TERZETTO (fr. trio; ted. Terzett)
Nella nomenclatura musicale questo termine indica una composizione a tre parti vocali accompagnate da uno o più strumenti. Il vocabolo terzetto venne in uso in Italia probabilmente nella prima metà del sec. XVIII (e fu registrata anche da Rousseau nel Dictionnaire de musique), allorché, nell'oratorio, superata la tradizione secentesca che vietava di far cantare contemporaneamente più solisti, poterono tre parti melodiche, anche su varî testi, procedere insieme, facendo armonia con gli strumenti. Dunque non tre parti a cappella, ma concertanti. Tale composizione è meno frequente del duetto e del quartetto. Combinazioni preferite nell'equilibrio timbrico furono e sono quelle di un soprano, un tenore e un basso; di un soprano, un contralto e un tenore; di un soprano, un contralto e un basso: meno usata l'unione di due tenori e un basso, di due soprani e un contralto e di tre voci identiche. Queste combinazioni, che nell'oratorio derivano soprattutto dall'opportunità fonica, erano invece imposte nell'opera dall'intreccio scenico e dagl'incontri dei personaggi, benché più volte nei melodrammi meno rigorosamente drammatici il compiacimento dell'occasione abbia prevalso sulla necessità. Viva nel gergo melodrammatico, la voce terzetto, che non indica una forma, ma soltanto un complesso, resta estranea a quelle opere teatrali non composte di pezzi chiusi.
Nel Flauto magico di Mozart sono ricordevoli i terzetti delle tre dame e dei tre ragazzi; nel Don Giovanni quelli "Ah! chi mi dice mai" e "Ah taci, ingiusto core". Nell'Elia di Mendelssohn notevole il "terzetto degli angeli". Nella Zemire e Azor di Spohr quello per tre soprani. Popolarissimi sono i terzetti di Bellini nella Straniera, "Ah, non partir"; nella Norma, "Ah non tremare o perfido". Di Donizetti, nel Don Pasquale, "Via, da brava"; nella Favorita, "A tanto amor"; nell'Elixir d'amore, "In guerra ed in amore"; nella Linda, "Sorgea il dì" e "Stretti insiem"; nella Lucrezia Borgia, "Della duchessa ai prieghi". Di Verdi, nel Don Carlos, "Al mio furor"; nel Ballo in maschera, "Della città all'occaso" e "Tu qui? per salvarti da lor"; nella Forza del destino, "Non imprecare"; nell'Ernani, "Tu se' Ernani" e "Solingo, errante"; nell'Aida, "Vieni o diletto"; nel Trovatore, "Giorni poveri vivea".