CALCAGNINI, Teofilo
Nacque da Francesco, non si sa se a Mantova o a Ferrara, nel 1441.
La posizione di grande rilievo che ebbe nella società ferrarese e le ingenti ricchezze da cui ebbe origine lo splendore della sua famiglia, furono dovute alla predilezione che ebbe per lui il duca Borso d'Este, alla cui corte egli, ancora giovinetto, fu messo dal padre, che servì i Gonzaga e gli Estensi e fu assai benvoluto dagli uni e dagli altri. C'erano, tra il C. e Borso, parecchie affinità di carattere e di educazione: l'uno e l'altro, in relazione all'ambiente di elevata cultura umanistica in cui vivevano, si potevano dire illetterati; erano entrambi intelligenti, avevano un certo buon gusto, ma apprezzavano la letteratura e l'arte soprattutto perché, amanti com'erano del fasto e dell'eleganza, le sentivano come elemento essenziale di una vita signorile. Ma più amavano la caccia, le feste, le cene sontuose, e gli esercizi cavallereschi.
Nei registri della Camera ducale cominciano presto ad apparire donativi di denaro e di oggetti preziosi fatti da Borso al C.; ma il maggiore atto di liberalità del duca, che determinò la fortuna economica del giovane, si ebbe nel 1464. Il 25 dicembre di quell'anno, in una solenne cerimonia tenuta nella cattedrale di Ferrara, alla quale furono presenti come testimoni Ercole e Sigismondo, fratelli del duca, altri membri, della casa d'Este e un gran numero di gentiluomini ferraresi e forestieri, Borso fece cavaliere aurato il C. e lo investì del castello di Cavriago nel Reggiano, di quello di MaraneRo nel Modenese e di quello di Fusignano in Romagna con tutte le loro pertinenze e distretti. Fece inoltre donazione al C. del palazzo di Bellombra nel distretto di Adria e di quello di Benvignate nel territorio di Argenta con le loro castalderie comprendenti complessivamente quasi un centinaio di poderi e molti casamenti. Il giorno dopo il C., per festeggiare l'avvenimento, fece tenere nella piazza di Ferrara una ricca giostra.
I vecchi storici che ricordano questa donazione, forse la più grande che sia mai stata fatta da un Estense, la datano al 1465; ma non tengono conto, come rilevò il Lazzari, che i notai ferraresi adottavano nelle datazioni lo stile della natività. Tant'è vero che porta la data del 19 febbr. 1465 l'atto con cui Francesco Calcagnini prese possesso, a nome del figlio, del castello di Maranello. Ercole d'Este, che era allora governatore di Modena, si recò in quell'occasione personalmente a Maranello, per preciso ordine di Borso, affinché la cerimonia avesse la maggior solennità possibile: prova anche questa dell'onore che il duca voleva fare al Calcagnini. Dopo d'allora il C. compare quasi sempre a fianco di Borso (e al suo fianco è ritratto anche negli affreschi di Francesco Del Cossa a Schifanoia) col titolo di "compagno del duca", titolo che a Ferrara designava un vero e proprio ufficio pubblico, cui era annessa un'annua provvigione e i cui titolari erano iscritti nell'elenco degli ufficiali che veniva pubblicato al principio di ciascun anno. Non pare che il C. sia stato propriamente un consigliere del duca relativamente agli affari politici: l'ufficio di "compagno" riguardava più che altro la vita privata del principe, i suoi viaggi, le feste, i ricevimenti, le cerimonie.
Sul finire del gennaio 1469 l'imperatore Federico III, reduce da Roma, si fermò a Ferrara e qui, il 1º febbraio, conferì al C. e ai suoi discendenti il titolo di conte palatino con facoltà di creare notai, legittimare bastardi, dare tutori e curatori e manomettere servi. Partito da Ferrara per recarsi a Padova, l'imperatore fu poi ospitato dal C. nel suo palazzo di Bellombra. Continuavano pur sempre gli atti di liberalità di Borso, che nel 1469 donò al C. un palazzo in Ferrara e nel 1470 gli concedette l'uso d'acque di canali per i possedimenti di Romagna. Nel marzo 1471 il C. fece parte del fastosissimo corteggio che accompagnò a Roma Borso, che andava a ricevere dal papa Paolo II l'investitura ducale di Ferrara. Nella cerimonia che si tenne il 14 aprile nella basilica vaticana il C. procedeva, insieme con Alberto d'Este, subito dopo il nuovo duca, Nello stesso anno 1471 sposò Marietta Strozzi, sorella del conte Lorenzo Strozzi, altro "compagno" ed amico di Borso, e il 13 luglio 1472 il re Ferdinando di Napoli delegò il cavalier Fabrizio Carafa a tenere a battesimo in suo nome la prima figlia del C., Eleonora.
La morte del duca Borso (19 ag. 1471) non segnò la fine delle fortune del C.: il nuovo duca, Ercole I, lo tenne per "compagno" e non cessò di favorirlo. Nel 1473 il C., con un seguito di 10 uomini a cavallo, fece parte della grande comitiva che il 26 aprile partì per Napoli per scortare poi a Ferrara Eleonora d'Aragona, destinata sposa al duca Ercole. Negli anni seguenti fu spesso al seguito della duchessa che accompagnò in vari viaggi. Né gli mancarono segni di favore da parte di altri importanti personaggi: il 13 ott. 1473 Pietro Riario, cardinale di S. Sisto, tenne a cresima un suo figliuolo; Sisto IV, con bolla del 5 luglio 1483, gli concedette la facoltà di erigere altare ovunque volesse e di farvi celebrare gli uffici sacri.
Durante la guerra tra Venezia e Ferrara (1482-1484) il C. partecipò in Romagna a qualche azione militare. I cronisti narrano che nel marzo 1483, insieme con Francesco da Ortona, capitano di Bagnacavallo, egli assalì una bastia fatta costruire dai Veneziani sotto Ravenna, vi fece prigionieri parecchi uomini e ne riportò del bottino. Fusignano fu poi occupata da truppe al soldo dei Veneziani e fu restituita al C. dopo la pace di Bagnolo (1484): il 10maggio 1485 il doge Giovanni Mocenigo ordinava al podestà di Ravenna di mantenere il C. nel quieto possesso dei suoi feudi ed in particolare delle valli bonificate. Il C. aveva infatti nel 1468 acquistato da un certo Pietro Piemontese una grande estensione di terreno vallivo a nord di Fusignano e ne aveva cominciato la bonifica; l'opera fu poi continuata e portata a termine da suo figlio Alfonso, per cui quei terreni si chiamarono e si chiamano ancora Le Alfonsine. Nel 1486 il castello di Cavriago fu messo a fuoco dai Reggiani, dopo che i Torelli lo avevano abusivamente occupato, e il C., al quale il duca lo fece restituire, cercò inutilmente di farlo riedificare a spese del Comune di Reggio. Nel maggio 1487 il C. partì al seguito del duca Ercole, che aveva fatto voto di visitare il santuario di S. Giacomo di Compostella. Ma, giunta la comitiva a Milano, il duca vi trovò lettere del papa che commutavano il voto in quello di un pellegrinaggio a Roma. Si recò quindi colà, avendo sempre il C. tra i principali suoi accompagnatori.
Tornato a Ferrara, il C. vi morì il 4 febbraio 1488. Il giorno seguente, con un solenne funerale, al quale partecipò con tutta la corte anche la duchessa, fu sepolto nella chiesa di S. Spirito. Pronunciò l'orazione funebre il domenicano Lodovico da Valenza.
Il cronista Caleffini, che poté consultare i registri della Camera ducale, calcola che il C. abbia avuto da Borso donazioni per il valore di 300.000 ducati. Questa enorme somma è probabilmente inferiore a quella reale, perché è noto che i duchi regalavano denaro e pagavano debiti dei loro protetti anche brevi manu e senza quindi registrazione da parte degli ufficiali della Camera. Per la posizione che il C. aveva a corte, per le sue ricchezze e fors'anche per le sue doti personali il suo nome ricorre spessissimo nella letteratura ferrarese del tempo. L'orazione di Bernardo Bembo in morte di Bertoldo d'Este (1463) è preceduta nei manoscritti da una lettera dell'autore al C.; Francesco Ariosto Peregrino nel suo dialogo De la Divina Providentia (1465)lo introduce come interlocutore insieme col celebre medico Gerolamo Castello; Francesco Prendilacqua nel dialogo De vita Victorini Feltrensis (circa 1465)fa di lui le più grandi lodi e riporta versi latini in suo onore; Lodovico Carbone nell'orazione in morte di Lodovico Casella (1469)lo cita come uno dei più autorevoli suoi uditori; Carlo di San Giorgio scrive di avere per suggerimento suo rifatta in volgare la sua narrazione della congiura dei Pio (1469).Poesie latine gli dedicarono Battista Guarino, Giano Pannonio e altri minori; si può anzi quasi dire che non c'è poeta ferrarese suo contemporaneo che non gli abbia dedicato almeno un epigramma.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Modena, Cancell. ducale, Particolari, b. 255, Ibid., Arch. Calcagnini: Cronaca di Paolo da Lignano;B. Zambotti ed altri, Diario ferrarese, in Rer. Ital. Scritt., 2 ediz., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, ad Ind.;U.Caleffini, Diario, a cura di G. Pardi, Ferrara 1938-40, ad Ind.; I.Burckardi, Liber notarum, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., II, 1, a cura di E. Celani, pp. 200 s.; F. Prendilacqua, De vita Victorini Feltrensis dialogus, a cura di N. dalle Laste, Padova 1774(e, nella traduzione ital. di G. Branibilla, Como 1871, pp. 19-21);M. A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, pp. 346 s.;L. Ughi, Dizionario stor. degli uomini illustri ferraresi, I, Ferrara 1804, p. 104;L. Vicchi, Storia di Fusignano, Faenza 1876, pp. 10 s.; C. Corvisieri, Il trionfo romano di Eleonora d'Aragona, in Arch. della della Soc. romana di storia patria, I (1878), p. 481;L. Balduzzi, I Calcagnini, in Giornale araldico, XII(1884), pp. 7 s.; E. Celani, La venuta di Borso d'Este a Roma nel 1471, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XIII (1890), pp. 373 s., 378, 393, 401, 425;E. G. Gardner, Dukes and poets in Ferrara, London 1904, ad Indicem;L. v. Pastor, Storia dei papi, II, Roma 1911, pp. 462 nn. 3 e 4, 463 n. 1; G. Bertoni, Guarino da Verona tra letterati e cortigiani a Ferrara, Ginevra 1921, ad Indicem;D.Fava, La Biblioteca Estense nel suo sviluppo storico, Modena 1925, p. 61;A. Lazzari, Il primo duca di Ferrara: Borso d'Este, in Atti e mem. della Deput. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, Sezione di Ferrara, III(1945), p. 49s.;L. Chiappini, Gli Estensi, Milano 1970, pp. 138 s.; P.Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Calcagnini di Ferrara, tav. I; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices; Dizionario biografico degli Italiani, XIII, p. 140.