SOSTRATO (o substrato)
Con questo termine alcuni linguisti designano le tracce della lingua originaria mantenute da un gruppo etnico nell'adottare un'altra lingua di maggior prestigio. Più comunemente il termine è riservato al caso in cui la lingua prevalente sia quella di un popolo conquistatore (per es. tracce osche, galliche, ecc., nella latinità volgare); per il caso opposto (per es. tracce germaniche nel mondo latino), fu escogitato il termine di superstrato. L'uno e l'altro si oppongono ad adstrato (cioè al prodotto di contatti fra due lingue che non implicano il totale assorbimento di una nell'altra) e costituiscono un caso particolare del complesso fenomeno del bilinguismo; rappresentano in sostanza uno dei gradi estremi cui può giungere l'effetto dell'adstrato con la sua alternativa di prestiti, che segnano le tappe di una lingua in espansione, e di relitti, cioè dei punti di resistenza di una lingua in declino. La semplice comparazione linguistica non fornisce un criterio assoluto per distinguere il s. dall'adstrato, ma qui sopperisce il punto di vista culturale. Allora il s. ci appare come conseguenza di un cambio di lingua quando questo avvenga in seguito ad una lenta convergenza e fusione delle due forme di cultura rappresentate dalle lingue in contatto in modo tale che una di esse venga a trovarsi rispetto all'altra in un semplice rapporto di subordinazione analogo a quello in forza del quale un dialetto si dissolve nella lingua nazionale. Il s. suppone che in larghi strati di parlanti il sentimento di mutar lingua sia minimo o addirittura nullo. Il fenomeno è preparato da un periodo di reale bilinguismo e di progressivo avvicinamento delle due lingue in simbiosi (per es., fra le due desinenze -ae ed -as di cui il latino volgare disponeva per il nominativo plur. della prima declinazione femminile, il galloromano ha preferito -as che coincideva con la corrispondente desinenza gallica) sino a che una si dissolva nell'altra, più che non vi ceda per sostituzione. Ma elemento decisivo è la possibilità di fusione e di assorbimento delle due culture: nella storia del latino i fenomeni più vistosi di s. si sono riscontrati in Africa e in Gallia, cioè nelle province di più intensa romanizzazione alla quale fu elemento favorevole il livello non certo barbarico della cultura punico-libica e gallica. L'effetto del s. è sentito dalla lingua vincitrice come volgarismo o regionalismo volgare (Eucherio di Bordeaux [6° sec.] dà come volgari vocaboli di manifesta origine gallica quali cavannus [civetta], dolva [bruco]).
La piena validità del concetto si mantiene invece in sede di grammatica comparata, alla cui metodica è stato soprattutto acquisito da parte di G. I. Ascoli, che lo derivò da un concetto empirico corrente in etnografia, anzi indicato già da C. Cattaneo (nel suo scritto Sul principio istorico delle lingue europee, 1841) come principio possibile di variazione linguistica. Nell'Ascoli affiorano spunti che permettono d'interpretare il s. come la permanenza di una forma mentale specifica, se non addirittura del "genio" di un gruppo etnico, come comportava la concezione etnografica; d'altra parte è certo che l'Ascoli concepì il s. soprattutto come "reazione etnica" isolando un complesso di mutamenti fonetici (per es.,. nel francese "l'acutissima delle spie celtiche" cioè la ü corrispondente al lat. Ü e la e tonica in sillaba libera dal lat. a (cantare: chanter), ecc., interpretabili quali particolarità endemiche di articolazione - effettivamente riscontrabili nelle zone dove qualche rappresentante della famiglia della lingua soccombente ancora sussiste - trasposte nel sistema della lingua adottata. L'ipotesi del s. fornì all'Ascoli la possibilità d'interpretare con un'ipotesi storicamente concreta una serie di trasformazioni fonetiche dette spontanee, che la comparazione del suo tempo, di conio fondamentalmente evoluzionistico, si limitava in ultima analisi ad attribuire al fattore tempo. Il concetto di s. venne infatti accolto in linea generica come una delle cause del mutamento linguistico: vi ricorse l'Ascoli stesso per le consonanti linguali indiane, fu applicato alla mutazione consonantica germanica, all'ispano-americano, ecc. Ma quanto all'evidenza della dimostrazione dei singoli casi, il metodo comparativo si mostro oltremodo restio, sia per diffidenza verso troppo affrettate conclusioni, sia perché di fronte alla perdurante concezione evoluzionistica, l'introduzione di un fattore storico "esterno" come il s. appariva per lo meno superflua.
Ma con l'ulteriore svolgersi del metodo (v. linguistica, in App. II, 11, p. 210) la teoria poté - e potrà - essere meglio sviluppata ed assorbita per l'importanza decisiva che agli effetti del movimento linguistico si venne riconoscendo alle condizioni di bilinguismo. Pure nei settori dove la comparazione si andò orientando verso una visione sintetica del movimento linguistico (concetto di tendenza, di sistema, ecc.), fu agevole assorbire il concetto di s., che si presta a sintesi in vario senso, sino all'audace tentativo d'interpretarlo come caratteristica tipologica permanente della lingua; analogamente l'indirizzo strutturalistico non è alieno dall'ammettere il s. in problemi diacronici, anzi analizzando il modo con cui una traccia sostratica può venire accolta nel sistema della nuova lingua, va mettendo in evidenza il carattere composito del fenomeno il quale richiede un processo di ambientazione e di valorizzazione del germe eteroglosso nel nuovo ambiente entro il quale ha acquistato corso.
Restringendoci ora al campo su cui più insistette l'elaborazione ascoliana, un secolo di sviluppo in sede di grammatica storica ne attesta la validità; l'ipotesi dell'azione di s. preromani è rimasta fondamentale nel problema delle origini romanze, se anche, accanto ad essa, oggi si faccia il debito luogo al momento del superstrato germanico e si profili ormai l'esigenza critica di considerare s. e superstrato in funzione di rivolgimenti culturali di ben altra natura. In margine al maggior problema, si è passati a precisare le tracce sostratiche di ogni regione della Romània, i continuatori dell'Ascoli di più stretta osservanza cercando di riconoscere in alcune odierne isoglosse dialettali i limiti di partizioni etniche preromane. Ma risalendo alla stratigrafia preromana, l'indagine si è trovata ad affrontare sovrapposizioni di cui l'espansione del latino non costituisce se non la fase più recente. Sui caposaldi rimasti almeno parzialmente scoperti di lingue come il basco, il ligure, l'etrusco, elementi di lingue asianiche, ecc., mercé l'accorta interpretazione di basi onomastiche e toponomastiche, mercé soprattutto la considerazione di suffissi toponomastici distribuiti entro aree caratteristiche (per es. il suff. liguroide -asco, l'afrosardo -ai, l'egeoasianico -inthos) si venne disegnando un quadro autonomo di elementi di lingue mediterranee o affacciantesi al Mediterraneo con ampie proiezioni continentali in ogni direzione, stretto da legami di affinità, solcato da isoglosse di varia natura denotanti contatti e conflitti e prospettive cronologiche, anche se percepibili soltanto attraverso il filtro di quell'ala del mondo indoeuropeo da cui questo ambiente è stato ricoperto e assorbito, il periindoeuropeo di G. Devoto, che in grazia di quell'assorbimento presenta un suo carattere localmente innovativo. La teoria del s. è venuta così a prendere larga parte nel problema delle più antiche ondate migratorie indoeuropee nel bacino del Mediterraneo e nella ricostruzione delle condizioni linguistiche ed etnografiche del Mediterraneo preindoeuropeo; questa ricostruzione infatti ha suscitato l'attenzione di archeologi, etnografi, mitografi, comunque indagatori delle più antiche culture mediterranee. L'ipotesi del s., elevata a teoria scientifica, torna così alla preistoria e all'etnografia da cui era partita.
L'applicazione della teoria si è notevolmente spostata dai tempi dell'Ascoli, accentuandosene il fine ricostruttivo. Per ricercatori esperti e ben armati contro facili miraggi, l'ambiente mediterraneo costituisce un fertile campo d'indagine etimologica. Il criterio che vuole si esaurisca prima ogni possibilità di estrarre etimi da fasi più recenti, o comunque dall'interno stesso dell'indoeuropeo, è un rispettabile criterio prudenziale, ma in molti casi discutibile essendo il s. prodotto da una fusione che non ammette a priori distinzioni antitetiche; inversamente il fatto che, dal punto di vista formale, la voce trattata contenga elementi interpretabili come mediterranei, costituisce l'indicazione di una pura possibilità, sovente non più che un'ipotesi di lavoro. Assai più dice la distribuzione dei supposti relitti in aree caratteristiche; ma la prova decisiva è data dal tipico valore culturale attribuibile all'etimo ricostruito entro un ambiente multiforme che va dalle raffinatezze della cultura egea, dalle concezioni religiose e civili del mondo tirrenico a complessi di cultura tecnica specifica - come la terminologia mineraria iberica o il quadro della vita rustica e artigiana affiorante nei relitti gallici -, per giungere infine alle tracce di vita primitiva e di caratteristiche naturali conservate in Sardegna o nell'arco pireneo-alpino.
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