TENSIONE
. Comunemente questa parola si usa o per indicare lo sforzo (dovuto alle azioni interne) di sistemi funiformi (funi, cavi, catene, ecc.) o per indicare la caduta di potenziale (in volt) fra i due estremi di un circuito elettrico, sia in circuiti a corrente continua, sia in circuiti a corrente alternata. Anzi in pratica, nel linguaggio comune, solo raramente si usa altra parola per indicare una differenza di potenziale elettrico.
Scientificamente questa parola ha un uso più frequente e la si adopera generalmente, insieme con la parola pressione, ogni volta che una forza si manifesta o si estrinseca in modo proporzionale a una superficie. Si parla così di tensione superficiale per i liquidi, di tensione di vapore, di tensione elettrostatica, ecc. Ognuna di queste grandezze si esprime dunque come una forza (per la tensione superficiale in realtà un'energia) per unità di superficie.
La tensione superficiale dei liquidi misura quella tendenza che hanno i liquidi medesimi a raccogliersi a parità di volume (i liquidi sono pochissimo compressibili) secondo forme che abbiano una superficie più piccola possibile (compatibilmente con le forze che si esercitano sul liquido medesimo; v. anche capillarità). Questa tendenza deriva dalle forze di coesione che si esercitano fra le molecole.
Delle molecole di un liquido, solo quelle che si trovano nelle immediate adiacenze della superficie di questo rivelano in modo visibile di essere sotto l'azione di queste forze perché, per quelle che sono all'interno, tali forze si esercitano simmetricamente in tutte le direzioni e si fanno equilibrio.
Ne risulta che, in condizioni di equilibrio, la superficie di un liquido si viene a trovare in uno stato particolare, grazie al quale il liquido si comporta come se fosse avvolto da una sottilissima pellicola elastica tesa.
Manifestazioni della tensione superficiale, di esperienza quotidiana, sono la tendenza dei liquidi ad assumere la forma sferica, (tendenza che si manifesta in pieno nella formazione delle gocce), il diffondersi delle pellicole d'olio sull'acqua o su altri liquidi (aventi una tensione superficiale maggiore di quella propria dell'olio), ecc.
Sono giuochi di tensione superficiale tutte le esperienze che si fanno con le pellicole d'acqua saponata. Su scheletri di metallo, che si costruiscono apposta, le pellicole d'acqua saponata che vi si fanno aderire immergendo gli scheletri nella medesima, si dispongono sempre secondo solidi di superficie minima, perché tendono a contrarsi il più possibile.
Un corpicciolo, non bagnato da un liquido e quindi non soggetto alla sua adesione, può stare a galla anche se la sua densità è maggiore di quella del liquido. Così. per es., un ago alla superficie dell'acqua, se lievemente unto e delicatamente appoggiato sulla medesima.
Il ben noto insetto, detto idrometra, galleggia e si spinge sull'acqua grazie a un fenomeno di tensione superficiale.
La tensione di vapore misura invece la pressione caratteristica di un certo vapore per una data temperatura e si dice tensione di vapore saturo quando il vapore ha raggiunto una densità tale da essere in equilibrio col suo liquido, così che se liquido e vapore sono l'uno in presenza dell'altro tante sono le molecole che dal liquido passano al vapore, quante quelle che dal vapore ritornano al liquido.
In tali condizioni la densità del vapore rimane costante e il liquido cessa (macroscopicamente considerato) la sua evaporazione.
In un tubo barometrico il cosiddetto vuoto torricelliano è riempito dal vapore saturo del mercurio che alla temperatura normale è dell'ordine del centesimo di mm. di mercurio.
Se dal disotto, per mezzo di una pipetta, s'introduce nel tubo dell'etere, si vede che le goccioline di questo salgono fino a raggiungere la superficie libera del mercurio e qui rapidamente evaporano mentre l'altezza della colonna di mercurio, nel tubo, va gradatamente diminuendo.
A un certo punto però le goccioline smettono di evaporare e l'etere comincia a vedersi, galleggiante, alla superficie del mercurio.
A questo punto lo spazio sovrastante è occupato dal vapore saturo di etere (insieme con quello, trascurabile, del mercurio) e la tensione di vapore dell'etere per la temperatura ambiente è misurata, in cm. di mercurio, dall'abbassamento del livello subito dalla colonna di mercurio. Infatti in queste condizioni per l'eqbilibrio dell'insieme, alla pressione esercitata dalla colonna di mercurio si è ora parzialmente sostituita la tensione (pressione) esercitata dal vapore saturo dell'etere.
La tensione di vapore cresce col crescere della temperatura e, per ogni sostanza sufficientemente stabile, elevando la temperatura si raggiunge la temperatura critica, temperatura al disopra della quale il liquido (fase liquida) non è più possibile, qualunque sia la pressione (o tensione) del vapore (che allora più propriamente si può chiamare gas).
Fra tensione di vapore e tensione superficiale esistono relazioni di notevole interesse.
La tensione superficiale infatti tende in un certo senso a diminuire il volume del liquido, ossia a favorirne l'evaporazione. Effettivamente per una diminuzione di volume di un liquido la tensione superficiale compie un lavoro positivo.
Con considerazioni di questo genere si può spiegare perché se due sferette liquide di raggio diverso sono poste in un ambiente isotermo, a uno stesso livello, s'inizia un processo di evaporazione e la sfera minore evapora per ingrossare la maggiore.
Ciò deriva dal fatto che la tensione di vapore propria della sferetta minore è maggiore di quella della sfera maggiore.
In questa maggior tensione di vapore necessaria per saturare l'ambiente intorno a una gocciolina liquida, si può trovare la causa della soprasaturazione che si osserva in un ambiente privo di elementi di condensazione.
Per una ragione analoga è possibile avere un liquido surriscaldato (ossia la cui temperatura è tale da avere una tensione di vapore superiore alla pressione esterna) senza che s'inizi l'ebollizione; ebollizione che ha luogo per la dilatazione delle bollicine d'aria (che sono delle cavità) occluse nel liquido.
La tensione elettrostatica misura invece la tendenza che hanno i corpi elettrizzati a dilatarsi in conseguenza dell'azione repulsiva delle cariche aventi uno stesso segno.
Considerando un elemento di superficie di un conduttore elettrizzato, si trova facilmente coi più elementari principî dei campi eoulombiani che esso è sollecitato da una forza normale all'elemento stesso e diretta verso l'esterno del conduttore, data da 2 Πσ2 dS, se con dS si indica la superficie dell'elemento e con σ la densità superficíale elettrica, ossia la carica per unità di superficie.
Il rapporto tra forza e superficie dell'elemento, ossia la grandezza misurata da 2 Πσ2, si dice tensione elettrostatica ed è evidente che rappresenti quello che abbiamo sopra indicato.
Per effetto dell'insieme delle tensioni elettrostatiche, un conduttore elettrizzato deformabile aumenta il suo volume, le gocce d'acqua che si formano all'estremo di un contagocce elettrizzato si distaccano sotto forma di goccioline minutissime proiettate violentemente, ecc.
A proposito delle bolle di sapone si può realizzare un'interessante esperienza sulla tensione superficiale e quella elettrica, equilibrando, in una bolla di sapone connessa con un cannello aperto e quindi tendente a contrarsi per azione della tensione superficiale, la tensione superficiale medesima con la tensione elettrostatica provocata elettrizzando la bolla. Quest'ultima, una volta elettrizzata, può facilmente dilatarsi automaticamente fino a raggiungere quel volume per il quale si equilibrano le due tensioni.