famiglia, tassazione della
Le imposte sulle persone fisiche presentano, in tutti i Paesi che le applicano, caratteristiche di progressività, con vari scaglioni ai quali si impongono aliquote crescenti. In tali casi si presenta una scelta sull’unità impositiva a cui applicare l’imposta, problema che non si prospetterebbe nel caso di imposte proporzionali, o con una sola aliquota, come le imposte flat adottate in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est. Vi sono 3 aspetti generali di cui tenere conto: i redditi fanno capo agli individui, ma gli individui vivono in f., condividendo redditi e consumi (coniugi, con o senza figli), mentre una persona priva di (o con poco) reddito può godere di alti consumi finanziati dal coniuge (o dai genitori); esistono economie di scala quando due persone decidono di mettere su famiglia, per cui a una coppia non è necessario il doppio del reddito di un single per godere dello stesso tenore di vita (➔ equivalenza, scale di); la maggior parte delle persone (fisiche) ottiene il reddito lavorando e gli economisti suppongono che esse traggano soddisfazione dal reddito, ma che il tempo impiegato per lavorare comporti una certa penosità (si ritiene che una maggiore remunerazione spinga ad aumentare l’offerta di lavoro).
Sono raggruppabili in 3 tipi: tassazione individuale, per parti, cumulo obbligatorio (➔ splitting; quoziente familiare). Quest’ultimo stabiliva il cumulo dei redditi della moglie in capo al marito, nel suo ruolo di capofamiglia; anche l’IRPEF (➔) aveva fatto questa scelta. Con l’evoluzione delle legislazioni familiari e la scomparsa della figura del capofamiglia, il cumulo è stato abbandonato: in Italia con una sentenza della Corte costituzionale nel 1976. Nel caso della tassazione per parti, la somma dei redditi dei coniugi (ed eventualmente dei figli minori a carico) viene sommata e poi divisa. Il confronto tra questi diversi sistemi deve essere effettuato a parità di gettito complessivo. In tale modo si possono evidenziare le caratteristiche che differenziano le varie ipotesi. ● In un sistema fondato sull’imposta individuale, ciascun contribuente dichiara i propri redditi e l’imposta è calcolata sull’insieme di questi; la presenza dell’eventuale coniuge rileva solo se sono previste deduzioni (➔) o detrazioni (➔) per coniuge a carico; la stessa cosa vale per i figli (o altri familiari). È il sistema più diffuso: in oltre la metà dei Paesi OCSE si usa tale sistema. Nello splitting dei redditi si esegue il cumulo, poi si divide per due, quindi i due coniugi verranno a versare la stessa imposta pro capite; in presenza di figli sono previste deduzioni dall’imponibile o detrazioni dall’imposta. È il sistema usato in Germania, e facoltativamente negli Stati Uniti, dove, se due consorti scelgono lo splitting devono applicare aliquote più elevate.
Per quanto riguarda il quoziente familiare, in presenza dei soli coniugi il quoziente è esattamente pari allo splitting, ma in presenza di figli (minori) l’insieme dei redditi si divide per un numero che dipende da quanti sono i figli. In Francia, il Paese che dal secondo dopoguerra applica il quoziente, i primi due figli aggiungono mezzo punto, mentre dal terzo in poi si addiziona un punto intero. Calcolata l’imposta, questa viene moltiplicata per il valore del denominatore.
Comunque, sia lo splitting sia il quoziente familiare, al fine di determinare un risparmio d’imposta, richiedono che i coniugi si collochino in scaglioni diversi (quindi con diverse aliquote marginali, ➔ aliquota); altrimenti ciò che guadagna il coniuge con reddito maggiore è pagato esattamente da quello con reddito minore. Nel caso del quoziente, la nascita di un figlio produce un risparmio d’imposta se il reddito scende a uno scaglione inferiore. La tassazione per parti, per concedere un risparmio ai redditi bassi, richiede un numero elevato di scaglioni, o addirittura la progressività continua, come accade in Germania.
Nessun sistema impositivo riesce a rispecchiare pienamente i criteri di equità verticale e orizzontale (➔ equità). La tassazione individuale implica che la famiglia monoreddito versi un’imposta maggiore di quella bireddito, a parità di reddito monetario. Negli altri sistemi, invece, le famiglie monoreddito e bireddito pagano la stessa imposta, a meno che non vengano previste correzioni ad hoc. Dal punto di vista della capacità contributiva, un trattamento uguale non appare equo, qualora ovviamente i redditi dei coniugi siano, almeno prevalentemente, redditi da lavoro: la famiglia bireddito ha costi maggiori di quella monoreddito. Detto in altro modo, i servizi domestici hanno un valore economico che non è calcolato nel PIL, nè è tassato dal fisco, ma non per questo sono irrilevanti. Nell’ottica dell’efficienza, la maggiore aliquota marginale che grava sul coniuge con reddito minore (spesso la donna) influenza negativamente la sua offerta di lavoro. Per questo motivo, molti economisti considerano sfavorevolmente i sistemi di splitting o di quoziente, e alcuni prediligono sistemi che applichino aliquote più basse al reddito delle donne.