SUSA (Segusio)
2°. - Città romana posta sulla destra della Dora nel punto dove questa incontra il torrente Cenischia, in una posizione di particolare importanza strategica, perché domina la via che saliva verso il Monginevro (Mons Matrona).
Tutta la storia della città è infatti legata alla sua ubicazione: l'amicizia di Cesare con il re Donno servì a facilitare ai Romani il transito verso la Gallia; più tardi Augusto si accordò con Cozio per riuscire ad impossessarsi delle ricche miniere aurifere dei Salassi. In base a questo accordo, che sottometteva a Roma tutte le tribù alpine circumvicine, Cozio divenne prefetto della sua stessa provincia e Augusto volle sancire l'atto di amicizia elevando un arco vicino all'antico castrum (v. più avanti). Sembra che Claudio, finite le preoccupazioni belliche, riconoscesse ancora a Cozio II il titolo di re, ma Nerone riallacciò ancora S. all'Impero riducendola a provincia. Con le lotte per la successione di Nerone comincia la triste serie delle distruzioni della città. Il paese parteggiò infatti per Ottone, e Vitellio lo devastò. Seguì un periodo di pace e di benessere fino a che la lotta tra Costantino e Massenzio riportò la distruzione nella città alpina. Costantino tornando dalle Gallie trovò l'accesso sbarrato da Massenzio attendato nella città e nel corso della battaglia che segui S. fu nuovamente incendiata.
Molto incerta l'antica topografia cittadina. Numerosi resti di abitazioni furono trovati nell'interno della città ai piedi del monumentale Castello di Adelaide, e potrebbero essere messe in relazione con il primitivo palazzo dei primi re di Segusio. Ai margini dell'abitato, fuori delle mura apparvero recentemente i resti di un anfiteatro.
(C. Carducci)
Arco. - È a un solo fornice, rivestito di pietra calcarea locale bianca. Dalla iscrizione dedicatoria, ripetuta nelle facce N e S dell'attico, si apprende che fu innalzato nel 9-8 a. C. da Giulio Cozio, già re dei Segusii, ora praefectus, e da quattordici città delle Alpes Cottiae. Sorgeva ai limiti della città di Segusio, probabilmente all'inizio della strada costruita da Cozio (Amm. Marc., xv, 10, 2), che conduceva per il valico del Moncenisio, alla Gallia Transalpina. Architettonicamente si ricollega agli archi coevi dell'italia settentrionale e, sotto alcuni rispetti, a quelli sud-gallici, apparendo dal punto di vista architettonico come opera matura dell'arte augustea nell'equilibrio degli elementi architettonici e decorativi. Un fregio figurato correva sull'architrave tutt'attorno all'arco; attualmente sono conservati tre lati, mentre del quarto, l'orientale, rimane solo un frammento presso l'angolo S. i rilievi rappresentano scene relative ai patto concluso con Roma, per cui il territorio delle quattordici città era entrato a far parte dello Stato Romano, gli abitanti erano divenuti cives di diritto latino, il re un prefetto e, di conseguenza, cavaliere romano. Secondo la più recente esegesi, la lettura dei rilievi va iniziata dal lato N, che guarda verso la strada per cui si giungeva dal Moncenisio.
Lato N: vi è rappresentato un solenne sacrificio (suovetaurilia), compiuto da Cozio alla presenza dei Romani, col quale il foedus fra i due popoli riceveva la sua sanzione religiosa e quindi la sua pienezza giuridica; l'ara è al centro, ai lati stanno i contraenti del patto, Cozio e un generale romano; dietro sono personaggi togati e assistenti; sopraggiungono le vittime, i vittimarî, il popa; i littori, i musici, l'esercito (cavalieri e fanti). Cozio appare già togato e munito di imperium, come si deduce dai fasci con le scuri. Lato O: il gruppo centrale è formato da due personaggi togati, seduti presso un'ara che serve da tavola, su sedia curule, avendo al seguito ognuno tre apparitores con i fasci; essi hanno in una mano il volumen del foedus, mentre con l'altra fanno l'atto di abbracciare un terzo personaggio che è in piedi fra i due, dietro l'ara. Si tratta di Cozio e del magistrato romano, che accolgono il rappresentante della prima e più importante delle quattordici città. Gli altri tredici rappresentanti si muovono lungo il fregio: essi si affollano attorno a due tavole collocate verso le estremità, porgendo all'impiegato intento a scrivere i documenti che recano in mano, chi pugillares e chi volumina, forse le credenziali o altro documento delle civitates; ciò fatto ciascuno si affretta verso il gruppo centrale, forse a ricevere l'abbraccio dei due contraenti. Lato S: un'altra scena di sacrificio, assai simile alla prima nella composizione e nei personaggi, ma con alcune differenze. A ciascuna estremità del fregio sta uno dei Dioscuri; il sacrificio è in loro onore, come risulta anche dalla presenza di due tori. Cozio, divenuto cavaliere romano, compie un grande sacrificio agli dèi patri, protettori della cavalleria e tutori dei patti; anche a questa cerimonia assiste un Romano, seguito, come Cozio, dai propri littori. È da escludere che i sacrifici siano presenziati da Augusto. Questi non poteva essere rappresentato in un ruolo secondario rispetto a Cozio, e con egual numero di apparitores e di fasces. Lato E: rimangono solo due personaggi togati, vicino ai quali è una capsa cilindrica, di quelle che contenevano i volumina; si trattava quindi della scena conclusiva degli atti giuridico-amministrativi, con cui il territorio e i cittadini entravano a far parte dello Stato Romano, forse il censimento.
Un unico artista concepì e disegnò il fregio, ripetendo con scarsa fantasia figure e gruppi, ma gli esecutori furono certamente due. All'uno furono affidati i lati settentrionale e occidentale, all'altro il lato meridionale, come appare dalla struttura e dai caratteri delle figure, oltre che da particolari tecnici. Ambedue si espressero m un linguaggio formale che è stato definito "locale" o "provinciale". È stato visto in esso un fondo stilistico proveniente dall'arcaismo greco; per spiegarne l'esistenza si è avanzata l'ipotesi che gli influssi ellenici fossero risaliti fin qui attraverso la greca Massalia, o attraverso la mediazione italica; o fossero da considerarsi maturazione di motivi greci in ambiente provinciale. Si è anche prospettata l'eventualità di risorgive etrusche; molto probabile è apparso l'affiorare di elementi arcaici attraverso l'arte celtica. Recentemente è stato classificato come uno stile indigeno, in definitiva gallico, venuto a contatto con l'arte romana, ma non ancora fuso con quella. Più volte il fregio è stato attribuito all'"arte delle legioni". Infine è stata messa in rilievo l'affinità con talune manifestazioni artistiche centro-italiche, in cui si riconoscono caratteri di apparente arcaismo. La sicura conoscenza del rituale romano da parte dell'artista si spiegherebbe con la sua provenienza da quei folti gruppi colonizzatori che, dal II sec. in poi, diedero largo contributo alla formazione sociale e culturale dell'italia settentrionale.
Bibl.: Architettura: E. Ferrero, L'arc d'Auguste à Suse, Torino 1901, p. 11 ss., tavv. I-VII; M. Cagiano de Azevedo, L'Arco di Aquino, in Palladio, II, 1938, p. 41 ss.; G. Mansuelli, L'Arco di Augusto in Rimini, in Emilia Romana, II, 1944, p. 183 ss.; id., El arco honorífico, in Archivo español di Arqueología, XXXIV, 1954, p. 112 s.; id., Il Monumento augusteo del 27 a. C., in Arte Ant. e Mod., 9, 1960, p. 23 ss. - Rilievi: A. Furtwängler, Intermezzi, Lipsia 1896, p. 76; E. Ferrero, Bassi rilievi dell'Arco di Susa, in Atti Soc. Piem. Arch. e Belle Arti, VII, 1897, p. 280 ss.; id., L'arc d'Auguste à Suse, Torino 1901, p. 20 ss.; A. Furtwängler, Das Tropaion von Adam Klissi u. die provinzialrömische Kunst, in Abhand. Münch. Ak., XXII, 1903, pp. 504 ss.; 514 ss.; F. Studniczka, Über den Augustusbogen in Susa, in Jahrbuch, XVIII, 1903, p. 10 ss.; E. Espérandieu, Bas-reliefs de la Gaule romaine, I, Parigi 1907, n. 16, p. 13 ss.; A. Domaszewski, Abhandlungen zur römischen religion, in Archiv für Religions Wissenschaft, XII, 1909, p. 232 ss.; F. Koepp, Von der Grenze des Mittelalters, in Germania, III, 1919, pp. 33 ss.; 71 ss.; E. Löwy, Die Anfänge des Triumphbogens, in Jahrbuch Kunsthist. Sammlungen in Wien, II, 1928, p. 9 ss.; A. Schober, Zur Entstehung u. Bedeutung der provinzialrömischen Kunst, in Österr. Jahreshefte, XXVI, 1930, p. 15 s.; S. Ferri, Arte romana sul Reno, Milano 1931, p. 177 ss.; C. Carducci, Il substrato ligure nelle sculture romane del Piemonte e della Liguria, in Riv. Ingauna e Intemelia, VII, 1941, p. 75 ss.; J. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, in Mem. Am. Acad. in Rome, XXII, 1955, p. 105 ss.; B. M. Felletti Maj, Il fregio commemorativo dell'arco di Susa, in Rend. Pont. Acc. Arch., XXXIII, 1961, p. 129 ss. Iscrizione: C. I. L., V, 2, n. 7231; E. Ferrero, op. cit., p. 27 ss.
(B. M. Felletti Maj)