STATO (XXXII, p. 613)
Gli interventi dello stato. Esempî di interventi. - Accanto all'attività dello s., che trova modo di esplicarsi nell'applicare imposte, emettere prestiti, erogare spese, ne esiste una forse non meno estesa, costituita da "interventi", che esercita influenza non minore delle altre sul reddito reale complessivo del paese, entro il quale si esplica, e, molto spesso, anche sul reddito di paesi, che col primo intrattengano comunque rapporti di scambio.
"Intervento" può definirsi qualunque agire dello s. volto a raggiungere fini, che la collettività ritenga di proporsi. Come primo orientamento, nella disamina di così vasta attività dello s., sembra opportuno distinguere tra interventi, che lo s. compie nell'interesse generale - vale a dire, nell'interesse di tutti, o quasi, i componenti una collettività - e interventi a favore di "particolari categorie". Questi ultimi tendono a crescere, man mano che le rispettive categorie di interessi acquistano fisionomia e forza politica.
A titolo di esempio, nel settore dell'attività produttiva, si presentano interventi di carattere generale: la creazione di monopolî statali - enti di privilegio, che monopolizzano o l'attività produttiva, o qualunque altra attività economica; la requisizione di aziende private; la nazionalizzazione di talune produzioni; il blocco dei licenziamenti e l'imponibile di mano d'opera; l'autorizzazione di nuovi investimenti da parte di organi dello stato; la disciplina della partecipazione del capitale pubblico a imprese private; l'apprestamento di progetti di opere pubbliche, da eseguirsi in periodi di tempo determinati; l'apprestamento di una legislazione antimonopolistica. Di carattere particolare si presentano interventi come: la imposizione ad aziende private, da parte del governo, di determinati programmi produttivi: ad es., di talune colture agricole; il controllo governativo di talune aziende; la "consorziazione" coattiva, o di pubblica iniziativa di aziende determinate; e così via.
Sempre a titolo di esempio, nel settore del risparmio, della moneta e del credito, si presentano interventi di carattere generale; il divieto di distribuire utili; l'obbligo di limitare la entità degli utili da distribuire; l'obbligo di versare gli utili conseguiti in conti bloccati; le disposizioni atte a provocare risparmio forzato: ad es., il divieto di acquisto di taluni beni; la sospensione di attività borsistiche; l'imposizione alle banche e a talune imprese assicurative di acquistare titoli pubblici; la variazione dell'entità delle riserve obbligatorie per le banche di credito commerciale; la dichiarazione di moratoria dei debiti; la nominatività dei titoli come chi dicesse il divieto, per una società, di emettere titoli al portatore; la dichiarazione di corso forzoso dei biglietti di banca; i provvedimenti volti a stabilizzare, svalutare, o "cambiare" la moneta nazionale; la conversione dei prestiti pubblici; l'obbligo di osservare condizioni determinate nello svolgimento di operazioni attive, o passive, delle banche di credito commerciale; i provvedimenti volti ad assicurare il collocamento dei titoli di prestiti pubblici; il controllo selettivo del credito, da parte delle banche chiamate a concederlo.
Nel settore degli scambî all'interno del paese, si presentano interventi di carattere generale: la requisizione, gli ammassi, i razionamenti di beni di consumo e di fattori produttivi; il blocco degli stipendî, dei salarî, delle pigioni; la creazione di consorzî per l'approvvigionamento, la distribuzione, la vendita dei prodotti: consorzî, anche in questo caso, coattivi, o di pubblica iniziativa. Si presentano interventi di carattere particolare: gli acquisti, da parte dello s., di eccedenze di prodotti, verificatesi presso talune aziende, allo scopo di sostenere i prezzi sul mercato: per quanto acquisti siffatti si prestino piuttosto ad essere considerati come spese pubbliche.
Nel settore degli scambî con l'estero, si presentano interventi di carattere generale: il monopolio dei cambî; la discriminazione dei tassi di cambio; le varie forme di controllo del commercio delle divise estere; gli scambî bilanciati; il congelamento dei crediti esteri; i "clearings" bilaterali e multilaterali. Si presentano interventi di carattere particolare: i dazî economici; i contingentamenti; i divieti di importazione e di esportazione.
Elementi che ricorrono in ogni intervento dello stato. - Qualora si prendano le mosse da questa esemplificazione ci si potrebbe chiedere: nella mole degli interventi, che lo s. viene a compiere, ricorrono elementi dai quali diventi possibile risalire a una giustificazione comune dell'agire dello stato? In altri termini, per quale motivo fondamentale lo s. si accolla il compito di compiere questi varî interventi?
Sono noti i fattori, ai quali può ascriversi la crescente ingerenza dello s. nella vita del singolo e, reciprocamente, la continua sottrazione del singolo alla responsabilità di organizzare la propria esistenza, nel modo da lui ritenuto più opportuno. È fenomeno, che si delinea contemporaneo a quello dell'aumento delle spese pubbliche, pur rimanendone ben distinto. Fra l'altro, a rendere più estesa l'ingerenza dello s. nella vita del singolo, hanno concorso le conquiste del movimento operaio. Sotto la spinta di esse, si sono elaborate sempre nuove forme assicurative del lavoratore: dall'assunzione di mano d'opera, attraverso uffici di collocamento, alle "assicurazioni sociali", sempre più numerose; alle forme di assistenza, diretta e indiretta, variamente concepite; alla formazione e all'istruzione professionale. Forme assicurative dell'individuo, che - elaboratesí man mano che le classi lavoratrici acquistavano potere politico sempre maggiore - finiscono, in molti paesi, per essere fatte proprie dallo s., o per essere dallo s. favorite con larghezza.
Sennonché - nella rapida evoluzione e dimsione di queste nuove istanze, che vengono chiamate "sociali" - le forme assicurative non si arrestano a considerare soltanto l'"individuo". A poco a poco, allo s. si prospetta il bisogno di assicurare lo sviluppo altresì delle "aziende produttive", considerate - ogni giorno più a ragione - fonte di redditi sempre più cospicua per la collettività. Convincimento questo, che viene ribadito, quando - nel settore produttivo, ad es., - lo s. accorda, o rifiuta il proprio assenso alla installazione di nuove aziende, ovvero all'ampliamento di quelle esistenti. In questo modo, lo s. non fa che sottrarre l'imprenditore al rischio di un'errata scelta del campo di investimento: errata almeno per quanto è concesso di giudicare alle ordinarie facoltà di previsione delle autorità, che si trovano in grado di conoscere l'andamento di un settore produttivo, o addirittura dell'intero mercato.
Quando - di fronte al dilagare di scioperi politici, che ne minano la compagine - lo s. ribadisce la persistenza dell'iniziativa privata, viene, in realtà, a riscattare dall'equivoco di una tolleranza e di un compromesso temporaneo, la proprietà del capitale, l'agire del singolo, la facoltà di risparmio, linfa di ogni nuova produzione. Quando lo s. promulga norme antimonopolistiche per consentire a tutte le aziende, anche se di mole non estesa, la libera esplicazione della propria attività; ovvero quando si induce a controllare la distribuzione degli utili privati; o quando impone programmi produttivi ad aziende di un settore determinato; lo s. finisce sempre per sottrarre, non pure l'individuo, ma ormai anche l'imprenditore alla completa libertà di organizzare la propria azienda e di promuoverne lo sviluppo, secondo metodi da ciascuno ritenuti più adeguati. Gli esempî potrebbero facilmente moltiplicarsi per ribadire come la crescente ingerenza dello s. nella vita economica di un paese volga, in definitiva, a sottrarre prima gli individui, poi le aziende a taluni rischi. Sottrazione che, da un punto di vista economico, si identifica con un principio di "assicurazione da rischi" prima dell'individuo, poi dell'azienda.
Costo dell'attività assicurativa da parte di privati. - In pratica, il principio di assicurazione si risolve nel sostituire un costo certo attuale a un costo incerto futuro: un costo, quest'ultimo, che l'individuo, o l'azienda, dovrebbero affrontare, qualora un evento dannoso avesse a prodursi. La differenza tra i due costi - quello certo attuale, che dovrebbe essere minore, e quello incerto futuro, che dovrebbe essere maggiore - costituisce il guadagno dell'assicurazione, della quale beneficiano l'individuo o l'azienda. È soltanto questa differenza a permettere di affrontare il costo certo attuale dell'assicurazione per l'individuo o per l'azienda: praticamente il premio di assicurazione a carico dell'uno o dell'altra.
Costo dell'attività assicurativa esplicata dallo stato. - Con maggiore aderenza alla realtà, questa nozione di costo diventa ancora più complessa, quando dall'assicurazione degli individui, a opera di privati, si passa all'assicurazione di individui e di aziende, a opera dello s., che volge a sottrarre gli uni e le altre a taluni rischi.
Lo s., ad es., può volere assicurare solo gruppi di individui - mettiamo i reddituarî tra i meno elevati - e provvedere ad esentare da imposte certi consumi. Può volere assicurare gruppi di aziende - mettiamo solo quelle di certi settori produttivi - contro il rischio di forti ribassi di prezzi all'interno, a seguito di un afflusso di merci estere. Pertanto ricorre ai dazî, contingenti, altri ostacoli all'importazione; ovvero crea monopolî di acquisto e di vendita sul mercato interno, o su quelli esteri. Misure che tendono tutte ad evitare ribassi dei prezzi, arresti di produzione, disoccupazione di mano d'opera e di capitali, distruzione di scorte e che - anche quando risultano provocate dalla pressione di interessi di taluni produttori - vengono ritenute interventi di carattere generale, perché si presumono di vantaggio per tutti i componenti una collettività. Lo s. può anche volere assicurare tutti i componenti una collettività, anche i più abbienti, contro taluni rischi - ad es., il rischio di penuria grave di beni, o servizî, in rapporto alla domanda - e allora ricorre a "razionamenti". Lo s., infine, può determinarsi a taluni interventi non per il beneficio dei singoli, o di aziende, bensì perché desidera sottrarsi a certi rischi ad es., il rischio di natura politica che - verificandosi eventi dannosi in mancanza di interventi che potrebbero eliminarli - una coalizione di interessi fra i colpiti dagli eventi metta a repentaglio le sorti del governo.
Quel che importa porre in rilievo è la circostanza che ogni intervento - nell'interesse generale, in quello di particolari categorie, o in quello medesimo del governo che lo promuove - si fonda sempre sulla sostituzione di un costo certo attuale a un costo futuro eventuale. L'apprezzamento dei due costi - soprattutto di quello futuro: come dire del rischio che si correrebbe, qualora l'intervento non dovesse verificarsi - rimane sempre iniziativa delle autorità responsabili della decisione sullo stesso intervento. Tuttavia, qualora - per evitare azioni tumultuarie - le autorità assumano l'abito di considerare qualsiasi intervento, diverso da imposte, prestiti e spese pubbliche, come espressione di un principio assicurativo di individui, di aziende, o dello stesso governo che deve effettuarlo, non rimane più possibile sfuggire al bisogno di porre a raffronto, da un lato, le conseguenze economiche dell'agire dello s., dall'altro, i risultati che l'intervento intende conseguire. Il che rappresenta garanzia di condotta avveduta, da parte di uomini veramente responsabili e solleciti della vita pubblica di un paese.
Il concetto di costo certo attuale di un intervento, nel caso di attività assicurativa esplicata dallo s., si slarga a comprendere tutte le conseguenze onerose, mediate o immediate, così per lo s. medesimo, come per chiunque da tale intervento subisca ripercussioni sfavorevoli. Nel contempo, il concetto di risultato utile designa non pure lo stesso conseguimento del fine, che lo s. si propone - vale a dire, l'eliminazione delle conseguenze, che l'evento dannoso avrebbe potuto provocare in mancanza di intervento e che costituiscono il costo eventuale futuro - ma altresì le conseguenze favorevoli, che da tale eliminazione potrebbero derivare: ad es., prezzi meno elevati, a seguito di razionamento, per gli autori di piani di consumo; ad es., costi meno elevati, a seguito di avvedute distribuzioni di fattori produttivi, per gli autori di piani di produzione; ad es., prezzi meglio remunerativi per autori di piani di produzione, a seguito di dazî, i quali non pervengano a sopprimere incentivi ad affinare l'attività del produrre. Conseguenze favorevoli che, quando riescono a concretarsi, si aggiungono al minimo risultato utile dell'intervento - identificabile con l'eliminazione del rischio che l'evento dannoso si produca - e rendono più decisivo il risultato utile complessivo dell'intervento, rispetto al costo certo attuale. In condizioni siffatte - se pure non crei redditi in aggiunta a quelli esistenti - l'intervento dello s., o dell'ente pubblico, trova una propria giustificazione economica nel fatto che sopprime il rischio di perdita e di distruzione dei redditi esistenti.
È vero che, ogni qualvolta l'apprezzamento dei due termini di raffronto - costo certo attuale e costo eventuale futuro, identificabile col minimo risultato utile - resta affidato alle autorità responsabili, queste, magari per motivi che esulano dal principio economico, possono anche indursi a valutare in misura eccessiva il costo eventuale futuro: i danni, mettiamo, derivanti da un ribasso dei prezzi per afflusso di merci estere; o i danni di una rivolta di interessi, che il governo dovrebbe fronteggiare, in mancanza di interventi. Epperò le autorità responsabili si inducono a compiere l'intervento - p. es. un dazio sull'importazione di taluni beni - nella illusione di disporre di una adeguata giustificazione economica. Sennonché, a temperare valutazioni esagerate del costo eventuale futuro, soccorre la stessa entità del costo certo attuale. Per quanto non facilmente coalizzabili, gli interessi dei consumatori, colpiti da un dazio o da un contingente, non dovrebbero mancare di elevare le proprie ragioni, epperò di richiamare le autorità responsabili a una valutazione più realistica del costo certo attuale: vale a dire, della entità delle conseguenze "sfavorevoli" scaturenti dall'intervento dello s.; in tal modo si restringe il margine di economicità dell'intervento, costituito dal divario fra costo certo attuale e costo futuro eventuale; epperò tende a svanire, almeno in parte, la giustificazione economica di un intervento dello s., sollecito di evitare un costo eventuale futuro.
In secondo luogo, qualora esagerazioni si verificassero nel calcolo del costo eventuale futuro - perché, ad es., poco probabile si palesa l'evento che il governo mette avanti come possibile, ovvero troppo elevato si presenta il costo certo attuale dell'intervento, che dovrebbe fugarlo - resta sempre possibile invocare, nelle forme democratiche, la dimostrazione fondata che l'intervento elimina un vero e proprio rischio, epperò perdite sicure. Se tale dimostrazione non viene fornita, la base economica dell'intervento, che lo s. si propone, risulta scalzata.
Si potrebbe magari sostenere che, nonostante tutto, l'intervento dello s. - mettiamo, l'applicazione di un dazio, la creazione di un monopolio - volge ad assicurare lo stesso governo da rischi politici, la cui valutazione, in definitiva, non può che spettare a chi ha da prendere la decisione, epperò non è tenuto ad alcuna dimostrazione di basi solide. Sennonché un goverrio deve pure accertare, in linea preventiva, se - eliminando un rischio di natura politica: ad es., una levata di scudi da parte di interessi che l'intervento dovrebbe proteggere - in definitiva non venga a creare altri rischi, ad es., rivolte di altri interessi, più numerosi e suscettibili di farsi valere. Allora anche la fondatezza di un intervento di natura politica si affida a un bilico di valutazioni ben ponderate, non appena - a base della complessa attività dello s. - si identifichi l'immanenza di un principio assicurativo.
In linea logica, il principio assicurativo potrebbe assumersi a informazione e guida altresì dell'attività di prelevamento e dell'attività di spendita dello Stato. Tuttavia si è ritenuto più opportuno di elaborarlo e metterlo in luce particolarmente nell'attività di "intervento"; sia perché anche più delle altre questa attività dello s. mancava di una sistemazione conoscitiva; sia perché meglio delle altre costituisce banco di prova della immanenza e della validità di tale principio, data la molteplicità degli interventi medesimi.
Bibl.: Bibliografia vera e propria sull'intervento dello s. non esiste. Prevalentemente da un punto di vista storico-evolutivo, possono essere consultate con profitto le seguenti opere: F. Bastiat, Harmonies économiques, Parigi 1855, p. 382; S. e B. Webb, History of Trade Unions, Londra 1894; C. Supino, Le basi economiche del movimento operaio, Roma 1895; Th. Rogers, Histoire du travail et des salaires en Angleterre, depuis la fin du XIIIe siècle, Parigi 1897; C. Beard, Industrial Revolution, Londra 1901; A. Loria, Il movimento operaio, Palermo 1903; S. De Sismondi, Nouveaux principes d'économie politique, Parigi 1919.
In particolare, scrive J. B. Say: "Le rôle de l'économiste est de demeurer spectateur impassible... Ce que nous devons au public c'est de lui dire comment et pourquoi tel fait est la conséquence de tel autre. S'il chérit la conséquence, ou s'il la redoute, cela lui suffit, il sait ce qu'il a à faire; mais pont d'exortations..." (Oeuvres diverses, Parigi 1820, p. 466). Le concezioni dei classici sulle più vive questioni sociali ha richiamato in varie riprese, con grande obiettività e maestria, A. Graziani, cfr.: Sul principio del "laissez faire", in Studi in onore di C. Supino, I, Padova 1930; e Valore pratico della scienza economica, Memoria letta alla Accademia Reale di Napoli, Napoli 1934.
Lo studioso può scorrere con profitto anche Ch. Gide e Ch. Rist, Histoire des doctrines économiques, depuis les physiocrates jusqu'à nos jours, Parigi 1922; S. de Sismondi, Nuovi principî d'economia politica, o della ricchezza nei suoi rapporti con la popolazione, in Biblioteca dell'Economista, Torino, serie III, vol. VI, libro VIII, capitoli VII e più specialmente VIII. Il de Sismondi è anche tra i primi critici del sistema parlamentare. Nella sua Étude sur les constitutions des peuples libres, Parigi 1936, dopo aspra requisitoria (pp. 123-141), auspica un sistema di rappresentanza, in cui trovino espressione gl'interessi di tutte le classi sociali: proprietarî terrieri, imprenditori, commercianti, operai, insegnanti. Queste idee saranno riprese in Germania dai teorici dell'"organicismo" di stato.
Utili, in quanto segnano indirizzi verso l'intervento dello s., sono le opere degli "utopisti": R. Owen, A new view of society, Londra 1913; Ch. Fourier, Oeuvres complètes, voll. 6, Parigi 1841-46; H. Bourgin, Fourier. Contribution à l'étude du socialisme français, Parigi 1905; L. Blanc, Organisation du travail, Parigi 1950. Ammissioni sull'intervento dello S. si ritrovano nello stesso A. Smith, Richesse des nations, Parigi 1922, libro I, cap. VIII, p. 366; id., libro IV, cap. VII, p. 295; id., libro IV, cap. IV, in fine. In armonia allo Smith, T.R. Malthus, dopo aver discusso dell'intervento dello S., conclude: "It is obviously therefore impossible for a government strictly to let the things have their natural course; and to recommend such a line of conduct, without limitations and exceptions, could not fail to bring disgrace upon general principles, as totally inapplicable to practice". Principles of political economy, Londra 1926, p. 26; S. de Sismondi, Nuovi principî, op. cit., libro VII, cap. VIII; E. Hermann, Staatswirtschaftliche Untersuchungen, Lipsia 1924; J. Stuart Mill, Principî di economia politica con alcune sue applicazioni alla filosofia sociale, in Biblioteca dell'Economista, cit., serie I e vol. XII, nell'intero libro V; P. J. Proudhon, Oeuvres complètes, Parigi 1966, più particolarmente nel vol. III intitolato: Principes d'organisation politique; M. Chevalier, Cours d'économie politique au Collège de France, Bruxelles 1851, tomo II; più specialmente nelle prime lezioni, e poi dalla XXI alla XXII; Wh. Dupont, L'individuo e lo stato, in Biblioteca dell'Economista, cit., serie II, vol. VII; A. Cournot, Recherches sur les principes mathématiques de la théorie des richesses, Parigi 1863, libro IV, cap. II e III, pp. 423, 444, 462, 521; V. Pareto, Cours, vol. I, p. 28 e ss.; vol. II, p. 101; L. Walras, Études d'économie sociale, Losanna 1896, più specialmente nella parte intitolata Méthode de conciliation ou de synthèse; C. J. Rodbertus, Zur Beleuchtung der sozialen Frage, nebst einem alteren Aufsatz über die Forderungen der arbeitenden Klassen (1837), Berlino 1875-85, vol. II. Vedi anche Das Kapital, edito ivi stesso, nel 1884; A. Wagner, Les fondements de l'économie politique, trad. francese, Parigi 1904; in modo speciale il libro VI; M. Ferraris, Il materialismo storico e lo Stato, Palermo 1887; id., Socialismo e riforma sociale nel morente e nel nascente secolo, in Riforma Sociale, 1900; A. De Viti De Marco, Principî di economia finanziaria, Torino 1953; J. R. Mac Donald, The socialist mouvement, 1903-1911, Londra 1932; Le encicliche sociali di Leone XIII e di Pio XI, Milano 1933; p. 175-187; G. U. Papi, Principî di economia, Padova 1960; id., Teoria della condotta economica dello Stato, Milano 1956.