terminologie
Si definisce terminologia l’insieme dei termini e delle espressioni che designano i concetti e gli oggetti di un particolare settore del sapere o di una attività e professione umana (Marello 1995: 719) o, più specificamente, l’insieme ordinato e strutturato (mediante gerarchie e classificazioni) dei termini che designano le entità e i processi di un determinato campo (Wright & Budin 1997: 325).
Si parla quindi di terminologia scientifica, giuridica, tecnica, come (procedendo verso livelli di settorializzazione) di terminologia della fisica, della biologia, del diritto, dell’agricoltura, o ancora della fisica quantistica, della biologia molecolare, del diritto commerciale, della viticultura, ecc. In ambiti non specialistici, come sinonimo di terminologia si usa spesso nomenclatura (nomenclatura chimica, zoologica, aeronautica, ecc.). A rigore, però, una nomenclatura dovrebbe includere solo nomi per indicare oggetti, mentre una terminologia include anche quelli per indicare relazioni e concetti (Marello 1995: 719).
Caratteristica ideale di una terminologia è la rigorosa definizione del significato dei termini che la compongono (Magris 2002b; Negrini 2003), i quali si presentano infatti, a differenza di ciò che avviene nel linguaggio comune, come unità univoche (è univoca la relazione tra forma e oggetto/concetto) e monoreferenziali (una sola forma designa una sola entità: Cabré 1993: 213; ➔ linguaggi settoriali).
Le proprietà sopra elencate non impediscono però che uno stesso termine possa essere utilizzato in terminologie diverse con significati diversi, e quindi essere polisemico. Uno dei tanti esempi possibili è anaclasi, che: (a) nella metrica classica (➔ metrica e lingua) indica l’interruzione del ritmo normale, dovuta alla sostituzione di una sillaba lunga con una breve o viceversa; (b) in fisica indica la rifrazione della luce; (c) in medicina indica la flessione forzata di un arto.
Per fornire un altro esempio, membrana può significare:
(a) strato di molecole che avvolge la cellula o il suo nucleo (in biologia);
(b) strato sottile di sostanza naturale che, immerso in una soluzione, si lascia attraversare soltanto da ioni positivi o negativi (in fisica);
(c) sottile strato di tessuto che avvolge organi o parte di essi o che chiude cavità (in anatomia);
(d) pelle tesa che ricopre gli strumenti a percussione (in musica);
(e) sottile lamina metallica di apparecchi elettroacustici (in elettrotecnica e in acustica);
(f) struttura generalmente elastica, di materiale vario, di spessore molto sottile, inserita in vari strumenti o dispositivi idraulici (in idraulica).
Per evitare casi di polisemia entro la stessa terminologia, in epoca moderna si sono create associazioni di specialisti che rivedono periodicamente il significato dei termini del loro settore e redigono dizionari, thesauri (➔ thesaurus) e data base specialistici (Schmitz 20062: 583-587) che svolgano un’azione uniformatrice e di aggiornamento. Tale revisione è particolarmente necessaria per i settori tecnico-scientifici ed economico-giuridici, nei quali la precisione terminologica non ha solo importanza epistemologica per la trasmissione del sapere, ma anche risvolti normativi e legislativi di rilievo, a livello sia nazionale sia internazionale. La necessità di disporre di corrispondenze precise tra lingue spiega anche l’esistenza di organizzazioni sovranazionali (come l’InterActive Terminology for Europe: http://iate.europa.eu) che si occupano di render chiare e precise le corrispondenze fra le terminologie nazionali.
Benché sviluppatasi soprattutto in seguito alle conquiste scientifiche e tecnologiche dei secoli XIX e XX, la compilazione di terminologie strutturate risale almeno al XV secolo, durante il quale furono redatti anche i primi lessici professionali. Sin da allora, infatti, architetti e ingegneri si preoccuparono di ordinare la conoscenza nei loro rispettivi campi selezionando e precisandone terminologie. Si possono ricordare, a questo proposito, le proposte di ➔ Leon Battista Alberti e Francesco di Giorgio Martini per l’architettura (Biffi 2001 e 2007; ➔ arte e critica d’arte, lingua dell’), di ➔ Leonardo da Vinci per l’ingegneria (Altieri Biagi 1983), di Gottfried Wilhelm Leibniz per la matematica e la geometria, di Andrea Vesalio per l’anatomia, di ➔ Galileo Galilei per la fisica (Altieri Biagi 1965), di Antoine-Laurent Lavoisier e di Claude-Louis Berthollet per la chimica, di Gaspard Bauhin e Karl Linné (Linneo) per la biologia (Schmitz 20062), senza dimenticare il tentativo di convogliare in un’unica Encyclopédie tutta la terminologia relativa alle scienze, alle arti e ai mestieri ad opera di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert.
Risalgono invece al XX secolo il primo dizionario multilingue di terminologia tecnica, redatto dall’ingegnere tedesco Alfred Schlomann, che tra il 1906 e il 1929 pubblicò in sedici volumi gli Illustrierte technische Wörterbücher in sechs Sprachen («Dizionari tecnici illustrati in sei lingue»), e la fondazione di organizzazioni nazionali e internazionali, che, a sostegno della cooperazione scientifico-tecnologica tra paesi, definivano specifiche terminologie. Influente fu, in questo contesto, il lavoro dell’ingegnere austriaco Eugen Wüster, che in Internationale Sprachnormung in der Technik, besonders in der Elektrotechnik («Normativa internazionale sulla lingua della tecnica ed in particolare dell’elettrotecnica», 1931) propose una teoria generale della terminologia (Wüster 19913; Cabré 2003: 171-175) ed elaborò la prima terminologia standard internazionale. Fu proprio il suo intervento che stimolò la creazione del comitato tecnico ISA (rifondato nel secondo dopoguerra con il nome di ISO, International organization for standardization) e l’attività di scuole impegnate nello studio e nella proposta di terminologie coerenti, come quella di Praga (sviluppatasi dalla più celebre scuola di linguistica funzionale; Felber 1984) e quella sovietica, a cui si affiancò in seguito un’ampia serie di istituzioni nazionali (Schmitz 20062: 578).
In Italia, progetti di standardizzazione di terminologie settoriali (come l’International standards for language engineering) sono stati coordinati negli ultimi due decenni dall’Istituto di linguistica computazionale del CNR (Pisa) (www.ilc.cnr.it), mentre esigenze di nuove terminologie di settore devono essere vagliate da organi tecnici riconosciuti quali l’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI).
Il lessico di una terminologia, intesa tanto nella sua funzione rappresentativa quanto in quella comunicativa, può essere composto da:
(a) ridefinizioni semantiche di termini già presenti nella lingua comune, che vengono resi monoreferenziali e monosemici attraverso un convenzionale «accordo di definizione» (Bloomfield 1933): si vedano, ad es., i termini della fisica massa, forza, momento, che passano dal significato generico a quello univoco se sono impiegati in ambito scientifico; tale procedimento, comune sin dagli albori della terminologia scientifica (ad es. in Galileo Galilei; cfr. Altieri Biagi 1965), è oggi solitamente evitato per non incorrere nella valenza connotativa che permane di solito nei termini provenienti dalla lingua comune;
(b) ridefinizioni semantiche di termini appartenenti ad altre terminologie: è, ad es., il caso di collasso, passato dalla medicina, dove significa «forte caduta della pressione arteriosa per accentuata vasodilatazione generale o diminuzione della forza contrattile del cuore», all’astrofisica, dove invece vale «fase conclusiva dell’evoluzione di una stella durante la quale la materia precipita verso il nucleo centrale».
(c) neoformazioni (➔ neologismi), in genere ottenute per derivazione o per composizione da parole delle lingue classiche (➔ elementi formativi), spesso soggette a un sensibile mutamento semantico; il procedimento di neoformazione più frequente è comunque l’aggiunta, a basi lessicali, di ➔ affissi (➔ prefissi, ➔ suffissi e ➔ suffissoidi), provvisti all’interno del settore specialistico di un univoco significato convenzionale: nella terminologia medica, ad es., il suffisso -ite indica un processo infiammatorio che colpisce l’organo indicato dalla base (artrite, bronchite, congiuntivite, ecc.); il suffisso -osi indica un’azione non infiammatoria, perlopiù a carattere degenerativo (artrosi, epatosi, nefrosi, ecc.), e il suffisso -oma indica formazioni tumorali (carcinoma, epitelioma, linfoma, ecc.); la relativa trasparenza del significante che contraddistingue i neologismi per derivazione è alla base della diffusione di composti nominali anche piuttosti lunghi e complessi (ad es., epatocolangioenterostomia);
(d) ➔ sigle e acronimi, ad es. TAC (tomografia assiale computerizzata), AIDS (acquired immune deficiency syndrome), laser (light amplification by stimulated emission of radiation), che in genere si comportano sintatticamente come parole normali;
(e) eponimi e sintagmi eponimi (ovvero derivanti da nomi di personaggi), che si possono ottenere attraverso la semplice trasposizione dal nome proprio al nome comune (joule, newton, watt, ecc.), la ➔ derivazione (bentonite, mendelevite, powellite, ecc.), la composizione di parole polirematiche (costante di Planck, teorema di incompletezza di Gödel, trombe di Falloppio, ecc.; cfr. Cortelazzo 1990; ➔ polirematiche, parole; ➔ scienza, lingua della);
(f) ➔ forestierismi (o internazionalismi), nella forma di ➔ prestiti (ad es., nella terminologia informatica, file), ➔ calchi semantici (memoria di un calcolatore), calchi-traduzione (disco rigido per hard disk);
(g) tecnicismi collaterali (ovvero nomi e aggettivi propri di un certo ambito settoriale legati non «a effettive necessità comunicative bensì all’opportunità di adoperare un registro elevato, distinto dal linguaggio comune»; Serianni 2005: 128; Musacchio 2002), tra i quali abbondano i deverbali a suffisso zero (modifica, utilizzo; ➔ deverbali, nomi); frequente è anche l’impiego di sinonimi dotti non necessari per univocità semantica (lamentare per sentire, assumere per prendere, coalescere per confluire) e, in particolare nel campo medico, di ➔ latinismi e ➔ arcaismi;
(h) simboli, anche non alfanumerici, presenti tanto nelle formule intercalate al testo quanto nel testo stesso: H2O «acqua», H2SO4, «acido solforico», ecc.;
(i) definizioni analogiche o metaforiche (elettrodo a baffo di gatto, valvole a farfalla, cellule a palizzata), che però mal si prestano alla tendenza, propria delle terminologie, a escludere la connotazione (Zublena 2002).
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