TALCO (sinonimi: Steatite, Creta di Briançon, di Venezia, ecc.)
Minerale che ha composizione chimica: H2Mg3 (SiO3)4, con 63,52% di SiO2; 31,72 di MgO; 4,76 di H2O. Il talco non si presenta mai in distinti cristalli, ma nelle migliori condizioni solo in lamine pseudoesagonali. Di solito è in aggregati scagliosi o anche fibrosi o addirittura compatti (steatite). Da ricerche con i raggi X risulta monoclino, con le costanti cristallografiche seguenti:
Il talco è caratterizzato da una bassa durezza (i della scala di Mohs; si riga infatti coll'unghia), e da una spiccata untuosità o morbidezza al tatto, nonché da una marcata sfaldatura basale {001}, per cui si ottengono facilmente lamelle, flessibili ma non elastiche, e in ciò si distingue, in genere, dalle miche. La polvere è bianchissima nelle varietà pure. In massa ha colore bianco, ma anche grigiastro, verdognolo (e verde pomo se nichelifero), roseo, nerastro, a seconda delle impurezze. La pietra ollare è una steatite ricca di clorite.
Ha peso specifico di 2,824 (calcolato). È trasparente o translucido, con lucentezza madreperlacea sulla superficie di sfaldatura. Ha rifrazione debole: α = 1,538; β = 1,589; γ = 1,589 per la luce del sodio; birifrazione forte: γ − α = 0,051. È otticamente negativo. La bisettrice acuta è perpendicolare a {001}; il piano degli assi ottici è parallelo a {100}; l'angolo fra essi piccolo, e variabile (6° ÷ 30°).
Inattaccabile, o quasi, dagli acidi minerali forti. Al cannello non fonde, e cede la sua acqua solo ad alta temperatura, non cambiando struttura fino a 900°. Al disopra si scompone in SiO2 e 3 MgSiO3 che dai röntgengrammi corrisponderebbero, rispettivamente, a cristobalite e a clinoenstatite, e ciò spiega la notevole durezza che il talco acquista all'arroventamento.
Ai raggi ultravioletti la polvere assume una bella luminescenza bianca che la fa distinguere subito da quella di marmo. Ha proprietà adsorbenti marcate per cui dà composti di adsorbimento con i derivati del catrame, con i grassi.
Si conoscono varie pseudomorfosi di talco: su quarzo, dolomite, olivina, granati, miche, pirosseni, anfiboli (quelle incomplete su tremolite hanno ricevuto il nome di pyrallolite e di rensselaerite), le quali mostrano che il talco è sovente un prodotto secondario formatosi per alterazione di altri minerali. Talvolta è netta anche la genesi metasomatica per ascensum e azione di acque termali ricche di SiO2 su rocce dolomitiche.
Minerale diffuso e spesso in depositi cospicui, di rado, però, puri, i quali si trovano di preferenza nell'epizona delle formazioni scistose cristalline. In Italia di particolare importanza, e attivamente coltivati, quelli delle valli del Chisone, della Germanasca, del Pellice nel Pinerolese. Lo spessore va da pochi cm. a 8 metri. La miniera più alta è quella di Sapatlè (Prali) a 2000 m. Un ottimo giacimento è pure quello di Orani in Sardegna. Anche nella Valle del Varo (Appennino) si scava del talco, il quale, come quello di Sasso dei Cani (Chiavenna) è poco puro.
L'Italia viene al terzo posto nella produzione mondiale di talco, ma ha il primato della qualità. La Francia possiede i giacimenti di Luzénac nell'Ariège (Pirenei). Dall'altra parte dei Pirenei, nella provincia di Gerona, sono i giacimenti spagnoli, collegati a quelli francesi, ma meno potenti. La Svizzera sfrutta dei depositi di talco nel massiccio dei Tavetsch, Disentis, ecc., del Gottardo (Andermatt, ecc.). Il più importante giacimento tedesco è quello di Göpfersgrun-Thiersheim nel Fichtelgebirge. Cospicui depositi di talco ha l'Austria a Mautern nella Stiria. E anche la Cecoslovacchia presso Zoptau in Moravia, in connessione con scisto cloritico, con scisti anfibolici e eon anfiboliti. Fuori d'Europa i paesi che producono più talco sono gli Stati Uniti con i giacimenti di Vermont (N. J.), della Pennsylvania, della Virginia, ecc.; il Giappone è diventato in questi ultimi anni un forte concorrente anche sui mercati europei con i suoi giacimenti di talco della Manciuria meridionale; negli Urali (U.R.S.S.) esisterebbero 286 giacimenti di talco, oggi attivamente sfruttati.
Usi. - Sono basati in gran parte sulla marcata untuosità del talco in polvere, il quale nell'industria tessile serve per lubrificare i filati e dare morbidezza alle stoffe, candore e lucentezza alle tele bianche. Serve come materia di carica, e come appretto, nella fabbricazione della carta alla quale conferisce un marcato satinaggio. Come lubrificante nei saponi, nelle ciprie dette grasse, nei cosmetici, creme, boro talco; per spalmare stampi in cui si colano metalli, gomma, ecc.; come smacchiante, causa le proprietà assorbenti, già ricordate, per togliere macchie di grasso dalle stoffe, dal legno, per sgrassare talune pelli per conceria, ecc.
Nell'industria farmaceutica, chimica e ceramica, quale eccipiente in pillole, pasticche, per polvere aspersoria; per preparare la "fosfite", specie di poltiglia bordolese che diventa così più adesiva, come eccipiente e adsorbente della nitroglicerina, per colori al pastello e all'olio, per vernici impermeabili e ignifughe, lacche. Notevole sviluppo ha preso in questi ultimi anni, anche in Italia, la confezione di materiale elettrotecnico a base di talco conosciuto sotto il nome di "isolantite" o "talco ceramico". Aggiunto al caolino dà la porcellana ad alta tensione, la porcellana "biscuit", "craquelée". Serve ancora per la brillatura del riso, dell'orzo, dei piselli, ecc., per uccidere le larve dell'anofele aspergendo le acque stagnanti sulle quali forma un velo sottilissimo e continuo.
Per piccoli lavori di scultura si utilizza il talco in pezzi della varietà compatta (steatite), spesso verdastra per presenza di clorite. Lavorandola col coltello o al tornio se ne ottengono coppe, vasi, serbatoi, tinozze, condotti, tubi, idoletti, beccucci per lampade a gas, che vengono induriti al fuoco, pietre per sarti e per scrivere sulle lavagne. Le statuette femmininili preistoriche trovate a Savignano (Emilia) e ai Balzi Rossi, presso Mentone, sono di steatite.
Bibl.: E. Ridoni, Il talco, Roma 1918; E. Grill, Il talco della Roussa (Valle del Chisone), in Atti Soc. tosc. sc. nat., Pisa 1922; id., Rocce e minerali dei giacimenti di talco del Pinerolese, ibid., ivi 1929; id., Gli usi del talco, in Atti Soc. dei natur. e matem. di Modena, Modena 1932; L. Gerbella e G. Alfano, Nota sui giacimenti di talco e steatite della Sardegna, in Relaz. servizio minerario, 1932; C. Levi, Il talco italiano, Milano 1934; Stutzer-Wetzel-Himmelbauer. Schwefel-Graphit-Jod-Bor-Magnesit-Talk, Berlino 1933.