LASAGNA (Lazagna, Cattaneo Lasagna), Stefano
Nacque a Genova probabilmente intorno al 1540 da Vincenzo, nobile di estrazione popolare ascritto all'"albergo" Cattaneo con la riforma del 1528, insieme con i fratelli Bartolomeo e Paolo, figli di Gerolamo (fratello a sua volta dell'insigne giurista Giovanni Battista). Tutti i componenti della famiglia Cattaneo Lasagna lasciarono il cognome Cattaneo e ripresero il solo originario con l'ulteriore riforma del 1576.
Proprio all'anno della riforma costituzionale che, con gli accordi di Casale, metteva fine alla guerra civile tra "nobili vecchi" e "nobili nuovi", risale la prima documentata presenza politicamente significativa del L., che, giovane avvocato della nobiltà nuova, era entrato nel collegio di difesa dell'ex doge Bartolomeo Coronata. Nel dicembre 1576 era stata elevata l'accusa di congiura contro Coronata, che si era fatto portavoce di quanti tra i nobili nuovi minori e i popolari si trovavano comunque esclusi dai benefici della raggiunta pacificazione. Il processo, istruito davanti alla Ruota criminale, vedeva imputati anche Agostino Satis, il medico Silvestro Fazio, il mercante Teramo Brignole, i due setaioli Andrea Castiglione e Giacomo Rovereto, Giulio Sale (che durante la guerra civile del 1575 aveva mantenuto i contatti tra i nobili nuovi e il granduca di Toscana) e un soldato, Stefano Figurella, distintosi in varie azioni contro i nobili fuorusciti. I processi, costruiti in favore della vecchia classe dirigente e per prevenire il dissenso organizzato intorno ai capi radicali, si conclusero, dopo lo scioglimento della prima ruota che aveva assolto gli imputati, con la condanna.
Nel frattempo si sciolse anche il collegio di difesa di cui, insieme con il L., avevano fatto parte Francesco Tagliacarne, Davide Vaccà, Nicolò Baliani, Giovanni Battista Senarega, tutti autorevoli esponenti della nobiltà nuova. Adattandosi alla logica di una normalizzazione politica che potesse garantire le loro carriere, il L. e gli altri preferirono abbandonare le posizioni più compromettenti. Tuttavia dovette passare qualche anno prima che il L. ricevesse incarichi dal governo: le prime ambascerie risultano infatti nel 1584, quando fu mandato come agente a Milano tra l'aprile e il maggio, e tra l'ottobre e il dicembre 1585, quando fu inviato al nuovo pontefice, Sisto V, in ambasceria solenne, insieme con Giorgio Doria, Lazzaro Grimaldi e Silvestro Invrea. Alla fine del 1586 gli fu affidato l'incarico di occuparsi della questione di Pornassio, a cui il L. dedicò ripetuti viaggi sul posto negli anni successivi e alla cui conduzione il governo genovese avrebbe fatto reiterati riferimenti nelle istruzioni agli ambasciatori in Spagna e presso le altre corti d'Europa per rivendicare la sovranità della Repubblica su quel territorio.
Pornassio era oggetto di contrasto col Ducato di Savoia per la sua posizione strategica sulla via, dal mare, da Albenga al Piemonte. Il problema si protrasse per quasi un secolo e alla fine fu tra le cause sia della prima guerra sabauda (tra il 1625 e il 1627), sia della seconda (1672).
Il L. fu inviato sul posto, con la formula dell'ampia balia (ampi poteri), per incontrare l'incaricato sabaudo, ma entrambi furono costretti a rinviare ai rispettivi governi la rivendicazione della sovranità: a questa missione del L., ovviamente insistendo sulle ambiguità delle intenzioni sabaude, fanno riferimento con pressoché identica formulazione le istruzioni agli ambasciatori alla corte di Madrid nel decennio 1586-96, da quelle a Giovanni Battista Doria (del 7 nov. 1586), a quelle a Pier Battista Cattaneo (10 sett. 1590), a Ettore Piccamiglio (8 luglio 1596) e a Cesare Giustiniani (4 nov. 1596). Dall'ultima risulta una fase nuova, anche se non risolutiva, della questione: il L. era stato incaricato di partire in tutta fretta, il 24 ott. 1596, per incontrare il 26 a Pornassio il nuovo inviato del duca di Savoia, il presidente del Senato Morello. Dopo qualche dilazione sospetta da parte di Morello, il 30 ottobre l'abboccamento avvenne nella località contesa, da dove i due deliberarono concordemente di ritirarsi a preparare la possibile amichevole soluzione giuridica delle "differenze", recandosi l'incaricato sabaudo a Oneglia e il L. al "porto" (non meglio specificato, ma probabilmente Porto Maurizio; da non confondere, come fa Ciasca, I, p. 305, con una provenienza del L. da Porto). Ma il 5 dicembre il L. tornò a Genova, di nuovo senza avere ottenuto la composizione del contrasto, e attribuì il fallimento all'accertata mancanza di volontà politica della controparte. Il governo della Repubblica si vide costretto a rimettere la questione al foro di Bologna, dove peraltro il problema si sarebbe trascinato senza soluzione, nonostante fosse inviato a Bologna, per seguire la pratica, proprio il L., che vi risiedette dal marzo 1601 al marzo 1602. Il L. fu inviato una seconda volta a Bologna nel 1617 (partito da Genova il 13 febbraio, tornò in aprile), stavolta con la qualifica di ambasciatore per difendere gli interessi della Repubblica nelle "cose" di Corsica.
È l'ultimo incarico documentato del L., e la sua morte è, probabilmente, di poco posteriore.
Era stato estratto tra i senatori due volte, nel dicembre 1598 e nel 1614. Nella seconda occasione era toccato al figlio Paolo, anche lui dottore in legge, pronunciare il discorso ai nuovi senatori. Oltre a Paolo, il L. lasciò una numerosa figliolanza maschile, tutta ascritta alla nobiltà: Vincenzo, politico prudente e di colta polemica; Bartolomeo; Prospero; Andrea; Francesco; e Giovanni Battista, che diede nuovo lustro alla tradizione familiare di grandi giurisperiti.
Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca civica Berio, Mss., m.r.X.2.168: L. Della Cella, Famiglie di Genova, 1782, c. 693; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, I, Roma 1951, pp. 253, 265, 294, 300-306; Il "Liber nobilitatis Genuensis"…, a cura di G. Guelfi Camajani, Firenze 1965, p. 312; F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1779, pp. 382 ss.; A. Roccatagliata, Annali della Repubblica di Genova dall'anno 1581 all'anno 1607, Genova 1873, pp. 175, 194; L. Volpicella, I libri cerimoniali della Repubblica di Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, XLIX (1921), p. 248; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica ligure, ibid., LXIII (1934), pp. 9, 12, 52 (con l'indicazione delle fonti dell'Archivio di Stato di Genova); C. Costantini, La Repubblica di Genova nell'Età moderna, Torino 1978, p. 138.