SPINOLA
. È una delle quattro maggiori case genovesi, la sola proveniente non da feudatarî esterni, ma dalla famiglia viscontile che esercitò il potere in nome dei marchesi Obertenghi ai quali finì col sostituirsi. Guido, nipote o pronipote del visconte Ido e il primo ad assumere il soprannome di Spinula, fu più volte console del comune tra il 1102 e il 1121; dai numerosi figli di lui, e specialmente da Ansaldo e Oberto, derivarono molteplici rami presto distinti (sembra dai figli di Oberto) in due branche principali, dette di Lucoli e di S. Luca dai luoghi ove ebbero torri e case.
Come quella dei Doria, la storia degli S. può essere divisa in alcuni grandi periodi. Nella prima età comunale essi, pur fornendo, con le altre famiglie viscontili, il maggior numero dei consoli allo stato, non hanno parte preponderante nelle contese civili che insanguinano la città. Nell'età podestarile e della lotta con Federico II si mettono risolutamente alla testa del partito ghibellino contro i guelfi Fieschi e Grimaldi. Richiamati dopo la morte di Federico e risarciti dei danni sofferti, partecipano alle alterne lotte dei partiti; dànno con Guido, capitano del Popolo insieme con Nicolò Doria (1265-66), il primo saggio della tipica diarchia formata dai rappresentanti delle due maggiori famiglie, finché Oberto, capitano con l'omonimo Doria, raggiunge il più alto grado di potenza. La diarchia continua, ma interrotta da periodi di convulsioni faziose, con Corrado figlio di Oberto, collega di Corrado e quindi di Lamba Doria (è il momento della vittoria di Curzola) e poi con Opicino capitano nel 1306, che compie un vero tentativo di signoria nel 1309. Vinto, Opicino deve fuggire e rientra poi a Genova con Arrigo VII. Dopo la partenza di Arrigo, i guelfi approfittano della scissione tra i ghibellini per impadronirsi del potere e cacciare gli avversarî: gli S. sono con i Doria alla testa della reazione al dominio guelfo. La feroce lotta si conchiude (1331) col ritorno dei ghibellini.
La nuova diarchia dei capitani Raffaele Doria e Galeotto S. dà luogo alla rivoluzione del 1339, con cui ha termine il periodo nel quale gli S., ricchi di feudi specialmente sull'Appennino e sull'Oltregiogo, hanno fatto, con i Doria, del governo cittadino quasi un possesso familiare. Espulsi dal nuovo governo, più volte richiamati e ricacciati, partecipano attivamente alla torbida vita locale, finché nel 1378 fanno convenzione con la repubblica, aiutandola contro i Visconti in cambio di perpetua franchigia e del diritto all'anzianato.
Esclusi dalle cariche supreme, gli S. emergono allora in ambascerie e in comandi militari; e particolarmente notevoli sono nei secoli XIV-XVI l'ammiraglio Gaspare del ramo di Lucoli, ambasciatore al re d'Ungheria e capitano generale nella guerra di Chioggia quando occupò Giustinopoli e Trieste; Francesco di Ottobono (morto nel 1442), signore di Pieve di Teco e della valle di Arroscia, di Lerma, di Arquata, capitano di squadre genovesi contro Catalani e Veneziani, difensore di Gaeta contro gli Aragonesi nel 1435, detto liberatore della patria per essere stato tra i capi della rivolta contro Filippo Maria Visconti; Pietro di Cipriano, anziano nel 1431, capitano dell'Arcipelago contro i Veneziani nel 1432; Zaccaria, podestà di Pera, ambasciatore a Tunisi, che combatté in Corsica Vicentello d'Istria e lo catturò (1434); Agostino, signore di Tassarolo, che occupò Savona e altre terre per la repubblica come collaboratore di Andrea Doria dopo il 1528, prese parte alla repressione della congiura dei Fieschi, fu luogotenente del Doria in Corsica contro Sampiero e, fedelissimo a Spagna, designato da Carlo V a capitano generale.
Istituito con la riforma doriana il dogato biennale, gli S., che nel 1528 costituirono un Albergo, appartennero alla classe dominante della repubblica aristocratica che ebbe in Battista (1472-1539) il suo secondo doge dal 1531 al 1533.
Il ramo di S. Luca al quale egli apparteneva ebbe altri quattro dogi; cinque ne ebbe anche il ramo di Lucoli.
Nel periodo dei dogi biennali gli S. diedero alla repubblica 127 senatori e un numero di ambasciatori superiore a quello di ogni altra famiglia. Meritano un particolare ricordo Cornelio, tra il 1621 e il 1649 console e agente a Napoli, dove trattò importanti questioni commerciali e politiche mandando anche notizie sulle agitazioni del regno nel 1647-48; Domenico Maria, che ebbe una legazione a Vienna molto agitata dal 1710 al 1719 concordando la vendita del Finale alla Repubblica; Giovanni Andrea che, inviato in Spagna, ebbe parte attiva nei negoziati diplomatici durante le contese di Genova con Luigi XIV; Lazzaro, mandato nel 1654 in Francia a cercare appoggio in un momento di grave tensione della Repubblica con la Spagna; Cristoforo Vincenzo che, rimasto a Parigi dal 1773 al 1792, narrò in interessanti dispacci le vicende della rivoluzione, e fu poi a Londra sino al 1797 a difendervi la neutralità genovese, e Vincenzo mandato negli ultimi momenti della repubblica aristocratica a trattare con la Francia un accordo e un'alleanza. Altri S. si illustrarono nelle armi; Alessandro, che si segnalò alla presa della Goletta nella spedizione di Carlo V a Tunisi, Quirico egualmente insigne nelle guerre contro i Turchi, Federico (morto nel 1603), intrepido ammiraglio di Spagna nelle guerre di Fiandra; sopra tutti importante Ambrogio (v.).
Nell'età della repubblica democratica e del dominio francese gli S., come le altre case nobili, si divisero; reciso avversario del movimento rivoluzionario fu Francesco Maria, inquisitore di stato nel 1797 al momento della caduta della repubblica aristocratica e andato poi in esilio con molti altri della casa; entusiasta delle nuove idee fu invece Niccolò Domenico di Raffaele (1749-99), colonnello comandante il forte di Savona, morto alla battaglia di Novi; e lo seguirono anche l'altro Domenico (1751-1804), nominato nel 1800 generale di brigata, e Giuseppe Tommaso, passato successivamente dalla marina genovese alla napoleonica e alla sarda, noto come scrittore di cose navali. Molta importanza nell'età napoleonica ebbe il marchese Vincenzo, già governatore di S. Remo, poi inviato in Francia nel 1796 e maire di Genova per alcuni anni, costretto a dimettersi all'occupazione del Bentinck (v.) nel 1814. Dopo l'annessione al Piemonte molti degli S. hanno coperto importanti uffici civili o sono entrati nell'esercito partecipando alle guerre del Risorgimento, alla libica e a quella italo-austriaca 1915-18. Gli S., che hanno avuto anche alcuni deputati e senatori del regno, sono oggi suddivisi in molteplici linee.
Molti membri della famiglia emersero pure nella vita religiosa da Ingone, arcivescovo di Genova dal 1299 al 1321, a Pietro, francescano, dal 1698 vescovo di Aiaccio, molto benemerito per l'efficace opera svolta a risanare la diocesi. Degno sopra tutti di memoria il gesuita beato Carlo, per vent'anni missionario in Giappone, ove con altri confratelli subì il martirio per la fede il 10 settembre 1622.
Dei tredici cardinali sono stati più notevoli Agostino, figlio del capitano Ambrogio (1585-1639), arcivescovo di Siviglia e consigliere di stato; Niccolò (1658-1735), nunzio a Firenze e in Polonia; Giorgio (1667-1739), nunzio a Vienna, legato a Bologna e segretario di stato; tutti appartenenti al ramo di S. Luca. Del ramo di Lucoli: Orazio di Giovanni, arcivescovo di Genova e vicelegato di Bologna, morto nel 1616 in concetto di santità; Giulio, elevato alla porpora nel 1664, nunzio apostolico a Napoli e legato all'imperatore Leopoldo; Giambattista di Francesco Maria (1615-1704) che, arcivescovo di Genova, rinunciò alla sede per dissidî in questioni di preminenza e fu governatore di Roma sotto Innocenzo XI; Ugo (v).
Nel campo della cultura meritano ricordo Giambattista di Niccolò, che nel sec. XVI narrò nei Commentari delle cose accadute ai Genovesi dal 1572 al 1576 le guerre civili tra la nobiltà vecchia e la nuova; Fabio Ambrogio della Compagnia di Gesù (1593-1671) che scrisse stimate opere ascetiche divulgatissime nel Seicento; Franco, autore di una Storia di Genova dal principio sino alla guerra santa di Gerusalemme; Scipione, autore di uno scritto su Le discordie dei Genovesi erroneamente attribuito ad altri; il benedettino Giuseppe, che sulla fine del sec. XVIII compose le Memorie del Monastero della Cervara; Giuseppe di Ignazio (morto nel 1780), poeta arcade, e Giacomo che esaltò in accesi versi Napoleone. Maggiore importanza hanno avuto Massimiliano (1780-1857), celebre entomologo, e suo figlio Massimiliano (1812-1879) autore d'importanti studî storici, specialmente sugli ultimi secoli della repubblica ligure. Grande notorietà ebbe nell'età delle congiure mazziniane Laura Di Negro (morta nel 1838), vedova in giovane età di Agostino S., benefica protettrice di cospiratori e di esuli, rappresentata con ogni probabilità nella "Lilla" del Lorenzo Benoni di Giovanni Ruffini. Curiosa ed evanescente figura Tommasina S., che la cronaca di Jean d'Autun rappresenta come amor platonico di Luigi XII ed è da taluno identificata, mentre altri ne negano la reale esistenza, nella moglie di Battista S., il secondo doge biennale, morta intorno al 1505, anno che la cronaca francese assegna appunto alla sua fine.
Bibl.: Oltre alle storie generali: Federici, Abecedario delle famiglie genovesi, ms. nella Biblioteca delle Missioni Urbane; Giscardi, Origine e fasti delle nobili famiglie di Genova, ms. Biblioteca Berio; Della Cella, Famiglie di Genova, ms. R. Biblioteca universitaria di Genova; M. Deza, Istoria della famiglia Spinola, Piacenza 1694; Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1833; U. Foglietta, Clarorum virorum elogia, ivi 1864; L. Grillo, Elogi di liguri illustri, ivi 1846; A. Olivieri, Monete e medaglie degli S. di Tassarolo, ivi 1890; G. Poggi, Gli S. di Lucoli, in Rivista ligure, 1917, fasc. 2°; G. Rossi, Gli S. signori di Castellaro e Pompeiana, in Giornale araldico, 1896, p. 14 segg.; Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana. - Per i cardinali: G. Semeria, I secoli cristiani della Liguria, Genova 1843 e A. Remondini, I cardinali liguri, ivi 1879; per i dogi: L. Levati, I dogi biennali di Genova, ivi 1930; id., I dogi di Genova e vita genovese dal 1700 al 1797, ivi 1917; per i diplomatici: V. Vitale, Diplomatici e consoli della rep. di Genova, in Atti Soc. lig. di st. pat., LXIII, e v. anche Atti, XXVIII, pp. 683 segg. e 694 segg., e Giorn. ligustico, 1888, p. 229 segg.; R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e Monferrato, Mantova 1926. Sul diplomatico Cristoforo Vincenzo, V. Vitale, I dispacci dei diplomatici genovesi a Parigi (1787-93), in Miscellanea di storia ital., LV; su Vincenzo, V. Vitale, Onofrio Scassi, in Atti Soc. lig. st. pat., LIX e P. Nurra, La coalizione europea contro la rep. di Genova, ibid., LXII; sul venerabile Carlo, F. A. Spinola, Vita del Padre Carlo S., Roma 1625 e Bologna 1641; G. Sforza, Lettere del B. S. ad Alberico Cybo, in Atti Soc. lig. st. pat., XXIII; su Massimiliano naturalista, A. Issel, Naturalisti e viaggiatori liguri del sec. XIX, in Atti della Soc. italiana per il progresso delle scienze, 1912, p. 33 segg.; sul figlio, lo storico, in Atti Soc. lig. st. pat., XLIII, p. 113 segg. Su Laura Di Negro S., in Gazzetta di Genova, 1838, n. 27; R. Barbiera, Figure e figurine del secolo che muore, Milano 1899, p. 231; id., Passioni del Risorgimento, in La Liguria illustrata, 1915, n. 12; M. Rosa Bernate, La giovinezza e l'esilio di Agostino Ruffini, in Rassegna storica del Risorgimento, 1922; A. Codignola, I fratelli Ruffini, lettere dall'esilio, parte 1ª e 2ª, Genova 1927 e 1931. Su Tommasina: A. Neri, Passatempi letterari, ivi 1882, e Soc. Lig. st. pat., XIII, p. 907 segg.; G. Portigliotti, Donne del Rinascimento, Milano 1927, p. 161 segg.; M. Rodocanachi, Une idylle royale, in Séances et travaux de l'Académie des Sciences morales et politiques, Parigi 1930, I.