TAIGETO (Ταΰγετον, Τηΰγετον; Taygĕtus; A. T., 82-83)
Catena montuosa del Peloponneso (Grecia) che si allunga rettilinea dal bacino di Megalopoli al Capo Matapan (il promontorio Tenaro dell'antichità), per circa 115 km., in direzione NNO.-SSE. È un'alta e compatta muraglia delimitata a oriente dalla profonda valle dell'Eurota, a occidente dalla bassura messenica. Le altezze massime sono m. 1606 nella parte settentrionale, m. 2407 (M. Sant'Elia) in quella centrale, e m. 1700 in quella meridionale, che sporge nel Mediterraneo in forma di svelta penisola. La catena è costituita essenzialmente da scisti e calcari cristallini, cui si sovrappongono potenti masse calcaree cretacico-eoceniche. Dove predominano gli scisti la vegetazione è abbondante e il suolo è fertile. Il Taigeto conserva zone boscose, per quanto fortemente ridotte, con prevalenza del Pinus laricio in alto, di querce o castagni sotto gli 800 m. La parte più elevata della montagna è quasi sempre coperta di neve.
Formava anticamente il confine fra la Laconia e la Messenia. La serie di contrafforti che si dirama verso l'Eurota, forma un distretto montagnoso tra i golfi di Messenia e di Laconia che si chiama odiernamente Maina (Mani), abitato dalla popolazione dei Mainoti che conservò sempre la propria indipendenza quando tutto il resto della Grecia era soggetto alla Turchia. Nell'antichità il Taio possedeva dense foreste di pini, ricche di animali selvatici, fra cui il periegeta Pausania menziona capre, cinghiali, camosci e orsi: perciò il monte era sede favorita di Artemide cacciatrice, e patria di una ricercata razza di cani. È da un dirupo di questo monte che secondo la tradizione gli Spartani precipitavano i bambini nati informi o malaticci. Dai Romani erano largamente sfruttate le sue miniere di porfido verde presso Crocee.
Bibl.: E. Curtius, Peloponnesos, II, Gotha 1852, pp. 203 segg., 249 segg.; F. Bölte, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III A, col. 1301 segg.; V A, col. 91 seguenti.