TESTA
– Famiglia di organari romani, attivi nei secoli XVII e XVIII, sull’arco di tre generazioni, principalmente ma non esclusivamente a Roma.
Giuseppe nacque a Roma l’8 dicembre 1629, da Papirio, originario di Norcia, e da Flavia Tomassi, romana. Fin da ragazzo visse al vicolo del Piè di Marmo in casa dell’organaro Ennio Bonifazi (circa 1596-1654), marito di Lucrezia Testa, sua sorella. Formatosi nella bottega, alla morte di Bonifazi ne continuò l’attività, insieme con il cugino, figlio di una sorella della madre, Giuseppe Catarinozzi (circa 1628-1684), che con lui coabitava e aveva condiviso l’apprendistato.
Il 27 novembre 1655 sposò Dionora (o Leonora) Bonifazi, figlia di Bonifazio, fratello di Ennio: ebbero sette figli, tra cui Filippo, Giacomo, Lorenzo, Pietro e Giovanni Battista, tutti organari. Ben presto Giuseppe subentrò al maestro nella manutenzione degli organi di basiliche e chiese romane. Agli esordi, costruì un organo per S. Maria del Popolo (1656-58), collocato in una singolare decorazione lignea in foggia di rami di quercia intrecciati, disegnata da Gian Lorenzo Bernini e realizzata dallo scultore Antonio Raggi e dall’intagliatore Antonio Chiccheri, evocante lo stemma familiare del pontefice Alessandro VII Chigi, committente del restauro della chiesa. Costruì poi un organo per l’oratorio dell’arciconfraternita del Ss. Crocifisso di S. Marcello (1660), uno «in forma di tavolino con quattro registri» (Barbieri, 1982) per il principe Camillo Pamphili (1663), e rifece l’organo di S. Giovanni dei Fiorentini (1673). Fuori Roma realizzò gli organi di S. Maria Assunta a Popiglio nel Pistoiese (1665) e di S. Lucia a Serra San Quirico (1676); quest’ultima commissione gli venne da Isidoro Rosa, serrano, generale dei benedettini silvestrini, che aveva dimorato a lungo a Roma nel monastero di S. Stefano del Cacco, nelle cui vicinanze i Testa abitarono e tennero bottega per circa un secolo.
Insieme con Catarinozzi realizzò gli organi dell’abbazia di S. Martino al Cimino (ante 1659), e a Roma di San Agostino (1657-58), S. Girolamo della Carità (1659), S. Maria in Traspontina (1668) e S. Giacomo degli Spagnoli (1669), quest’ultimo sotto la sovrintendenza dell’organaro Willem Hermans, che realizzò di persona due registri (non avendo bottega propria, l’organaro fiammingo si valse a volte di quella di Testa per confezionare parti degli organi a lui commissionati, come nel caso di S. Maria a Collescipoli, 1677-78). Dal 1667 al 1674 ebbe per lavorante Girolamo Galli, poi collaboratore dell’organaro lodigiano Giacomo Alari, operante a Roma. Giuseppe morì il 28 settembre 1677 nella sua casa al Piè di Marmo.
Nel 1676-77, tramite il padre generale dei Ministri degli Infermi, aveva trattato con il nobile Emanuele Brignole la costruzione dell’organo della chiesa dell’Albergo dei Poveri di Genova, che non poté realizzare; da questi documenti si apprende che aveva costruito un organo per S. Bernardo alle Terme, giudicato «de’ migliori e de’ più belli che sono in Roma» (Buzelli, 2017, pp. 18-20).
Filippo nacque a Roma il 19 febbraio 1665. Dal 1684 rilevò l’incarico per la manutenzione dei tre organi della basilica vaticana e dal 1687 di quello della lateranense, ch’egli restaurò nel 1699. Verso il 1691 sposò Chiara Nicolai, figlia del pittore lorenese François Nicholas (Francesco Nicolai) stanziato a Roma, da cui ebbe, tra gli altri, Damaso e Dionisio (Celestino). Nel 1704 rimise in funzione l’organo idraulico nel giardino del Quirinale. Costruì un organo di 14 piedi e 11 registri per S. Maria in Trastevere (1701), collocato nella cassa di un organo cinquecentesco preesistente; un organo di 7 piedi con 8 registri per S. Maria Maddalena (1706); e un altro simile per S. Giuseppe dei Falegnami (1714), collocato in una sontuosa cassa intagliata da Giovanni Battista Vannelli, posta in controfacciata. Quasi certamente costruì un organo per la chiesa dell’Ospizio di S. Michele a Ripa (1715).
Estese la propria attività anche fuori Roma: fornì un piccolo organo a S. Maria di Piazza a Mogliano (1699), compì importanti lavori nel duomo di Urbino (1701), a S. Maria degli Angeli ad Assisi (1706), nel duomo di Amelia (1708-09) e nel duomo di Fermo (1721), e realizzò un organo per S. Bartolomeo a Morrovalle (1710) e uno per S. Francesco a Camerino (1712).
Nel 1719 costruì alcuni singolari strumenti inviati in dono all’imperatore cinese da Clemente XI: «una statua di legno di grandezza al naturale con [...] canne a sono di flauto»; «un organo a forma di piedestallo di più registri»; un «regale tutto di noce con tastatura d’avorio», «una spinetta con tastatura d’avorio, fascie d’ebano» (Cassidy-Geiger - Erwee - Deupi, 2007-2008, pp. 179 s.).
Nel 1720 realizzò un nuovo «organo portatile» per la basilica vaticana e presentò un progetto per rifare l’organo della cappella del Coro in S. Pietro, dal lato della cappella Gregoriana: seguendo le indicazioni del maestro di cappella Giuseppe Ottavio Pitoni e dell’organista Giacomo Simonelli, negli anni 1722-25 realizzò uno strumento di 16 piedi a due tastiere di 57 note: la prima azionava l’organo grande dotato di tredici registri, la seconda un «piccolo organo di cinque registri [...] per concertar dal piano al forte» (Lunelli, 1956, p. 87).
Collaborò pure all’organo progettato e fatto costruire a Roma da Azzolino Bernardino della Ciaia, confezionando i registri di Nazardo, Clarone e Tromba, secondo le istruzioni del progettista; lo strumento venne poi utilizzato dal committente nel 1738 come nucleo del grande organo a cinque tastiere eretto nella cantoria sinistra in S. Stefano dei Cavalieri a Pisa. Morì a Roma il 24 aprile 1726.
Tra i lavoranti ebbe Giovanni Cheller (1688-89), Alto Saul (Seidel) «tedesco» (1693-96), Tommaso Dinelli (1702-04), Martino Erman (1702-03), Lorenzo Nelli fiorentino (1703-08), Andrea Galli (1705-09).
Giacomo nacque a Roma il 24 luglio 1667 e visse fino al 1686 con il fratello Filippo. Si ha notizia di suoi lavori nella Bergamasca, in Valtellina e in Liguria: nel 1696 a Terno d’Isola in società con i fratelli Francesco e Bartolomeo Morotti di Mapello; e nel 1697 al santuario della Madonna di Tirano, insieme con il fratello Pietro (nato a Roma il 28 giugno 1673). Nel 1709 costruì un organo per la parrocchiale di Badalucco nel Ponente ligure, ritornando poi a ripararlo nel 1711. Sono ignoti data e luogo della morte sia di Giacomo sia di Pietro.
Lorenzo nacque a Roma il 18 aprile 1670 e la sua presenza in casa del fratello Filippo è attestata fino al 1691. In seguito lavorò lontano da Roma: suoi interventi sono documentati nel 1694 a S. Nicolò a Treviso e a S. Prospero a Reggio nell’Emilia. Censito nel 1701 a Roma di nuovo in casa del fratello, nello stesso anno si trasferì in Toscana, restaurando l’organo della Ss. Annunziata a Siena. Nel 1702, residente a Lucca, divenne manutentore dell’organo nel duomo di Pisa. Costruì l’organo positivo oggi nella villa medicea di Poggio a Caiano (1703) e quelli di Vivaio di Incisa (1706), dell’eremo di Lecceto (1708) e di S. Matteo a Prato. Reputato «uno dei migliori organari che battino la Toscana», si stabilì a Siena, «accasato con la sig.ra Millefanti» (cit. in Pineschi, 1973, p. 116): restaurò l’organo di S. Domenico a Pistoia (1713) e ne costruì uno per la collegiata di S. Martino a Sinalunga (1713-15). Interventi di restauro sono documentati al duomo di Sansepolcro (1712), al duomo e alla pieve di Arezzo (1717), in S. Agostino a Montepulciano (1725) e nella collegiata di Castiglion Fiorentino (1727); nello stesso anno presentò un preventivo per rifare l’organo di S. Maria in Provenzano a Siena; tuttavia, pur avendo realizzato le canne di facciata, nel 1728 fu sostituito nell’incarico dall’organaro Domenico Cacioli, che portò a compimento l’organo su un diverso progetto. Morì a Siena nel 1731.
Giovanni Battista nacque a Roma il 9 dicembre 1675. Anch’egli visse con il fratello Filippo, fino al 1701. Lavorò nella cattedrale di Amelia (restauro dell’organo positivo ad ala, 1701), nella collegiata di Castiglion Fiorentino (1702), allo Spirito Santo di Ravenna (1704) e nella parrocchiale di Porretta (1705-06). Dal 1710 tornò a vivere a Roma nella parrocchia di S. Stefano del Cacco, con la moglie Isabella Tronati. Nel 1727 subentrò a Filippo come manutentore degli organi della basilica vaticana e altre chiese romane, e in concorrenza con il fratello Lorenzo presentò, senza successo, un preventivo per S. Maria in Provenzano a Siena, in cui menzionò «un organo nuovo» (Baggiani, 1983, pp. 21-23) che andava costruendo per la basilica vaticana. Negli anni 1732-36, in qualità di «cembalaro et organaro del Sacro Palazzo Apostolico» (Barbieri, 1981, p. 42), compì interventi di restauro sull’organo idraulico nel giardino del Quirinale. Nel 1750 costruì un organo di 7 piedi e 6 registri per la chiesa di Gesù e Maria. Nel 1753 restaurò radicalmente l’organo cinquecentesco nella cappella della Madonna in S. Pietro. Morì a Roma il 12 novembre 1753.
Della successiva generazione continuarono il mestiere di organari almeno due figli di Filippo e Chiara Nicolai: Damaso, nato a Roma l’11 dicembre 1692, e Dionisio (in religione Celestino), nato ivi il 9 ottobre 1699.
Morto il padre, Damaso gli subentrò come manutentore degli organi in varie basiliche e chiese romane. Fu anche organista nella basilica di S. Giovanni in Laterano dal luglio 1719 al giugno 1728. Morì nel luglio 1728, lasciando la moglie Angela Navarra e tre figli: Girolamo (nato il 18 aprile 1723), Agata (1725) e Filippo (il primo è ricordato per aver supplito Pietro Pirani come manutentore dell’organo di S. Giacomo degli Incurabili nel 1766).
Di Damaso si conservano manoscritte una Toccata per il cembalo in do maggiore, una sonata per organo in mi minore e Regole per accompagnare il basso continuo (Morelli, 1983, p. 123).
Celestino (Dionisio), avviato alla religione nell’Ordine dei silvestrini, il 6 agosto 1719 vestì l’abito nel monastero di Fabriano; un anno dopo, professati i voti, venne affiliato al monastero romano di S. Stefano del Cacco, con il nome di Celestino Giuseppe. Il 16 febbraio 1721 ricevette la prima tonsura a Fabriano, il 12 aprile il suddiaconato a Nocera e il 4 aprile 1722 il diaconato a Camerino, dove il 19 settembre 1722 fu ordinato sacerdote. Ritornò a vivere a S. Stefano del Cacco, dove fu anche organista.
Nel 1728, morto Damaso, rilevò l’attività di organaro del fratello. Nel 1731, con Ugo Annibale Traeri, effettuò un importante intervento sul monumentale organo tardocinquecentesco della basilica lateranense, dotandolo di una seconda tastiera azionante un piccolo organo. Restaurò gli organi nella corsia degli infermi dell’ospedale di S. Spirito in Saxia (1733) e nella collegiata di S. Lorenzo a Sant’Oreste (1742). Nel 1747 rivolse una supplica al pontefice perché gli concedesse di derogare agli obblighi monastici per proseguire l’attività di organaro, dovendo farsi carico della vedova e dei figli del fratello: nel documento sottolineava di essere l’organaro di fiducia dei Pamphili, per i quali accudiva all’organo di S. Agnese in Agone e a quelli idraulici nella villa del Belvedere a Frascati, che restaurò poi nel 1759.
Negli anni 1747-49, in collaborazione con l’allievo Giuseppe Noghel (o Nogola), costruì un grande organo di 14 piedi con 16 registri in S. Eustachio, collocato in un’originale cassa a cinque campate, dall’andamento mistilineo, opera degli intagliatori Francesco Michetti e Carlo Pacilli.
Nell’ultimo decennio della sua vita operò come organaro nelle Marche, specialmente attraverso la rete dei monasteri benedettini. Nel 1763 realizzò un piccolo organo per le clarisse di Belvedere presso Senigallia. Dopo un breve rientro a Roma nel 1764, durante il quale lavorò all’organo di S. Croce, nel giugno del 1765, su invito del vescovo Ippolito de Rossi, si recò a Senigallia: per il duomo costruì dapprima un organo di 11 registri, posto nel «coretto» e completato nel febbraio del 1766; e poi l’organo grande, per il quale vennero rifatte cantoria e cassa, portandolo a compimento nel 1768. Nel 1769 costruì l’organo della cappella di palazzo Mastai. Nei cinque anni trascorsi a Senigallia gli furono commissionati i restauri di altri organi in città e nella diocesi; fu talvolta impiegato anche come organista nelle celebrazioni liturgiche. Nell’agosto del 1770, obbedendo al generale dell’Ordine, ritornò nel monastero silvestrino di Matelica. Morì l’11 novembre 1772 a Roccacontrada (oggi Arcevia), mentre lavorava alla costruzione di un organo per il monastero di S. Agata.
Suo allievo e collaboratore, a parte il già citato Noghel, fu il romano Pietro Pirani (circa 1724-post 1784), autore di un organo per S. Lucia del Gonfalone (1764): la sua autonoma attività è documentata a Roma tra 1748 e 1766, indi in Corsica, dove restaurò organi a Bastia (1767) e a Marsiglia, dove costruì l’organo di S. Cipriano (1770). Dopo alcuni interventi sull’organo della collegiata di Alassio (1773 e 1782), restaurò e ampliò quello di S. Matteo a Laigueglia (1784).
Gli organi costruiti dai Testa presentano i caratteri tipici dell’organaria romana del tempo: somiere ‘a vento’; fonica composta da principale, file di ripieno fino alla vigesimanona, flauti in ottava e in duodecima, e tromboni, questi ultimi impiegati da Filippo a S. Giovanni in Laterano, a S. Maria in Trastevere e a S. Pietro, benché non ignoti all’organaria romana fin dal tardo Cinquecento. Dimensioni e numero dei registri appaiono commisurati alla vastità della chiesa: negli organi «all’ottava bassa» di 14 piedi (con tastiera perlopiù di 53 tasti, a volte con l’aggiunta di tasti ‘spezzati’ per i cromatici, e pedaliera di 14 tasti), destinati a grandi chiese, principale, ottava e perfino quintadecima potevano essere raddoppiati (così in S. Agostino). Nelle chiese di medie dimensioni (come S. Girolamo della Carità) l’organo poteva essere di 14 piedi, ma senza raddoppi dei registri, oppure di 7 piedi e 10 registri, con i contrabbassi nella prima ottava, e tastiera di 45 note. Nella prima metà del Settecento i Testa aggiornarono un poco la fonica dei loro strumenti. Il cornetto a due file nei soprani, utilizzato da Filippo a S. Maria in Trastevere (1701), comparve poi, insieme al registro di ‘voce umana’, in alcuni organi di Giovanni Battista e Celestino verso la seconda metà del secolo. Quest’ultimo nell’organo di S. Eustachio (1747-49) impiegò anche il traversiere di legno e il clarone.
Giuseppe e Filippo Testa furono apprezzati costruttori di organi ‘ad ala’, un modello facile da trasportare, a doppia facciata, con somiere a pironi e 7 registri, affermatosi a Roma, anche per le esigenze della musica policorale. Se ne conservano tre datati e firmati «F.T.» (Filippo Testa): uno di proprietà di Giovanni Canciani a Paularo (1699; già appartenuto a Corrado Moretti), il secondo a Roma nel Pontificio Istituto di musica sacra (1716), il terzo in S. Maria a Quintodecimo di Acquasanta (1720-21).
Fonti e Bibl.: R. Lunelli, L’arte organaria del Rinascimento a Roma, Firenze 1956, ad ind.; U. Pineschi, Organi ed organari in Pistoia e diocesi, in L’organo, XI (1973), pp. 114-116; F. Baggiani, Gli organi nella primaziale di Pisa, Pisa 1981, p. 40; P. Barbieri, L’organo idraulico del Quirinale, in L’organo, XIX (1981), pp. 30-43; Id., Organi «in forma di tavolino» del Seicento romano, in Amici dell’organo, s. 2, I (1982), p. 10; P. Choné, François Nicolas de Bar, «Nicola Lorenese» (1632-1695), in Mélanges de l’École française de Rome: moyen-âge-temps modernes, 1982, n. 94, pp. 995-1017; F. Baggiani, L’organo della collegiata di Santa Maria in Provenzano a Siena, Pisa [1983], pp. 7-10, 19-23; A. Morelli, I T. celebri organari romani, in Note d’archivio per la storia musicale, n.s., I (1983), pp. 111-138; P. Barbieri, Ancora sugli organi di S. Lorenzo in Damaso, in Amici dell’organo di Roma, s. 2, IV (1985), pp. 94 s.; A. Morelli, Organi e organari in S. Agostino a Roma, ibid., pp. 76-78; P. Barbieri - G. Di Chiara - A. Morelli, L’organo Hermans di S. Maria Maggiore a Collescipoli (Terni), in Il flauto dolce, 1985, n. 12, pp. 24-26; E. Simi Bonini, L’organo di S. Girolamo della Carità, in Amici dell’organo di Roma, s. 2, V (1986), pp. 140-147; G. Giacomelli, Organi e organari a Prato al tempo delle riforme leopoldine (1784-1788), in Informazione organistica, I (1989), 2, pp. 25-29; R. Giorgetti, Un organaro romano in Toscana: Lorenzo Testa, in Strumenti e musica, XLIV (1992), 7-8, p. 34; C. Giovannini, Gli organi, in Musiche e secoli nella basilica di San Prospero, a cura di E. Monducci, Reggio Emilia 1992, p. 95; R. Giorgetti, Organi e organari a Montepulciano, Firenze 1994, pp. 12, 61; F. Luccichenti, Documenti per la storia degli organi di S. Giovanni in Laterano a Roma (1427-1984), Roma 1994, ad ind.; O. Mischiati, Arte organaria e committenza papale: il caso di Alessandro VII Chigi, in Organi e cantorie nelle chiese di Roma, Roma 1994, pp. 29-31; G. Moroni, Celestino Testa organaro fra Roma e le Marche, in Quaderni musicali marchigiani, IV (1997), pp. 51-67; F. Luccichenti, L’organo della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini a Roma, in Arte organaria e organistica, 1998, n. 22, pp. 38-43; D. Presotto - M. Tarrini, Organari romani in Liguria, in Informazione organistica, X (1998), 2, pp. 12-17; Conservazione e restauro degli organi storici. Esperienze di restauro dell’organo Altemps in Santa Maria in Trastevere a Roma, a cura di G. Basile, Roma 1998; P. Barbieri, Organi automatici e statue ‘che suonano’ delle ville Aldobrandini (Frascati) e Pamphilj (Roma), in L’organo, XXXIV (2001), pp. 40 s.; P. Peretti, Seicento organario marchigiano, in Il restauro dell’organo Giuseppe Maria Testa 1676 della chiesa di Santa Lucia in Serra San Quirico, Spello 2006, pp. 10-12; M. Cassidy-Geiger - M. Erwee - J. Deupi, From Rome to Beijing: a 1719 document of musical and other papal gifts to China, in Studies in the decorative arts, 2007-2008, n. 15, 1, pp. 179 s.; C. Mancini, Maestri d’organo. La scuola senese, in Un così bello e nobile istrumento. Siena e l’arte degli organi, a cura di C. Mancini - M. Mangiavacchi - L. Martini, Siena 2008, p. 26; P. Barbieri, Musical instruments, gut strings, musicians and Corelli’s sonatas at the Chinese imperial court: the gifts of Clement XI (1700-1720), in Informazione organistica, XXVIII (2016), 2, pp. 231-237; G. Berbenni, Documenti di organaria bergamasca (secc. XVI-XVII-XVIII), in Arte organaria italiana, VIII (2016), pp. 74-66; P. Peretti, L’organo barocco della chiesa serrana di Santa Lucia, opera prestigiosa di Giuseppe Testa romano, in La chiesa a Santa Lucia a Serra San Quirico, a cura di G. Donnini - U. Paoli, Fabriano 2016, pp. 129-135; G. Buzelli, Una committenza mancata: l’organo Giuseppe Testa 1677 per l’Albergo dei Poveri di Genova, in Informazione organistica, XXIX (2017), 1, pp. 11-22.