ARRHENIUS, Svante August
Chimico e fisico svedese, nato presso Upsala nel 1859. Nel 1884 si addottorò in filosofia nell'ateneo di quella città, dopo aver compiuto i suoi studî nelle scuole di Upsala e di Stoccolma. Frequentò durante qualche anno, con borse di studio, il politecnico di Riga, e le università di Würzburg, di Riga, di Amsterdam, di Lipsia. Fu dapprima libero docente di chimica-fisica nell'università di Upsala, e nel 1891 ebbe la nomina di professore ordinario a Stoccolma. Nel 1895 assunse nella stessa città la cattedra di fisica, e nel 1897 venne nominato rettore. Morì a Stoccolma il 2 ottobre 1927.
Conseguito il dottorato, Arrhenius iniziò la feconda serie dei suoi lavori scientifici con ricerche relative alla funzione acida e basica. Egli affacciò l'idea che l'intensità di tale funzione dovesse essere proporzionale alla conducibilità elettrica (1885), e ben presto tale intuizione ricevette verifiche inoppugnabili, e venne estesa in conformità del senso relativo che deve attribuirsi alla espressione "conducibilità degli acidi", dato che tale conducibilità varia notevolmente secondo la diversa concentrazione delle soluzioni studiate.
I lavori intorno a tale campo di questioni misero capo a quella teoria della dissociazione elettrolitica che l'Arrhenius pose nel 1887, e che doveva segnare il principio d'una nuova era per l'elettrochimica. Il Van't Hoff aveva esteso alla pressione osmotica le leggi della pressione gassosa (di Boyle, Avogadro, Volta, Gay-Lussac), ma numerose eccezioni facevano ancora ostacolo a tale estensione. Arrhenius (Zeitschrift für physikalische Chemie, 1887) avanzò allora l'idea che il numero dei corpuscoli che entrano in giuoco nei fenomeni potesse aumentare per effetto di una dissociazione. Riprese cioè un concetto affacciato da Clausius (1856), secondo cui alcune molecole di un elettrolita sarebbero scisse in parti (ioni) cariche di elettricità. Egli fece vedere che se si ammetteva che tutte le molecole fossero dissociate in soluzioni molto diluite e solo una parte di esse fosse dissociata in soluzioni aventi una maggiore concentrazione, le deviazioni dall'estensione di Van't Hoff erano chiaramente giustificate. Clausius - come abbiamo detto -, Williamson, e più tardi Bartoli, avevano lavorato intorno a queste idee, ma senza condurle alla perfezione che esse raggiunsero per opera di Arrhenius. Merito precipuo di quest'ultimo fu il fornire un metodo per determinare la percentuale di molecole scisse in ioni. Egli inoltre rese di una fecondità straordinaria le sue vedute, sia spiegando fatti rimasti fino allora incomprensibili (p. es. che i reagenti impiegati per l'analisi dei sali non indichino mai il sale come tale, ma solo le parti costituenti o ioni), sia applicando largamente la sua teoria alla chimica dei sali in genere (Zeitschriftfür physikalische Chem., 1888, Wied. Ann., 1883 e 1887, ecc.).
Più che per questi studî, l'Arrhenius acquistò grande popolarità per un suo volume di cosmologia, tradotto anche in lingua italiana, su Il Divenire dei Mondi. Idea fondamentale di questa opera è che esista un ciclo completo di morte e di rigenerazione degli astri, ciclo che si svilupperebbe attraverso i seguenti momenti fondamentali: la collisione di due corpi celesti genera una Nova, questa si trasforma in nebulosa spirale, la nebulosa in ammasso di stelle, ciascuna stella dell'ammasso si raffredda e diviene un sole spento. Infine la collisione di due soli spenti dà origine ad una Nova e ricomincia così il ciclo evolutivo.