STENOGRAFIA (dal gr. στενός "stretto" e γραϕία "scrittura"; fr. sténographie; sp. taquigrafía; ted. Stenographie, Kurzschrift; ingl. shorthand; sono anche usati i sinonimi brachigrafia, fonografia, semiografia, iachigrafia, ecc.)
È un'abbreviazione scientifica e artistica della scrittura, ottenuta con l'applicazione di principî razionali e con l'adozione di regole organiche, nel quadro di segni scelti con criterî scientifici. Essa ha lo scopo di fissare più rapidamente della scrittura comune, e con pari sicurezza e fedeltà, il proprio o l'altrui pensiero.
La stenografia nell'antichità e nel Medioevo. - Storia. - Sviluppata la scrittura alfabetica (v. alfabeto), si manifestò vivo il bisogno di abbreviarla per economizzare tempo e materiale scrittorio.
Presso i Greci troviamo i primi esempî di abbreviazione delle forme dell'alfabeto; i pochissimi saggi che sono stati conservati nella cosiddetta "lapide dell'Acropoli" (IV secolo a. C.) e nelle "tavole di Delfi" (circa 300 a. C.), non consentono di concludere che potessero considerarsi, effettivamente, come elementi base per una stenografia oratoria. I Romani usavano, nelle iscrizioni lapidarie, abbreviazioni (per troncamento, v. abbreviazione). Valerio Probo (I sec. d. C.) elenca in un suo trattatello le abbreviazioni usate (notae, poi siglae: litterae singulares), distinguendo le sigle in publicae e familiares; le prime interessano maggiormente, per il loro uso generale.
Per scrivere rapidamente e per interpretare con esattezza i segni, occorrevano espedienti grafici diversi dalla sola rappresentazione di un qualche elemento alfabetico della parola; un passo piuttosto sibillino delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia, desunto da una perduta scrittura di Svetonio, farebbe ritenere lo scrittore Ennio il primo ideatore delle notae: Ma è a Tirone, liberto di Cicerone, di questi collaboratore letterario prezioso e sempre devoto amico, che va la lode dei secoli per avere ideato quel sistema tachigrafico complesso, ma non arbitrario, che prende da lui il nome di "tironiano" (v. appresso).
Vivace e sentito fu l'uso delle notae nel mondo latino. Il discorso tenuto in Senato da Catone contro Catilina (5 dicembre 63 a. C.), voluto da Cicerone, fu stenografato. Le orazioni di Quintiliano, le meditazioni di Plinio il Vecchio e di Plinio il Giovane sono fissate dai tachigrafi; l'imperatore Tito gareggiava in velocità con gli stenografi professionisti. Nelle scuole, dopo l'insegnamento della grammatica, si studia l'Ars notaria (S. Cassiano di Imola, martirizzato nel 303 dai suoi scolari, era insegnante di tachigrafia). Varî scrittori (Manilio, Marziale, Ausonio) esaltano le "note" e i "notarî". Gl'imperatori avevano al loro servizio dei notarii principis; con Diocleziano i notarî diventano funzionarî imperiali. Quando Costantino si trasferì a Bisanzio (330), la corporazione degli stenografi imperiali fu assimilata a quella dei vicarii.
La Chiesa approfittò largamente della diffusione delle notae. Nei primi tempi, infierendo le persecuzioni, i cristiani comperavano ad altissimo prezzo i verbali giudiziarî redatti stenograficamente dagli exceptores (notarî o cancellieri o segretarî), per poter rileggere nelle catacombe tutte le franche parole pronunciate davanti ai giudici dai martiri. Non è raro il caso di exceptores che si rifiutano di registrare le empie sentenze, gettano tavoletta e stilo, si dichiarano cristiani e sono martirizzati (S. Genesio d'Arles, S. Adriano, S. Cassiano d'Africa). Nei secoli di libertà religiosa i notarî fermano sicuramente i commenti di Origene e di S. Girolamo ai sacri testi; Crisostomo le omelie dei vescovi. Amico degli stenografi è S. Agostino, che frequentemente invoca l'intervento dei celeri scrittori, specialmente durante le discussioni con gli eretici; notario è S. Epifanio, prima di essere vescovo di Pavia. Furono stenografati gli atti dei maggiori concilî ecumenici a cominciare da quello di Nicea (325); famoso a tal riguardo quello di Cartagine (411).
Con la caduta dell'Impero d'Occidente diminuiscono la conoscenza e l'uso delle notae. L'imbarbarimento della lingua latina, e la diminuita cultura generale, rendono perplessi gli scrittori di fronte alle audaci abbreviazioni delle notae. Si sente meno la necessità di fermare le improvvisazioni oratorie; ma si tende piuttosto (da magistrati, notarî, ecc.) a risparmiare il materiale scrittorio (papiri e pergamene soprattutto), e ad alleggerire il lavoro manuale derivante dallo scrivere con i caratteri comuni. Si forma così la "tachigrafia sillabica", semplificazione della tironiana, didatticamente più semplice, ma meno veloce. Le note tironiane però non scompaiono. Basta una qualche nuova luce intellettuale, ed eccole studiate e adoperate. Numerosi salterî, che risalgono al tempo di Carlomagno, provano che le notae sono diligentemente insegnate nelle scuole, utilizzate nei diplomi e per la stesura di taluni discorsi (sinodo del 745). Il mondo greco usò, sino dal sec. II, sistemi tachigrafici di scrittura, ispirati concettualmente ai principî abbreviativi romani, ma sviluppatisi graficamente con mezzi proprî. In un papiro dell'anno 155 d. C. è menzione di un contratto il quale prevede in due anni il tempo necessario per l'apprendimento della stenografia; il retore Erode Attico e anche il medico Galeno avevano semiografi a disposizione; i discorsi di S. Gregorio di Nazianzo e di S. Basilio di Cesarea furono raccolti da notari.
Dopo il Mille, quando la cultura si riafferma, vengono richiamate dall'oblio le "note": nel sec. XII un monaco inglese (John of Tilburyl) in una sua lettera schematizza la formazione delle "note" e dà un suo sistema che conosciamo indirettamente; è dello stesso tempo un manoscritto conservato a Firenze, Ars notaria Aristoielis, che dà un sistema a tendenza corsiva. L'umanesimo, che porta alla ribalta lo studio dei classici, che fa trionfare la critica euristica, che prepara l'avvento della paleografia critica ed erudita, trova spiriti inquieti desiderosi di penetrare il mistero delle "note". Il benedettino tedesco J. Tritemio (1462-1516) compila una tavola di 30 "note" (pubblicata postuma); Pietro Bembo cerca di comprendere e richiamare in uso "la maniera di scrivere adoperata da Cicerone"; Girolamo Cardano (1501-1576), il parigino Jacques Gohory, l'olandese Giusto Lipsio (1547-1606) si occupano delle "note". L'olandese Jan Gruter (1560-1627) inaugura la pubblicazione delle serie dei lessici che troverà nell'opera di U. Kopp (1762-1834), la famosa Palaeographia critica (Mannheim 1817), la prima espressione esauriente.
Storia della tecnica. - L'indagine storica riguardante lo sviluppo dei sistemi stenografici (storia esterna) va integrata con lo studio dello sviluppo tecnico dei sistemi abbreviativi (storia interna). Non è detto che i due sviluppi procedano parallelamente, in quanto talvolta un sistema tecnicamente notevole, lascia scarse tracce nella storia esterna della stenografia e viceversa; raramente, però, un sistema empirico si afferma per ragioni indipendenti dalla sua bontà intrinseca.
I. Scritture greche abbreviate. - Dalla ricostruzione del sistema dell'Acropoli risulta che fondamentale è il segno fissato per la vocale (si ricordi l'importanza delle vocali nella lingua greca, v. alfabeto); a varie altezze del segmento scelto per la vocale si aggiungono tratti diversamente disposti a rappresentare le sillabe. Le tavole di Delfi dànno invece segni per gruppi di consonanti.
Scritture abbreviate greche.
II. Le note tironiane. - È difficile seguire lo sviluppo tecnico delle note". A quelle ideate o ordinate da Tirone se ne aggiunsero altre dovute a Vipsanio Filargio, ad Aquila, liberto di Mecenate. Una raccolta era nel Medioevo attribuita a Seneca, ma falsamente; S. Cipriano (morto nel 257) aggiunse (205-207) i segni necessarî ai cristiani. Il più antico esempio di note tironiane è in un'iscrizione dell'anno 362; il più antico documento con "note" è un diploma di Clotario II del 625.
Le "note" non sono ideogrammi empiricamente ideati, da ritenersi a memoria, ma sono formate con criterî logici che - seguendo Enrico Molina - qui si sintetizzano (cfr. Tav. I). a) Alfabeto: i segni sono tratti dalle scritture capitale e corsiva, possono variare di posizione, essere limitati ad alcune parti (e di qui difficoltà d'interpretazione degli stenogrammi), aggiungere filetti od occhielli per facilitare le congiunzioni. b) Collegamento (1. semplice unione; 2. congiunzione a diverse altezze; 3. incrocio; 4, 5, 6. congiunzione dei segni, più o meno semplificati, direttamente o con tratti intermedî o con occhielli). c) Vocalizzazione: le vocali si rappresentano o alfabeticamente con l'unione diretta del segno della vocale al segno della consonante, eventualmente raccordati i due segni; o con simbolismo di direzione (a, e, i) o di lunghezza di un tratto (o, u). d) Formazione tachigrafica della parola: quando occorre, si aggiunge al segno fondamentale (notae) un segno ausiliare (titulae), che può essere un punto o un trattino diversamente collocato; spesso un segno che richiama un elemento del gruppo da abbreviare. Questi segni ausiliarî sono generalmente rimpiccioliti rispetto alla dimensione normale. Per le parole semplici si dà un segno formato: α) con alcune lettere della parola (1, prima lettera; 2, prime due lettere (o cons.); 3, prima e ultima lettera; 4, prima e altra [o altre] lettera intermedia); β) con espedienti particolari, che richiamano però sempre le lettere (5, 6, 7, inversione, sostituzione, aggiunta di lettere; 8, 9, 10, incrocio o distacco di lettere [per le lettere l, x, f]); γ) segni speciali sono dati per le terminazioni (che sono aggiunte, incrociate o separate dal radicale; talvolta collocate dove nella forma fondamentale vi sarebbe il punto, che viene per tal modo omesso). Nelle parole composte il segno fondamentale, di normale grandezza, è quello del prefisso. Il segno della parola composta è formato: A) da elementi del prefisso o della prima parte della parola composta; oppure si aggiunge al segno del prefisso: B) tutto o parte del segno rappresentante la radice della parola, rimpicciolito o no; C) qualche segno che richiami elementi della radice e della desinenza.
III. La tachigrafia sillabica latina. - I più antichi esempî di tachigrafia sillabica sono nei papiri ravennati del sec. VI (anno 540). La tachigrafia sillabica che rappresenta le varie sillabe della parola (di qui il nome) ebbe in Italia il suo più largo sviluppo, ma il sistema usato nei secoli VI-VII è diverso da quello che si riscontra nei documenti dei due secoli successivi; si distinguono (L. Schiaparelli) due tipi: l'antico e il nuovo (Tav. I); quest'ultimo detto anche "gerbertiano", da Gerberto (947-1003), il monaco enciclopedico divenuto papa con il nome di Silvestro II (dal 999), che usò personalmente tali notae. Il primo è tironiano nella struttura delle sillabe, quindi probabilmente di origine romana. Il secondo, invece, per la sua struttura tecnica ben elaborata, si suppone derivi da un centro scolastico di sviluppo e d'irradiazione quale poteva essere Pavia, sede della cancelleria dei re longobardi. Talune "carte" serbano tracce di un sistema misto, cioè forme tironiane e contemporaneamente sillabiche.
IV. La tachigrafia sillabica greca. - Si distinguono (Tav. I) due tipi: l'egiziano (secoli III-VII) e l'italiano (o di Grottaferrata, secoli X-XII): quest'ultimo meno professionale del primo, più regolare nei segni, didatticamente più semplice. Ma scarsa è la documentazione tachigrafica; soprattutto del tipo egiziano, perché era poco conservabile il materiale usato (papiri e tavolette cerate); per il secondo tipo rimangono da decifrare ancora molte pergamene.
Come nel sistema dell'Acropoli, nella tachigrafia sillabica bizantina i segni delle vocali sono fondamentali; divisa la parola in sillabe, queste vengono semplicemente unite; eccezionalmente sono fusi i segni. Specie nel tipo italiano sono avvertibili alcune abbreviazioni (omissione di elementi, rappresentazione separata di sillabe).
V. Il sistema geometrico di John of Tilbury e l'Ars notaria Aristotelis. - Il procedimento del Tilbury, richiama il sistema dell'Acropoli per i segni fondamentali; il procedimento tironiano per le abbreviazioni. L'Ars notaria Aristotelis (riproduz., Padova 1935) deriva, nei segni alfabetici, da una forte riduzione delle lettere della scrittura, e sfrutta, nella parte abbreviativa, la "posizione" del segno.
Le "steganografie" (v. crittografia), fiorite nel '400, hanno la parvenza di sistemi stenografici, ma tali non sono per l'arbitrio che le governa. Ecco alcuni esempî di segni ideati per i corrispondenti dell'alfabeto della scrittura comune:
VI. Brevi scritture. - La scrittura comune latina e greca non fu aliena dall'usare abbreviazioni ispirate anche ai criterî tironiani, e specie nelle notae juris, ancora nel sec. II (v. abbreviazione). Anzi fu tale l'abuso delle abbreviazioni che intervennero divieti imperiali (Teodosio II, 348; Giustiniano, 530, 533). Ma l'uso delle abbreviature continuò ugualmente, raggiungendo un eccessivo sviluppo nel sec. XIV. Ciò avvenne certamente anche in seguito alle crescenti necessità scolastiche e religiose. Sono numerosi gli scolari desiderosi di raccogliere ad verbum, p. es., le lezioni dei glossatori bolognesi (Bastiano, Azzone, Bartolo da Sassoferrato, ecc.), certo utilizzando quelle abbreviature che Dante ricorderà nei noti versi del Paradiso (XIX, 134-135). Le prediche tenute a Siena (1427) e a Padova (1443) da S. Bernardino di Siena (1380-1444), e a Firenze (1495-1496) da fra Girolamo Savonarola (1452-1498), furono consegnate alla storia da rapidi scrittori (Benedetto di Mastro Bartolomeo, Daniele da Porciglia; Lorenzo Violi). La diffusione della stampa diminuisce le abbreviazioni della scrittura comune, che permangono in talune forme usuali della grafia moderna (p. es. = per esempio; ecc. = eccetera; Ill.mo = Illustrissimo). Con la formazione delle lingue nazionali e l'evoluzione della cultura, si creano i primi sistemi stenografici moderni (secoli XVI-XVII), i quali, staccandosi sempre più dall'empirismo e dall'arbitrio, dànno luogo a razionali riduzioni grafiche.
La stenografia nei tempi moderni. - 1. Tecnica. - Un sistema scientifico di stenografia si basa su segni razionali e su regole logiche armonizzate da opportuni principî. I segni, veloci, deformabili meno che sia possibile, devono essere scelti in relazione alle frequenze" fondamentali. Le regole riguardano: a) la rappresentazione grafica o delle sillabe della parola (sistema sillabico) o della parola nei suoi elementi fondamentali (vocale, consonante; prefisso, radice, desinenza); gli elementi fondamentali si rappresentano con simbolismi di forma o di posizione, con elementi ausiliarî (uncini, anelli, segni diacritici, filetti, punti) o con segni autonomi; b) l'omissione di elementi della parola o della frase, facilmente rilevabili in sé o in relazione al contesto del periodo.
I principî: grafici, fonetici, grammaticali (etimologici), regolano la costruzione del sistema avendo soprattutto di mira l'eliminazione di quanto ostacola la velocità (irrazionalità grafiche di segni, angoli retti e ottusi, pause grafiche), la leggibilità (somiglianza degli stenogrammi), l'apprendimenio (irrazionalità didattica).
Nell'ideazione di un sistema si devono cercare la velocità e la leggibilità, conciliandole con la razionalità costruttiva, la facilità di apprendimento, l'estetica grafica.
Sistemi geometrici, corsivi e misti. - I segni possono essere tratti dalle figure della geometria (punto, segmento, circolo e ovale o loro parti, ecc.) o desunti dalla scrittura comune (conservando dei segni alfabetici le parti più caratteristiche); possono essere congiunti direttamente o con filetto; essere indipendenti o no da una o più righe di base (sistema geometrico o corsivo; se il sistema partecipa delle due peculiarità si chiama misto). Si dànno qui alcuni esempî di materiale grafico usato nei sistemi moderni di stenografia e saggi di differenziazione dei segni:
La diversità delle lingue nazionali, il vario carattere dei popoli; la concezione della "velocità" in relazione ai bisogni del tempo, le peculiarità della scrittura comune, la scelta dello strumento (stilo, penna d'oca, penna d'acciaio, matita, ecc.) hanno provocato, in diversa misura, in regioni diverse, lo sviluppo delle tre tendenze accennate: geometrica, corsiva e mista, caratteristiche rispettivamente delle scuole anglo-francese (J. Byrom, S. Taylor, I. Pitman, H. Prévost, E. Duployé), tedesca (F. X. Gabelsberger), americana (J. Gregg).
I gradi nei sistemi di stenografia. - Come alle note tironiane create per l'oratoria segue la tachigrafia sillabica per le necessità quotidiane dello scrivere in breve spazio, senza l'assillo della velocità, così nelle stenografie moderne si sono avuti, nei primi tempi, sistemi adatti all'oratoria, e quindi praticabili da pochi privilegiati, a cui hanno fatto seguito - per ragioni storiche, pratiche, culturali, ecc. - sistemi più accessibili alle masse. Talvolta in uno stesso sistema si possono distinguere due (o tre) gradi di apprendimento didattico o di applicazione pratica.
Sistemi grammaticali e meccanici. - Lo stenogramma di una parola si ottiene o con la semplice unione dei segni fissati dall'autore del sistema (sistemi meccanici) o sfruttando al massimo la struttura grammaticale della parola (sistemi grammaticali). I sistemi grammaticali hanno un nucleo grafico fondamentale (generalmente corrispondente alla radice della parola). Concepiti così come espressione grafica della struttura della lingua, hanno una base scientifica, didattica e pratica che giustifica la loro supremazia nei confronti dei sistemi dell'altro tipo. Grosso modo sono "grammaticali" le note tironiane e il sistema Gabelsberger; "meccanici" i sistemi L. Arends, E. Duployé e J. Gregg (v. Bollettino della Accademia italiana di stenografia, Padova 1935, pp. 313-321).
Frequenze e velocità. - Le frequenze considerano gli elementi alfabetici e gruppi particolari (vocali iniziali e finali, dittonghi e polittonghi, consonanti coinposte e sillabiche, prefissi e desinenze ecc.) che intervengono nella parola; la determinazione statistica delle frequenze è indispensabile per fissare, a priori, razionalmente, dal punto di vista grafico e didattico, gli elementi fondamentali di un sistema di stenografia.
Ricerche metodiche sono state compiute in Germania da F. W. Kaeding (Berlino 1898-99, su 10 milioni di parole) e in Italia dall'Accademia italiana di stenografia (Padova 1936).
La velocità stenografica è in funzione della preparazione intellettuale dello stenografo, della conoscenza teorica del sistema di stenografia, della reattività psichica che facilita, più o meno, l'automatismo mentale-grafico necessario per tradurre in stenogramma la parola pronunciata o pensata. La velocità di lettura è in funzione dell'automatismo visivo-interpretativo dello stenogramma.
La determinazione della velocità stenografica si può fare contando le parole o le sillabe del brano. Nelle lingue sottosegnate, su 100 parole si ha, in media, il numero delle sillabe indicate: inglese (159), tedesco (188), francese (198), russo (203), spagnolo (211), italiano (222), ungherese (249), latino (283).
Per stabilire opportuni raffronti fra le velocità che si conseguono nelle varie lingue, si tengano presenti i seguenti risultati medî ottenuti riferendosi a 100 parole del testo italiano (v. Bollettino della Accademia italiana di stenografia, 1936): latino (87,13), ungherese (87,27), polacco (88,26), italiano (100), tedesco (101,69), portoghese (106,67), inglese (107,25), spagnolo (113,82), francese (114,90).
2. Storia. - A) Inghilterra (Tav. II). - Nei primi sistemi inglesi è un richiamo involontario ai procedimenti abbreviativi della scrittura comune, se non proprio ai tironiani. Sorvolando sulla Characterie (1588) del medico T. Bright, scrittura troppo mnemonica per avere largo seguito, è a John Willis (1575-1625), bachelor in divinitie, che spetta il merito di aver creato il primo sistema moderno di stenografia. Sviluppato in un manuale che ebbe numerose edizioni (Londra 1602; 14ª ed., 1647), tale sistema fu largamente seguito e praticato (J. Rich-W. Cartwright, W. Mason, ecc.). Per ovviare all'inconveniente dello spostamento dei segni, necessario nei sistemi willisiani per rappresentare le vocali medie, si ricorse a varî espedienti: molteplicità di segni alfabetici (Ph. Gibbs, 1736), rappresentazione alfabetica delle vocali (A. Macaulay, 1747). Soprattutto si rafforza la tendenza semplificatrice diretta a omettere le vocali medie. L'insegnante John Byrom (1692-1763) pone su rigide basi geometriche il suo sistema; lo segue W. Mavor nella lusinghiera intenzione di creare una Universal Sienography (1780). Samuel Taylor riduce (1786) il sistema, sostanzialmente, ai pochi segni dell'alfabeto.
Ma la reazione alla tendenza semplificatrice non tarda ad affermarsi: troppo ambigua l'interpretazione degli stenogrammi; bisogni nuovi si vanno manifestando. L'insegnante Isaac Pitman (1811-1897) amplia i timidi accenni riformistici dei suoi predecessori (H. Taplin, 1760; A.L. Lewis, 1815; W. Harding, 1823, ecc.), elabora con criterî scientifici (ispirati soprattutto al principio fonetico) il complesso dei segni da lui ideato, armonizza le regole ed ecco la "fonografia" (stenographic soundhand, Londra 1837; Phonography, ivi 1840). A differenza dei precedenti sistemi, in quello del Pitman si distingue un primo grado, particolarmente adatto ai bisogni degli stenografi commerciali che cominciano allora a entrare negli uffici, e un secondo grado, adeguato ai bisogni della stenografia per l'oratoria. Mentre la semplicità valse al sistema Taylor una grande notorietà europea, la supremazia politica dell'Inghilterra e la diffusione della lingua inglese offrirono alla fonografia del Pitman, abilmente propagandata, un'insperata notorietà mondiale (sec. XIX). Jacob e Benn Pitman diffondevano con successo il sistema del fratello; rispettivamente in Australia (1837) e negli Stati Uniti d'America (1854).
B) Francia. - L'abate Jacques Cossard (Parigi 1651) idea un interessante sistema, su tre gradi, ortografico-grammaticale, eccessivamente ispirato, nel secondo e ancor più nel terzo grado, alle empiriche abbreviature della scrittura comune. Rimane senza eco. I tempi non erano maturi.
Risultato nullo ebbe la vivace ma sfortunata propaganda di Coulon de Thévenot (1754-18I3). Successo editoriale e pratico ha invece la traduzione francese del sistema Taylor fatta dal libraio T.-P. Bertin (Parigi 1791; 4ª ed., 1804); abili stenografi tayloriani furono comandati dalla Convenzione (a. III) a raccogliere le lezioni tenute alle scuole normali; professionisti fissarono con la stenografia, fedelmente, clamorosi o curiosi processi (1796, 1800, 1804). La preoccupazione di Coulon de Thévenot, di rappresentare esattamente le numerose vocali, è pure nei successivi ideatori francesi di sistemi: due le direzioni secondo cui si sviluppa l'indirizzo geometrico francese. La prima, dovuta al professionista Hippolyte Prévost (1808-73), perfeziona (1826) l'adattamento del Bertin, abilmente sfruttando opportune regole di incompatibilità (linguistiche o grafiche). La seconda rappresenta, in modo alfabetico, le vocali, cercando nello stesso tempo di facilitare, scolasticamente, l'apprendimento della lingua francese, la cui ortografia tanto si scosta dalla fonetica. Louis-Felix Conen de Prépéan (1777-1837) idea varî sistemi (1812-33); mentre Aimé Paris (1798-1866) non si preoccupa d'altro 1822) che di ricondurre all'"analogia" i segni prestabiliti dal de Prépéan per un suo sistema. Ma è all'abate Émile Duployé (1833-1912) che spetta il grande merito di aver reso popolare la stenografia in Francia. La sténographie Duployé (1867) è di un'estrema semplicità: basta raccordare "senz'angolo" i segni scelti per le vocali ai segni stabiliti (con criterio fonetico) per le consonanti. Si ottiene così una scrittura stenografica integrale, facile ad apprendersi, ma troppo lenta negli usi pratici. Di qui un movimento innovatore per creare un sistema di abbreviazioni (métagraphie), secondo grado del sistema, da imparare o dopo che si è spiegato l'integrale oppure (Estoup) contemporaneamente.
C) Spagna. - Il calligrafo Francisco de Paula Martí (1761-1827), non soddisfatto di una riduzione da lui fatta del sistema Taylor-Bertin (1800, due edizioni), idea un sistema le cui terminaciones dànno un tono corsivo alla struttura geometrica (Tachîgrafía Castellana, Madrid 1803; 5ª ed., 1824). Attualmente accanto alla scuola madrilena esiste la scuola catalana (F. Serra y Ginesta e B. C. Aribau, Tachîgrafia de la lengua castellana, Barcellona 1816, 1831), differenziata dalla prima oltre che per l'uso di un maggior numero di terminaciones, per l'adozione di un doppio sistema di righe-basi. Una terza scuola è dovuta a D. Pedro Garriga y Marill (1842-1890), con La taquigrafia sistemática (Barcellona 1864; 9ª ed. postuma, 1928).
D) Germania (Tav. III). - Deriva i primi sistemi dal ceppo anglofrancese, ma di fronte all'empirismo tayloriano si afferma la meticolosità tedesca. Il trattato di F. Mosengeil (1796) innova profondamente (distingue bene le consonanti composte dalle sillabiche). Il carattere della lingua tedesca, tanto diversa per la lunghezza dei vocaboli dalla lingua inglese, tanto differenziata nell'espressione fonetica dalla scattante lingua francese così cristallina nella struttura etimologica dei vocaboli, opera sul geometrismo anglo-francese. Nell'adattamento tayloriano di K. G. Horstig (1797) sono già avvisaglie di quella tendenza corsiva (e grammaticale) che si manifesta pienamente e originalmente nell'opera di Franz Xaver Gabelsberger.
1. La scuola Gabelsberger. - Un profondo studio dei rapporti tra lingua e scrittura portò il Gabelsberger (dopo nove tentativi, durati dal 1817 al 1826) a concepire un sistema che desta la meraviglia dei tecnici per l'eccellenza della riduzione grafica, il virtuosismo razionale delle abbreviazioni, la bellezza della forma. Il sistema (corsivo) è diviso in tre parti: la 1ª e la 2ª, inscindibili, insegnano a scrivere e ad abbreviare le parole prese isolatamente, la 3ª a ridurre le parole a elementi intrinseci, facilmente rilevabili dal nesso del discorso. Dai segni della scrittura comune sono tratti gli elementi fondamentali; inoltre ci sono "fusioni" di segni per rappresentare, specialmente, le consonanti composte. L'indicazione simbolica delle vocali, e la razionale e sintetica espressione delle desinenze e dei prefissi, sono peculiarità insuperabili del sistema. La 3ª parte rappresenta, della parola, gli elementi essenziali dati dai suoni elementari più caratteristici: vocali, e in misura minore, consonanti (Klangkürzung, in Anleitung, 1834); e, nelle voci verbali, da elementi logicamente ricostruibili (Predikatkürzung, in Vervollkommnungen, 1843; trad. italiana, Padova 1934). Nella 2ª ed. della Anleitung (1850, postuma), è estesa l'abbreviazione (grammaticale) a classi varie di parole (avverbî, aggettivi e nomi), ampliata l'abbreviazione a suono (abbreviazione a Umlaut).
È da escludere assolutamente un criterio mnemonico nella formazione delle abbreviazioni, che devono risultare: 1. nella formulazione grafica (stenogramma) da una logica ed esatta applicazione di principî grammaticali, come del resto è, nella sostanza, nelle note tironiane, dalla cui formazione intrinseca il Gabelsberger trasse l'intuizione (fonetica e grammaticale) delle sue abbreviazioni, specialmente di quelle del predicato;
2. nell'interpretazione (lettura dello stenoscritto) dalle ragioni linguistiche derivanti dal significato logico che assumono, nella frase, le forme abbreviate. Nell'abbreviazione della frase, che non ha riscontri in altrì sistemi moderni, bisogna sempre distinguere fra parola semplice e parola composta (con prefisso o per equipollenza). Nelle parole semplici si rappresenta:
a) la desinenza, spostata dalla base di scrittura, b) qualche elemento vocalico della radice eventualmente manifesto, in modo grafico, nel segno della desinenza. Nelle parole composte si indica: A) la parte prefissale; oppure al segno del prefisso si aggiunge B) qualche elemento della radice; C) la desinenza ed eccezionalmente qualche elemento della radice.
2. Le scuole minori. - Fino al 1933 due sono gl'indirizzi della stenografia tedesca, determinati, soprattutto, dal modo simbolico (α) o alfabetico (β) di rappresentare le vocali.
α) Wilhelm Stolze (1798-1867) sfrutta un complicato simbolismo di posizione (Dreizeiligkeit); Ferdinand Schrey (nato nel 1850) lavora su materiale gabelsbergeriano creando (1887) la diffusa Vereinfachte deutsche Stenographie. Dalla fusione tecnica del sistema Stolze con il sistema Schrey deriva il sistema Stolze-Schrey (1897). Karl Faulmann (18351894) giunge, attraverso varie elaborazioni grafiche, alla Phonetische Stenographie (1883), con indicazione costante della vocale sul segno successivo. Per la novità tecnica (indicazione, per variazione di lunghezza, dei segni della consonante precedente alla vocale), è da ricordare ancora la Stenotachygraphie (1875) di August Lehmann (1843-1893).
β) Leopold Arends (1817-1882), sedotto dall'idea, non nuova, che la stenografia debba sostituire la scrittura comune, pensa a un sistema dove le vocali sono rappresentate, nello stenogramma, con i loro segni alfabetici (Latfaden einer rationellen Stenographie, Berlino 1860). Tale concezione fu seguita da Heinrich Roller (1839-1916), Julius Brauns (1856-I931), Karl Scheithauer (nato nel 1873), e, soprattutto, da Albrecht Kunowski (1864t933) e dal fratello Felix (nato nel 1868). Il sistema Kunowski (1889; 1893; 1897; dal 1898 Nationalstenographie) rapidamente s'impose soverchiando gli altri congeneri.
3. L'unità stenografica. - La molteplicità dei sistemi ha provocato inani tentativi privati di avvicinamento delle varie scuole (1865-1906); l'intervento di un commissario governativo (H. Schulz) riuscì a far imporre (1924) il cosiddetto Juli-Entwurf; ma solo il governo di A. Hitler fa cessare le diatribe; il criterio politico unitario si afferma nel campo organizzativo stenografico (30 settembre 1933: scioglimento di tutte le organizzazioni stenografiche, creazione della Deutschenstenographenschaft) e nel campo teorico (3 novembre 1933, lo Juli-Entwurf diventa la Deutsche Kurzschrift); cessa la propaganda di tutti gli altri sistemi. La Deutsche Kurzschrift è, nelle sue linee fondamentali, gabelsbergeriana, con quelle innovazioni tecniche e pratiche che l'esperienza didattica e professionale e le necessità culturali e nazionali hanno portato al sistema del Gabelsberger (30 gennaio 1936, nuovo "Codice del sistema").
L'unità stenografica ha permesso splendide affermazioni scientifiche e pratiche (nelle scuole, negli uffici governativi, ecc.) e vistose manifestazioni propagandistiche (congresso di Francoforte s. M., agosto 1935; inaugurazione della "Casa della stenografia" - unica al mondo - a Bayreuth, maggio 1936).
E) Altri paesi. - I sistemi tedeschi si sono affermati nei paesi vicini alla Germania, naturalmente con gli adattamenti che il carattere della lingua e le attitudini stenografiche dell'applicatore hanno richiesto. Così in Olanda (A. W. Groote) e in Svezia (O. W. Melin, nato nel 1861) predominano i sistemi di tipo arendsiano; in Ungheria il sistema di Béla Radnái (nato nel 1891), con indicazione simbolica delle vocali, notevole per le audacie abbreviative nella parte oratoria; in Russia (1933) è sistema unitario il sistema di Sokolov per i paesi di lingua russa e il sistema N. U. S. per i paesi che adottano i caratteri latini; in Norvegia e in Finlandia il Gabelsberger, ecc.
Fuori d'Europa, nell'America Meridionale sono ancora usati sistemi derivati dal Martí. Nei paesi di lingua inglese sono diffusi sistemi pitmaniani. Però dal principio del secolo XX si afferma, specialmente negli Stati Uniti, il sistema di John Robert Gregg (nato nel 1867), tipicamente misto con segni geometrici aventi l'inclinazione della scrittura comune senza ingrossamenti, con indicazione alfabetica delle vocali - cosa possibile in una lingua, come l'inglese, così scarsa di parole plurisillabe - con formazione meccanica degli stenogrammi (tav. II). Gli steriogrammi sono facilmente confondibili.
F) Italia. - 1. La scuola tayloriana (tav. IV). - Solo nel 1797 cominciano le manifestazioni pratiche e l'attività editoriale. Il Termometro politico della Lombardia (25 novembre 1797) ricorda che un discorso del seniore Beccalossi è stato raccolto "con un mezzo di tachigrafia"; nello stesso anno compare a Milano la Scrittura elementare di Pietro Francesco Molina (ex-frate olivetano), sistema originale, poco pratico; non ebbe seguito malgrado due edizioni successive (1798, 1811; riproduz., Padova 1935). Fortunato fu invece Emilio Amanti, anche per l'appoggio avuto dalle principali autorità del regno d'Italia. Il ministro dell'Interno, Ludovico di Breme, diffonde il libro nelle scuole, e si aprono scuole di stenografia a Venezia e a Padova. Il ministro della Giustizia G. Luosi incita; seguendo un rapporto di G. D. Romagnosi, i cancellieri a imparare la stenografia e i giudici a promuovere resoconti stenografici dei dibattimenti più importanti. E il pensiero governativo ha larga rispondenza pratica. Chiusa la parentesi napoleonica, i libri testimoniano soprattutto la continuità degli studî: Vincenzo Pino (Milano 1811); Filippo Delpino (Torino 1819; 4ª ediz., 1848); Antonio Milanesio (Torino 1819); Luigi Caterino (Napoli 1822). Le manifestazioni pratiche si riducono alle esercitazioni pubbliche del Delpino in Piemonte, alla stenoscrizione delle poche sessioni del parlamento napoletano (1820). Altrove è viva la diffidenza dell'Austria che ostacola qualunque tentativo di diffusione della stenografia nelle scuole (C. F. Dupuy, 1825, 1828, 1830; C. Narducci, 1828, 1829). Affiorano tuttavia, di quando in quando, testimonianze stenografiche: Daniele Manin redige, in stenografia, note personali e idea tre diversi sistemi con applicazione ad altre lingue (v. Bollettino della Accademia italiana di stenografia, 1936).
Le speranze nazionali sembrano realizzarsi nel 1848, e la stenografia è utilizzata nei varî parlamenti: F. Delpino e P. Visetti a Torino, C. Tealdi a Firenze, G. Tatafiore a Napoli sono fra gli stenografi parlamentari più ricordati. Si aprono scuole a Trieste (A. Magnaron), a Genova (V. L. Matteucci), a Milano (G. Bruschetti), a Venezia (G. Bianco). Si pubblicano varî manuali, tayloriani nella tecnica ma sempre adattati ai bisogni dell'oratoria (C. Tealdi, M. Silvin, ecc.). Trieste si afferma nel campo editoriale con manuali importanti anche teoricamente. Il Magnaron rinnova (1ª ediz. 1848; 2ª ediz., Trieste 1862), in senso corsivo, il sistema non originale ma notevole di C. F. Dupuy (Como 1826), mentre Giusto Grion (Trieste 1849; Rovigo 1861) decisamente s'ispira alla tecnica corsiva tedesca. Ma, nel doloroso 1849, l'eloquenza parlamentare si tace, la stenografia parlamentare più non si usa se non nel liberale Piemonte.
2. La scuola Gabelsberger-Noe. - Nel 1863 si stampa a Dresda la Stenografia Italiana di Enrico Carlo Noe, ed è subito una diffusione rapida dell'adattamento che, con mirabile intuizione scientifica e con saggia preparazione linguistica, il Noe ha saputo pazientemente attuare. Nel 1865 esce a Trieste il Manuale di stenografia dello stesso Noe, ancor più aderente allo spirito della lingua di Dante e alle esigenze della velocità stenografica.
Il Manuale di stenografia è da considerare il codice del sistema Gabelsberger-Noe, che, dal 1928, è in Italia sistema unico di stato. Delle ventiquattro edizioni finora uscite, sono da ricordare principalmente le seguenti: la 1ª (1865), la 2ª (1870), la 3ª (1871), che perfezionano la tecnica dell'adattamento; la 7ª (1880), l'8ª (1883), la 9a (1887), che migliorano in più punti la parte didattica del libro; la 16ª (1905), per le precisazioni dottrinarie dell'esposizione. Dalla 16ª edizione (1905) il Manuale è curato da Guido du Ban (nato nel I877), dal 1914 capo della scuola Gabelsberger-Noe. Nella sua struttura fondamentale il sistema non ha subito variazioni dal 1865 a oggi.
La fervida propaganda dei seguaci del Noe vince ogni apatia e supera qualunque ostacolo; si creano per la prima volta, in tutta l'Italia, società di stenografia; si pubblicano, cosa nuova, giornali in caratteri stenografici; si ottengono ambiti riconoscimenti governativi (circolari Luzzatti, 1872, e Coppino, 1886, dirette a istituire corsi serali di stenografia presso gl'istituti tecnici; circolare Daneo del 1891, intesa ad avere funzionarî stenografi presso i tribunali). Il codice di proc. penale stabilisce (1931) l'opportunità della redazione stenografica del verbale d'udienza.
3. Le scuole minori (Tav. IV). - Nella seconda metà del sec. XIX sempre più declinano i sistemi derivati dal Taylor, e accanto al sistema Gabelsberger-Noe si propagano altri sistemi, a volte suggestioni di quest'ultimo (M. Vegezzi, Bergamo 1872, 1881), spesso tentativi personali: F. Bianchini (Torino 1871), G. Fumagalli (Milano 1872), che non hanno seguito. Invece l'adattamento del sistema inglese del Pitman, dovuto a Giuseppe Francini, ebbe una certa rinomanza specialmente a Roma, intorno alla fine del secolo XIX; le idee pitmaniane, diffuse nel manuale del Francini (1883; 11ª ediz., 1922; la 3ª ediz., 1888, perfezionata da Ettore Poli) non rimasero senza eco, dal punto di vista tecnico, in taluni sistemi ideati intorno al principio del sec. XX. Serafino Marchionni (nato nel 1875) idea diversi sistemi con varia fattura tecnica (1903-1925). Erminio Meschini (1880-1936) pubblica varî sistemi tecnicamente diversi (Roma 1906, 1911, 1916, 1935), passando da un'ardita concezione geometrica con indicazione simbolica delle vocali a un sistema misto con rappresentazione ortografica della parola, troppo analitico e inadeguato ai bisogni stenografici. Nella sua ultima fase (1935) il Meschini è giunto senz'altro a una concezione corsiva.
I sistemi ideati da Nicola D'Urso (1ª ediz., 1908; 11ª ediz., Roma 1925), Alfonso Sautto (1ª ediz., Vasto 1910; 7ª ediz., Padova 1927), Giovanni Vincenzo Cima (nato nel 1893; 1ª ediz., Saluzzo 1912; 14ª ediz., Torino 1935) seguono la concezione mista, grammaticale-meccanica. Di taluni dei sistemi precedenti si è pure occupata un'apposita commissione di studio, nominata (1935) dalla Reale Accademia d'Italia.
4. Il sistema Gabelsberger-Noe sistema unico di stato. - L'insegnamento della stenografia, lasciato per quasi un secolo all'iniziativa privata, era, nel 1909, disciplinato dal governo con la regolare istituzione di esami governativi; l'abilitazione era riservata ai seguaci dei sistemi Gabelsberger-Noe, Pitman-Francini, Taylor-Dehino e Macchina Michela (nel 1913 si aggiunse il sistema Meschini), Nel 1923 la riforma scolastica Gentile giustamente introduceva la stenografia, come materia obbligatoria, in tutte le scuole di carattere tecnico (dal 1912 era materia obbligatoria nelle scuole commerciali).
L'abilitazione all'insegnamento della stenografia - obbligatoria per poter insegnare nelle scuole pubbliche - si consegue per esame da sostenersi davanti ad apposite commissioni governative. Dal 1910 al 1935 (dal 1928 solo secondo il sistema Noe), si sono avuti - per riguardo agli abilitati - i seguenti risultati statistici: sistema Noe: 1853; Meschini: 310; Pitman-Francini: 76; Taylor-Delpino: 11; Michela: 2.
La molteplicità dei sistemi insegnati nelle pubbliche scuole, suscitò vivaci contrasti. In seguito al parere di una commissione tecnica, B. Mussolini dichiarava (12 febbraio 1928) che il sistema stenografico Gabelsberger-Noe possiede "elementi di indiscutibile superiorità su tutti gli altri sistemi di cui si è tentato l'esperimento in Italia". Logica conseguenza di tale netto giudizio il r. decreto 18 marzo 1928, che stabilisce l'insegnamento scolastico obbligatorio unicamente secondo il sistema Gabelsberger-Noe. Il decreto riconosce così implicitamente non solo il valore culturale della stenografia del Noe, ma anche la bontà professionale del sistema, ormai unico rappresentato al gabinetto stenografico della Camera dei deputati, sempre all'avanguardia, e dominante nelle gare nazionali (Pavia 1908, IXª gara: Milano 1933). E ancora premia la scuola Enrico Noe, sola ad affermarsi nei numerosi congressi nazionali (il 1° a Firenze nel 1887, il 9° a Firenze nel 1935); fiorente nelle sue organizzazioni tecniche (Federazione fra le società stenografiche, Roma 1905; Associazione magistrale stenografica italiana, Cremona 1910, ente morale); benemerita per le istituzioni culturali di carattere nazionale (Istituto di magistero stenografico, Milano 1921, ente morale; Accademia italiana di stenografia, Padova 1925; disinteressatamente create da Ferruccio Stazi allo scopo di promuovere la cultura stenografica); signoreggiante negli uffici stenografici dei giornali.
La "scuola Enrico Noe", così chiamata giusta la dizione di varî decreti governativi, è retta da un direttorio presieduto da Guido du Ban (Trieste).
Nel 1935-36 varie manifestazioni nazionali hanno avuto luogo per la celebrazione del primo centenario della nascita di Enrico Noe (vedi volume commemorativo, Padova 1936). Nel 1936, auspice l'Accademia italiana di stenografia, con il concorso della Società internazionale dell'insegnamento commerciale, ha luogo, per la prima volta, un'inchiesta mondiale sull'insegnamento della stenografia e della dattilografia nelle pubbliche scuole.
Bibl.: Per il periodo antico e medievale, v. abbreviazione; alfabeto; paleografia. Cfr. Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 2217 segg. Per le note tironiane: M. Prou (M. Jusselin), Manuel de paléographie, 4ª ed., Parigi 1924; E. Molina, in Boll. Accad. it. di sten., Padova 1933. Su Tirone: G. Tambara, Della vita e delle opere di M. T. T., ivi 1889; U. Moricca, in Boll. Accad. it. di sten., ivi 1931. Per la tachigrafia greca: H. J. M. Milne, Greek Shorthand Manuals, Londra 1934.
Opere storiche generali: P. Gibbs, An Historical Account, Londra 1736; J. H. Lewis, An Historical Account, ivi 1815, 1816; A. Fossé, Cours théorique et pratique de stén., Parigi 1829; Scott de Martinville, Histoire de la stén., ivi 1849; I. Pitman, A history of shorthand, Londra 1852, 1868, 1891, 1928; J. W. Zeibig, Geschichte und Literatur und Geschwindschreibkunst, Dresda 1863, 1867, app. 1878, 1899; H. Krieg, Cours de stén intern., Lipsia 1880; T. Anderson, History of sten., Londra 1882; K. Faulmann, Historische Grammatik der Sten., Vienna 1887; H. Moser, Allgemeine Geschichte der Sten., Lipsia 1889; A. Junge, Die Vorgesichte der Sten, in Deutschland, ivi 1890; J. E. Rockwell, Shorthand instruction and practice, Washington 1893; K. Faulmann, Geschichte und Literatur der Sten., Vienna 1895; A. e F. Kunowski, Die Kurzschrift als Wissenschaft und Kunst, Lipsia 1895, 1923; J.-J Thierry-Mieg, Examen critique des stén., Versailles 1900; L.-P. e E. Guénin, Histoire de la stén. dans l'antiquité et au moyen-âge, Parigi 1908; F. David, Ausführliche Zeittafeln, Dresda 1909, 1922, app. 1930; A. Navarre, Histoire générale de la stén., Parigi (1909); C. Johnen, Geschichte der Sten., I, Berlino 1911; R. Dowerg, Entwicklungsgeschichte der Gab. Sten., Wolfenbüttel 1915; C. Johnen, Allgemeine Geschichte der Kurzschrift, Berlino 1917, 1924, 1928; O. W. Melin, Stenografiens historia, I e II, Stoccolma 1927, 1929.
Opere bibliografiche generali: sono omessi i titoli delle pubblicazioin relative alle varie nazioni: Francia (R. Havette, 1906), Giappone (Wenckstern, 1907), Inghilterra (W. Gibson, 1887), Polonia (W. Chrapuste e S. Traub, 1933), Portogallo e Brasile (F. P. de Linde, 1915), Olanda (A. Smit, 1933), Spagna (R. Madan, 1913).
Da consultare: K. Brown e D. C. Haskell, The Shorthand Collection in the New York Public Library, New York 1935; R. Bonnet, Männer der Kurzschrift, Darmstadt 1935.
Per la stenografia in Italia, v.: F. Tedeschi, L'arte della stenografia, Torino 1873, 1874; E. Majetti, Disegno storico della stenografia, Napoli 1891, 1909; C. Brizi, Storia e letteratura della stenogr., ivi 1907, Suppl. 1908; G. Aliprandi, Saggio di una bibl. stenogr., ivi 1907, Suppl. 1908; G. Aliprandi, Saggio di una bibl. stenogr. ital. (1797-1899), Firenze 1919; (1899-1930), Padova 1930; id., Storia della stenogr., Padova 1925; F. Giulietti, Trattato critico-stor. di stenogr., Firenze 1926. Da consultare: Boll. della Accad. ital. di stenografia, Padova (dal 1925).
La stenografia meccanica.
Storia. - Ai primi del sec. XIX, come conseguenza dello sviluppo raggiunto dalla tachigrafia e come riflesso nel campo della scrittura delle rincorrentisi invenzioni meccaniche, compaiono le prime macchine dirette a fissare automaticamente le parole velocemente pronunciate.
La Machine tachygraphique del bibliotecario francese Gonod (1827) è seguita (1830) dal Potenografo dell'artista Celestino Galli da Carrù (Piemonte), dalla macchina per stenografare del barone C. von Drais (1834) e dal Tachygraphe di A. Dujardin (1838). Nel 1839 un altro italiano, Antonio Michela da Cortereggio Canavese (1815-1886), comincia a pensare a un alfabeto universale e a un sistema di scrittura comune a tutti i linguaggi. Il Michela, maestro elementare prima, poi insegnante di disegno e di architetura alla R. Scuola tecnica d'Ivrea, riesce a realizzare praticamente la sua idea nel 1862 con la Fonostenografica (brevetti 1876, 1878) macchina adottata, dal 1880, al Senato del regno (fig. 1). Solo in tale ambiente tranquillo, la Michela ha potuto mantenersi in uso.
Molti gl'inventori di macchine per stenografare; si ricordano fra gli Italiani: Luigi Lamonica (1867, 1874, 1875, 1881), Isidoro Maggi (1871, 1881), Dario Mazzei (1878), Bussadori (1880), Amedeo Gentilli (1882), Valerio Ambrosetti (1883), Luigi Ranieri (1900), Giulio Crespi (1903), Manlio Marzetti (1904), Enea Lanari (1907). Fra gli stranieri: i Francesi Henri Gensoul (1866, 1869), Jules Lafaurie (1900, 1904), Charles Bivort (1902, 1903), Marc Grandjean (1924) e l'americano Ward Stone (fig. 2). Solo le invenzioni di questi ultimi tre hanno avuto, all'estero, qualche pratica applicazione.
Talune macchine sono state usate per trasmissioni telegrafiche (esperienze G. A. Cassagnes, 1885, con la Michela). Con opportune varianti della tastiera si sono costruite macchine per i ciechi; modificando il valore fonetico dei segni è facile stenografare in qualunque lingua; speciali dispositivi consentono di sfruttare le macchine stenografiche anche come macchine da scrivere.
Tecnica. - Una macchina stenografica ha, generalmente, la forma di un piccolo pianoforte, con un sistema di tasti, eguali o no, disposti su una o più file. I tasti terminano con martelletti che ad ogni percussione vanno a colpire, silenziosamente, una striscia di carta che si svolge da un rotolo. A differenza delle macchine da scrivere, dove ogni tasto corrisponde a un elemento ortografico della parola, nelle macchine stenografiche si rappresentano i suoni, le sillabe; ogni sillaba, ottenuta per pressione, anche contemporanea, di più tasti, sta su una riga. A ogni "pressione di riga", la "striscia" avanza di un "passo". Gli elementi della sillaba sono rappresentati: 1. convenzionalmente [con segni empirici (fig. 3), stenografici (fig. 4), con segmenti (fig. 5), con numeri (fig. 6)]; 2. con segni che rammentano, più o meno combinati o variati, gli analoghi dell'alfabeto (figg. 7, 8), e ciò allo scopo di dare "strisce" immediatamente leggibili. La velocità, nella stenoscrizione, si raggiunge: a) riducendo al minor numero possibile i tasti; b) rappresentando in modo eguale lettere foneticamente simili (b-p, c-k, f-v, ecc.); indicando solo i suoni delle parole (fait - fé) (fig. 9); omettendo elementi non strettamente necessarî nella lettura (vocali finali, medie, ecc.); c) rappresentando taluni elementi della parola in modo empirico o sfruttando regole proprie dei sistemi di stenografia.
Diffusione delle macchine stenografiche. - Limitate applicazioni pratiche hanno avuto le macchine per stenografare, in quanto i vantaggi derivanti dalla meccanicità dello strumento (risparmio di fatica fisica, indeformabilità dei segni qualunque sia la velocità, possibilità di guardare l'oratore, ecc.) non sono compensati dagli svantaggi (necessità di un ambiente tranquillo; delicatezza, costo, volume ingombrante dell'apparecchio; impossibilità dell'uso in qualunque circostanza, ecc.). Cosicché la stenografia manuale continua a dominare anche negli Stati Uniti, dove signoreggiano le applicazioni meccaniche.
Bibl.: C. De Alberti, Manuale di stenografia, sistema Michela, Roma 1897; H. Dupont e L.-F. Canet, Les machines à écrire, Parigi 1901; E. Budan, Le macchine da stenografare, Venezia 1906; H. Dupont e G. Sénécal, Les machines à sténographier, Limoges e Parigi 1907; E. Budan, La stenografia meccanica, Padova 1926 (Bollettino della Accademia italiana di stenografia); E. Caroni, Il resoconto stenografico parlamentare e la macchina "Michela", Roma 1930; L. Schneider, Stenographiermaschinen und Maschinenstenographie, Dresda 1932 (Deutsche Stenographen-Zeitung); K. Lang-H. Krüger, Handbuch des Maschinenschreibens, Darmstadt 1936.