TACHEOMETRO e TEODOLITE
. Il tacheometro o universale topografico (fig.1) costituisce lo strumento tipico di rilevamento per l'ingegnere ed è, in ultima analisi, un goniometro (v.), munito di cannocchiale distanziometrico per la misura indiretta delle distanze. Questo carattere lo differenzia essenzialmente dal teodolite (fig. 2), che è solo un misuratore di angoli, col quale ha in comune la struttura e la disposizione delle parti.
Una base B, munita delle tre viti di livello W1, W2, W3, alle estremità di tre razze eguali angolarmente equidistanti, sostiene il cerchio azimutale CC su cui si eleva l'alidada girevole, costituita essenzialmente di due montanti opposti che sostengono i perni dell'albero di rotazione del cannocchiale, sul quale albero è anche montato il cerchio zenitale C′C′. Di solito il tacheometro ha dimensioni più ridotte del teodolite e deve il suo nome alla celerità di rilievo, resa possibile dalla doppia qualità di goniometro e di distanziometro.
I cerchi graduati, che nei teodoliti di 1a grandezza, adatti alle misure angolari delle grandi triangolazioni, possono raggiungere diametri di circa 30 cm. con l'approssimazione, nelle letture, di 1″, nei tacheometri non sorpassano i 12-15 cm. con l'approssimazione normale di un primo centesimale.
Il frazionamento delle letture nei teodoliti molto precisi si ottiene con microscopî a vite micrometrica, mentre nei tacheometri e nei teodoliti di secondo ordine si adoperano nonî o microscopî a stima. L'adozione di questi ultimi (cleps Porro, Salmoiraghi) e dei moderni sistemi a coincidenza (strumenti, Wild, Zeiss, ece.) hanno permesso di ridurre molto le dimensioni dei circoli senza scapito della precisione e con grande vantaggio della trasportabilità.
A eliminare l'influenza della eccentricità di montatura dei circoli graduati, le letture si fanno sempre a due organi diametralmente opposti (I, II − A, B). In alcuni recenti strumenti di Wild (fig. 3), i circoli, racchiusi come nei cleps in custodie metalliche, vengono illuminati e letti mediante un sistema di prismi che riconduce nel campo di un unico microscopio, situato vicino all'oculare del cannocchiale, le due regioni opposte del cerchio osservato, cosicché si compie un'unica lettura, già libera dall'errore di eccentricità, e senza che l'osservatore debba spostarsi dopo la collimazione col cannocchiale. La graduazione dei cerchi può essere sessagesimale o centesimale.
I teodoliti possono essere ripetitori o reiteratori, secondoché il cerchio orizzontale può rotare insieme con l'alidada oppure no. Nel primo caso vi è una coppia di viti dei grandi e piccoli movimenti V e v (fig.1) che serve a fissare il cerchio alla base e una coppia V′, v′ che serve a rendere solidale il cerchio con l'alidada: nel secondo caso (fig. 2) esiste una sola coppia di viti V, v, che fissa l'alidada alla base, e il cerchio può ruotare a mano, o con altri mezzi, ma sempre indipendentemente dall'alidada. Ma ora il metodo della misura degli angoli per ripetizione è abbandonato e i buoni teodoliti sono tutti reiteratori. Invece i tacheometri sono quasi sempre ripetitori, non già perché con essi la misura degli angoli si faccia col metodo della ripetizione, ma per poter orientare il cerchio orizzontale a mezzo di un declinatore magnetico.
Il cannocchiale distanziometro dei tacheometri è spesso anallattico e generalmente con più coppie di fili perchè, compatibilmente con la distanza, si possa adoperare la costante minore. Sia per i teodoliti sia per i tacheometri vi è ora la tendenza ad applicare il cannocchiale a lunghezza costante ottenuto accoppiando all'obiettivo convergente una lente divergente mobile lungo il tubo mediante un bottone esterno, che permette di portare in ogni caso l'immagine sul reticolo posto a distanza fissa dall'obiettivo.
I buoni teodoliti hanno una livella L mobile a cavalletto (fig. 2) sui perni di rotazione dell'albero del cannocchiale (livella azimutale), e una livella L′ solidale con gli organi di lettura del cerchio verticale (livella zenitale). Nei tacheometri, la prima è generalmente sostituita da una o da due livelle fra loro ortogonali, fisse all'alidada (fig.1) e per di più v'ha di solito una livella fissa, o reversibile, L″, lungo il cannocchiale.
Per rendere possibile la collimazione di punti molto elevati (astri) senza ricorrere ad oculari prismatici, e più che altro per non essere obbligati ad altezze eccessive dell'alidada per lunghi cannocchiali che possano rotare completamente in modo da rendere possibili le osservazioni coniugate (cerchio verticale a sinistra o a destra), talvolta si hanno teodoliti eccentrici, nei quali il cannocchiale invece d'essere centrale è montato a un'estremità del suo asse orizzontale (fig. 4).
Le condizioni strumentali del teodolite e del tacheometro, per quanto riguarda la loro funzione di goniometri, sono le stesse:
a) verticalità dell'asse di rotazione dell'alidada;
b) ortogonalità dell'asse di collimazione con l'asse di rotazione del cannocchiale;
c) orizzontalità di quest'ultimo.
Ad esse si provvede con rettifiche, le cui modalità dipendono dalla disposizione degli organi, principalmente delle livelle.
Se c'è una livella mobile a cavalletto sui perni del cannocchiale (figg. 2 e 4), si comincia col rettificarla centrandola dopo disposta secondo una vite di base, invertendola sugli appoggi e annullando lo spostamento della bolla per metà con la vite di base e per l'altra metà con le viti di rettifica W della livella. Dopo ciò si ruota l'alidada di 180° e si riporta la livella in centro per metà con la vite di base e per l'altra metà spostando in altezza, con apposite viti di rettifica, un appoggio del cannocchiale. Con ciò si è reso l'asse della livella normale all'asse di rotazione dell'alidada, che viene reso quindi verticale ruotando questa di 90° e annullando l'eventuale spostamento della bolla col moto inverso e simultaneo delle altre due viti di base. In tal modo risultano soddisfatte le condizioni a) e c). Per verificare la condizione b) si collima un punto una volta col cerchio verticale a sinistra (C.S.) e una volta col cerchio verticale a destra (C.D.). La differenza delle due letture azimutali L1 e L2 deve risultare di 180° esatti; se invece L2 − L1 − 180° − 2ε, si agisce sulla vite dei piccoli movimenti orizzontali dell'alidada finché l'ultima lettura divenga L2 ∓ ε e poi si riottiene la collimazione del punto agendo sulle viti laterali del reticolo.
Se, come accade generalmente nei tacheometri, in luogo della livella a cavalletto vi sono una (fig.1) o due livelle ortogonali applicate all'alidada, si dispone la livella (o una delle livelle) secondo una vite di base e si centra con questa, poi si ruota l'alidada di un angolo piatto e si annulla lo spostamento della bolla per metà con la vite di base e per l'altra metà con le viti di correzione della livella. Si ruota poi l'alidada di un angolo retto e si centra con le altre due viti di base mosse in senso inverso. Così è reso verticale l'asse: se le livelle sono due, eseguita la correzione precedente con l'una, si centra poi l'altra con le proprie viti e allora nelle successive stazioni si può risparmiare la rotazione di 90°. Mancano poi da verificare le condizioni b) e c) e ciò si fa utilizzando il principio che un angolo retto si proietta in un angolo retto solo nel caso che almeno uno dei suoi lati sia parallelo al piano di proiezione (orizzontale). Così la rettifica relativa alla condizione b) si fa come prima, salvoché invece di collimare un punto qualunque se ne mira uno per cui la visuale sia orizzontale in modo da rendersi indipendenti da un'eventuale inclinazione dell'asse di rotazione del cannocchiale. La condizione c) si verifica collimando invece un punto a visuale molto inclinata nelle due posizioni coniugate e, se fra le due letture azimutali L1, L2 si ha L2 − L1 − 180° = ± 2 δ, si muove l'alidada fino a fare la lettura L2 − δ e si ricollima il punto spostando in altezza uno dei perni del cannocchiale mediante l'organo di correzione del relativo cuscinetto.
Se il cannocchiale è eccentrico (fig. 4) la condizione b) non è più espressa da L2 − L1 − 180° = 0 ma da L2 − L1 − 180° ± 2ξ = 0, dove ξ è l'angolo sotto cui dal punto mirato è vista l'eccentricità E del cannocchiale e quindi dato da ξ″ = E/D arc 1″, dove D è la distanza del punto mirato, che quindi occorre conoscere almeno grossolanamente. Ma la correzione si può ricondurre al caso del cannocchiale centrato, scegliendo D così grande che 2 ξ risulti minore dell'approssimazione dello strumento. Da ricordare che nel caso della visuale eccentrica l'angolo per due direzioni è dato dalla media delle due determinazioni coniugate (C.S. e C.D.).
Alle tre condizioni a), b), c) corrispondono tre errori residui, detti rispettivamente di verticalità, di collimazione, d'inclinazione. Nella media di due determinazioni coniugate resta eliminata l'influenza degli ultimi due: non dell'errore di verticalità che è nullo per visuali orizzontali e cresce col diminuire della distanza zenitale.
Se lo strumento non permettesse le osservazioni coniugate (goniometri di secondo ordine), per quanto riguarda le condizioni b) e c) si può seguire questo metodo. Si collimi a visuale orizzontale un filo a piombo o uno spigolo ben verticale e si muova poi il cannocchiale in altezza. Se il centro del reticolo si vede descrivere la verticale stessa, le condizioni b) e c) sono ambedue soddisfatte. Se il centro del reticolo si vede descrivere una retta inclinata, è soddisfatta b) ma non c) e si rettifica agendo su uno degli appoggi del cannocchiale. Se il centro del reticolo si vede descrivere una curva tangente alla verticale, è soddisfatta c) ma non b), e si agisce sulle viti orizzontali del reticolo. Se il centro del reticolo si vede descrivere una curva che taglia la verticale, nessuna delle condizioni b) e c) è soddisfatta: si agisce su un appoggio del cannocchiale fino a ridurci al caso precedente, dopo di che si spostano quanto occorre le viti laterali del reticolo.
Sul cerchio verticale si leggono le distanze zenitali ζ o gli angoli di inclinazione α all'orizzonte. Se questi si considerano positivi o negativi secondoché sono di elevazione o di depressione, ha luogo la relazione costante ξ + α = 90°. Si chiama zenit strumentale la lettura Z del cerchio verticale, quando il cannocchiale è collimato allo zenit. Se S e D sono le letture che si fanno al cerchio verticale, quando si collima uno stesso punto col cerchio a sinistra e col cerchio a destra, si hanno le relazioni:
dalle quali
La prima, che dà la distanza zenitale, presuppone che sul cerchio verticale la graduazione proceda nel senso degl'indici di un orologio: in caso contrario si ha ξ = 1/2 (D − S).
Nel caso del teodolite, di solito il cerchio verticale è reiteratore, il che vuol dire che Z è variabile, e s'intende che le letture S e D vanno fatte quando si è centrata la livella zenitale connessa con i microscopî di lettura, o, se ciò non è possibile, s'intendono corrette per le indicazioni della livella stessa.
Nel caso del tacheometro, il cerchio è fisso al cannocchiale e per la riduzione all'orizzonte delle distanze lette a visuale inclinata occorre che la distanza zenitale ξ sia data da una sola lettura (S o D), e non da una coppia di letture coniugate. Allora il costruttore fa in modo, p. es., che sia Z = o, e la prima delle (1) dà allora ξ = S.
La verifica relativa si fa determinando Z con la seconda delle (2) e, se non risulta zero, si annulla spostando i nonî di lettura, dopo di che si centra la livella con cui sono connessi con le proprie viti e che servirà di spia. Trovato Z, la lettura Z ± 90° corrisponde all'asse di collimazione orizzontale, e se in queste condizioni si centra la livella sovrapposta al cannocchiale, lo strumento potrà servire da livello. Per la verifica delle costanti del cannocchiale distanziometro, v. Cannocchiale: Cannocchiale distanziometro, e per l'uso del declinatore magnetico applicato ai tacheometri, v. Celerimensura. La convenienza di avere un tacheometro che, anche a visuale inclinata, dia subito la distanza ridotta all'orizzonte, senza essere obbligati a calcoli ulteriori, ha originato lo studio e la costruzione dei cosiddetti tacheometri autoriduttori, alcuni dei quali presuppongono la mira verticale, altri orizzontale.
A prescindere da un autoriduttore Sanguet, nel quale la distanza orizzontale si ottiene leggendo la mira verticale a pendenze fisse della visuale, la maggior parte degli autoriduttori utilizza il principio di far variare, automaticamente, col muoversi del cannocchiale in altezza, la distanza h fra i fili (o un equivalente di questa) con la legge h = h0 cos2 α o h = h0 cos α secondoché la mira è verticale od orizzontale, essendo h0 la distanza filare relativa alla visuale orizzontale, e α l'angolo d'inclinazione all'orizzonte; in tal modo, se H è l'intervallo letto sulla mira e K la costante distanziometrica, il prodotto KH dà senz'altro la distanza ridotta all'orizzonte (v. cannocchiale: Cannocchiale distanziometro). Si hanno varî dispositivi per ottenere queste condizioni di cose. Nell'autoriduttore Baggi, a mira verticale, un sistema di leve fa scorrere lungo il cannocchiale analattico, col muoversi di questo in altezza, un manicotto con due guide longitudinali fra cui sono costretti a molla i due pezzi del diaframma che portano i due fili distanziometri.
Nell'autoriduttore Roncagli un parallelogrammo articolato, di cui un vertice è stabilito sull'alidada e l'opposto, solidale con un perno in corrispondenza del reticolo, obbliga, nei movimenti in altezza del cannocchiale tale perno a rotare. Il perno stesso è, verso il cannocchiale, ingrossato a cilindro e opportunamente tagliato secondo una superficie inclinata all'asse, contro la quale è spinto a molla un pistone portante la lastrina del reticolo. Questa, che per effetto della rotazione del cannocchiale è mobile soltanto in senso trasversale, porta incisa una retta orizzontale centrale e due righe simmetriche, la cui distanza verticale h, contata in corrispondenza di un filo centrale fisso, varia automaticamente con la legge h = h0 cos2 α (mira verticale). Gli stessi movimenti della lastrina reticolo sono ottenuti nell'autoriduttore Reina con accoppiamenti di ruote dentate coniche, che trasportano il movimento di rotazione del cannocchiale sul piano del reticolo, dove un dispositivo a biella e manovella provvede agli spostamenti automatici laterali della lastrina.
Nel recente autoriduttore Bosshardt-Zeiss (mira orizzontale) mancano i fili distanziometri e l'angolo distanziometrico è ottenuto ponendo davanti alla metà inferiore dell'obiettivo una coppia di prismi gemelli, i raggi passanti per i quali, subiscono, rispetto a quelli che passano soltanto per l'obiettivo, una deviazione orizzontale ω0 eguale, per es., a 1/100 (K = 100), quando i prismi stanno in una posizione iniziale corrispondente alla visuale orizzontale. Quando il cannocchiale ruota in altezza, i due prismi ruotano in sensi opposti con un movimento a forbice, attorno a un asse parallelo a quello del cannocchiale, per modo che l'angolo distanziometrico ω, mantenendosi sempre nel piano dell'asse di collimazione e dell'asse di rotazione del cannocchiale, varia con la legge ω = ω0 cos α, per modo che l'intervallo H letto sulla mira, moltiplicato per la costante K, dà senz'altro la distanza orizzontale. Osservando la mira, per effetto della deviazione suddetta questa si vedrà divisa longitudinalmente in due parti spostate l'una rispetto all'altra proprio dell'intervallo H che viene così determinato direttamente.
Nell'autoriduttore Hammer-Fennel (mira verticale) la distanza filare variabile con l'inclinazione della visuale è sostituita da un diagramma polare segnato su una lastrina di vetro fissa all'alidada a un estremo dell'albero di rotazione cavo del cannocchiale, attraverso cui, mediante un sistema di prismi, è trasmesso otticamente all'oculare. Così, osservando una mira verticale, si determina H come differenza fra la lettura alla linea del diagramma e quella alla circonferenza fondamentale dello stesso, le cui distanze radiali variano con la legge h = h0 cos2 α.
Invece di far variare la distanza h fra i fili si potrebbe ottenere un autoriduttore mantenendo h costante e facendo variare invece, con l'aggiunta di una lente mobile, la distanza focale ϕ obiettiva secondo la legge ϕ = ϕ0/cos α (mira verticale). Così in un cannocchiale anallattico si potrebbe obbligare automaticamente la lente anallattica a spostarsi lungo il cannocchiale, quando questo si muove in altezza, in modo che la distanza focale ϕ del sistema obiettivo-lente anallattica varî con la legge scritta, dove ϕ0 è la distanza focale per la visuale orizzontale. In realtà, spostandosi la lente anallattica si sposta anche il punto anallattico, che nom coinciderà più col centro dello strumento; ma si sa che in pratica tali spostamenti si possono trascurare.