SINI, Tarquinio
– Nacque a Sassari il 27 marzo 1891, da Vincenzo, sarto di alta classe, e da Maria Peppa Falzoi.
La famiglia, dopo un breve trasferimento a Roma, si spostò a Cagliari, città moderna che all’inizio del Novecento richiamava intellettuali e imprenditori dall’isola e dalle regioni tirreniche. Nel capoluogo isolano Sini frequentò la scuola di disegno dell’istituto tecnico insieme al disegnatore Giovanni Manca.
Diciassettenne, pubblicò alcune vignette sul foglio satirico cagliaritano Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, fondato dal giornalista Pasquale Marica. Nel 1909 realizzò caricature per il giornale napoletano Ma chi è?, con lo stesso Manca, Filiberto Scarpelli e Golia (Eugenio Colmo), e, con Primo Sinopico, per l’albo illustrato Pro Sicilia e Calabria (Montorsi, Cagliari 1909), venduto a favore delle persone colpite dal terremoto del dicembre del 1908. Nel maggio del 1910 espose le sue caricature a una mostra personale alla Passeggiata coperta del bastione di Saint Remy a Cagliari, recensita da Raffaele Di Tucci su L’Unione sarda.
Dopo aver tentato inutilmente di ottenere un sostegno statale per proseguire gli studi presso l’Accademia di belle arti, nel 1910 si trasferì a Torino per iscriversi al Politecnico. Nella città di Golia e di Dalsani (Giorgio Ansaldi) trovò l’amico Giovanni Manca, che lo aveva preceduto nel capoluogo piemontese e che probabilmente lo introdusse all’ambiente artistico cittadino e al Pasquino. A questo giornale umoristico, tra i più importanti di inizio Novecento, Sini collaborò per oltre quattro anni. Iniziò con un’illustrazione di copertina, nell’agosto del 1910, e finì per ricoprire il ruolo di redattore capo. Per il Pasquino realizzò oltre cento tra copertine, vignette, illustrazioni interne a pagina singola e doppia e curò integralmente la parte iconografica di una trentina di ‘numeri speciali’ (1910-14).
Di queste illustrazioni, alcune sono siglate con il caratteristico glifo composto dall’iniziale del nome sovrapposta a quella del cognome e presentano uno stile più corsivo e calligrafico, altre sono firmate invece con lo pseudonimo Falzoy, derivato dal cognome della madre, utilizzato soprattutto tra il 1911 e il 1913, e sono caratterizzate da un tratto sintetico, a larghe campiture piatte e forti linee di contorno.
Negli anni torinesi Sini collaborò anche, con Manca e Golia, a Torino ride (1910), al Due di coppe (1911-12), a L’asino (1913), e realizzò le illustrazioni interne di Gargantua e Pantagruel (Bemporad, Firenze 1913, erroneamente come Torquato Sini, e con copertina di Filiberto Scarpelli).
Torino era, all’esordio degli anni Dieci, la capitale nazionale del cinema. Nel 1914, grazie alla mediazione della giornalista e scrittrice torinese Carola Prosperi, Sini iniziò a collaborare con la casa cinematografica Savoia Film, fondata dal pittore Pier Antonio Gariazzo pochi anni prima, ricoprendo molteplici mansioni: «il revisore di soggetti, il soggettista io stesso, il revisore dei film finiti di “girare”, lo scrittore delle didascalie ed anche il metteur-en-scène per delle scene eccezionali all’aperto [...] Non ebbi più voglia, durante quel periodo, di fare il pittore; preferivo costruire i miei quadri sullo sfondo della Natura [...], con personaggi vivi» (Sini, 1928, 1998, p. 123).
Allo scoppio del primo conflitto, con la chiusura delle case cinematografiche, Sini lasciò Torino per Parigi, con l’intenzione di trasferircisi stabilmente. Era allora uno dei caricaturisti italiani più noti all’estero, e le sue vignette, soprattutto quelle per il Pasquino, venivano riprodotte e ripubblicate su importanti riviste internazionali.
Nella capitale francese riprese a disegnare, ma la parentesi parigina venne brutalmente interrotta dall’entrata in guerra dell’Italia, che lo costrinse a rientrare, inviato non al fronte ma in Umbria, a Perugia, impiegato nella requisizione dei cereali.
Questa destinazione periferica, per quanto frustrasse i propositi belligeranti di Sini, gli consentì di non abbandonare la sua attività di vignettista e di collaborare, nel 1915, alla rivista torinese Numero, fondata dall’amico Golia. Nel 1916 tenne una personale a Genova, città alla quale probabilmente fu legato per un certo tempo, se è vero che nel 1917 fu il curatore dei contenuti visivi e testuali della rubrica di cronaca locale Il mondo genovese per il settimanale milanese Il Mondo (1917).
Sini iniziò a frequentare, a Roma, lo studio dell’amico Marica, ora importante scrittore futurista, per il quale illustrò Il girotondo di tutto il mondo (Fileti, Roma 1920), e fu in contatto con molti artisti sardi emigrati nella capitale: Giuseppe Biasi, Melkiorre Melis, Luigi Caldanzano, Mario Mossa De Murtas.
Quando venne congedato, si trovava già sotto contratto con la casa cinematografica romana Cines, poi, dal 1919, Unione cinematografica italiana, come pittore specializzato in «“bozzetti” dei cartelli réclame da affidare alla litografia per la riproduzione» (Sini, 1928, 1998, p. 125). Di quest’attività, che doveva essere davvero imponente, non resta oggi pressoché nulla. Il contributo di Sini al mondo del cinema e del teatro è testimoniato quasi esclusivamente dalla collaborazione a riviste satiriche e di costume come Contropelo (1919), Fortunio (1920), L’illustrazione dell’arte cinematografica italiana (1919-20), con copertine, illustrazioni, pubblicità e caricature di quegli stessi personaggi dello spettacolo che egli ritraeva sui manifesti.
Stanco di «soddisfare l’amministrazione [...], disporre in primissimo piano, di prospetto o di profilo a seconda della forma del naso, il muso della prima attrice per suo espresso desiderio, adoperare pochi colori per ingraziarvi il riproduttore che vuole sempre risparmiare sul numero delle tirature» (ibid.), in cerca, insomma di una maggior libertà stilistica ed espressiva, Sini abbandonò il mondo del cinema a favore del settore pubblicitario e commerciale: illustrò copertine di spartiti ed edizioni musicali (Gennarelli, Napoli 1921; Fratelli Franchi, Roma 1921-1922), manifesti pubblicitari (Circuito di Roma, 1925; Superradiola, 1926), cartoline, calendari, volumi (Fanciullezza, fanciullezza, Bemporad, Firenze 1925), giornali (Il Siluro, 1924).
Nel 1919 Sini espose le sue caricature alla Casa d’arte Bragaglia di Roma, luogo connotato dagli artisti che lì esponevano – Giacomo Balla, Antonio Sant’Elia, Fortunato Depero. Furono, questi, anni di stretto contatto con il movimento futurista romano, per il tramite principale di Marica, una vicinanza che Sini mantenne fino agli anni Trenta, nelle illustrazioni interne, puntiniste e zenitali, di Il prosciugamento del Mediterraneo, scritto da Luigi Motta e Calogero Cincimino (Ceschina, Milano 1932). Il periodo romano fu anche caratterizzato dalla forte amicizia con il conterraneo Mossa De Murtas, con il quale Sini condivise lo studio e un progetto, purtroppo mai realizzato, di cinema d’animazione.
A metà degli anni Venti Sini rientrò a Cagliari, ravvivando un rapporto con la sua terra natale che non aveva mai interrotto collaborando dal continente a Il Camaleonte (di cui fu direttore, 1922), Il risveglio dell’isola (1922-23), Sa martinicca (1923), L’uovo pasquale (1923). In Sardegna illustrò per i periodici Clerici vagantes (1926), Fontana viva (1927), Su banditori (1927) e per la rivista fascista Mediterranea, fondata da Antonio Putzolu, per la quale disegnò copertine, testate di rubrica e fregi (1927), utilizzati fino agli anni Trenta, in cui introdusse un forte legame iconografico con i motivi tradizionali sardi dei tessuti e dei tappeti, ripresi, semplificandoli, nelle illustrazioni a una Guida di Cagliari (Sorrentino, Cagliari 1928).
Nel 1927 espose, presso la Bottega d’arte Cau di Cagliari, venticinque tempere dal titolo Contrasti. Da queste vennero tratte immediatamente due serie di cartoline in bianco e nero (Cau, Cagliari 1927) e, l’anno successivo, un’ulteriore serie con varianti e a colori (Dessì, Cagliari 1928). Sulla scorta del successo dell’anno precedente, nel 1928 Sini approntò altre tempere riunite ancora una volta dal titolo Contrasti, poi pubblicate come cartoline a colori (Ledda, Cagliari 1928), una serie nuovamente ripresa nel 1933 e pubblicata in seguito al ritorno definitivo a Cagliari (S.E.I., Cagliari 1934).
Sini scrisse e illustrò il romanzo A quel paese... Romanzo moderno (ad imitazione di tanti altri) per uso esterno (S.E.I., Cagliari 1929), con una cinquantina di vignette caricaturali, e lo dedicò «a Primo Sinopico e Giovanni Manca, pittori sardi che toccarono le somme vette dell’arte senza l’ausilio del folklore». Collaborò al giornale fascista cagliaritano Pattuglia (1929) e a Il Goliardo (1929).
Nel 1929 sposò il soprano Teresa Tanda, detta Ina, dalla quale ebbe un figlio, Giantarquinio, nato nel 1939. La coppia si trasferì per un anno a Teulada e poi, dal 1930, per un paio di anni, a Milano, dove Sini iniziò a lavorare per il settimanale Films e come illustratore di libri, soprattutto per ragazzi (tra gli altri La canción de la giungla, Cafés y Chocolates Aguila, Buenos Aires 1935; L’occidente d’oro, Edizioni Italo-Americane, poi Aurora, Milano 1934; Il figlio di Buffalo Bill, Aurora, Milano 1934), stringendo accordi con Bemporad (1931-37, si vedano le carte presso il Fondo Bemporad, Firenze, Archivio storico Giunti Editore, b. 129, f. 10) e con Sonzogno (Il dottor Rameau, 1930).
Rientrato in Sardegna, collaborò con regolarità alla rivista La Lampada (1933-34) e illustrò il volume Battesimo di fuoco (Atzeni & Ferrara, Iglesias 1934). Negli anni Trenta, sulla base dell’esperienza maturata con la progettazione dei padiglioni della fiera campionaria di Napoli (1922), si dedicò soprattutto ad attività di decorazione e allestimento per fiere ed esposizioni (il padiglione dei vini sardi a Siena, 1933-35; la mostra di arti popolari sarde di Cagliari, 1937) e di scenografia (Livietta e Tracollo di Pergolesi, allestito a Cagliari nel 1937).
Il suo stile, versatile e adattabile a diversi contesti ed esigenze – dalla sintesi calligrafica degli anni Dieci alla rarefazione cromatica di stampo secessionista degli anni Venti al realismo fotografico degli anni Trenta –, divenne, nel recupero di motivi tipici regionali e folklorici, una marca identificante della sua terra d’origine.
Sini morì a Cagliari il 17 febbraio 1943, ucciso, insieme a centinaia di cagliaritani, dal primo bombardamento alleato sulla città.
Fonti e Bibl.: R. Di Tucci, Arte e artisti, Le caricature di T. S., in L’Unione sarda, 12 maggio 1910, poi in P. Pallottino, T. S. (catal., Sassari), Nuoro 1998, p. 25; P. Usai, Caricaturisti italiani, T. S., in Natura e Arte, XXIII (1914), 11, pp. 746 s.; T. Sini, Artisti di Sardegna. Dove si parla di tutto e un poco (molto poco) anche di arte, in L’Unione Sarda, 6-8 luglio 1928, poi in P. Pallottino, T. S., cit., pp. 123-127; N. Valle, Incontri, T. S., in Mediterranea, VII (1933), 10, pp. 35 s.; N. Valle, Ricordo di T. S., in L’Unione Sarda, 24 febbraio 1943, poi in P. Pallottino, T. S., cit., p. 25; G. Altea - M. Magnani, Le matite di un popolo barbaro: grafici e illustratori sardi, 1905-1935, Milano 1990; Iid., Pittura e scultura del primo ’900, Nuoro 1995; G. Podda, Ajò, a su Poettu, Cagliari 2003, pp. 199-209; A. Pau, T. S., Nuoro 2004; Cagliari tra passato e futuro, a cura di G.G. Ortu, Cagliari 2004, p. 152; Radio Brada, 8 settembre 1943: dalla Sardegna la prima voce dell’Italia libera, a cura di R. Cannas, Roma 2004, p. 51; F. Atzeni, Mediterranea (1927-1935). Politica e cultura in una rivista fascista, Cagliari 2005, pp. 4, 68, 101; S. Paulis, La costruzione dell’identità, Per un’analisi antropologica della narrativa in Sardegna fra ’800 e ’900, Sassari 2006; F. Bergamasco, L’Italia della caricatura. La grande storia del caricaturismo in Italia (e dintorni), Vercelli 2008, p. 85.