ma essendo tale connessione di carattere puramente spirituale e conoscitivo, a suo fondamento non potrà presupporsi che un'universale coscienza, al cui contenuto cerchino nel loro sviluppo di adeguarsi le attività conoscitive degl'individui. Tale concezione, piuttosto berkeleyana che kantiana, si allontana peraltro da Berkeley in quanto non attribuisce forma personale di divinità a tale coscienza universale, e si limita a considerarla come causa suprema, estratemporale e, come causa sui, libera, dell'accadere. A questa gnoseologia corrisponde nel G. la morale, che, assicurata all'azione umana la libertà in forza della distinzione tra motivo dell'agire e impulso sensibile della tendenza, attribuisce valore di eticità all'azione che l'uomo compie sentendovi nello stesso tempo (nel suo sforzo di adeguare la sua finitezza all'infinità dell'Universale) il raggiungimento perfetto del suo fine determinato e l'insoddisfazione rispetto al fine supremo, eternamente irraggiungibile.
Bibl.: W. H. Fairbrother, The Philosophy of T. H. G., Londra 1896; A. Grieve, Das geistige Prinzip in der Philosophie T. H. G. s, Lipsia 1896; H. Sidgwick, Lectures on the Ethik of G., Spencer and Martineau, Londra 1902.