Sull'anima
(Περὶ ψυχῆς) Trattato di Aristotele. Dedicato allo studio dei corpi che hanno capacità di movimento (I, 1, 403 b 10-12), il trattato si inserisce in una specifica sezione della scienza fisica, considerata da Aristotele «filosofia seconda» e subordinata alla metafisica o «filosofia prima». Esso costituisce una sorta di presupposto e nucleo teorico fondamentale degli scritti dedicati al vivente, una premessa alle opere biologiche (Ricerche sugli animali, Parti degli animali, Riproduzione degli animali, Moto degli animali) e agli scritti di argomento psicologico e fisiologico che vanno sotto il nome di Parva naturalia. Di tutti i fenomeni indagati in questi scritti, infatti, il trattato Sull’a. definisce e precisa la «causa prima» (ἔστι γὰρ οἷον ἀρχὴ τῶν ζῴων: «[l’anima] è infatti come il principio degli animali»), rivendicando l’eccellenza della psicologia rispetto alle scienze biologiche specialistiche, legata in primo luogo alla superiorità dell’oggetto (l’anima del vivente, incorporea e «semplice» consente una conoscenza più astratta di quella delle discipline specialistiche) quindi al metodo d’indagine che utilizza (I, 1, 402 a 1-4). Tuttavia, per quella sezione del trattato che indaga la parte dell’anima che è e opera separata dal corpo, ossia l’intelletto, e in partic. l’intelletto produttivo (νοῦς ποιητικός), il trattato va considerato come parte integrante della filosofia prima e oggetto di studio per il πρῶτος φιλόσοφος (I, 1, 403 b 25). Ne consegue che lo scritto Sull’a. si pone come una sorta di snodo in cui la fisica speculativa si incontra e trapassa nella metafisica. Il trattato è articolato in tre libri; il primo si apre con un capitolo introduttivo all’intera opera, indicando l’anima, le sue facoltà e funzioni come i temi centrali del testo, e nel principio dell’anteriorità logico-gnoseologica dell’atto rispetto alla potenza il principio che guiderà la ricerca, attraverso una coordinazione dei metodi induttivo e deduttivo; si accenna infine alla questione, centrale nel terzo libro, dell’esistenza di una facoltà dell’anima indipendente dal corpo. I capitoli 2-5 sono dedicati a una critica dettagliata alle dottrine sull’anima dei predecessori di Aristotele, con la formulazione, in partic., di otto obiezioni alla dottrina dell’automovimento dell’anima contenuta nel Timeo (➔) di Platone, cinque obiezioni alla dottrina dell’anima-armonia di ascendenza pitagorica e una lunga discussione delle posizioni di autori quali Empedocle e Senocrate. Il secondo libro affronta nei primi tre capitoli il tema della definizione dell’anima come forma ed essenza del corpo organico e la relazione delle diverse facoltà attraverso il rapporto di anteriorità e posteriorità (ordine gerarchico delle funzioni vitali e psichiche, le più semplici – nutrizione, sviluppo e riproduzione – comuni a tutti i viventi; la percettiva, immaginativa e appetitiva, proprie dei soli animali; quella razionale, infine, caratteristica soltanto dell’uomo). Il capitolo quarto tratta nel dettaglio della facoltà vegetativa, i capitoli dal quinto al dodicesimo conducono nel particolare l’indagine sulla facoltà sensitiva, soffermandosi diffusamente sulla natura dei cinque sensi. Il libro terzo si occupa nei primi due capitoli delle funzioni percettive superiori, nel terzo dell’immaginazione, definita come facoltà conoscitiva, produttiva di immagini, intermedia tra senso e intelletto (III, 3, 427 b 15 e segg). I capitoli quarto e quinto sono dedicati all’intelletto come facoltà dell’anima preposta al pensiero, i cui caratteri sono l’impassibilità, la non mescolanza con alcun organo corporeo, la pura potenzialità rispetto agli intelligibili (III, 5, 430 a 10 e segg.). Da questa caratteristica Aristotele deduce la necessità dell’esistenza di un intelletto produttivo, che è atto per sua stessa essenza, immortale ed eterno, a differenza dell’intelletto passivo che è invece corruttibile. Su questi passaggi si affaticheranno in modo particolare gli interpreti del testo aristotelico, a partire dai commentatori antichi, tra i quali si ricordano Alessandro di Afrodisiade, Giovanni Filopono, Simplicio, Temistio; nel Medioevo il trattato aristotelico fu oggetto di nuove interpretazioni per opera di Averroè, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, che riportarono il tema dell’unità dell’intelletto al centro del dibattito filosofico scolastico; la vitalità delle discussioni non si spense fino al Rinascimento inoltrato, sostenuta soprattutto dal dibattito interno all’aristotelismo padovano. Nella sezione conclusiva del trattato, infine, Aristotele individua le due fondamentali attività dell’intelletto, che sono l’apprensione degli indivisibili e la formulazione dei giudizi (cap. 6) e pone particolare attenzione all’orientamento finalistico della totalità delle facoltà dell’anima (capp. 7-11).