struttura
Architettura fondamentale di un’istituzione, di un’impresa o di un sistema economico che ne determina in ultima analisi il funzionamento.
Per gli economisti classici, la s., basata sulla suddivisione della popolazione in classi, era necessaria per la comprensione del funzionamento della società. Sviluppando il tema, K. Marx introdusse la distinzione fra s. e sovrastruttura: s. è il complesso delle forze produttive, materiali e immateriali, di un sistema e dei rapporti che intercorrono fra esse per esprimerne le potenzialità; la sovrastruttura è l’insieme di atteggiamenti psicologici e culturali e delle regole di funzionamento conformi o almeno adattate, secondo Marx, alle esigenze della struttura.
Successivi sviluppi del pensiero economico si sono concentrati sul ruolo integrato dello Stato (pubblico) e del mercato (privato) per il funzionamento dell’economia. In particolare, la s. del mercato sintetizza le caratteristiche essenziali delle forme organizzative e legali e del contesto tecnologico; la s. influenza così le decisioni di produttori, consumatori e autorità di controllo e regolazione, determinando prezzo e quantità dei beni e servizi prodotti dal settore privato dell’economia. Si distinguono libera concorrenza, monopolio, concorrenza monopolistica e oligopolio. J.A. Schumpeter (➔) considerava l’innovazione il motore del cambiamento strutturale.
I cambiamenti di s. sono modifiche persistenti e con tendenze di lungo periodo nella composizione settoriale dei sistemi economici. Nell’evoluzione storica si sono registrati periodi di preminente importanza dell’agricoltura e dell’allevamento, altri in cui ha prevalso lo sfruttamento minerario e delle risorse naturali (materie prime), fino allo sviluppo esplosivo del settore industriale e delle costruzioni, per arrivare infine alla predominanza dell’economia dei servizi. Nell’economia del 21° sec., si preferisce considerare s. con filiere lunghe e attività che interessano molti settori; per es., l’agroalimentare coinvolge operatori del settore primario, secondario e una molteplicità di attività del terziario in versione tradizionale, moderna (dal marketing al packaging), e superavanzata (alla frontiera della ricerca in genetica, biochimica, fisica).
Le riforme di s. sono alterazioni radicali dell’organizzazione di alcuni settori chiave del sistema economico e della società nel suo complesso, provvedimenti ritenuti necessari per aumentare l’efficienza di un sistema Paese o di un intero continente, adeguandola alle esigenze della competizione globalizzata. Agli inizi del 21° sec. ha avuto inizio il dibattito riguardante le di riforme per modificare la cornice della s. istituzionale di un Paese o di un’area; con visione settoriale, sono state avanzate proposte di riforme dei mercati finanziari, del mercato del lavoro, del sistema pensionistico, dell’ordinamento delle professioni, del sistema tributario, dell’istruzione, delle telecomunicazioni e in particolare del sistema radiotelevisivo, della giustizia, della sanità. Alcune di queste istanze hanno trovato concreta attuazione.
Suddivisione delle risorse finanziarie di cui l’impresa necessita per svolgere la propria attività fra mezzi propri e mezzi di terzi. In condizioni ideali di assenza di frizionalità fiscali (tasse) e transazionali (costi del fallimento) e di perfetta informazione, un importante risultato di teoria della finanza (➔ Modigliani-Miller, teorema di) afferma l’irrilevanza della s. del capitale dell’impresa, cioè l’indipendenza del valore dell’impresa dalla sua s. del capitale e, in particolare, dal rapporto debito/mezzi propri. Nel mondo reale la presenza delle frizionalità fiscali, transazionali e delle asimmetrie informative aiuta a spiegare l’influenza della s. del capitale sul valore dell’impresa e, in particolare, a chiarire quale rapporto debito/capitale proprio possa essere ottimale in un certo contesto.
Funzione che descrive il rendimento a scadenza (➔ yield to maturity) di obbligazioni senza cedola, ZCB (➔ CTZ) come funzione della scadenza stessa.