SUGHERO
. La quercia sughera (Quercus Suber L.) è un albero che raggiunge i 10-15 m. di altezza, robusto, a chioma densa e irregolare sempreverde, con tronco e rami ricoperti da uno spesso strato di sughero; le foglie sono coriacee, più o meno ovali con margine dentato o intere, talvolta con 3-5 lobi (Q. Bivoniana Guss.), hanno color verde scuro nella pagina superiore e bianco nella inferiore con picciolo di 4-10 mm. I fiori staminiferi con perianzio diviso in 6 lacinie dentate e 6 stami con antere mucronate sono riuniti in amenti penduli; i fiori pistilliferi sono solitarî o riuniti fino a quattro, bianco-tomentosi con ovario sormontato da 4 stimmi nerastri piegati in fuori. I frutti solitarî o riunitî fino a 4 maturano nello stesso anno o in quello successivo (Q. occidentalis Gay.); sono lunghi 2-4 cm., brevemente peduncolati con cupola semisferica o campanulata con le squame patenti, le superiori lanceolate e sporgenti: le ghiande sono lunghe il doppio o il triplo della cupola, brevemente ombelicate dall'apice e munite di una punta ottusa.
Fiorisce in aprile-maggio. È pianta dell'Europa meridionale e dell'Africa boreale: in Italia si trova sul versante tirreno della penisola e nelle grandi isole, più raramente sul versante adriatico e in Istria. Forma boschi puri o misti col pino domestico e marittimo, con la Q. pseudosuber Santi, con il leccio e con la rovere in Liguria, in Toscana, nel Lazio e in Calabria; nelle isole si spinge fino a 800-1000 m. s. m. Viene anche coltivata; la superficie dei sughereti in Italia è di ha. 120.000 dei quali 50.000 in Sardegna e altrettanti in Sicilia.
È specie rustica che vegeta anche in terreni asciutti e rocciosi, ma per produrre buon sughero sono necessarî terreni profondi, un po' freschi, sabbiosi, ricchi di sostanze organiche e di potassa; non prospera nei terreni molto compatti e paludosi e in quelli calcarei. Vuole molto più calore e luce che l'elce; tollera anche una temperatura di −5°, ma la media annuale favorevole non dovrebbe scendere al disotto di 14°. Nei climi caldi dove la siccità è forte e prolungata è bene proteggere il terreno del sughereto con sottobosco. Dopo la scorzatura (così si chiama il distacco della scorza), teme molto i venti, specialmente lo scirocco: se durante tale periodo piovesse abbondantemente conviene sospendere l'operazione.
I rimboschimenti si fanno con la semina a dimora: si mettono i semi (raccolti e conservati con cura in sacchi in ambienti asciutti) in buche distanti 1 m., larghe 20-25 cm., profonde 30 cm.
Prima della seminagione bisogna mettere per alcune ore le ghiande in acqua scartando quelle che galleggiano.
La germinazione avviene rapidamente: nel 1° anno le piantine raggiungono un'altezza di 15 cm., nel secondo anno di 40-60 cm., dal 3° al 6° l'altezza raggiunge un metro, poi l'accrescimento diviene rapido e comincia a diminuire dopo i 60 armi, ma non cessa prima di due secoli. Poiché per produrre buone placche di sughero le piante debbono godere di luce uniforme, dopo 20 anni bisogna cominciare a diradare il sughereto e bisogna eseguire tale pratica periodicamente in relazione con lo sviluppo delle piante. Secondo L. Piccioli la densità di un sughereto, in relazione con l'età, sarebbe la seguente:
La distanza delle piante deve essere tale che l'estremità dei rami si raggiungano appena; le piante troppo fitte dànno sughero poco elastico, non pastoso, pieno di noduli. Le potature si fanno nei rami inferiori per avere tronchi più possibilmente diritti e levigati che forniscano molta scorza senza difetti.
La produzione del sughero è dovuta a quello speciale tessuto meristematico di origine secondaria che è il fellogeno: questo meristema si trova in tutte le piante legnose nelle quali produce le formazioni sugherose della corteccia, ma la sua attività è più grande e quindi la sua produzione è più abbondante nella sughera dove gli strati raggiungono parecchi centimetri di spessore. Il sughero della quercia sughera è fatto di larghi strati di cellule a pareti suberificate ampie e molli, che si alternano con strati più stretti di cellule schiacciate che rappresentano i limiti della produzione annuale del sughero; spesso le cellule sono ripiene di cristalli aghiformi di cerina.
In località ove per l'altitudine, la magrezza del terreno, i venti, l'estrazione del sughero non è redditizia o dove la sughera è mista con i lecci, i roveri, le filliree, ecc., il bosco è tenuto a ceduo con rotazione ventennale e dalle sughere così tenute in Sicilia si ricava la scorzilla di color rosso bruno, contenente 15-20% di tannini, che è oggetto di esportazione perché s'usa per la concia delle pelli da guanti.
Cause nemiche e parassiti. - Gl'incendî danneggiano i sughereti e spesso si è obbligati a recidere le piante al piede allevando ad alto fusto il pollone più robusto. Il fungo Armillaria mellea è anche dannoso e, fra gl'Insetti: Carabus bifasciatus, Cossus ligniperda, Liparis dispar, Cnethocampa processionea e Formica ligniperda.
Raccolta. - Quando il tronco dell'albero ha raggiunto una circonferenza di 30-40 cm. nella parte basale, ossia fra il 16° e il 20° anno di età, si procede alla prima raccolta della corteccia, la prima che si forma e che viene chiamata sugherone o sughero primario o maschio o vergine (in Sicilia: selvaggio). Quest'operazione si chiama demaschiatura e il sughero che si ottiene è ruvido, tenace e nodoso e può essere usato dai fabbricanti di agglomerati e di linoleum. Il distacco del sugherone si compie facendo con un coltello speciale un lungo taglio longitudinale sulla corteccia e poi praticando con una sega una serie d'incisioni anulari di metro in metro e distaccando con precauzione le piastre di sughero. Dalla cura con la quale si esegue questa operazione dipende la bontà delle raccolte future, perché occorre badare che nel distacco non venga danneggiato il fellogeno destinato a rigenerare la nuova corteccia sugherosa che prende il nome di sughero secondario o femmina. Questo dopo 14 anni raggiunge il massimo spessore (da 20 a 70 mm.), esso viene raccolto periodicamente ogni 7-14 anni incidendo convenientemente la scorza con tagli anulari e longitudinali. La durata di una pianta varia dai 150 ai 200 anni: dopo si esaurisce e conviene abbatterla. In molte zone per agevolare la crescita del sughero femmina, si usa, dopo la demaschiatura, ricollocare il sughero primario sulla pianta legandolo e lasciandovelo 3-4 mesi (metodo di Capgrand-Mothes).
Il sughero greggio si presenta, appena distaccato dalla pianta, in strisce o tavole di varie dimensioni che vengono anzitutto accatastate in mucchi e lasciate essiccare per oltre un mese, perdendo così il 20% del peso; quindi si sottopongono a varie operazioni per renderle commerciabili e facilitarne la conservazione e il trasporto. Tali operazioni consistono nell'asportarne, raschiandole, la parte superficiale e lignificata, nel bollirle, raschiarle nuovamente, tagliarle e farne una cernita.
Il prodotto, reso commerciabile, di una buona sughera è, a 25 anni, kg. 4; a 30, kg. 6; a 40, kg. 14; a 50, kg. 24; a 80, kg. 40; a 90, kg. 50.
Il sughero, anzitutto, si classifica, secondo il grado di lavorazione, in grezzo, raschiato e mercantile. Secondo lo spessore, l'elasticità e la compattezza, si classifica in vario modo da paese a paese: in Italia il sughero femmina, dopo la stagionatura, la bollitura e la raschiatura viene classificato (uso Spagna e Sardegna) nel seguente modo: macchina misto I e II (14-18 linee); ¾, ½ macchina misto I e II (11-14 linee); mazzoletto misto I e II (10-11 linee); sottile misto I e II (8-10); macchina II e III (14-18 linee); ¾, ½ macchina misto II e III (11-14); mazzoletto rodolino misto II e III (8-10 linee); ¾, ½ macchina III (12-14 linee); mazzoletto rodolino III (8-11 lin.); bonde e spinotti I e II (20-24 lin.); bonde e spinotti III (20-24 lin.); stragrosso (24-27 lin.); sottile albanelle (7-8 lin.); mazzoletto ½ macchina III (9-10 lin.); rodolino misto II e III (8-9 lin.).
Il sughero spagnolo, francese e algerino si classifica rispetto alla grossezza in 4 categorie: grosso (épais, 31 mm.), ordinario (ordinaire, 26-30 mm.), bastardo (juste, 23-25 mm.), sottile (mince, sotto i 22 mm.). Secondo, poi, la compattezza e l'elasticità si distingue in grosso sopraffino da champagne e da mezzo champagne, superiore, ordinario, inferiore, per la prima categoria; ordinario sopraffino, di 1ª, 2ª, 3ª e 4ª qualità, per l'ordinario; bastardo e sottile buono, ordinario, inferiore e di scarto.
La composizione chimica del sughero secondario seccato all'aria è la seguente: acqua 8%; cellulosa greggia 22%; sostanze grasse e resinose 4,7%; sostanze non azotate 58%; sostanze azotate 6%; sostanze minerali 1,6%.
Produzione del sughero. - La coltivazione della quercia sughera è largamente diffusa in Algeria, Portogallo e Spagna; un poco meno nella Tunisia, in Francia e in Italia; trascurabile in Grecia e in Turchia. La superficie totale mondiale coltivata si aggira su 1.600.000 ha., con una produzione complessiva annua di 2-2,5 milioni di q., suddivisa nei varî paesi nel modo seguente:
I sughereti del Portogallo si trovano specialmente nelle provincie meridionali; quelli della Spagna in Andalusia, Estremadura e Catalogna. La produzione francese si trae particolarmente dai dipartimenti del Varo, delle Alpi Marittime, dell'Alta Garonna, dei Pirenei e dalla Corsica meridionale. I sughereti dell'Algeria non sono ancora completamente sfruttati, mentre il Marocco ne ha immense estensioni anch'esse in gran parte non ancora sfruttate.
In Italia la coltivazione di questa pianta è largamente diffusa particolarmente lungo le coste del Tirreno. Dei 100.000 ha. coltivati, circa 70.000 si trovano in Sardegna, 17 mila in Sicilia e i rimanenti 13.000 distribuiti fra la Calabria, la Campania, il Lazio e la Toscana.
Il centro più importante di produzione è la provincia di Sassari, dove la coltura del sughero raggiunge circa 45 mila ettari, di cui 13.500 a sughereto specializzato e gli altri a coltura promiscua. Più del 50% della produzione proviene dalla Sardegna.
Come qualità il sughero italiano è assai vario: dall'ottimo sughero della Sardegna e di alcune località della Sicilia, superiore in genere, per elasticità e resistenza, ai sugheri esteri, pur presentando in confronto di questi un minore spessore, alle qualità più correnti.
Applicazioni del sughero. - La più importante applicazione industriale del sughero è quella della fabbricazione dei turaccioli per la quale viene assorbito più del 90% della produzione del sughero.
I tappi di sughero cominciarono a essere usati nel sec. XVI in sostituzione dei tappi di piombo che si usavano prima. Attualmente il sughero è pressoché insostituibile nella fabbricazione di questo articolo perché si presta meglio di qualunque altra materia a tale impiego: è completamente inerte; non si altera e non altera i liquidi con cui è a contatto, salvo pochi; è elastico e impermeabile.
Il diametro del turacciolo è preso comunemente nello spessore della striscia di sughero (da 3 a 5 cm.). Per spessori superiori si ricorre alla riunione di 2 o più strisce.
Commercialmente la lunghezza dei turaccioli si esprime in linee (1 linea = 2,54 mm.), e il loro diametro in mm.
I tipi di turaccioli sono numerosi: quelli più piccoli per prodotti farmaceutici da 10 a 12 linee e da 9 a 21 mm.; quelli conici e cilindrici, da 12 a 244 linee e da 21 a 24 mm.; quelli per vasetti (marmellate, ecc.), di 9 linee e 70-130 mm.; quelli per lo champagne di 24 linee e 32 mm., ecc. Le qualità sono tre o quattro: la migliore è indicata col numero 0. Tale classifica può variare secondo i luoghi.
Il sughero per la fabbricazione dei turaccioli deve essere flessibile, omogeneo, privo di sostanze organiche che a lungo andare gli darebbero un cattivo odore di muffa. Perciò il sughero mercantile è trattato con acido solforico, poi lasciato per sei mesi alle intemperie, poi sottoposto all'azione del vapore e infine esposto nuovamente all'aria.
In molti luoghi si pratica ancora la fabbricazione a mano dei turaccioli, che permette un'ottima utilizzazione del materiale; ma ormai si è imposta la fabbricazione a macchina per essere cinque volte più rapida: i cascami elevati ch'essa produce (fino al 60%) vengono assorbiti interamente, insieme con i sugheri femmina di scarto, dall'industria degli agglomerati e del linoleum.
Sia manualmente sia meccanicamente il lavoro si può dividere nelle fasi seguenti: un taglio delle tavole di sughero in strisce corrispondenti alla lunghezza dei turaccioli; una scrostatura per mettere a nudo i difetti del sughero; una squadratura; una nuova scrostratura; la classificazione e il taglio definitivo.
Per alcuni tipi di turaccioli, p. es., per quelli da champagne, si procede a un imbianchimento con vapori di zolfo, poi a un riscaldamento per scacciare ogni liquido, e infine, se occorre, a una prova di pressione.
Altre applicazioni del sughero. - Applicazioni minori trova il sughero per fare solette e soprasuole per scarpe, strisce per cappelli, oggetti di ornamento, rivestimenti isolanti, recipienti per conservare freschi l'acqua, il vino, il latte, ecc. Serve inoltre per i galleggianti delle reti da pesca, salvagenti, ecc.; il sughero macinato serve per l'imballaggio delle frutta, per il linoleum (v.). e per gli agglomerati.
Per la fabbricazione degli agglomerati servono il sughero maschio, quello femmina di scarto e i cascami delle altre lavorazioni. Gli agglomerati fatti con cascame o sughero femmina hanno un potere coibente inferiore a quelli fabbricati con sughero maschio. Il sughero macinato e agglomerato (mediante catrame per certi tipi e per altri tipi con materia collante e poi essiccato in forni essiccatoi oppure autoagglomerato per espansione) è il materiale isolante migliore sia dal lato termostatico sia da quello antiacustico ed è preferibile in numerose applicazioni per la sua refrattarietà all'azione del tempo, degl'insetti, nonché per la sua stabilità e il suo basso peso specifico.
Il sughero macinato in granelli e distillato nel vuoto fornisce i cosiddetti "granulati" di sughero espanso che pesano la metà di quelli naturali e hanno un coefficiente di conduttività termica e afonica che non si riscontra in alcun altro materiale coibente e ciò perché mediante questo processo avviene lo svuotamento e l'espansione delle cellule dalle materie resinose incorporate nel sughero allo stato naturale. Dal processo di distillazione si ottengono un gas leggerissimo di alto potere illuminante e un catrame semidenso che se sottoposto a ulteriore lavorazione, può dare olî di diversi tipi.
Con l'agglomerazione dei granelli a fortissima pressione si ottiene un prodotto consistentissimo che sostituisce con vantaggio di costo e di rispondenza i pavimenti di legno.
In Italia l'industria del sughero, conosciuta fino dal tempo dei Romani, si è sviluppata particolarmente dalla fine del secolo XIX e varî stabilimenti sono sorti in Lombardia, Liguria, Emilia, Venezia Giulia, Lazio e Sardegna. Tali stabilimenti, in numero di circa 200, producono quasi tutti gli articoli necessarî al consumo interno.
Bibl.: A. Lamey, La chêne-liège, sa culture et son exploitation, Parigi 1892; V. Flores, Coltivazione della sughera, in Ann. Ist. tecnico di Bari, X-XIII (1894); P. Artigas, Alcornocales y industria corchera, 2ª ediz., Madrid 1907; I. Giglioli, Lo stato italiano e la coltura del sughero specialmente in Sardegna, Portici 1902; J. Beauverie, Le bois, II, Parigi 1905, pp. 1023-1072; L. Piccioli, Selvicoltura, Torino 1915.