TADDEO di Bartolo (Taddeo Bartoli)
Pittore senese, nato nel 1362 o 1363, morto nel 1422. Lo ricordano documenti del 1386 e 1389, nel quale anno venne eletto al consiglio della cattedrale di Siena. Nel 1393 lavorava a Genova, dove forse s'ammogliò; poi a San Gimignano, a Pisa; nel 1397 era di nuovo in Liguria (Triora); più tardi a Perugia, a Volterra, ecc. A queste varie residenze si alternano soggiorni e opere in Siena. Ivi, dal 1412 al 1420, tre volte fu membro del consiglio municipale; e nel 1418 "capitano del popolo" per il quartiere di S. Salvadore. La sua attività di pittore vagante, e quella degli scolari, diffusero per la seconda volta l'influenza senese in tutta Italia. Senza figli, adottò l'allievo Gregorio di Cecco, lasciandogli ogni sostanza, con una pensione per la vedova.
La produzione di T. è copiosissima; in molta parte, datata e firmata, anche quando la qualità dell'esecuzione lascia fin troppo trasparire l'intervento di scolari e di aiuti. Probabilmente formatosi nella bottega di Iacopo di Mino del Pellicciaio, T. fu seguace di Andrea Vanni e soprattutto di Bartolo di Fredi (del quale, per una parziale omonimia, il Vasari lo credette figlio). È stata da taluno indicata anche una giovanile influenza di Barnaba da Modena; e potrebbe valere per certi caratteri di rude arcaismo e atteggiamenti quasi nordici della fantasia (per es. negli affreschi a San Gimignano, 1393). L'influenza di Simone Martini giunse a T. attraverso l'interpretazione del Vanni; cioè, già appesantita e decaduta, mischiata a modi popolareschi, che prevalsero in Bartolo di Fredi e che T. raccolse con più impegno che brio e spontaneità. Di T. non si potrebbe indicare una definita evoluzione stilistica; ma piuttosto un variare delle qualità materiali, secondo l'importanza dell'opera e la ricchezza dei committenti. Certo è che quasi tutte le sue opere migliori si aggruppano nel primo decennio del Quattrocento: pale d'altare della cattedrale di Montepulciano (1401) e della pinacoteca di Perugia (1403); Croce dipinta della pinacoteca senese (1403 circa); Natività della chiesa dei Servi, Siena (1404); affreschi nel palazzo pubblico, Siena (1406); polittico n. 131 nella pinacoteca senese. Neanche in tali opere T. è artista entusiasmante: massiccio, meccanico, tardo, con qualche cosa di tetro; e nondimeno con innegabile dignità. La soluzione dei Lorenzetti, conciliante le esigenze della tradizione dei primi del Trecento col naturalismo dei tempi nuovi, valeva soltanto per pittori di tempra eccezionale, come furono poi Giovanni di Paolo e il Sassetta. Basti vedere T. nei saggi paesistici della Dormizione al Palazzo pubblico di Siena, con quella città legnosa, gremita, tedesca, e s'intende come egli fosse restato estraneo al naturalismo lorenzettiano, mentre della liricità di Simone Martini in lui non erano passati che gli schemi e le formule.
Bibl.: A. Venturi, Storia dell'arte ital., V, Milano 1997, p. 751; R. van Marle, The development of the Italian schools of painting, II, l'Aia 1924, pp. 544-69; C. Brandi, La regia pinacoteca di Siena, Roma 1933, p. 293; B. Berenson, Pitture ital. del Rinascimento, Milano 1936.