LUMINESCENTI, SOSTANZE (o luminofori)
Materiali che in condizioni di non equilibrio termico, eccitati con fotoni o particelle, emettono radiazioni elettromagnetiche entro lo spettro visibile o vicino ad esso. In particolare vengono chiamate con il nome di "fosfòri" le sostanze l. inorganiche, che costituiscono la maggior parte dei luminofori. Esse si suddividono in due classi fondamentali: solfuri e composti contenenti ossigeno. Tra i primi i più importanti sono: il solfuro di zinco e il solfuro di cadmio con attivatori argento e rame, con concentrazioni minori di 1:104. Alla seconda classe appartengono i silicati, i borati, i fosfati, i tungstati. Anche molti composti organici emettono luminescenza, ma per lo più di debole intensità; una eccezione notevole è costituita dall'antracene. Esistono tuttavia varie sostanze organiche che disciolte a bassa concentrazione, in opportuni solventi, possono dare fluorescenza, come gli attivatori nei fosfòri cristallini. Il processo di emissione luminescente avviene attraverso un meccanismo che si evolve generando due distinti fenomeni: la fluorescenza (v. XV, p. 569) e la fosforescenza (v. XV, p. 768). Una loro distinzione può essere fatta riferendosi alla durata del bagliore luminescente valutata a partire dalla cessazione dell'eccitazione. Più precisamente si ha fluorescenza per durate minori di 10-8 sec, mentre si ha fosforescenza per durate maggiori. Siffatta distinzione tuttavia risulta talvolta inadeguata a caratterizzare completamente i due fenomeni in quanto esistono sostanze l. che, pur presentando una durata (o persistenza) maggiore di 10-8 sec, per il meccanismo implicato non possono ritenersi fosforescenti. È necessario pertanto, ove si desideri una più esatta distinzione, fare riferimento al meccanismo di funzionamento.
Una sostanza luminescente inorganica (o fosfòro) è costituita da una "matrice" cristallina (o materiale base) in cui viene incorporata una piccola concentrazione di atomi o ioni estranei, chiamati "attivatori", di importanza fondamentale per le qualità della sostanza. Nella notazione ordinaria infatti questa viene simboleggiata dalla formula della matrice seguita dall'attivatore, per esempio: KCl:Tl. In virtù di questa loro struttura e per i materiali "matrice" da cui sono composti i fosfori sono essenzialmente dei semiconduttori e pertanto le loro proprietà elettriche (e quindi la luminescenza) possono essere descritte efficacemente mediante il modello delle bande di energia, con banda di valenza e banda di conduzione separate da un intervallo "proibito" in cui sono localizzati alcuni livelli energetici dovuti alle impurità e ai difetti presenti nel materiale base. I livelli energetici introdotti dalle impurità (attivatori) sono generalmente vicini alla banda di valenza e possono agire, se occupati da elettroni, come trappole per le lacune della banda di valenza. Altri livelli possono essere introdotti tuttavia anche vicino alla banda di conduzione, i quali, se vuoti, possono agire come trappole per gli elettroni. Le trappole riempite di elettroni ed i livelli attivatori vuoti corrispondono nella terminologia impiegata nei semiconduttori rispettivamente ai livelli donatori e accettanti.
Quando un agente eccitante penetra in un cristallo di sostanza l., possono accadere varî eventi. In un solfuro sotto l'eccitazione di una radiazione ultravioletta (UV) con lunghezza d'onda minore di quella corrispondente all'intervallo proibito della matrice (per es. ZnS), un elettrone del livello energetico attivatore (per es. Cu) può effettuare una transizione nella banda di conduzione (a tale evento è legata la fotoconduttività dei fosfòri di questo tipo) lasciando al suo posto una "lacuna"; successivamente l'elettrone scende nei livelli più bassi della banda di conduzione, cedendo energia al reticolo sotto forma di calore. Una transizione finale riconduce l'elettrone nel livello attivatore, con emissione di luminescenza, definita in questo caso col nome di fluorescenza. L'energia emessa, in accordo con la legge di Stokes, è minore di quella eccitante per la quantità dissipata nella banda di conduzione. Nei fosfori contenenti ossigeno (a differenza di quanto avviene nei solfuri) la banda di conduzione generalmente non è implicata nel meccanismo di eccitazione ed emissione, con conseguente minore evidenza della fotoconduttività. Le transizioni in questo caso avvengono tra il livello attivatore fondamentale ed altri livelli dell'intervallo di banda proibita. In entrambi i meccanismi descritti l'emissione di luce è quasi contemporanea all'assorbimento, essendo ritardata di un intervallo di tempo molto piccolo (dell'ordine della vita media di stati molto eccitati).
L'interazione tra la radiazione eccitante e la sostanza luminescente può avvenire anche in modo diverso da quello ora schematizzato. Più precisamente, per effetto dell'assorbimento di energia del fotone o della particella eccitante, un elettrone può passare dalla banda di valenza a quella di conduzione lasciando al suo posto una lacuna (evento 1 di figura a); la lacuna sale alla sommità della banda di valenza, come risultato di una successiva occupazione della sua posizione da parte di elettroni con energia più elevata (evento 2). Successivamente (evento 3) può accadere che la lacuna, muovendosi nel suo livello energetico, si incontri con un atomo attivatore e si ricombini con un elettrone ceduto da questo atomo, nel quale rimane pertanto un posto libero per un elettrone. L'elettrone che ha effettuato la transizione nella banda di conduzione, dal canto suo può ricadere nel livello attivatore, (evento 4) emettendo energia luminescente, ma soltanto dopo che si sia verificato l'evento (3). Il processo può evolversi anche in modo che gli elettroni eccitati nella banda di conduzione possono venire catturati durante la transizione verso il basso da trappole situate nei livelli vicini alla banda di conduzione (v. figura b). Le vibrazioni termiche del reticolo subito dopo riconducono un elettrone catturato nella banda di conduzione in cui è libero di muoversi in modo da effettuare una transizione verso il livello fondamentale attivatore senza l'influenza della trappola. Sia nel caso precedente sia in questo, l'emissione luminescente è definita con il nome di fosforescenza per il ritardo con cui si manifesta. Questo nel caso delle trappole è tanto maggiore quanto più esse si trovano in basso rispetto alla banda di conduzione. La fosforescenza, a differenza della fluorescenza, può quindi persistere anche se con intensità decrescente, per intervalli di tempo che vanno da pochi microsecondi a diverse ore. Il decadimento può avvenire in due modi diversi: esponenziale (con una certa costante di tempo) e iperbolico (definito da due costanti tipiche). Alla presenza delle trappole sono legati altri fenomeni quali la termoluminescenza e la sensibilità all'infrarosso.
Le applicazioni delle sostanze luminescenti sono numerose ma le più importanti sono quelle connesse con ì tubi a raggi catodici, per i radar e la televisione, e con le lampade fluorescenti (v. illuminazione, App. II, 11, p. 7). Per i primi vengono impiegati soprattutto i solfuri, mentre per le lampade si usano i fosfori contenenti ossigeno. Le sostanze organiche l. si usano soprattutto come tracciatori (fluorescenti) per rilevare difetti in parti metalliche ed anche per mostrare sistemi di circolazione nelle piante e negli animali. Altre interessanti applicazioni sono quelle delle vernici, dei tessuti, degli inchiostri e dei colori.
Bibl.: G. R. Fonda e F. Seitz, Preparation and characteristics of solid luminescent materials, New York 1948; G. F. J. Garlick, Luminescent materials, New York 1949; H. W. Leverenz, An introduction to the luminescence of solids, New York 1950; L. Matossi, Elektrolumineszenz und Elektrophotolumineszenz, Braunschweig 1956.