teoria neoselezionista
teorìa neoselezionista locuz. sost. f. – Teoria evolutiva basata sull’esistenza di cambiamenti critici del genoma, tali da modificare la struttura della cromatina e interferire con la replicazione del DNA. Secondo la teoria classica, la selezione naturale agirebbe sul fenotipo, ossia sui caratteri osservabili negli organismi viventi. Con la nascita della genetica, i neodarwinisti si basarono sullo studio della trasmissione di un piccolo numero di caratteri genetici da una generazione all’altra, cui seguì un approccio molecolare. Questi approcci sono basati su quello che è stato chiamato fenotipo classico (morfologico, genetico o molecolare), determinato, in ultima analisi, da un piccolo numero di geni. La t. n. ha sviluppato invece un approccio composizionale, che si fonda sul fenotipo del genoma, ossia sulle caratteristiche composizionali dell’intero genoma.
Approccio composizionale. – Si basa sulla proprietà più elementare del DNA, rappresentata dalla sua composizione, e si presta a studiare sia la struttura sia l’evoluzione del genoma eucariotico, poiché la composizione in basi non solo influenza la struttura del DNA, e quindi la struttura della cromatina, ma può essere alterata da mutazioni, inserzioni e delezioni, come anche da ricombinazioni e traslocazioni. Inoltre, estende l’analisi da pochi geni all’insieme del genoma (o a sue regioni). L’approccio composizionale ha condotto a tre scoperte importanti che hanno permesso di definire alcune caratteristiche generali del genoma degli eucarioti: mosaici di isocore, cuore e deserto del genoma, codice genomico. I genomi dei vertebrati (e degli eucarioti in generale) sono mosaici di isocore, ossia regioni che contengono da centinaia di migliaia a milioni di paia di basi (bp). Le isocore hanno una composizione piuttosto uniforme e appartengono a un piccolo numero di famiglie (L1, L2, H1, H2 e H3) caratterizzate da differenti livelli di GC (la composizione del DNA può essere stimata dalla percentuale della coppia di basi guanina+citosina). Le famiglie di isocore di un genoma rappresentano il fenotipo del genoma. La composizione in basi del genoma ha un carattere discontinuo, a mosaico; il genoma umano comprende 3200 milioni di bp; le isocore hanno dimensioni comprese tra 0,5 e 1 milione di bp. In questo paesaggio composizionale del genoma, le regioni ricche (più del 46%) in GC (chiamate cuore del genoma) rappresentano il 15% del genoma, mentre le regioni povere in GC (deserto del genoma) corrispondono al rimanente 85%. Il cuore del genoma, oltre alla sua ricchezza in GC, presenta anche una serie di proprietà strutturali e funzionali molto importanti, tra cui un’alta concentrazione in geni, una struttura aperta della cromatina (il che spiega la sua predisposizione ad accettare delezioni e inserzioni, come l’integrazione di sequenze virali), una bassa metilazione del DNA, elevate velocità di mutazione e di ricombinazione. Il deserto del genoma è caratterizzato da proprietà opposte. Tuttavia non è formato da grandi regioni inerti: esso comprende soprattutto geni implicati nello sviluppo dell’organismo, ossia geni di grandi dimensioni, con sequenze di regolazione molto complesse, costituite da diversi moduli spesso molto lontani dai geni interessati. Questo è comprensibile visto che tali sequenze devono determinare non solo le quantità di proteine prodotte, ma anche la fase di sviluppo in cui l’espressione deve avvenire. Inoltre, questo spiega come alla fine dello sviluppo il deserto del genoma sia bloccato da una struttura chiusa della cromatina. Invece, il cuore del genoma comprende principalmente geni di mantenimento della vita cellulare (geni housekeeping), che richiedono una regolazione molto più semplice. Un codice genomico (da non confondere con il codice genetico) correla le composizioni: delle sequenze codificanti e delle sequenze non codificanti contigue (ossia del 2% del genoma con il restante 98%, nel caso del genoma dei mammiferi); delle sequenze codificanti con la composizione in aminoacidi e con la struttura secondaria delle proteine; della prima, seconda e terza posizione dei codoni tra di loro. Inoltre, la struttura del DNA determina la struttura della cromatina. Questo ha condotto alla conclusione che le isocore sono una struttura fondamentale del genoma degli eucarioti e che questo è un insieme integrato. La correlazione composizionale tra sequenze codificanti e non codificanti indica l’esistenza di contesti genomici. Tali contesti sono importanti per l’espressione dei geni, come è dimostrato dal fatto che una sequenza retrovirale, se inserita in un contesto composizionale correlato, sarà stabile e si esprimerà. Se inserita in un contesto composizionale non correlato (ossia molto diverso) non sarà stabile e non sarà espressa. È importante sottolineare che le sequenze non codificanti, rappresentanti l’enorme maggioranza del genoma dei vertebrati, sono soggette a costrizioni composizionali, perché non sono libere di variare in composizione, ma variano insieme con le sequenze codificanti contigue.
L’evoluzione composizionale del genoma. – La nuova visione del genoma appena descritta ha delle implicazioni importanti per quanto riguarda la sua evoluzione. Queste scoperte escludono il modello di un genoma in cui i geni sono distribuiti a caso nella massa delle sequenze non codificanti o, anche, di un genoma dotato di sole proprietà additive (in cui i geni e le loro sequenze regolatrici sono cassette che funzionano ugualmente qualunque sia la loro posizione nel genoma) e non di proprietà cooperative (come quelle dettate dal contesto genomico). La t. n. postula i seguenti passaggi: a) dal momento che le sostituzioni di nucleotidi favoriscono i cambiamenti GC→AT (processo noto come deriva verso AT o AT bias), questo fenomeno conduce ad accumuli locali di sequenze ricche in AT; b) cambiamenti critici (che, per definizione, arrivano per ultimi) trasformano gli accumuli di mutazioni puntiformi (che cambiano una sola coppia di basi) in cambiamenti regionali, portando la regione interessata al di sotto di una certa soglia di GC; c) questo provoca alterazioni nella struttura della cromatina che si espandono su lunghe distanze. Tali cambiamenti, che possono anche essere iniziati da grandi inserzioni o delezioni, sono deleteri in quanto alterano l’espressione dei geni compresi nelle regioni interessate nei portatori dei cambiamenti e conducono a una selezione naturale (negativa) della loro progenie. È importante osservare che nella fase precoce del processo qui considerato, ossia per brevi tempi evolutivi (come avviene, per es., nel caso di confronti di popolazioni umane), potranno essere osservati unicamente cambiamenti in maggioranza neutrali o quasi neutrali, mentre su tempi lunghi i fenomeni di selezione saranno ben visibili, in quanto saranno sopravvissuti solo gli individui che non sono stati eliminati dalla selezione negativa.
Applicazioni. – La t. n. permette alcune previsioni che potrebbero avere sviluppi anche in campo biomedico. È stato confermato che anche in diverse popolazioni umane si trovano differenze nel fenotipo del genoma, e inoltre è stato dimostrato che queste differenze consistono principalmente in inserzioni e delezioni concentrate nel cuore del genoma, caratterizzato da una cromatina aperta. Alcune di queste differenze possono alterare la fitness del genoma e causare malattie che non sono genetiche, ma genomiche, in cui l’alterazione può riguardare la struttura della cromatina, senza necessariamente toccare la sequenza dei geni o dei loro promotori.