TESORI
Nel linguaggio archeologico viene definito "tesoro" (ingl. hoard, ted. Schatzfund, fr. trésor) un complesso di oggetti in metallo pregiato, ritrovati casualmente o in regolari scavi archeologici, costituenti originariamente una raccolta fatta in antico per tesaurizzare, appunto, oggetti preziosi e spesso per nasconderli dal pericolo di furti o saccheggi. Tali t. possono essere costituiti da oggetti di età diverse, ma generalmente vi è tra di essi una certa omogeneità, il che costituisce elemento che accresce l'interesse archeologico del rinvenimento di t., per le indicazioni che se ne possono trarre per la cronologia artistica e per la storia economica e del commercio. Impropriamente il termine di t. è stato esteso, talora, a taluni complessi di oggetti preziosi rinvenuti entro tombe o sepolcreti, quando essi sono particolarmente notevoli per numero e pregio (per esempio: il "tesoro" di Priamo: v. troia; il "tesoro" di Vix: v. vix). Nella storia dell'arte paleocristiana e medievale il termine "tesoro" acquista un significato diverso quando si riferisce ai complessi di oggetti preziosi conservati in un luogo di culto (v. Martyrion; reliquiarî), per esempio S. Pietro, Monza, Coira. Il termine non ha rapporto alcuno con l'appellativo di "tesoro" dato ad alcune tombe a thòlos (v.) della civiltà minoico-micenea (v.), né col termine thesauròs (v.), col quale si indicano gli edifici costituenti i donarî delle singole città-stato nei santuari greci.
In particolare sono pervenuti fino a noi ricchi t. del periodo tardo-classico, primo-bizantino, e delle invasioni barbariche, notevoli per il valore intrinseco e l'elevato livello artistico degli oggetti d'arte. Questi riflettono la mancanza di sicurezza propria dei tempi e il particolare gusto per le opere in metallo prezioso (argento per lo più, ma anche oro); essi testimoniano anche la consuetudine di capitalizzare denaro in opere di toreutica preziosa, uso che si era affermato nell'impero achemènide, si diffuse poi nei paesi ellenistici dopo la conquista di Alessandro di Macedonia e quindi nel mondo romano.
Data la particolare importanza documentaria dei t. tardo-antichi, è di questi che qui si fornisce un ampio elenco, rimandando per i t. ellenistici e romani anteriori al III-IV sec. d. C. all'articolo toreutica e agli articoli sotto l'esponente delle singole località (v. petronio).
Per alcuni tesori barbarici v. vienna, Musei.
Sebbene la tradizione classica si mostrasse persistente, tra il IV e il VI sec. d. C., il rilievo su metalli preziosi assunse uno stile più secco e prosaico, meno naturalistico. Per di più, in questo periodo si sviluppava una iconografia cristiana per gli oggetti d'uso cultuale, come le custodie in oro o argento per le reliquie dei santi. Come in tutte le forme della prima arte cristiana, scene di contenuto cristiano furono dapprima eseguite con maniera classica e spesso derivarono dall'iconografia classica, cosicché anche nel rilievo cristiano in metallo la tradizione classica non morì immediatamente. Per di più, oggetti di natura prettamente secolare con decorazione pagana, come lo scrigno di Proiecta descritto più avanti, possono recare incisa un'iscrizione cristiana oppure il monogramma di Cristo, combinando così felicemente caratteri pagani e cristiani.
Tuttavia i modelli ellenistici ebbero ancora la forza di determinare le forme della toreutica tardo-antica, tanto che opere già assegnate al I e II sec. d. C. sono state riconosciute appartenenti al IV, V e VI sec. d. C. solo quando fu stabilito che i marchi impressi sull'argento e attribuibili ad imperatori della prima età bizantina, marcavano la lamina d'argento prima della sua lavorazione. Tale osservazione, avanzata dapprima da J. Smirnov (1901) fu poi confermata dal Matzulevič (1929) e ripresa in esame dalla Cruikshank Dodd (1961).
Marchi. - I più antichi esempî di argento marcato appartengono al V e VI sec. d. C. Per la prima volta nella storia della toreutica si trovano marchi su oggetti d'argento. Evidentemente erano applicati non dal fabbricante, ma da qualche autorità che aveva la responsabilità di garantire la qualità del metallo. Si conoscono solo cinque di tali marchi, figurando ciascuno di essi su un solo oggetto. Sono piccole impronte rettangolari sul metallo, che recano una figura simile alla Tyche raffigurata sulle monete contemporanee e il nome o le iniziali del garante. Almeno un marchio reca le lettere cons, da cui si deduce che questi esempî sono probabilmente indizio di un sistema in uso a Costantinopoli. Fino ad oggi non sono stati trovati marchi su oggetti d'oro, sebbene vi sia qualche indicazione che un tipo di garanzia ufficiale fosse usata qualche volta anche per questo metallo. Quest'uso sembra abbia avuto origine dall'applicazione di marchi a verghe d'oro e d'argento nel IV e V secolo. Molti grandi lingotti d'oro e d'argento sono stati trovati, alcuni insieme ai t. inglesi descritti più avanti, sui quali erano applicati uno o più marchi. I marchi su verghe hanno chiaramente un carattere ufficiale. Alcuni portano i busti degli imperatori in carica e tutti recano il nome dell'ufficio che ha garantito la qualità del metallo. Questi uffici erano situati in parti dell'Impero molto distanti tra loro. Le verghe consistevano di metallo fuso e modellato in una conveniente forma compatta di un dato peso ed erano usate per pagare tasse, tributi e simili. Così la pratica di segnare i metalli preziosi con un marchio di qualità fu evidentemente estesa in Costantinopoli a oggetti fatti degli stessi metalli.
Alla fine del V sec. le riforme finanziarie istituite dall'imperatore Anastasio (491-518 d. C.) includevano una riorganizzazione dei controlli in tutto il traffico dei metalli preziosi. I marchi trovati su oggetti provenienti dal suo regno provano questi controlli. Si sono conservati cinque pezzi d'argenteria, scoperti in regioni molto distanti, ciascuno dei quali ha sul rovescio quattro marchi. Questi marchi sono di cinque differenti forme e non tutte le forme sono rappresentate su ciascun pezzo. Invece generalmente due marchi della stessa forma si trovano in ciascun gruppo di quattro. Le forme dei marchi sono triangolare, quadrata, rotonda, esagonale e ve ne è anche uno di forma allungata con una estremità arrotondata. Ciascuno reca inciso il busto dell'imperatore o un monogramma, oppure entrambi. Inoltre in ciascuno è inciso intorno al monogramma o al busto il nome di un funzionario in lettere greche oppure, nei marchi di Anastasio, il nome dell'imperatore in caratteri latini. I cinque oggetti pervenuti sono di qualità eccellente per quello che riguarda l'argento e anche per la tecnica di lavorazione e il disegno.
Tuttavia soltanto uno di essi è decorato in rilievo: un grande vaso d'argento, ora a Mosca, che rappresenta nove Muse classiche in una fascia centrale con un ornamento di pampini intorno al collo del vaso e un motivo a volute con animali alla base. Può essere datato per mezzo del marchio nel V sec. e assegnato a Costantinopoli. La sua importanza sta principalmente nel fatto che è l'unico oggetto conosciuto con rilievo decorativo, che può essere attribuito per motivi esterni alla capitale imperiale con datazione così alta. Sebbene il soggetto dipenda da modelli classici, lo stile del rilievo è piatto e decorativo e le figure sono disposte nel fregio schematico caratteristico dell'arte bizantina più tarda. Questo sistema di garanzia ebbe evidentemente successo, perché fu elaborato e reso stabile nel regno di Giustiniano I (527-565 d. C.) e fu continuato dai successori di Giustiniano senza cambiamenti sostanziali fino a tutto il regno di Costante II (641-656 d. C.): si veda la tabella a fig. 867. Per tutto questo periodo si trovano su ciascun oggetto cinque marchi invece di quattro. Le forme di questi marchi sono identiche ai marchi di Anastasio e si presentano allo stesso modo con una sola eccezione: il marchio triangolare fu lasciato cadere da Giustiniano e sostituito da un marchio a forma di croce. A volte una forma fu ripetuta sullo stesso pezzo e un'altra omessa, ma il numero totale su ciascun pezzo rimaneva lo stesso. Si deve pensare che vi sono eccezioni a questa regola; ma le irregolarità sono rare e la loro spiegazione implica una descrizione più dettagliata di quella che è possibile qui. Nell'insieme i marchi conservano un carattere notevolmente uniforme attraverso l'intero periodo in cui sono usati e un'analisi dei marchi medesimi, insieme a ciò che si conosce dalle fonti storiche contemporanee, ha condotto alle seguenti conclusioni: questi cinque marchi furono applicati in Costantinopoli nell'ufficio delle Sacre Largizioni Imperiali, il principale ufficio finanziario del governo. È rappresentato, sia nei marchi tondi che in quelli oblunghi un busto con l'imperatore in carica, simile al busto usato sulle sue monete. I monogrammi sui marchi sono di due specie: i marchi quadrati ed esagonali generalmente contengono il monogramma dell'imperatore; i marchi oblunghi e a forma di croce mostrano il monogramma del Comes delle Sacre Largizioni Imperiali, l'importante ministro delle Finanze incaricato del tesoro imperiale. I nomi iscritti nei marchi sono i nomi o i titoli di ufficiali minori del medesimo ufficio, i quali avevano di fatto la responsabilità di provare e garantire la qualità del metallo. A causa dei busti e monogrammi imperiali, marchi di questo genere sono designati con il termine "imperiali".
Talvolta i marchi venivano danneggiati o distrutti dal lavoro di decorazione. Da ciò risulta in modo certo che la decorazione era eseguita in uno stadio successivo all'applicazione dei marchi e non prima. I marchi pertanto possono fornire un termine post quem per la decorazione del pezzo e con ogni probabilità il pezzo era decorato non molto tempo dopo essere stato marcato. Ne segue che quando il busto o il monogramma imperiale può essere riconosciuto, il pezzo può essere datato nel regno di un determinato imperatore. Quando il nome e la data del Comes Sacrarum Largitionum sono anche conosciuti, il pezzo può essere datato con precisione anche maggiore.
Infine i marchi imperiali erano applicati soltanto in Costantinopoli e non contemporaneamente in altri centri bizantini. La lavorazione di oggetti d'argento (e forse anche d'oro, sebbene nessuno di questi ultimi si sia conservato) era ampiamente diffusa nell'Impero. Molti oggetti d'argento di diversi stili decorativi e di varia qualità tecnica sono stati trovati senza marchi. Sono contemporanei ad oggetti che hanno marchi imperiali, ma alcuni di essi furono ovviamente fabbricati in botteghe provinciali. Alcuni, per di più, hanno marchi di un genere diverso, che indicano un differente centro di manifattura e un differente sistema di garanzia. In particolare due pezzi d'argenteria hanno marchi di Antiochia e marchi su un grande piatto furono applicati in Cartagine. Nell'insieme soltanto settantasei oggetti con marchi imperiali sono presentemente conosciuti, ma questa è una parte più che consistente del numero totale degli oggetti d'argento di questo periodo e dal momento che possono essere localizzati e datati con sicurezza, assumono considerevole importanza per lo studio dello sviluppo artistico della toreutica. Con poche eccezioni la decorazione su oggetti con marchi imperiali è stilisticamente molto omogenea e l'isolamento di questi oggetti in un gruppo stilistico rende più facile distinguere gruppi stilistici divergenti tra gli oggetti senza marchi (v. toreutica, figg. 1063-1065).
Gli oggetti con marchi imperiali sono stati trovati su una vasta area, ma la maggior parte fu scoperta nella Russia meridionale (più di un terzo fu trovato in tombe barbariche vicino alle rive del fiume Kama, un affluente del Volga), in Siria e in Asia Minore.
È contemporaneo di questo gruppo di oggetti un certo numero di pezzi di argenteria con marchi imperiali, che fanno parte di t. ecclesiastici decorati in rilievo con soggetti cristiani. Sebbene la maggior parte degli oggetti di questo genere vengano dalle grandi comunità cristiane della Siria, alcuni pezzi con rilievi cristiani sono stati trovati nella Russia meridionale, nei Balcani e altrove. (Si veda anche l'articolo reliquiarî).
Molti pezzi facenti parte di t. trovati nelle parti occidentali dell'Impero Romano hanno affinità stilistiche che suggeriscono uno sfondo comune, anche se è chiaro che vi è differenza di date tra di loro. Sebbene Roma sia considerata il luogo d'origine dello scrigno di Proiecta (v. oltre, 6) vi è larga differenza di opinioni per la maggior parte degli altri oggetti. La lanx di Corbridge (v. oltre, 3) è stata associata con la ricca città di Efeso in Asia Minore. Altri pezzi si ascrivono alla regione del Mar Nero. Alessandria rimane un centro per merci di lusso e anche la città di Antiochia è considerata una possibile fonte. Influenzano questo problema anche un gran numero di pezzi isolati provenienti da tutte le parti del mondo romano, alcuni di disegno ed esecuzione superiori. Sono di considerevole importanza i mucchi di pezzetti d'argento trovati in Germania (Gross-Bodungen, Hammersdorf e Hohendorf) e Danimarca (Hordenberg, Høstentorp e Simmersted). Questi mucchi, come i t. di Traprain, Balline e Coleraine, contengono frammenti di vasellame tagliati e battuti in piccoli pezzi maneggevoli per servire, secondo il peso, come denaro contante nei traffici commerciali, e sepolti in fretta in tempi di pericolo, generalmente insieme a monete o lingotti d'oro e d'argento. Molti frammenti sono abbastanza grandi per rivelare la decorazione dei piatti originari. Mentre vi sono tra essi pezzi di ovvia origine locale, i proprietari barbari non esitavano a spezzare altrettanto facilmente vasellame molto più bello, di cui una parte è nello stesso stile dei pezzi conservati in serie.
1. Tesoro di Mildenhall. - Forse i pezzi più squisiti di questo periodo sono i tre piatti scoperti a Mildenhall (v.) nel Suffolk nel 1942. Appartengono a un t. ora nel British Museum, che comprende trentaquattro oggetti d'argento che, come i t. più grandi di Pompei (v.), un tempo appartenevano a una ricca famiglia e furono sepolti in tempi calamitosi. Come i t. più antichi, esso consta di bacini, coppe e cucchiai in stili differenti, qualcuno evidentemente più antico e di diverso livello tecnico. Nei piatti figurati la tecnica incisa fa risaltare la rappresentazione della superficie degli oggetti, mentre aggiunge un effetto coloristico e lineare all'insieme; una tecnica che diventa sempre più pronunciata nella toreutica dei due secoli successivi. Come risultato di tutte queste caratteristiche diviene evidente che le figure colpiscono meno per forza e intenzione loro propria che per effetto di potenti ritmi lineari che intrecciandosi attraverso l'intera composizione la legano insieme. Questi tratti, in grado maggiore o minore, distinguono lo stile del IV e V sec. d. C. dal rilievo classico del periodo precedente.
2. Tesoro di Traprain. - Il t. di Traprain Law fu trovato nel 1919, con monete del tardo IV sec. e del principio del V. Parecchi piatti, bacini, vasi e cucchiai, la maggior parte rotti, furono trovati insieme a circa cento piccoli frammenti di altri oggetti d'argento tagliati in pezzetti disuguali. Lo stile di alcuni vasi e dei frammenti è chiaramente di origine locale, ma la decorazione di altri pezzi appartiene alla stessa tradizione degli oggetti di Mildenhall e probabilmente proviene dal medesimo grande centro artistico. Tuttavia nell'insieme lo stile dell'argento di Traprain sembra leggermente più tardo di quello di Mildenhall. Molti oggetti sono decorati con disegni piatti e geometrici, oppure incisi. La decorazione pagana prevale, tranne nel caso di un pezzo che è decorato in alto rilievo con scene cristiane, tra cui Adamo ed Eva e l'Adorazione dei Magi. La destinazione originale di questo vaso, notevole documento della prima arte cristiana, non è chiara, ma appare curiosamente fuor di posto, in mezzo agli oggetti eterogenei di un grande bottino sepolto.
3. Altri t. delle Isole Britanniche. - Quattro altri t. ben noti dell'Inghilterra e dell'Irlanda appartengono a questo gruppo: il t. di Coleraine scoperto nel 1854 nel territorio di Ballinrees in Irlanda e trovato insieme a monete del IV e V sec. d. C.; il t. di Balline trovato nel 1940 nella contea di Limerick, Irlanda meridionale, con lingotti d'argento del tardo IV sec. a. C. o principio del V; e sei pezzi d'argenteria trovati nel fiume Tyne, nel Northurnberland, nel XVIII sec., di cui uno solo eccezionalmente bello si è conservato, la lanx di Corbridge. Si tratta di un gran piatto rettangolare che rappresenta la riunione di cinque divinità davanti a un tempio pagano. L'intero spazio è riempito da una vivace ornamentazione classica e circondato da un regolare traliccio di grappoli d'uva e di foglie di vite. Lo stile del rilievo è simile a quello degli oggetti di Mildenhall, ma alquanto più asciutto.
4. Tesoro di Sutton Hoo. - Parecchi pezzi della importante nave sepolcrale di Sutton Hoo dovrebbero essere raggruppati nella stessa categoria, sebbene alcuni di essi sembrino più tardi degli altri t. inglesi, perfino del VI o VII sec. d. C. Gli oggetti in questione furono trovati nel 1939, vicino Ipswich, con i t. di una sepoltura pagana regale appartenente a un re sassone del VII secolo.
5. Tesoro del Cleveland Museum of Art. - Parecchi t., stilisticamente connessi con i t. della Britannia e datati in conseguenza, sono stati trovati in parti lontane dell'Impero. È recentissima una splendida collezione che si congettura trovata in Siria, acquistata dal Cleveland Museum of Art nel 1958. Questo t. è composto di dieci bacini d'argento, piatti, cucchiai e di un piacevole vaso molto simile al vaso cristiano di Traprain, ma con rilievi a soggetto pagano.
6. Tesoro dell'Esquilino. - Il più grande e più splendido t. di questo periodo fu trovato sull'Esquilino a Roma, nel 1793, vicino alla chiesa dei SS. Silvestro e Martino ai Monti. I sessantuno oggetti di questo t. sono conservati nel British Museum, tranne quattro che sono nel Petit Palais a Parigi. Gli oggetti sono di natura miscellanea, derivando dall'arredo domestico di una ricca matrona romana: gioielli, ornamenti dei mobili, oggetti per toletta e il solito insieme di piatti e vasi. Due grandi scrigni che contenevano gli oggetti per toletta, unici nel loro genere, sono conservati al British Museum. Entrambi sono decorati su tutta la superficie con un ricco rilievo. Sul più grande di questi scrigni sono rappresentati i preparativi nuziali con l'incisione in latino dei nomi degli sposi. Tutti e due i nomi appartengono a famiglie romane ben conosciute e si crede che lo scrigno sia appartenuto a una certa Proiecta, la giovane sposa di Secundus, negli ultimi anni del IV sec. d. C. Per lo stile il rilievo sugli scrigni richiama il rilievo di Traprain e di Cleveland. Una bellissima truila del medesimo t., ora nel Petit Palais, rappresenta Venere e Adone in uno squisito rilievo alquanto stilizzato, che sembra più antico del rilievo sullo scrigno e richiama lo stile dei piatti di Mildenhall e della lanx di Corbridge.
Infine anche venti bacini e cucchiai, trovati con gioielli e ornamenti personali sul colle di San Luigi a Cartagine nel XIX sec. e ora al British Museum hanno rilievi di stile tardoantico.
7. Tesoro di Concesti. - Fu trovato nel 1812 nella Russia meridionale ed è ora nel Museo dell'Ermitage a Leningrado. Comprende, tra oggetti meno notevoli, principalmente di fattura barbarica, una magnifica anfora, un secchio d'argento e un grande piatto. Il piatto è decorato con disegni geometrici intarsiati, pieni di colore, che richiamano il piatto di Cesena e un piatto del tardo V sec. d. C. da Sutton Hoo. Invece il secchio e l'anfora sono decorati con figure pagane in alto rilievo. Lo stile del secchio conserva un sapore genuinamente classico, mentre l'anfora mostra caratteristiche comuni al rilievo del IV e del V sec. e può pertanto essere datato più tardi del secchio. Mentre è stata generalmente posta nel tardo IV sec. d. C. o al principio del V, alcuni studiosi vorrebbero datarla al VII d. C. Sia il t. di Panagjurište (v. Vol. V, fig. 897) che quello di Concesti sono considerati provenienti da botteghe orientali.
8. Tesoro di Canoscio. - Il più grande t. cristiano è quello di Canoscio, trovato nel 1935 vicino a Città di Castello. Consiste di ventiquattro pezzi usati per il servizio divino: calici eucaristici, patene, cucchiai di forme varie, sepolti in fretta e senza nessuna indicazione di data. La decorazione di questo complesso è estremamente semplice e di esecuzione piuttosto rozza. Si è cercato di datarlo nel tardo V sec., ma può ben essere anche più tardo.
9. Tesori dell'Africa Cristiana. - Dieci oggetti trovati a Luxor in Egitto nel 1889 furono sepolti nel V o VI sec. d. C. e includono una croce processionale, due incensieri e legature con incisi i nomi di vescovi locali. Qualche oggetto con incisi i simboli cristiani era tra i t. di tombe trovate a Ballana e Qustul in Nubia nel 1931 e 1932. Furono trovati in queste tombe oggetti d'argento per usi secolari e per usi religiosi; pezzo più notevole un piatto dove è rappresentato il dio Hermes con un serpente. In un periodo più tardo fu incisa una aureola intorno alla testa del dio. Un altro t. cristiano, piccolo ma di valore, composto principalmente di gioielli, formava la collezione personale di una giovane matrona romana. Fu sepolto a Tennes in Algeria nel V sec. e scoperto nel 1936.
10. Canicattini Bagni. - Soltanto un tesoro ecclesiastico di grande importanza è stato ritrovato in Italia, il tesoro di Canicattini Bagni in Sicilia, di cui nove pezzi sono conservati nel Museo Archeologico di Siracusa. Come gli oggetti di Canoscio, del V sec., i pezzi di Canicattini Bagni sono modellati rozzamente e decorati molto semplicemente.
11. Piatti di largizione (v. Largizione, Piatti di). - Tra parecchi grandi piatti di notevole bellezza trovati nella parte occidentale dell'Impero, singolarmente o in piccoli complessi, i più considerevoli sono il piatto che rappresenta Venere e Adone, nel Cabinet des Médailles; il piatto che rappresenta la lotta di Eracle con il leone, nella stessa collezione, e il piatto di Meleagro a Monaco. Il piatto con Venere e Adone fu trovato nell'Italia settentrionale insieme al missorium di Geilamir, pure nel Cabinet des Médailles. Quest'ultimo pezzo è dedicato a Geilamir, re dei Vandali nel 530-534 d. C. ed è probabile che il piatto con Venere e Adone appartenga approssimativamente allo stesso periodo. I tre missoria in questione, due nel Cabinet des Médailles e uno a Monaco, rappresentano soggetti classici con uno stile così simile da indicare una origine comune e una data contemporanea per tutti e tre i pezzi. Il classicismo è più accademico di quello dei lavori del VI sec. a Costantinopoli, il modellato è stilizzato e i gesti stereotipi. I gesti a volte sono male interpretati o privi di significato; l'atteggiamento del corpo è manierato; parti del corpo, un braccio o una gamba, possono essere dimenticate del tutto. Altri pezzi d'argenteria sono decorati con rilievi di uno stile che può essere più o meno associato con questi piatti. Dal momento che questo gruppo differisce nettamente dalla maggior parte dei rilievi di Costantinopoli, si può suggerire, per il gruppo nel suo insieme, un'origine occidentale piuttosto che orientale. Similmente un grande piatto con una nereide che cavalca un leone marino, ora a Torino, ha sul rovescio due marchi con iscrizioni di Cartagine, datati nel VI secolo. Lo stile di questo rilievo è abbastanza peculiare e appartiene a un altro gruppo stilistico, che si può tentare di associare con ben note botteghe di argentieri cartaginesi. A questo gruppo può anche appartenere il piatto di largizione di Ardabur Aspar, al Museo Archeologico di Firenze, datato nel V sec., la Capsella Africana al Vaticano e il cosiddetto Scudo di Annibale nel Cabinèt des Médailles, peraltro di uno stile assai insolito.
12. Tesoro di Augst. - Il rinvenimento fortuito (nel 1961) di un tesoro di argenterie nei pressi di Augst (Svizzera) consiste di 257 pezzi, di cui 187 monete e medaglie e un ricco servizio da tavola. Il tesoro è databile tra Diocleziano e Costanzo II (294-350). Tra i pezzi più notevoli sono alcuni piatti niellati (uno dei quali paragonabile al piatto di Cesena, vol. II, fig. 724), un grosso piatto decorato a sbalzo con varie scene della vita di Achille, firmato da Pausylyppos (v.) di Salonicco, sul quale figura anche l'indicazione del peso, numerosi cucchiai, una statuetta di Venere.
13. Ravenna. - Un altro ricco centro bizantino, Ravenna, deve aver fornito un abile artigianato di argentieri. Gli unici oggetti associati con questa città per motivi esterni sono due pyxides d'argento trovate a Grado e che ora si ritengono perdute. Vi erano incisi i nomi di santi locali e una di esse conteneva una volta le reliquie di S. Apollinare, primo vescovo di Ravenna. Lo stile di questi rilievi è differente da ogni stile descritto fin qui. È un rilievo molto basso, con un disegno freddo e uniforme. La testa è grande in proporzione al resto del corpo e l'attenzione è concentrata sugli occhi. Queste caratteristiche bizantine predominano su certi tratti classici del modellato e riflettono una tendenza che appare in altre opere d'arte di Ravenna. Sebbene le pyxides siano state datate nel V sec. sulla base dell'iconografia, il loro stile suggerirebbe una data più tarda.
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Marchi bizantini dell'argento: Ia. Smirnov, O niekotorykh khristianskikh zolotykh i serebrianykh predmetakh kiprskago proiskkozhdeniia, in Zapiski imperatorskago russkago arkheologicheskago obschchestva, N. S. XII, 1901, pp. 505-510; M. Prou, Les contres-marques mérovingiennes, in Revue Charlemagne, I, 1911, pp. 182-185; M. D. Protasov, Kizucheriiu kleim na vizantiâskoi serebrianci posude, Institut Arkheologii i Iskusstvoznanii dell'Università di Mosca, Trudy Otdeleniia Arkheologii, I, 1926, pp. 64-75; R. Jaegert, Ein Beitrag zur Geschichte der altchristlichen Silberarbeiten, in Arch. Anz., XLIII, 1928, cc. 555-562; M. Rosenberg, Der Goldschmiede Merkzeichen, IV, Francoforte s. M. 1928, pp. 613-740; J. Strzygowsky, recensione al Rosenberg, in Byzantinische Zeitschrift, 1928, p. 417 s.; L. Matzulevich, Byzantinische Antike, Berlino-Lipsia 1929; O. Wulff, Recensione al Matzulevich, in Byzantinische Zeitschrift, XXXII, 1932, p. 384 ss.; T. Gerasomov, in Bull. de l'Institut arch. Bulgare, XIII, 1939, p. 335 ss. (in bulgaro); G. Fehér, in G. Lázló, Études archéologiques sur l'histoire de la société des Avars, in Archaeologia Hungarica, XXXIV, 1955, p. 255 s.; R. J. Gettens-C. L. Waring, The Composition of some Ancient Persian and other Near Eastern Silver Objects, in Ars Orientalis, II, 1957, p. 83 ss.; A. Alföldi-E. Cruiskhank, A Sassanian Silver Phalera, in Dumbarton Oaks Papers, XI, 1957, pp. 237-245; E. Cruiskhank Dodd, Byzantine Silver Stamps, in Dumbarton Oaks Studies, VII, Washington 1961.
Tesori del IV e V sec. d. C.: in generale: H. H. Arnäson, Early Christian Silver of North Italy and Gaul, in Art Bulletin, XX, 1938, pp. 193-226; J. Arneth, Die antiken Gold- und Silber-Monumente des K. K. Münz- und Antiken-Cabinettes in Wien, Vienna 1850, passim; G. L. Brett, Formal Ornament on Late Roman and Early Byzantine Silver, in Papers of the British School at Rome, XV, 1939, pp. 33-41; E. Coche de la Ferté, Pour une cause perdue, in L'Oeil, LVII, 1959, pp. 46-52; T. Dohrn, Spätantikes Silber aus Britannien, in Mitteilungen des deutschen archäologischen Instituts, II, 1949, pp. 67-139 (con elenco dei t. alle pp. 136-139); F. Drexel, Über einen spätantiken Silberteller mit mythologischen Darstellung, in Jahrbuch, XXX, 1915, pp. 192-211; id., Römische Paraderüstung, in Strena Buliciana. Commentationes gratulatoriae Francisco Bulic..., Zagabria 1924, pp. 55-72; M. Vassits, La vaisselle d'argent du Musée National de Belgrade, in Rev. Arch., ser. IV, I, 1903, pp. 17-32; W. F. Volbach, Frühchristliche Kunst; die Kunst der Spätantike in West- und Ostrom, Monaco 1958; id., Oreficerie dei secoli V et VI d. C., in Corsi di cultura sull'arte ravennate e bizantina, Ravenna 1958, pp. 95-98; id., Argenterie dei secoli V et VI d. C., ibid., pp. 101-105; R. Zahn, Spätantike Silbergefässe, in Ämtliche Berichte aus den Königlichen Kunstsammlungen, XXXVIII, 1916-1917, cc. 263-304; id., in W. Schulz, Das Fürstengrab von Hassleben (Römisch-germanische Forschungen, VII, Berlino-Lipsia 1933), parte II, Die Silberteller von Hassleben und Augst, pp. 59-96; R. Laurt-Belart, Der spätrömische Silberschatz von Kaiseraugust. Katalog, Basilea 1963.
Singoli tesori di carattere profano: Mildenhall: J. Brailsford, The Mildenhall Treasure, A Provisional Guide, Londra, British Museum, 1947; T. Dohrn, Spätantike Silber aus Britannien, in Mitt. deutsches arch. Instit., II, 1949, pp. 67-139; J. M. C. Toynbee, Some Notes on the Mildenhall Treasure, in Wandlungen christylichen Kunst im Mittelalter (Verlag für Kunst und Wissenschaft, 1953; Forschungen zur Kunstgeschichte und christlichen Archäologie, 2), pp. 41-57. Trapain: A. O. Curle, The Treasure of Traprain. A Scottish Hoard of Roman Silver Plate, Glasgow 1923; F. Drexel, Der Silbeschatz von Traprain, in Germania, IX, 1925, pp. 122-128; M. V. Taylor-R. G. Collingwood, Roman Britain in 1923. Scotland, in Journ. Rom. Stud., XII, 1922, pp. 240-242. Coleraine e Baline: H. Mattingly, J. W. E. Pearce, T. D. Kendrick, The Coleraine Hoard in Antiquity, XI, 1937, pp. 39-45; S. P. O'Riordáin, Roman Material in Ireland, in Proceedings of the Royal Irish Academy, LI, (Sez. C., n. 3), Dublino 1947, pp. 43-53. - Lanx di Corbridge: O. Brendel, The Corbridge Lanx, in Journ. Rom. Stud., XII, 1922, pp. 240-242. Coleraine e Baline: H. Mattingly, J. W. E. Pearce, T. D. Kendrick, The Coleraine Hoard in Antiquity, XI, 1937, pp. 39-45; S. P. O'Riordáin, Roman Material in Ireland, in Proceedings of the Royal Irish Academy, LI, (Sez. C., n. 3), Dublino 1947, pp. 43-53. - Lanx di Corbridge: O. Brendel, The Corbridge Lanx, in Journ. Rom. Stud., XXXI, 1941, pp. 100-127; F. Drexel, Über einen spätantiken Silberteller mit mythologischer Darstellung, in Jahrbuch, XXX, 1915, pp. 192-211; P. Gardner, A Silver Dish from the Tyne, in Journ. Rom. Stud., XXXV, 1915, pp. 66-75; F. Haverfield, Roman Silver in Northumberland, ibid., XXXIV, 1914, pp. 1-12; H. Koch, Zur Interpretation der ‛Corbridge Lanx', in Arch. Anz., LXX, 1955, cc. 259-263. - Sutton Hoo: R. L. S. Bruxe-Mitford, The Sutton Hoo Ship-Burial, A provisional Guide, Londra, British Museum, 1956, The Silver: pp. 44-49; E. Kitzinger, The Sutton Hoo Ship-burial. V. The Silver, in Antiquity, XIV, 1940, pp. 40-63. - Tesoro di Cleveland I: W. M. Milliken, Early Byzantine Silver, in Bulletin of the Cleveland Museum of Art, XLV, 1958, pp. 35-41. - Tesoro dell'Esquilino: W. Froehner, Collection Auguste Dutuit, Parigi 1897, nn. 55, 56 57, 118; S. Poglayen-Newall, Über die ursprünglichen Besitzer des spätantiken Silberfundes vom Esquilin und seine Datierung, in Röm. Mitt., XLV, 1930, pp. 124-136; M. T. Tozzi, Il tesoro di Projecta, in Riv. Arch. Crist., IX, 1932, pp. 279-314. - Cartagine: O. M. Dalton, Catalogue of Early Christian Antiquities and Objects from the Christian East in the British Museum, Londra 1901, pp. 79-81, nn. 242-248, 356-375. - Tesori in Germania: W. Grünhagen, Der Schatzfund von Gross Bodungen (Römisch-Germanische Forschungen, XXI, 1954) (un elenco di argenti frammentarî romani alle pp. 60-63); G. Hirschfeld, Bruchstücke von zwei silbernen Geräten, in Sitzungsberichte der Altertumsgesellschaft Prussia, 1884-1885, Königsberg 1886, pp. 77-82. - Tesori in Danimarca: E. Munksgaard, Late-Antique Scrap Silver Found in Denmark. The Hardenberg, Hostentorp and Simmested Hoards, in Acta Archaeologica, XXVI, 1955, pp. 31-67; O. Voss, The Hostentorp Silver Hoard and its Period. A Study of a Danish Find of Scrap Silver from about 500 A. D., in Acta Archaeologica, XXV, 1954, pp. 171-219. - Cesena: P. E. Arias, Il piatto argenteo di Cesena, in Annuario della Scuola Archeologica di Atene, XXIV-XXV (N. S. VII-X, 1946-1948), pp. 309-344. - Concesti: E. Buschor, Bronzekanne aus Samos, in Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Abteilung, XVII, 1943, pp. 7 ss.; L. Matzulevich, Byzantinische Antike, Berlino-Lipsia 1929, pp. 123-137; S. Reinach, Antiquités du Bosphore Cimmerien, Parigi 1892, pp. 90-93.
Singoli tesori di carattere cristiano: Canoscio: P. E. Giovagnoli, Una collezione di vasi eucaristici scoperti a Canoscio, in Riv. Arch. Crist., XII, 1935, pp. 313-328. - W. F. Volbach, in Atti II convegno Studi Umbri (Gubbio 1964), Perugia 1965, p. 303 ss. - Luxor: J. Strzygowski, Catalogue général des antiquités égyptiennes du Musée du Caire. Koptische Kunst, Vienna 1904, nn. 7201-7210, pp. 340-347; O. M. Dalton, Byzantine Art and Archaeology, Oxford 1911, pp. 565-567. - Nubia: W. B. Emery, The Royal Tombs of Ballana and Qustul (Mission archéologique de Nubie, 1929-1934), Il Cairo 1938; id., Nubian Treasure. An Account of the Discoveries at Ballana and Qustul, Londra 1948. Ténès: J. Heurgon, Le trésor de Ténès, Parigi 1958. - Reliquiarï: cofanetto di S. Nazaro a Milano: H. Graeven, Ein altchristlicher Silberkasten, in Zeitschrift für christliche Kunst, XII, 1899, cc. 1-16; F. de Mély, Le coffret de Siant-Nazare de Milan et le manuscrit de l'Iliade de l'Ambrosienne, in Mon. Piot, VII, 1900, pp. 65-78; C. R. Morey, The Silver Casket of San Nazaro in Milan, in Am. Journ. Arch., XXIII, 1919, pp. 101-125. Altri reliquiarï: M. E. Le Blant, comunicazione in Comptes Rendus de l'Académie des Inscriptions et Belles Lettres, ser. IV, XXIV, 1896, p. 291; P. Lauer, La ‛Capsella' de Brivio (Musée du Louvre), in Mon. Piot, XIII, 1906, pp. 229-240; A. Muñoz, La cripta e la tribuna della Chiesa dei SS. IIII Coronati. La teca argentea del capo di S. Sebastiano, in Studi Romani, Rivista di archeologia e storia, I, 1913, pp. 137-206; G. B. De Rossi, in Bullettino di archeologia cristiana, 1863, p. 31; id., Le insigni capselle reliquiarie scoperte in Grado, ibid., ser. II, III, 1872, pp. 155-158; id., Capsella argentea africana, ibid., ser. IV, vol. V, 1887, pp. 118-129; id., La capsella argentea africana, Roma 1889 (anche traduzione francse di J. de Laurière, in Bulletin Monumental, ser. VI, vol. V, 1889, pp. 315-397); H. Svoboda, Altchristliche Funde im Österreich, in Römische Quartalschrift, II, 1888, pp. 87-88; id., Früh-christliche Reliquiarien des k. k. Münz- und Antiken-Cabinets, in Mitteilungen der k. k. Central-Commission zur Erforschung und Erhaltung der kunst- und historischen Denkmäler, N. S. XVI, 1890, pp. 1-22; P. L. Zovatto, La capsella argentea di Grado con le immagini ‛clipeatae', in Aquileia nostra, XXIII, 1952, cc. 17-26; id., La capsella di Grado con l'immagine di Maria Regina, ibid., XXIV-XXV, 1954, p. 122. - Altri oggetti: A. Garcia y Bellido, Esculturas romanas de España y Portugal, Madrid 1949, pp. 470-474; M. Lenkei, Three Silver Dishes from Moesia in the Hungarian National Museum, in Folia archaeologica (Magyar Nemzeti Muzeum, Budapest), VII, 1955, pp. 97-109 (riassunto in inglese, p. 238); S. Poglayen-Neuwall, Ein spätantike Darstellung der Löwenjagd, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, XIII, 1923, pp. 53-60; J. Sieveking, Spätantike Silbergefäss in München, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, N. S., IX, 1932, pp. 1-6.
Tesori bizantini del VI e del VII secolo: in generale: R. Bianchi Bandinelli, Continuità ellenistica nella pittura di età medio e tardo-romana, in Riv. Ist. Naz. Arch. e Storia dell'Arte, ser. IX, 1952, p. 77 ss. (= Archeologia e Cultura, Milano 1961, p. 360 ss.); id., Hellenistic-Byzantine Miniatures of the Iliad, Olten 1955, p. 9-33; L. Bréhier, La sculpture et les arts mineurs byzantins, Parigi 1936, passim; Byzantine Art, Catalogue of the Exhibition Sponsored by the Edinburgh Festival Society in Association with the Royal Scottish Museum and the Victoria and Albert Museum, Londra 158, passim; O. M. Dalton, Catalogue of Early Christian Antiquities and Objects from the Christian East in the British Museum, Londra 1901, passim; id., Byzantine Art and Archaeology, Oxford 1911, pp. 563-576; id., East Christian Art, Oxford 1925, pp. 325-333; J. Ebersolt, Les arts somptuaires de Byzance, Parigi 1923, passim; G. de Francovich, L'arte siriaca e il suo influsso sulla pittura medievale nell'oriente e nell'occidente, in Commentari, II, 1951, pp. 13-15; L. Matzulevich, Byzantinische Antike, Berlino-Lipsia 1929; id., Argenterie byzantine en Russie, in L'art byzantin chez les Slaves, deuxième recueil dédié à la mémoire de Théodore Uspenskij, vol. II, Parigi 1932, pp. 292-301; id., Vizantiiskii Antik i Prikam'e, in Archeologicheskie Pamiatniki Urala i Prikam΄ia (Mosca-Leningrado 1940), pp. 139-158; id., Byzantine Art and the Kama Region (riassunto dell'articolo precedente del 1940, in inglese, tradotto da Mrs. D. Huxley, a cura di H. Field, in Gazette des Beaux Arts, XXXI-XXII, 1947, pp. 123-126; H. Peirce-R. Tyler, L'art byzantin, Parigi 1932-34, passim; M. Rosenberg, Niello bis zum Jahre 1000 nach CHr. (Geschichte der Goldschmiede Kunst auf technischer Grundlage), Francoforte 1924; id., Ein goldenes Pektoralkreuz, in Pantheon, I, marzo 1928, pp. 151-155; W. F. Volbach, Metallarbeiten des christlichen Kultes, Magonza 1921; Early Christian and Byzantine Art, Baltimora 1947, nn. 354-418; K. Weitzmann, Das klassische Erbe in der Kunst Konstantinopels, in Alte und neue Kunst, III, 1954, pp. 41-59; K. Wessel, Vom Wesenjustinianischer Kunst (Byzantinist. Arbeiten der deutschen demokratischen Republik, II in Deutsche Akademie der Wissenschaften zu Berlin, Berliner byzantinische Arbeiten, VI, Berlino 1957, pp. 96-109.
Singoli tesori: Cipro: per una bibl. completa, v. W. F. Volbach, Metallarbeiten des christlichen Kultes, Magonza 1921, p. 17. Specialmente da consultare: O. M. Dalton, c
Byzantine Silver Treasure from the District of Kerynia, Cyprus, now Preserved in the British Museum, in Archaeologia, LVII, 1900, pp. 150-174; id., A Second Silver Treasure from Cyprus, ibid., LX, 1906, pp. 1-24; id., Byzantine Plate and Jewellery from Cyprus in Mr. Morgan's Collection, in The Burlington Magazine, X, 1906, pp. 355-362; id., Byzantine Silversmith's Work from Cyprus, in Byzantinische Zeitschrift, XV, 1906, pp. 615-617; E. Kitzinger, Byzantine Art in the Period between Justinian and Iconoclasm, in Berichte zum XI International Byzantinisten-Kongress, München 1958, Monaco 1958, IV, pp. 1-50; M. C. Ross, A Byzantine Gold Medaillon at Dumbarton Oaks, in Dumbarton Oaks Papers, XI, 1957, pp. 247-261; C. H. Smith, Collection of J. Pierpont Morgan, Bronzes, Antique Greek, Roman, etc., Including some Antique Objects in Gold and Silver, Parigi 1913, tavv. LXIII-LXVI; A. Sambon, Trésor d'orfèvrerie et d'argenterie trouvé à Chypre et faisant partie de la collection de Mr. J. Pierpont Morgan, in Le Musée, III, 1906, pp. 121-129. Tesori della Siria: Bibl. completa del calice di Antiochia in H. H. Arnäson, The History of the Chalice of Antioch, in The Biblical Archaeologist, IV, 1941, pp. 49-64. Specialmente da consultare, Antiochia e Hama: L. Bréhier, Les trésors d'argenterie syriennes, in Gazette des Beaux Arts, LXII, 1920, pp. 173-196; C. Diehl, Un nouveau trésor d'argenterie syrienne, in Syria, VII, 1926, pp. 105-122; id., Un nouveau trésor d'argenterie syrienne, in Syria, VII, 1926, pp. 105-122: id., Un nouveau trésor d'argenterie syrienne, in Mélanges de l'Université Saint-Joseph, Beyrouth 1926, pp. 361-367; id., Argenteries syriennes, in Syria, XI, 1930, pp. 209-215; B. Dodge, A New Explanation of Ancient Treasures, in Al-Kulliyeh (Journal of the American University of Beirut Alumnae Association), novembre 1927, pp. 34-44 (in arabo); id., The Chalice of Antioch, in Bulletin of the Naer East Society, III, maggio 1950, pp. 3-6; G. Downey, The Inscription on a Silver Chalice from Syria in the Metropolitan Museum of Art,in Am. Journ. Arch., LV, 1951, pp. 348-353; G. de Jerphanion, Le calice d'Antioch. Les théories du Dr. Eisen et la date probable du calice, in Orientalia christiana, VII, 1926, pp. 177; S. J. Mouterde, recensione di Jerphanion, Le calice d'Antioch... e C. Diehl, in Mélanges, cit.; J. Rorimer, The Authenticity of the Chalice of Antioch, in Studies in Art and Literature for Belle da Costa Green, Princeton 1954, pp. 161-168; M. C. Ross, A Second Byzantine Silver Treasure from Hamah, in Archaeology, III, 1950, pp. 162-163; id., ibid., VI, 1953, p. 38; W. F. Volbach, Der Silberschatz von Antiochia, in Zeitschrift für bildenden Kunst, 1921, pp. 110-113; id., Ein antiochenischer Silberfund, in Germania, II, 1918, pp. 23-25. Riha e Stuma: J. Ebersolt, Le trésor de Stuma au Musée de Constantinople, in Rev. Arch., XVII, 1911, pp. 407-410; C. Diehl, École artistique d'Antioche et les trésor d'argenterie syrienne, in Syria, II, 1921, pp. 81-95. Tesoro di Cleveland II: L. Bréhier, Un trésor d'argenterie ancienne au Musée de Cleveland, in Syria, XXVIII, 1941, pp. 256-264; G. Downey, The Dating of the Syrian Liturgical Treasure in the Cleveland Museum, in Art Bulletin, XXXV, 1953, pp. 143-145; W. M. Milliken, The Cleveland Byzantine Silver Treasure, in Bulletin of the Cleveland Museum of Art, XXXVIII, 1951, pp. 142-145. Lesbo: A. K. Vavritsas, ᾿Ανασκαϕὴ Κρατεγοῦ Κρατεγοῦ Μυτιλήνης, in Πρακτικὰ, 1954, p. 317 ss. Canicattini Bagni: G. Agnello, Le argenterie di Canicattini Bagni, in Congrès international des études byzantines, IX, Salonicco 1953, Atene 1955, pp. 110-125. Monza: A. Grabar, Ampoules de Terre Sainte (Monza, Bobbio), Parigi 1958.
Piccoli tesori e oggetti singoli: la maggior parte degli oggetti singoli e dei t. minori citati si ritrova facilmente nelle pubblicazioni più generali citate sopra; v. anche i seguenti: reliquiario dell'Ermitage: N. Bêlaev, Le reliquaire de Chersonèse, in Seminarium Kondakovianum, III, Praga 1929, pp. 115-131 (in russo, con riassunto in francese, pp. 131-132). Reliquiario del Vaticano: C. Cecchelli, Il tesoro del Laterano, in Dedalo, VII, 1926, p. 231, fig. p. 233; H. Grisar, Die römische kapelle S. S. und ihr Schatz, Friburgo i. Br. 1908, p. 109 ss.; P. Lauer, Le trésor du Sancta Sanctorum, in Mon. Piot, XV, 1906, p. 71; W. F. Volbach, Il tesoro della Cappella Sancta Sanctorum, Città del Vaticano 1941. Croce di Giustino II: A. de Waal, Die antiken Reliquiare der Peterskirche, in Römische Quartalschrift, VII, 1893, pp. 245-262, particolarmente, pp. 246-250. Piatto di Ercole e il leone: E. Piot, Sur un missorium, in Gazette archéologique, XI, 1886, pp. 180-185; 317-318. Piatto di Meleagro a Monaco: H. Kaehler, Two Byzantine Master Works of Justinian's Time, in Die Kunst und das schöne Heim, IX, 1952, pp. 321, 322. Grado: v. tesori cristiani del V secolo. Piatti Benaki di Ino e Melikertes: S. Pelekanides, ᾿Αργυρὰ πινάκια, in Arch. Ephemeris, 1942-1944, pubblicate nel 1948, pp. 37-62. Nagyszentmiklos: N. Mavrodinou, Le trésor protobulgare de Nagyszentmiklos, in Archaeologia hungarica, XXIX, 1943. Altri oggetti: W. Antoniewicz, Der Fund von Boroczyce, in Numizm. Közlöny, 1929-1930, pp. 26-28; G. Bodchoridze, The Monument of Juarisa, in Georgica, I, 1936, pp. 50-52; L. Bréhier, Le calice d'argent du Musée de Genève, in Genava, III, 1925, pp. 121 ss.; C.-J., Una pièce d'argenterie paléo-chrétienne, in Revue des Arts, V, 1955, pp. 115-116; N. Fettich, Archäologische Studien zur Geschichte der späthunnischen Metallkunst, in Archaeologia hungarica, XXI, 1951, pp. 109-110; H. Graeven, Die Darstellungen der Inder in antiken Kunstwerken, in Jahrbuch, XV, 1900, pp. 202 ss.; G. Fiocco, Ultime voci della via altinate, in Anthemon, Scritti di archeologia e di antichità classiche in onore di Carlo Anti, Firenze 1955, p. 367-376; D. Levi, A Silver Plate from Antioch, in News Bulletin and Calendar, Worcester Art Museum, XIX, 1954, pp. 15-16; G. di Lamòn, Il calice del diacono Orso, Treviso 1937; M. C. Ross, A Silver Treasure from Daphne-Harbie, in Archaeology, VI, 1953, pp. 39-41; id., A Small Byzantine Treasure Found at Antioch-on-the-Orontes, iobid., V, 1952, pp. 30-32; id., Notes on Byzantine Gold and Silversmith's Work, in Journal of the Walters Art Gallery, XVIII, 1955, pp. 59-67; W. F. Vollbach, Ein byzantinischer Silberteller im römisch-germanischen Zentralmuseum in Mainz, in Peristil, 1957, pp. 45-47.