Politico e generale ateniese (n. prima del 450 - m. 404 a. C.), figlio di Agnone. Avverso alle forme più radicali di democrazia, collaborò alla rivoluzione oligarchica (411), fece parte del Consiglio dei Quattrocento, e fu nominato stratego. Impedì però la consegna a tradimento del Pireo alla flotta spartana, e quando il popolo depose i Quattrocento ebbe gran parte nel nuovo movimento costituzionale. Riconfermato stratego si alleò con Trasibulo, lo stratego dei democratici di Samo, e prese poi parte sotto la direzione di Alcibiade alla battaglia di Cizico (410); l'anno dopo partecipò all'assedio e alla presa di Bisanzio, e (406) fu trierarco alla battaglia navale delle Arginuse. Nel processo contro gli strateghi vincitori di quella battaglia, incolpati di aver trascurato il salvataggio dei naufraghi, T. fu accusatore implacabile e moralmente responsabile della loro condanna. Dopo la sconfitta ateniese a Egospotami (405) si recò a Sparta a concludere la pace (404) e patrocinò la riforma costituzionale che condusse al governo dei cosiddetti Trenta tiranni: fu d'accordo con i colleghi nella condanna a morte dei democratici più invisi, finché in seguito agli eccessi dei colleghi più violenti, specie Crizia, prese a opporsi risolutamente. Perciò Crizia lo accusò di tradimento e con procedimento sommario e illegale lo mise a morte.