Sulle tracce dell'identità italiana: somiglianze e differenze tra le regioni
Il tema dell’identità italiana e delle sue differenze regionali, specie tra Nord e Sud, ha una lunga storia ed è oggetto di una letteratura ampia e variegata. Ci proponiamo di trattarlo qui in una prospettiva particolare, seguendo una strada finora meno battuta. Tradizionalmente la questione è infatti affrontata cercando di mettere in luce quali sono i tratti specifici dell’identità nazionale e quali fattori hanno influito storicamente sulla sua formazione. In questa prospettiva, il discorso sull’identità tende però a focalizzarsi sulla sua rappresentazione nella letteratura di taglio storico-politico o anche nella narrativa, e più di recente nel cinema (si vedano, per es., Bollati 1996; Galli della Loggia 1998; Patriarca 2011). Una tematica centrale è costituita per es. dalla carenza di cultura civica, dalle differenze tra Nord e Sud sotto questo profilo, e dalle cause storiche che hanno influito su tale fenomeno. Su questi ultimi aspetti si è concentrata nel corso del tempo una serie di studi (Banfield 1958; Almond, Verba 1963; Putnam, Leonardi, Nanetti 1993). Strettamente intrecciata con questa letteratura vi è quella sul capitale sociale che ha visto il diffondersi di vari studi con approcci anche differenti (accanto al già citato Putnam, Leonardi, Nanetti 1993, si vedano, per es., Mutti 1998; Bagnasco, Piselli, Pizzorno et al. 2001; Il capitale sociale, 2011).
In questo contributo ci si è invece proposti di affrontare il tema utilizzando dati che sono tratti dalla rilevazione empirica diretta degli orientamenti e dei comportamenti degli italiani delle diverse regioni rispetto ad una molteplicità di dimensioni, al fine di verificare se e per quali variabili la disomogeneità sia effettivamente elevata, se la demarcazione sia effettivamente quella tradizionalmente ipotizzata fra Nord e Sud, e se tale disomogeneità infranazionale si osservi anche negli altri principali Paesi europei. Si tratta di un obiettivo difficile da perseguire che offre una prospettiva diversa, più solida e precisa sul piano empirico, già in parte intrapresa da altri studiosi in Italia (si veda, per es., Sciolla 1997, 2005) ma comporta diverse limitazioni.
Anzitutto, l’analisi è condizionata dai dati disponibili. Accanto ad altre fonti, ci si è valsi a questo proposito dell’insieme delle indagini Multiscopo dell’ISTAT che per la prima volta sono state utilizzate sistematicamente a questo fine. Questo insieme di rilevazioni consente di raccogliere informazioni significative per tracciare somiglianze e differenze negli orientamenti e nei comportamenti degli italiani delle diverse regioni; permette inoltre di valutare anche l’evoluzione nel tempo di una serie di indicatori, e quindi di apprezzare se si manifestino fenomeni di convergenza o di divergenza. Ma naturalmente l’uso di questa fonte comporta dei limiti. Si è potuto considerare solo alcune dimensioni significative: aspetti rilevanti dei comportamenti familiari, reti di relazioni con parenti e amici, stili di vita con riferimento alla dieta, al tempo libero, ai principali consumi, comportamenti economici relativi a imprenditorialità, risparmio e scelte di investimento, partecipazione religiosa, associativa, politica, fiducia interpersonale e istituzionale e altri orientamenti di valore. Questi fenomeni ‒ alcuni dei quali non sono stati finora utilizzati in modo organico e sistematico ‒ sono evidentemente importanti per ricostruire con più precisione i tratti dell’identità collettiva e le differenze regionali, ma non sono sufficienti. Resta dunque uno scarto tra ciò che un’analisi basata su questi indicatori può rilevare e le dimensioni più specifiche di solito al centro delle rappresentazioni storiche o letterarie e del dibattito sull’identità italiana, come per es. il familismo o la carenza di cultura civica. Tuttavia, pur con questi limiti, i nostri dati consentono di tracciare un quadro rilevante di orientamenti e comportamenti che più accomunano o dividono gli italiani delle diverse regioni; e permettono anche un confronto internazionale sul grado di omogeneità di alcune caratteristiche nazionali.
Un altro aspetto che è necessario tenere presente riguarda la distribuzione territoriale dei diversi indicatori utilizzati. Non ci proponiamo una spiegazione causale di somiglianze e differenze, per es. sulla base del grado di sviluppo economico o di altre variabili. È possibile che la presenza di alcuni orientamenti e comportamenti specifici in determinate regioni, per es. del Sud, sia influenzata dal grado di sviluppo. Tuttavia, ciò non toglie interesse all’analisi, perché il suo scopo è quello di ricostruire alcune caratteristiche per le quali gli italiani delle diverse regioni sono più simili o più diversi, indipendentemente dalle cause sottostanti. Il quadro qui presentato offre dunque una serie di dati utili per indagini ulteriori sul problema dei fattori causali che incidono sui caratteri dell’identità italiana e sulle sue differenziazioni territoriali.
La comparazione interregionale è stata effettuata a partire da una serie di indicatori raggruppabili in alcune dimensioni che raccolgono tipologie di comportamento od orientamento.
Per ognuna delle dimensioni oggetto di questo studio si sono identificati indicatori, disponibili a livello regionale. Tali indicatori sull’Italia provengono da una molteplicità di fonti. Come già ricordato, la principale è costituita dalle indagini ISTAT (fra queste un ruolo di rilievo lo hanno avuto le varie rilevazioni Multiscopo), integrata da altre tre fonti: le indagini ITANES sui comportamenti e gli atteggiamenti degli italiani verso la politica e il voto, quelle sui bilanci delle famiglie della Banca d’Italia e quelle condotte da Demos & Pi sulle opinioni degli italiani su vari temi e in particolare quelli sulla fiducia interpersonale e istituzionale. Vista la più ridotta numerosità di queste due indagini (circa 3000 casi in media per ITANES, 1400 per Demos & PI, attorno alle 8000 famiglie per lo studio di Banca d’Italia), si è deciso di non calcolare valori a livello regionale, dati gli intervalli di confidenza troppo ampi, e di limitarsi a comparare le principali macroaree del Paese. Tali macroaree sono state individuate a partire dall’analisi sulla distribuzione dei dati regionali provenienti da fonte ISTAT e poi applicate nello studio dei fenomeni investigati con ITANES, Banca d’Italia e Demos & Pi.
Gli indicatori di confronto con altri Paesi della UE provengono dalle seguenti fonti: l’European social survey (ESS), la banca dati statistica di Eurostat, avendo utilizzato in maniera particolare i dati provenienti da EU-SILC e alcuni dati Eurobarometro.
Complessivamente si sono utilizzati 140 indicatori, di cui oltre la metà di provenienza ISTAT.
I dati regionali ISTAT sono stati utilizzati in due maniere differenti ma complementari:
a) per calcolare i coefficienti di variazione interregionali, in modo tale da poter avere una prima idea sintetica di quali siano i fenomeni che mostrano una maggiore omogeneità o disomogeneità a livello aggregato;
b) per verificare la presenza di clusters interregionali; la ricerca di clusters è utile sia per semplificare la leggibilità dei dati raccolti sia per verificare se e in quale misura i valori assunti dal coefficiente di variazione celino eventuali raggruppamenti di valori regionali attorno ad alcuni clusters e se essi riflettano o meno la ripartizione tradizionale Nord Sud.
Sono state considerate nella cluster analysis solo le variabili che mostravano un livello intermedio o basso di omogeneità interregionale, a cui sono state aggiunte quelle variabili relative alle strutture familiari (età media al matrimonio ed età media al parto). Dopo aver concluso la cluster analysis, si è comunque controllata la significatività delle differenze fra le ripartizioni territoriali individuate tramite tale tecnica, effettuando regressioni (probit o OLS ‒ Ordinary Least Squares a seconda delle caratteristiche della variabile studiata) o comparando i valori medi. In queste analisi la variabile dipendente era rappresentata dal fenomeno analizzato (per es. la percentuale di famiglie con personal computer) e l’unica indipendente era il raggruppamento territoriale di appartenenza.
La cluster analysis è stata di tipo gerarchico (metodo Average linkage-Between groups). Diversa è per ogni dimensione la misura in cui le condizioni economiche del contesto territoriale e la qualità dell’azione pubblica influenzano comportamenti e orientamenti. È evidente che in ogni dato luogo e tempo questi diversi fattori (condizioni economiche, azione pubblica, comportamenti e orientamenti) sono interdipendenti, ma è altrettanto evidente che alcuni comportamenti e orientamenti, come i consumi di beni durevoli, le scelte di risparmio e di investimento, la soddisfazione per le infrastrutture a disposizione sono più direttamente e immediatamente condizionati dalle condizioni economiche e dall’azione pubblica di altri (quali le relazioni familiari, gli orientamenti valoriali o socioculturali, le identità territoriali).
Si è quindi individuato un primo gruppo di dimensioni per le quali la dipendenza dallo sviluppo economico, dal contesto territoriale o dall’azione pubblica si può considerare relativamente più mediata. Esse sono:
a) i comportamenti relativi alla sfera familiare. Le strutture familiari sono state analizzate in termini di processi di costruzione della famiglia (per es. età media al matrimonio e al parto, giovani-adulti che convivono ancora con i propri genitori, numero di figli, incidenza delle famiglie composte da singoli individui o da più componenti, diffusione di coppie conviventi non sposate, ecc.);
b) le reti di relazioni familiari e amicali, distinguendo fra i processi di socialità (frequenza di rapporti con amici e parenti) e forme di aiuto che si possono ottenere tramite tali reti;
c) la diffusione della partecipazione religiosa, associativa e politica;
d) gli orientamenti valoriali generali, con particolare riferimento a due aspetti: il primo legato a pratiche sociali che possono esprimere tali orientamenti socioculturali (per es. i tassi di litigiosità legale, il carico di lavoro familiare svolto dalle donne, ecc.), l’altro alla dimensione fiduciaria vista sotto il profilo sia interpersonale sia istituzionale;
e) la lingua impiegata per comunicare, l’utilizzo del dialetto e il senso di identità e radicamento territoriale;
f) i comportamenti alimentari e relativi alla salute (per es. modalità e tipo di alimentazione, stato di salute, pratica sportiva, problemi di obesità, e così via).
La seconda area di indicatori comprende orientamenti e comportamenti che possono essere più direttamente influenzati dalle condizioni economiche territoriali o dall’azione pubblica:
g) il consumo, in particolare di tipo culturale e in beni durevoli; tale dimensione è stata suddivisa al suo interno in due sottotematiche: i consumi di tipo culturale e nel tempo libero (per es. la lettura di libri, di giornali, le visite ai musei, ecc.); i consumi di beni durevoli (elettrodomestici, automobili, ecc.);
h) alcuni comportamenti economici, in particolare l’imprenditorialità come propensione a creare nuove imprese, il risparmio e le scelte di investimento.
i) la soddisfazione per le caratteristiche dell’ambiente in cui si vive e delle infrastrutture di base a disposizione. Tale dimensione è stata investigata a partire da un indice additivo riguardante le possibili difficoltà dichiarate rispetto ad aspetti della vita quotidiana quali, per es., la presenza di sporcizia nelle strade, le difficoltà di collegamento con mezzi pubblici, il traffico, l’inquinamento dell’aria, il rumore, le difficoltà nel raggiungere una serie di servizi (farmacie, pronto soccorso, scuole elementari, e così via).
La distinzione delle due aree, pure con le cautele indicate, ci è utile per verificare se esistano differenze sistematiche in merito al grado di omogeneità/disomogeneità territoriale.
Il lavoro è organizzato nel modo seguente. Viene anzitutto analizzato il grado di omogeneità/disomogeneità fra regioni osservabile nel periodo 2009-11. Gli indicatori selezionati sono distinti e presentati a seconda del grado di variabilità interregionale: da quelli che presentano maggiori somiglianze a quelli che vedono più forti diversità in orientamenti e comportamenti.
Viene così tracciato un primo quadro di ciò che unisce maggiormente e di ciò che divide gli italiani su una serie di indicatori socioculturali: una mappa che permette di individuare dei tratti significativi dell’identità nazionale e delle sue differenze regionali, in particolare tra Nord e Sud. Si è successivamente cercato di ricostruire i trend interregionali di convergenza, divergenza o persistenza nel corso del tempo, confrontando la situazione negli anni Novanta con quella più recente.
Infine, un’ulteriore elaborazione ha riguardato – nei limiti dei dati disponibili – un confronto internazionale, per verificare quanto il grado di omogeneità regionale in Italia rappresenti una specificità nazionale. In particolare tale confronto ha cercato di verificare se le omogeneità/disomogeneità fra regioni italiane identifichino una specificità nazionale e se le regioni italiane configurino un vero e proprio cluster a livello di macroregioni europee.
Gli indicatori tratti dalle indagini Multiscopo dell’ISTAT sono stati aggregati in tre aree a seconda della loro varianza regionale misurata attraverso il coefficiente di variazione: livello alto di omogeneità interregionale (in cui il coefficiente di variazione è relativamente basso), livello contenuto, livello basso. Guardando alla distribuzione degli indicatori, possiamo farci una prima idea di quali siano le dimensioni per le quali gli italiani tendono ad assomigliarsi di più fra loro e quelle per le quali le differenze regionali sono maggiori (tab. 1).
Fra le dimensioni meno direttamente influenzate dal contesto territoriale, le caratteristiche della costituzione delle famiglie e, in parte, i tratti assunti dalle reti e dalle relazioni sociali, lette sotto il profilo della socialità e i comportamenti alimentari e la salute, sono quelli che fanno emergere una maggiore omogeneità fra regioni. Al contrario gli aspetti relativi al supporto attivabile tramite le reti informali, alla composizione della famiglia, alla partecipazione sociopolitica, agli orientamenti valoriali generali, al ricorso al dialetto e all’identità territoriale mostrano ben più bassi livelli di omogeneità.
Le dimensioni più influenzate da variabili economiche o dall’azione pubblica presentano in modo uniforme maggiore disomogeneità.
Complessivamente, nel caso dei comportamenti e orientamenti meno direttamente influenzati dal contesto territoriale dalle condizioni economiche e dall’azione pubblica in circa la metà dei casi si osserva una elevata omogeneità (solo nel 30% dei casi l’omogeneità è bassa). Mentre per i comportamenti e gli orientamenti che più direttamente riflettono le condizioni economiche e l’azione pubblica si osserva elevata omogeneità per meno di un terzo delle caratteristiche considerate. Pure con la cautela resa necessaria sia dal numero di caratteristiche osservate sia dalla loro ripartizione nelle due categorie, si riscontra dunque un indizio coerente con l’ipotesi che la disomogeneità dei comportamenti fra i residenti di diverse regioni è maggiore quando questi comportamenti sono influenzati fortemente da condizioni economiche e dall’azione pubblica. Mentre, per i comportamenti e orientamenti meno influenzati da questi profili, esiste fra i cittadini delle diverse regioni italiane significativa omogeneità.
Dato questo quadro generale, le tabelle 2, 3 e 4 riportano in maniera più puntuale la situazione degli indicatori lungo un asse che misura il livello di omogeneità interna per ciascuno di essi.
La dimensione in cui si registra maggiore omogeneità nei comportamenti fra regioni italiane è quella relativa ai comportamenti alimentari e salute (tab. 2): su 15 indicatori utilizzati per valutare questa dimensione, oltre la metà mostra un basso livello di differenziazione interregionale.
Si tratta fondamentalmente di consumi e aspetti degli stili di vita ‘di base’ attinenti l’alimentazione (dalla colazione adeguata al mangiare regolarmente pasta, al consumo di bevande alcooliche e non e al fumare), e lo stato di salute (presenza di malattie croniche e percezione della propria condizione). Vi si aggiungono, il possesso di beni di consumo durevoli come la lavatrice, l’automobile e il lettore dvd e alcuni elementi relativi ai comportamenti adottati nel tempo libero (dal guardare la televisione alle ore dedicate allo svago, alla frequentazione di discoteche e spettacoli sportivi).
Altro elemento che accomuna le regioni italiane è il possesso, relativamente diffuso sotto il profilo territoriale, dell’abitazione e le caratteristiche di base di tale bene (presenza di terrazzi, balconi o giardini).
La terza dimensione che sembra accomunare in termini relativi le regioni italiane concerne le caratteristiche della struttura familiare: si tratta, però, di aspetti legati alle fasi di costituzione della famiglia (dagli aspetti legati ai tassi di natalità e alla presenza di figli, a quelli relativi al matrimonio) e non di composizione della stessa.
Un discorso in parte simile a quello appena svolto è applicabile anche alle reti di relazione e in particolare agli elementi di socialità: gli individui soddisfatti per le proprie relazioni familiari e amicali, sono distribuiti sostanzialmente in maniera simile nelle regioni italiane, così come si verifica una situazione analoga per la frequenza con cui si incontrano amici o parenti stretti (genitori-figli).
Accanto ai comportamenti e agli orientamenti che appaiono differenziarsi poco fra una regione e l’altra, ve ne sono altri in cui l’omogeneità territoriale risulta ancora parzialmente presente ma relativamente più contenuta (tab. 3).
Alcuni tratti base delle famiglie, riferiti principalmente alla composizione dei nuclei, e delle reti di relazioni, in particolare del supporto attivabile tramite esse in caso di bisogno, si assomigliano solo in parte a livello territoriale: dall’incidenza dei single sul totale dei maggiorenni, ai tassi di nuzialità, alla presenza di coppie con almeno due figli, ai figli maggiorenni che vivono ancora con i genitori, ai giovani che continuano a frequentarsi con fratelli non conviventi, si nota una certa differenziazione. Ugualmente le reti di aiuto su cui contare (da quelle parentali a quelle amicali) sono distribuite solo parzialmente in modo uniforme sul territorio italiano.
Se passiamo agli orientamenti di valore, emerge un certo livello di differenziazione rispetto alla fiducia accordata ai vicini di casa così come al fenomeno delle interruzioni di gravidanza.
Per quanto riguarda la dimensione della partecipazione politica e associativa, l’unico fenomeno che rientra in questo gruppo riguarda la frequenza con cui ci si informa della politica.
Il ricorso al dialetto, almeno in pubblico e con estranei, differenzia abbastanza, le regioni italiane.
In relazione ai comportamenti attinenti ai consumi e agli stili di vita, un livello contenuto di omogeneità si registra soltanto per alcuni aspetti concernenti i comportamenti alimentari (dal pranzare in casa al consumo di alcolici fuori pasto) e ai problemi di obesità.
Anche alcune variabili relative alla situazione economica e patrimoniale mostrano una certa variabilità interregionale: se in misura molto simile in Italia le famiglie hanno un’abitazione in proprietà, i problemi di spazio associati a tale abitazione (dai costi agli spazi) si distribuiscono in maniera meno omogenea, così come il numero di famiglie che ritengono le proprie risorse economiche adeguate.
Infine, sotto il profilo dello spirito imprenditoriale, i tassi di mortalità e di natalità delle imprese variano in maniera discreta, anche se non fortissima fra regioni.
Linee di differenziazione molto consistenti fra i residenti delle diverse regioni si registrano per numerosi indicatori (tab. 4).
All’interno di questo quadro generale, si è effettuato un controllo per verificare l’eventuale presenza di territori che presentano una situazione fortemente distante da quelli registrati negli altri contesti: la verifica della presenza di eventuali outlier è stata realizzata, cercando valori regionali che si distanziassero in misura sensibile dai valori medi (in particolare sono stati considerati outlier quei valori che si collocavano a una distanza dalla media di due volte superiore o inferiore alla deviazione standard). La tabella 4 riporta fra parentesi anche gli effetti di tali outlier solo quando hanno fatto variare in maniera rilevante il valore assunto dal coefficiente di variazione. Come si può notare, ciò si è verificato per poche variabili.
Se, come abbiamo visto, molti aspetti degli stili di vita e di consumo accomunano gli italiani, ve ne sono altri che marcano differenze territoriali abbastanza nette fra essi. In particolare, i consumi culturali appaiono fortemente diversificati (frequentazione di teatri, mostre e musei; spesa media mensile per tempo libero e cultura; lettura di libri e quotidiani); il fare vacanze tra gli stili di vita; alcuni stili di comportamento alimentare quotidiano (la cena quale pasto principale, l’utilizzo di verdure); l’attività sportiva; il possesso di lavastoviglie, che può nascondere in alcuni casi anche un diverso peso attribuito al lavoro (femminile) domestico.
Se, come già ricordato, l’avere un’abitazione in proprietà è un tratto tipico di molti italiani, indipendentemente da dove vivano, la soddisfazione per la propria situazione economica crea divaricazioni.
Per quanto riguarda le caratteristiche della struttura familiare, gli elementi di eterogeneità concernono la diffusione di comportamenti che si allontanano dal modello di ‘famiglia tradizionale’: dalla presenza di famiglie monogenitoriali, alle convivenze, alle separazioni e ai divorzi.
È, però, sotto il profilo degli orientamenti di valore e della partecipazione religiosa, associativa, politica che l’Italia appare particolarmente diversificata al suo interno. La fiducia rivolta verso gli altri, siano essi anche sconosciuti, marca chiare differenze, così come il tasso di litigiosità legale fra individui e imprese (Camarda, 2010). Una situazione simile si registra per quanto riguarda la partecipazione sociale (sia presso le associazioni di volontariato e culturali sia tramite la donazione di denaro) e quella politica (misurata tramite vari indicatori di interesse e di attività). Anche sotto il profilo religioso (misurato dalla presenza di individui che partecipano regolarmente a funzioni religiose) si notano differenze. Fra gli indicatori a forte differenziazione vi è anche quello relativo all’incidenza dei suicidi o dei tentativi di suicidio nella popolazione. L’uso del dialetto nelle reti informali (famiglia e amici) è un ulteriore elemento che distingue nettamente le varie realtà regionali.
Infine è forte la differenziazione interregionale per quello che riguarda coloro che dichiarano di vivere in contesti ambientali difficoltosi per varie ragioni o, all’opposto, piacevoli e senza troppe difficoltà infrastrutturali.
Accanto all’analisi effettuata tramite il coefficiente di variazione, si è effettuato anche un tentativo di raggruppamento delle regioni, per verificare quanto singoli aspetti si sovrapponessero fra loro a livello territoriale. Per farlo in modo sintetico, si è deciso di seguire un doppio criterio: si sono riprese le varie dimensioni tematiche fin qui sviluppate (reti di relazioni, partecipazione, ecc.) e si sono innanzitutto individuati quegli indicatori per i quali emergeva una differenza significativa di valori fra regioni (omogeneità bassa o intermedia); poi tali indicatori sono stati suddivisi per le dimensioni fin qui utilizzate e si è proceduto a effettuare una serie di analisi di cluster, ottenendo mappe relativamente sintetiche.
Utilizzando spesso una ripartizione a due clusters per ogni dimensione, risulta che, per le dimensioni dei comportamenti e orientamenti degli italiani caratterizzate da disomogeneità, tale disomogeneità non può essere ricondotta alla tradizionale distinzione fra Sud e Centro-Nord, ma piuttosto a una ripartizione in cui passano dal Sud al Centro-Nord tradizionali la regione Sardegna (in tutti i casi meno due) e la regione Abruzzo (nella metà dei casi). Esistono inoltre alcuni casi nei quali è il Lazio a passare dal Centro-Nord al Sud.
La tabella 5 sintetizza i risultati dell’analisi di cluster rispetto alle varie dimensioni studiate: la Sardegna fa stabilmente parte del Centro-Nord per tutte le variabili (con eccezione dei comportamenti alimentari e dei consumi durevoli) dove vi è significativa disomogeneità regionale; l’Abruzzo si ritrova anch’esso con le regioni del Centro-Nord per tutte le dimensioni fortemente influenzate dal contesto economico e dall’azione pubblica, oltre che per gli aspetti relativi alla struttura familiare; delle altre regioni del Sud, la Basilicata si associa anch’essa alle regioni del Centro-Nord, per la vivibilità ambientale e alcuni aspetti relativi alla struttura familiare, e il Molise, per la situazione economica e patrimoniale; fra le regioni del Centro-Nord, è il Lazio a ritrovarsi ‘nel Sud’ più di frequente: per la vivibilità ambientale, lo spirito imprenditoriale e gli indicatori di fiducia; si associano al Sud, ma solo per l’uso del dialetto, anche Veneto, Marche e Umbria (trattate assieme), Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
Dovendo trovare un criterio relativamente omogeneo di presentazione delle tabelle qui di seguito riportate, che tenesse presente l’‘uscita dal Sud’ di Sardegna (quasi completamente) e Abruzzo (in parte), si è deciso di adottare una struttura di illustrazione delle tabelle che considerasse tutti e quattro questi territori, per permettere al lettore di apprezzare rispetto a quali indicatori Sardegna e Abruzzo assomigliano maggiormente a un’area territoriale piuttosto che a un’altra.
Come già ricordato precedentemente, una delle dimensioni a più forte omogeneità territoriale fra quelle qui considerate riguarda il funzionamento e le caratteristiche delle reti di relazione. Alcuni aspetti delle reti permettono, comunque, di differenziare le regioni fra loro lungo la direttrice Sud/Centro-Nord, includendo in quest’ultima area la Sardegna: tali aspetti riguardano fondamentalmente il ricorso alle reti informali in caso di bisogno. Al Centro-Nord e Sardegna le famiglie pensano di poter contare più facilmente su aiuti esterni (sia da parenti non conviventi che da amici) in caso di necessità.
Anche sotto il profilo della struttura delle famiglie si affiancano, accanto ad alcuni elementi di omogeneità nei tratti fondamentali di costituzione delle stesse, molti aspetti di differenziazione territoriale, soprattutto per quanto riguarda la composizione e le caratteristiche interne. In particolare il Sud è l’area in cui resiste maggiormente il profilo della famiglia ‘tradizionale’, mentre altrove, includendo per alcuni aspetti Sardegna e Abruzzo, trovano maggiore diffusione modelli diversificati (dai single alle coppie con un solo figlio, ai separati, ai conviventi, ecc.).
La partecipazione sociale e politica presenta differenze molto marcate fra le due aree del Paese ancorché modificate per la Sardegna, confermando con questa modifica quanto emerso già da oltre due decenni in studi su tali aspetti (per es. quelli di Putnam, Leonardi, Nanetti 1990). In particolare la partecipazione politica e associativa appare più diffusa al Centro-Nord, con la Sardegna che presenta in genere valori in linea con quest’ultima macroripartizione.
Accanto al tema della partecipazione, anche quello degli orientamenti di valore testimonia come, per gran parte degli aspetti qui considerati, l’Italia sia un Paese molto diviso al suo interno fra Centro-Nord/Sardegna e resto del Sud: dal maggior grado di fiducia verso gli altri al Centro-Nord e in Sardegna, alla minore diffusione di suicidi o tentativi di suicidio e alla maggiore diffusione della pratica religiosa nel Sud, così come a un più esteso livello di litigiosità legale (tab. 6).
Il quadro, fin qui presentato a partire dai dati ISTAT, è stato arricchito, per quanto riguarda gli aspetti valoriali, dall’analisi delle informazioni contenute nelle indagini ITANES (tab. 7) e Demos & Pi (tab. 8), analizzabili solo a livello di macroripartizione territoriale e non regionale. Anche in questo caso la principale linea di separazione passa fra Sud privo della Sardegna e resto del Paese. Su 36 indicatori ricavabili da ITANES, per metà di essi si riscontra una differenza statisticamente significativa e, spesso, consistente fra le due macroregioni modificate. Se va sottolineata la scarsa presenza di differenze fra regioni rispetto al tema della fiducia istituzionale e della collocazione ideologico-politica, emergono chiare distinzioni fra Centro-Nord e Sardegna insieme e il resto del Sud sotto il profilo di altri tipi di orientamenti, sia politico-sociali sia, soprattutto, etico-valoriali: dal giudizio sull’eventuale ruolo delle donne nel mercato del lavoro ai temi dei diritti delle coppie di fatto, dell’omosessualità, del divorzio, dell’aborto e dell’eutanasia.
Le indagini Demos & Pi (tab. 8) sono state utilizzate per studiare in maniera più puntuale il tema della fiducia interpersonale e istituzionale. Purtroppo in questo caso non si sono potute trattare in modo differenziato le regioni Sardegna e Abruzzo.
Pur confermando i risultati emersi dalle altre indagini fin qui considerate, l’esame di un ampio numero di istituzioni (dalla magistratura alla Chiesa, al parlamento e alle forze dell’ordine); mostra che solo rispetto a un numero ristretto di esse emergono differenze fra aree del Paese e in particolare fra Centro-Nord e Sud. Infatti non si registrano differenze territoriali significative rispetto alla fiducia di buona parte delle principali istituzioni del Paese, quali: parlamento, presidente della Repubblica, forze dell’ordine, magistratura, Unione Europea, Chiesa, associazioni imprenditoriali, banche e Stato.
La fiducia nelle istituzioni locali (comuni e regioni) appare, invece, di gran lunga più alta nella prima macroripartizione, così come quella in un’altra istituzione che è fortemente radicata a livello locale: la scuola. È rispetto al funzionamento, quindi, di alcuni dei pilastri dello Stato nel territorio, quelli che coinvolgono più direttamente amministratori (sindaci, presidenti, giunte e consiglieri) e professionisti (insegnanti) locali, che cambia il giudizio e la fiducia degli italiani a seconda della regione in cui vivono.
I dati Demos & Pi confermano, infine, le differenze fra Centro-Nord e Sud in termini di fiducia interpersonale, a svantaggio di questa seconda area del Paese, con percentuali molto simili a quelle registrate tramite le indagini ISTAT.
Rispetto all’utilizzo del dialetto, il Triveneto, e il Sud sono accomunati da un più diffuso e spesso simile (nel caso della lingua parlata in famiglia) ricorso al dialetto, mentre Sardegna e buona parte del resto del Centro-Nord tendono a utilizzare maggiormente l’italiano (tab. 9). Dentro questo quadro Marche e Umbria si collocano in una posizione intermedia fra i due clusters territoriali appena individuati.
La tabella 10, relativa al senso di appartenenza territoriale, conferma in buona parte l’immagine appena emersa. La dimensione locale, quale fonte di identificazione, apparenta il Triveneto con il Sud, mentre le altre aree del Centro-Nord, assieme alla Sardegna, sono molto più simili fra loro e relativamente più orientate verso l’identificazione con il livello nazionale.
Come in parte emerso dall’analisi sui coefficienti di variazione, la dimensione dei consumi e stili di vita è fra quelle che fanno registrare più somiglianze fra le regioni italiane (tab. 11). Cionondimeno una linea di demarcazione territoriale appare per alcuni fenomeni, che permettono di comprende rispetto a quali tipi di consumi e stili di vita gli italiani si differenziano fra loro.
La principale linea di demarcazione torna a essere, come per le dimensioni meno direttamente influenzate dal contesto territoriale, fra un Centro-Nord modificato per includere Sardegna e Abruzzo e il resto del Sud. Spesso le distanze appaiono notevoli, soprattutto per quanto riguarda alcuni tipi di consumi culturali.
Va notato che, anche per l’unico bene di consumo durevole per il quale si nota una differenza significativa fra aree del Paese (l’uso della lavastoviglie), vale la distinzione Centro-Nord-Sud, con l’Abruzzo fuori dal Sud.
Sotto il profilo dei comportamenti alimentari, per quelli qui considerati (che sono una minoranza, la maggioranza di essi non presentando differenze fra regioni), si delineano due Italie con il Centro-Nord caratterizzato da maggiore diffusione dello sport e di persone non obese, a cui si affiancano stili alimentari parzialmente differenti (l’uso delle verdure, fare il pranzo fuori casa e l’avere la cena come principale pasto quotidiano).
Se la proprietà dell’abitazione e alcuni elementi di essa (presenza di terrazzini, balconi o giardini) accomunano le varie regioni, tutti gli altri aspetti relativi alla dimensione economica-patrimoniale (dalla percezione di possedere risorse adeguate, alla capacità di risparmio e ai comportamenti economico-finanziari) le differenziano abbastanza e, rispetto a quanto illustrato fino a ora, marcano in maniera più chiara una diversa situazione al Centro-Nord e nel Sud, con l’Abruzzo parte del Centro-Nord.
L’analisi su risparmio e ricchezza, svolta usando dati Banca d’Italia (tab. 12) e che non distingue Sardegna e Abruzzo, mostra che sotto il profilo del risparmio non è solo la differente, come ovvio, capacità fra Centro-Nord e Sud di risparmiare (per es. erano la metà le famiglie del Centro-Nord in grado di risparmiare almeno il 20% del proprio reddito netto a fronte del 38% circa al Sud) ma anche il tipo di investimento effettuato con tali risorse: la percentuale di famiglie con attività finanziarie nel Centro-Nord è vicina al 90% a fronte del 68% circa al Sud; il possesso di azioni e obbligazioni interessa circa un quinto delle famiglie nella prima area, a fronte di circa il 5% nella seconda. Ugualmente appare fortemente differenziato il ricorso a strumenti di pagamento alternativi alla cartamoneta (quasi il 40% delle famiglie al Centro-Nord utilizza la carta di credito a fronte del 16% circa al Sud).
Sotto il profilo della imprenditorialità, si nota un minore tasso di natalità, ma anche di mortalità fra le imprese del Centro-Nord: il livello di stabilità appare più alto in tale parte del Paese, con la Sardegna che si colloca a metà strada fra quest’area e il Sud.
L’ultima dimensione presa in considerazione riguarda la soddisfazione per la qualità dell’ambiente e delle infrastrutturazioni pubbliche presenti nel territorio (tab. 13).
Questa dimensione, come quella riferita all’impiego del dialetto e alla identificazione territoriale, si dimostra solo in parte adatta a essere inquadrata semplicemente lungo la direttrice Centro-Nord e Sud. Se, da un lato, il Centro-Nord, con l’eccezione del Lazio, appare un’area in cui la qualità percepita delle infrastrutture e dell’ambiente è nettamente più alta (sono rispettivamente quasi il 40% e il 23% i cittadini che dichiarano di vivere in contesti con limitate o, all’opposto, forti difficoltà sotto questo profilo), dall’altro la situazione del Sud è più articolata. La dorsale tirrenica che inizia dal Lazio e si conclude con la Sicilia, assieme alla Puglia, si presenta come un’area del Paese in cui solo un quinto circa dei cittadini dichiara di essere soddisfatto dell’ambiente e delle infrastrutture a disposizione, mentre, all’opposto, almeno un 40% è fortemente insoddisfatto. È interessante notare come, invece, le ‘piccole’ regioni del Sud (sotto il profilo demografico: Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna) tendono ad assomigliare molto di più al Centro-Nord: l’assenza di grandi centri metropolitani potrebbe essere una delle spiegazioni, accanto ad altre, di tale specificità.
Dopo aver tracciato una mappa degli aspetti che accomunano maggiormente gli italiani, indipendentemente da dove vivano, e quelli si cui si registrano maggiori differenze, si è cercato di raccogliere quanto più possibile dati relativi agli stessi indicatori fin qui utilizzati per poter effettuare un’analisi diacronica. In particolare si è fatto largo uso dei microdati dell’indagine ISTAT Multiscopo Famiglia e vita quotidiana riferiti all’anno 1993, integrati, quando le informazioni erano mancanti, con elaborazioni a partire dai microdati della prima indagine ISTAT sulle famiglie, effettuata fra il 1987 e il 1991 e altre indagini Multiscopo della prima parte degli anni Novanta. Si sono, inoltre, utilizzate le informazioni contenute in una indagine ITANES del 1990 e di Demos & Pi per il 2000-02, per quanto attiene rispettivamente orientamenti valoriali e fiducia, e quelle derivanti dall’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia del 1993, per cercare quanto più possibile di mantenere il confronto temporale all’interno dello stesso arco di tempo.
La tabella 14 offre una panoramica sugli indicatori per i quali è stato possibile ottenere dati comparabili nel tempo. Si tratta di un numero complessivamente alto: non è stato possibile reperire solo 6 indicatori su 78 nel caso dei dati ISTAT, mentre fra quelli di altre fonti ne mancano 32 su 59. In quest’ultimo caso si è riusciti, comunque, a coprire con analisi diacronica gran parte delle tematiche oggetto del presente studio. L’analisi si riferisce in generale, per quanto riguarda la ripartizione in macroregioni, alla distinzione tradizionale fra Centro-Nord e Sud.
La tabella 14 è utile anche per avere una prima idea generale dei trend in atto nel corso del tempo. La terza e quinta colonna da sinistra riportano, infatti, quali indicatori fanno registrare una variazione significativa nel corso del tempo sotto il profilo dei coefficienti di variazione e della distanza fra i due principali raggruppamenti individuati nel paragrafo precedente: Centro-Nord e Sud. Le due colonne offrono un quadro sintetico rispetto ai dati sia di provenienza ISTAT sia di altra fonte in relazione alle principali dimensioni di analisi studiate (reti di relazione, partecipazione sociale e politica, ecc.).
Stabilità è la parola chiave per interpretare complessivamente i risultati del confronto fra la situazione degli anni Novanta con quella degli anni più recenti.
Le differenze e le similarità interregionali in relazione alle dimensioni meno collegate a fattori economici sembrano relativamente costanti nel corso del tempo. Nessun indicatore relativo alle reti di relazioni fa registrare cambiamenti
apprezzabili nei coefficienti di variazione, così come nelle distanze fra Centro-Nord e Sud del Paese.
Lo stesso si può affermare per il livello di partecipazione sociale e politica e in buona parte per gli orientamenti di valore e la fiducia, anche se per questa ultima dimensione alcuni mutamenti si registrano. In particolare, per quanto riguarda i comportamenti, scompare una differenziazione territoriale nella presenza di adulti che si dichiarano di sinistra o centro-sinistra (negli anni Novanta più presenti al Centro-Nord), così come un maggiore impegno femminile al Sud nei compiti domestici, mentre aumenta la differenziazione nel corso del decennio 2000-10 nei tassi di litigiosità fra Nord e Sud Italia, con una più marcata diffusione del fenomeno nella seconda area. Inoltre, se resta ampia e immutata la distanza nei livelli di fiducia interpersonale fra Centro-Nord e Sud, tre degli indicatori relativi alla fiducia istituzionale mostrano un aumento delle differenze fra queste due aree del Paese (tab. 15). Si tratta della fiducia negli enti locali (comune e regione) e nel sistema scolastico. Va notato come un decennio fa non vi erano differenze fra aree del Paese per due di questi tre indicatori. Nel periodo in cui più si è sviluppato il decentramento dei poteri pubblici a istituzioni locali (amministrativo nel caso della scuola e politico nel caso di comuni e regioni) è aumentata anche la distanza nella fiducia da parte dei cittadini a seconda del territorio di appartenenza, andando nella sostanza a ricalcare la nota distinzione fra regioni del Centro-Nord con maggiore rendimento istituzionale e realtà del Sud con minore rendimento (Putnam, Leonardi, Nanetti 1993).
La dimensione non strettamente collegata a fattori economici, che sembra aver risentito di più dei cambiamenti, è quella relativa alla struttura familiare e, in particolare, alla composizione dei nuclei più che al timing di costituzione degli stessi (tab. 15). Per ben cinque aspetti (su sette) relativi alla composizione familiare si notano, infatti, cambiamenti: da un lato, diminuiscono le differenze territoriali rispetto alla presenza di famiglie numerose e, fenomeno spesso collegato, con almeno due figli; dall’altro, tali differenze aumentano in relazione ai comportamenti di coppia (dalla diffusione di coppie conviventi all’incidenza di separazioni al Centro-Nord rispetto al Sud). Anche sotto il profilo della costruzione della famiglia avvengono alcuni cambiamenti rilevanti: la differenza nei tassi di natalità interregionali e fra Nord e Sud si riduce (con la seconda che praticamente si azzera), mentre il fenomeno dei giovani/adulti conviventi con i genitori, praticamente diffuso in maniera simile in Italia negli anni Novanta, diventa anche più marcato al Sud.
Se si passa a indicatori a dimensioni più influenzate da fattori economici, si nota ugualmente una sostanziale stabilità per gran parte dei fenomeni studiati (tab. 14). Cambiamenti significativi non si registrano in termini di spirito imprenditoriale. I mutamenti riguardano solo alcuni limitati aspetti dei comportamenti alimentari e, aspetto rilevante, della salute, la situazione economica e patrimoniale e alcune caratteristiche della soddisfazione dell’ambiente in cui si vive.
Per quanto riguarda i comportamenti alimentari l’unico elemento che muta nel tempo riguarda la diffusione del consumo di birra nella penisola che, da fenomeno in passato più presente al Centro-Nord, tende a ramificarsi in misura sempre più omogenea anche al Sud (tab. 15). Rispetto alle condizioni di salute si registra, invece, un cambiamento: se fino agli anni Novanta gli italiani del Sud dichiaravano una salute migliore di quelli del Centro-Nord e tendevano a essere meno afflitti da malattie croniche, negli anni più recenti questa differenza a vantaggio del Sud sembra svanire e ormai non vi sono differenze significative fra aree del Paese.
Sotto il profilo della situazione economico-patrimoniale, l’interpretazione prevalente che si può dare è quella che vede l’allargarsi delle distanze fra le principali aree del Paese a vantaggio del Centro-Nord o il ridursi delle distanze nei casi in cui il Sud fosse stato in passato in una situazione migliore. Da un lato vi sono, infatti, indicazioni che alcune situazioni di minore difficoltà delle famiglie meridionali in passato rispetto a quelle del Centro-Nord si stiano riequilibrano o cambiando di segno (con diffusione più accentuata di problemi al Sud): le famiglie con problemi di spese abitative erano più diffuse negli anni Novanta al Centro-Nord, mentre negli anni più recenti al Sud; se in passato era più frequente trovare famiglie indebitate al Centro-Nord, alla fine degli anni Duemila tale fenomeno era diffuso in maniera relativamente più omogenea a livello territoriale. Dall’altro lato il gap fra Centro-Nord e Sud nel possesso di carte di credito o di obbligazioni e azioni è aumentato nel corso del tempo, mentre si è ridotto solo in relazione al possesso di titoli di Stato, pur rimanendo comunque consistente.
Infine occorre notare nel corso di due decenni come sia ampliata o meno la distanza rispetto alla soddisfazione dei cittadini per l’ambiente in cui vivono e le infrastrutture a disposizione. È interessante il fatto che non sembrano essersi verificati mutamenti in termini di divario fra coloro che ritengono di vivere in contesti con forti difficoltà ambientali a seconda del territorio di appartenenza, mentre tale divario fra Centro-Nord e ‘grandi’ regioni del Sud, assieme al Lazio, è cresciuto fra i cittadini soddisfatti per il proprio ambiente: nel corso di quasi due decadi nel Centro-Nord sono aumentati coloro che sono soddisfatti del contesto in cui vivono, mentre ciò è avvenuto molto meno nelle grandi regioni del Sud e nel Lazio.
Il confronto a livello internazionale è stato impostato seguendo i risultati dei paragrafi precedenti. In particolare si sono presi in considerazione i quattro Paesi dell’Europa occidentale che presentano caratteristiche sociodemografiche più simili all’Italia: la Germania, la Spagna, la Francia e la Gran Bretagna. Ognuno di questi Paesi è stato suddiviso al suo interno in due grandi macroaree. L’analisi ha in parte seguito un approccio simile a quello proposto da Loredana Sciolla (2005).
Il criterio di suddivisione è stato il PIL pro capite medio a livello regionale: da un lato si sono raggruppate le regioni (NUTS 2) con un PIL pro capite inferiore al 90% della media del PIL pro capite nazionale e dall’altro le regioni che registrano valori pari o superiori a tale soglia del 90%. Questo criterio ci permette di distinguere: in Italia fra Centro-Nord e Sud; in Germania fra Germania Ovest ed Est; in Gran Bretagna sostanzialmente fra area del Sud-Est (Londra), con alcune altre regioni e resto del Paese; in Spagna fra Nord-Est (in primis Paese Basco e Catalogna) e Madrid da un lato, resto del Paese dall’altro; in Francia la situazione appare più a macchia di leopardo con un ruolo preminente dell’area parigina e di quella provenzale, rispetto alle altre aree.
Il criterio è stato quello di confrontare le due aree individuate per ciascun Paese e valutare la significatività e l’ampiezza dell’eventuale differenza nei valori assunti da ciascuna variabile osservata rispetto al caso italiano.
La comparazione internazionale a livello di macroaree territoriali non ha reso agevole la ricerca degli indicatori che, molto spesso, sono calcolati a livello solo nazionale e non subnazionale. Ciò ha in parte ristretto il numero di indicatori su cui effettuare la comparazione. È stato comunque possibile individuare una serie di variabili per quasi tutte le principali dimensioni fin qui studiate (tranne l’imprenditorialità e il ricorso al dialetto), anche se, in alcuni casi (per es. rispetto alle caratteristiche reti informali) il ridotto numero di indicatori invita alla cautela nel generalizzare troppo le conclusioni che si possono trarre dai dati.
Le tre tabelle che seguono riportano il confronto fra le due macroregioni italiane e le altre, rispettivamente in tema di reti sociali e strutture familiari (tab.16), partecipazione sociopolitica (tab. 17) e dimensioni attinenti alle variabili più influenzate dal contesto economico (tab. 18). Le informazioni sono state raccolte fondamentalmente tramite l’European social survey (ESS), in particolare le prime due indagini somministrate attorno alla metà degli anni Duemila, EU-SILC (2006) e un’indagine Eurobarometro sul capitale sociale del 2004.
Partendo dalle caratteristiche delle reti sociali (tab. 16), le differenze fra cittadini a seconda che vivano in aree più o meno ricche appare relativamente modesta salvo che in Spagna per le reti informali e in Germania per le relazioni di amicizia.
Sotto il profilo delle strutture familiari (tab. 16), invece, la differenziazione territoriale italiana è assai forte. Solo la Germania si avvicina al caso italiano, ma in questo caso la relazione fra aree più e meno ricche è rovesciata: è nell’area Est della Germania che troviamo famiglie leggermente più piccole, coppie con figlio unico e nuclei monogenitoriali, mentre in Italia questa situazione si verifica nel Centro-Nord.
Alcuni dei dati comparativi più interessanti emergono dal confronto in termini di partecipazione sociopolitica e orientamenti valoriali (tab. 17). La partecipazione sociale e politica è in tutti i Paesi, salvo che in Germania, significativamente meno forte nelle aree meno ricche. Ciò che distingue l’Italia dagli altri Paesi è il minor grado di partecipazione sociale dei propri abitanti in tutte le aree del Paese.
È sotto il profilo degli orientamenti di valore e della fiducia che emerge la specificità italiana. Questa non riguarda gli orientamenti ideologico-politici o le opinioni nei confronti degli immigrati. Riguarda la frequenza delle funzioni religiose e gli orientamenti di valore tradizionali nella forma del non apprezzamento del lavoro delle donne e del grado di illiberalità verso l’omosessualità: in questi casi, non solo l’Italia presenta valori medi nazionali assai più elevati degli altri Paesi, ma presenta anche una ben più forte differenziazione a seconda delle aree del Paese. Si noti a questo riguardo che la Germania, certamente per la storia delle sue aree dell’Est, presenta addirittura una differenziazione rovesciata, con le regioni più povere che sono meno religiose e meno tradizionaliste.
Forte differenza territoriale vi è anche in Italia nella percezione della complessità della politica: in nessun altro fra i Paesi considerati l’impressione di non comprendere che cosa accada in politica differenzia così fortemente fra aree più o meno sviluppate. Infine, anche per la fiducia interpersonale, l’Italia è l’unico contesto che fa registrare differenze territoriali significative, a svantaggio delle aree meno sviluppate.
Passando, infine, a considerare le variabili riferite alle dimensioni più influenzate da fenomeni economici (tab. 18), non si osservano forti differenziazioni territoriali, né per la buona salute degli individui (il divario è più forte in Germania e Gran Bretagna), né per il consumo di beni durevoli. Forte ovunque è il divario nella diffusione di personal computer. La specificità italiana torna nel caso dei consumi culturali, misurato dalla lettura dei giornali: si tratta di un divario molto rilevante e simile come ampiezza a quello spagnolo, mentre in Francia appare più contenuto e rovesciato (si legge maggiormente nelle aree relativamente meno sviluppate economicamente) e in Germania e Gran Bretagna è assente.
Per quanto riguarda gli aspetti economico-patrimoniali, la forte diffusione dell’abitazione in proprietà e l’assenza di differenze territoriali sotto tale aspetto è un elemento che caratterizza sia l’Italia sia la Spagna, mentre in Germania e Francia l’area territoriale dove si risiede gioca un ruolo rispetto alla proprietà (comunque meno diffusa che al Sud d’Europa), anche se l’associazione fra zone più e meno economicamente sviluppate assume un segno diverso (in Francia la proprietà è diffusa nelle zone a minor PIL pro capite, mentre in Germania è l’opposto). Alla maggiore diffusione della proprietà dell’abitazione, si associa, però, come si è già visto, un maggior onere in termini di spese per l’abitazione che colpisce maggiormente i territori a minor sviluppo economico: ciò vale nel caso spagnolo così come quello italiano e, in forma più ridotta rispetto a quest’ultimo, anche nel caso tedesco. Più in generale la distanza, che si riscontra fra famiglie italiane e valutazione dell’adeguatezza delle risorse economiche a disposizione a seconda della macroarea in cui vivono, non ha eguali in nessun altro Paese, pur tenendo presente che sia in Germania sia in Spagna vi sono significative differenze sotto questo profilo nelle condizioni di coloro che vivono nei territori a maggiore sviluppo economico rispetto agli altri.
Per quanto riguarda, infine, il grado di soddisfazione per l’ambiente in cui si vive è stato possibile utilizzare una sola variabile, riferita alla valutazione del sistema sanitario di cui si usufruisce: l’Italia, assieme alla Germania, mostra differenze significative e rilevanti nei giudizi dei propri cittadini a seconda della loro collocazione geografica.
È pratica diffusa assumere che le forti differenze di condizione sociale ed economica che esistono fra le regioni del Paese, e segnatamente fra le due tradizionali macroregioni del Centro-Nord e del Sud, si estendano a tutti i comportamenti e orientamenti significativi degli italiani. È questo spesso il punto di partenza per analisi più ambiziose che mirano a ricercare nessi di causalità fra condizioni economiche e comportamenti/orientamenti. In queste pagine abbiamo voluto effettuare una ricognizione delle informazioni disponibili per capire se l’assunto richiamato fosse vero e in quale misura. E in particolare: se la disomogeneità sia effettivamente elevata; se si configurino due o più e quali Italie e se esse seguano le linee di demarcazione tradizionalmente assunte; se simili omogeneità e disomogeneità interregionali siano presenti negli altri principali Paesi europei.
I limiti della ricognizione sono evidenti. Le informazioni utilizzate non sono le stesse per tutte le domande, anche se è stato condotto un lavoro di raccolta e riconduzione di indicatori diversi alle stesse categorie comportamentali o di atteggiamento. L’analisi statistica ha carattere preliminare e solleva più domande di quanto non dia risposte. Per motivi di disponibilità e significatività dei dati non sono state utilizzate statistiche subregionali, né investigate le distribuzioni dei valori, ma ci si è limitati a esaminare i dati medi. Pure con questi limiti, alcuni risultati emergono e vanno segnalati per introdurre cautela nelle analisi generalmente condotte e per impostare approfondimenti. Abbiamo preso in esame una serie di fenomeni che in genere non vengono sistematicamente considerati nella discussione sull’identità italiana, ma che arricchiscono il quadro in più direzioni e possono quindi contribuire a mettere meglio a fuoco ciò che più accomuna e ciò che più separa gli italiani delle diverse regioni.
Innanzitutto, per una parte significativa degli indicatori analizzati e in particolare per molti di quelli che rappresentano comportamenti e orientamenti meno influenzati direttamente dalle condizioni economiche e dall’azione pubblica, si osserva una notevole omogeneità fra le regioni italiane: solo nel 30% dei casi l’omogeneità appare bassa e nella metà dei casi essa è elevata. Si tratta di molti aspetti relativi alla rete di relazioni familiari e amicali, ai comportamenti familiari (l’età in cui ci sposa e si fanno figli, il numero dei figli), alla proprietà della casa, ai consumi di base di alcuni beni domestici, alla dieta, all’uso della televisione, alla diffusione dell’automobile, alla propensione a risparmiare e a mettersi in proprio. In tutti questi casi vengono alla luce dei tratti che non solo accomunano gli italiani, ma che sono estremamente diffusi: insomma si tratta del nucleo di base che caratterizza gli italiani di tutte le aree del Paese.
A queste caratteristiche va aggiunta l’elevata soddisfazione per le relazioni familiari e amicali e invece la bassa fiducia nelle istituzioni statali. Una socialità ristretta, dunque, basata su ‘reti corte’ di familiari e amici, che si frequentano intensamente e sui quali in una certa misura si può anche contare per aiuto in caso di bisogno; e poi la casa di proprietà alla quale si aspira e su cui si investe; e ancora il risparmio che serve ad acquistarla e anche a mettersi in proprio. Più in generale, famiglia, amici, risparmio, casa di proprietà sembrano in ogni parte del Paese una sorta di assicurazione condivisa per affrontare le difficoltà della vita e anche per organizzare le attività economiche attraverso la diffusione di piccole imprese familiari, in una situazione in cui le istituzioni sono percepite come lontane e inefficienti, non degne di particolare fiducia.
Ma se questi sono i caratteri che uniscono di più gli italiani, che cosa li divide invece maggiormente? La partecipazione religiosa, quella associativa, l’impegno nel volontariato, l’interesse per la politica (ma tutti si informano di politica tramite la televisione), il tasso di litigiosità legale (il ricorso ai tribunali per controversie), la fiducia interpersonale (quanto ci si può fidare degli altri), la morale sociale tradizionale (sposarsi in chiesa, il modo di guardare alle donne e agli omosessuali, alle separazioni e ai divorzi), l’accesso a consumi culturali (teatri, mostre), la lettura di libri e giornali, la possibilità di andare in vacanza, la soddisfazione per le condizioni economiche e per l’ambiente. Alcuni di questi comportamenti (come i consumi culturali e l’andare in vacanza) o la soddisfazione per la situazione economica e per l’ambiente sono chiaramente influenzati da fattori economici, in particolare dalla disponibilità di reddito, e dalla qualità dell’azione politica. Per altri, come la sfiducia e la litigiosità o la partecipazione religiosa, l’origine sembra più complessa.
Ci si è poi chiesto quale ripartizione territoriale sia configurata da queste differenze. Un risultato di interesse è costituito dal fatto che laddove comportamenti e orientamenti sono disomogenei la linea di demarcazione fra le regioni non segue il tradizionale confine fra Centro-Nord e Sud. Una regione del Sud tradizionalmente definito, la Sardegna, si ritrova infatti, in base alla cluster analysis condotta, quasi sempre assieme alle regioni del Centro-Nord tradizionalmente definito. Lo stesso avviene per l’Abruzzo, ma limitatamente ai comportamenti più condizionati dal contesto economico e dall’azione pubblica, oltre che per gli aspetti relativi alla struttura familiare. Fra le regioni della tradizionale macroregione Centro-Nord, è il Lazio a ritrovarsi in diversi casi ‘nel Sud’. Un completo rimescolamento dell’Italia avviene solo nel caso dell’uso del dialetto. Tra i fenomeni che colpiscono e che ‒ come mostra anche il confronto internazionale ‒ non sono facilmente collegabili a condizioni di disagio economico, spiccano il tasso di litigiosità molto elevato e la sfiducia interpersonale sensibilmente più bassa che caratterizzano le regioni del ‘Sud modificato’; così come la più ridotta partecipazione associativa, alla quale si contrappone una partecipazione religiosa molto più consistente nel ‘Sud modificato’, accompagnata dalla diffusione nettamente maggiore che nel resto del Paese di aspetti della morale tradizionale (divorzio, aborto, ruolo delle donne, omosessuali, ecc.).
Vale anche la pena di notare che sul terreno economico ‒ scontate le differenze di reddito interne al Paese – la propensione a risparmiare è abbastanza simile nelle diverse regioni, così come la tendenza a creare nuove imprese mettendosi in proprio. Questa spinta all’imprenditorialità deve però fare i conti nel ‘Sud modificato’ con un contesto particolarmente difficile, non solo per carenze di infrastrutture e servizi, ma per una forte sfiducia interpersonale e una diffusa tendenza alla litigiosità legale. Si tratta di un aspetto certo trascurato che merita, sulla base di queste indicazioni, un maggiore approfondimento anche sul piano storico-sociologico, oltre che per le sue possibili implicazioni economiche sul terreno degli ostacoli allo sviluppo.
Naturalmente, ciò non significa assumere l’ipotesi di tratti antropologici rigidi e perpetuantesi nel tempo, ma richiede appunto una spiegazione storica che i dati esaminati sollecitano. Certo le indicazioni raccolte segnalano come al ‘Centro-Nord modificato’ l’influenza delle reti corte familiari e amicali sembri più bilanciata da fenomeni di partecipazione associativa, di volontariato, di interesse per la politica che allargano l’esperienza individuale proiettandola maggiormente fuori dai confini della socialità familiare e amicale. Si creano così delle solidarietà più ampie che possono collegarsi alla maggiore fiducia interpersonale e alla più bassa litigiosità, con effetti potenzialmente più favorevoli per le attività di mercato e per un’azione politica più sensibile alla capacità di rispondere a interessi collettivi (per un approfondimento sul terreno storico di questa prospettiva interpretativa, si vedano Trigilia 1986, 2012; Barca 2011; per l’influenza che la politica può avere per questi tratti della ‘cultura’).
I dati relativi all’andamento nel tempo dei diversi indicatori, per i quali è stata assunta la distinzione tradizionale fra Sud e Centro-Nord, mostrano una relativa convergenza in alcuni comportamenti familiari, come il tasso di natalità, la tendenza dei figli adulti a vivere con i genitori (che diventa più diffusa nel Sud, tradizionalmente definito), mentre cresce fortemente nelle regioni meridionali il tasso di litigiosità e la sfiducia nelle istituzioni locali e regionali che si aggiunge alla già elevata sfiducia interpersonale. Con queste variazioni, di segno certo non positivo per il Sud, il quadro complessivo segna dunque una forte stabilità nel tempo.
Infine, il confronto con Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna, condotto ripartendo le regioni di ognuno di questi Paesi in base al fatto di avere un PIL pro capite al di sopra o al di sotto del PIL pro capite medio nazionale, segnala un dato interessante. Nel divario fra le aree più ricche e meno ricche l’Italia presenta una forte differenziazione, assai superiore a quella degli altri Paesi, per un gruppo di variabili relativamente autonome dalle condizioni economiche e per le quali avevamo già osservato una significativa disomogeneità: gli orientamenti di valore (frequenza di funzioni religiose, atteggiamento verso il lavoro femminile e gli omosessuali, giudizio sulla complessità della politica), la fiducia interpersonale e i consumi culturali. Fra le variabili che non sono immediatamente influenzate dalla crescita e dall’azione pubblica sembra essere dunque qui l’anomalia del ‘divario Sud-Nord’ dell’Italia. Per le stesse variabili i dati relativi alla Germania suggeriscono peraltro quanto questi comportamenti e orientamenti possano, in modo persistente nel tempo, essere influenzati non tanto dalle ‘politiche’ o dal benessere ma dalla ‘politica’: facendo eccezione rispetto a tutti gli altri Paesi, il divario nel caso della Germania è infatti decisamente rovesciato, riflettendo presumibilmente la storia delle sue aree dell’Est.
Nessuna conclusione, dunque, sui nessi causali che legano politiche, benessere e comportamenti/orientamenti. Ma alcune evidenze spesso ignorate nel dibattito e nell’analisi prevalenti, che invitano a cautela, all’attenzione nel ‘mappare l’Italia’ in aggregazioni macroterritoriali e a più elaborati approfondimenti degli indizi messi in luce.
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Altri dati utilizzati nello studio sono tratti dalle due seguenti banche dati dell’ISTAT, che riportano già stime e valori a livello regionale:
Health for All – Italia, all’indirizzo: http://www.istat.it/it/ archivio/14562 (4 nov. 2013).
Statistiche I.Stat, all’indirizzo: http://dati.istat.it (4 nov. 2013).
Il testo è frutto di un lavoro comune degli autori, la raccolta e l’elaborazione dei dati è stata condotta da Emmanuele Pavolini.
Si ringraziano in particolare, per la collaborazione a una fase iniziale del lavoro, Angela Maria Digrandi, Raffaele Malizia, Aurea Micali, Andrea De Panizza e Tommaso Rondinella, che hanno concorso anche con la redazione di una significativa nota che ha indirizzato il lavoro successivo.
Si ringrazia inoltre Maria Elena Camarda per aver messo a disposizione le rielaborazioni relative ai tassi di litigiosità a partire dalle sue pubblicazioni (Camarda 2010).