SOLUNTO (XXXII, p. 88)
Gli scavi recenti hanno messo in luce parte dell'antica città e ne hanno precisato le vicende storiche. Dalle leggende monetali conosciamo il nome punico che è Kfra; Tucidide (VI, 2, 6) la denomina Σολόεις mentre per i Romani è Solus o Soluntum. L'unica notizia certa su S. tramandataci dagli antichi autori è quella che ci dà Tucidide (VI, 2, 6): "Quando poi vennero d'oltre mare in gran numero i Greci, essi (i Fenici) sgombrarono la maggior parte del paese e si concentrarono a Motia, Solunto e Panormo...". Questi fatti dovevano certamente avvenire nel corso del VI sec. a. C., quando cioè la colonizzazione greca si poteva considerare già completata; per Mozia e per Palermo c'è un'esatta corrispondenza tra i dati storici e quelli archeologici, lo stesso invece non si può dire per S., dove l'aspetto archeologico rivela chiaramente caratteristiche del periodo ellenistico-romano.
Gli scavi recenti hanno permesso di affermare che la città posta sul monte Catalfano fu fondata intorno alla metà del IV sec. a. C. dagli abitanti della S. più antica distrutta da Dionisio alcuni anni prima (Diod., XIV, 48, 5; 78, 7): recentemente si è creduto d'identificare la S. antica nella vicina località "Cannita", sia pure in forma ipotetica. Nel 307 a. C. la città di S. doveva essere già costruita se fu scelta come dimora per i soldati di Agatocle reduci dall'Africa (Diod., XX, 64,4). Nel 254 a. C. si arrese ai Romani (Diod., XXIII, 18). Cicerone (Verr., III, 103) la nomina tra le civitates decumanae che ebbero a subire soprusi da Verre. Un'iscrizione riproducente la dedica della respublica Soluntinorum a Fulvia Plautilla ci riporta all'età di Antonino (C.I.L., X, 2, n. 7336). Gli ultimi dati archeologici, in ordine di tempo, sono costituiti da alcune monete di Commodo (180-192 d. C.): a quest'epoca o anche al secolo successivo si può datare la fine della città, forse per abbandono volontario dei suoi abitanti.
Gli avanzi dell'antica città sono vasti e di considerevole importanza; erano stati riconosciuti da T. Fazello, il quale notò anche lunghi tratti di mura, oggi in parte scomparsi. S. cominciò di nuovo a richiamare l'attenzione nel secolo scorso, fin dal 1825, anno in cui fu scoperta una statua di divinità seduta, oggi al Museo Nazionale di Palermo, databile al II-I sec. a. C. In seguito si sono eseguite varie campagne di scavi che hanno messo in luce parte di una città che presenta chiaramente una "facies" ellenistico-romana, con un piano urbanistico a pianta ortogonale, cosiddetto ippodameo. Altra caratteristica della città è la divisione a metà delle "insulae" mediante un canale, "ambitus", destinato a raccogliere i rifiuti della città ed a smaltire le acque piovane superflue: parte di queste infatti venivano raccolte in cistenne, sia private sia pubbliche, per i varî bisogni dei cittadini.
Recenti scavi hanno messo in luce varî edifici pubblici raccolti tutti in un solo quartiere: si tratta di una grande piazza, di altari. di un teatro e di un odeon. Le case sono di varia grandezza e hanno tutte, tranne quelle piccole, l'atrio con peristilio; le pareti delle case sono spesso decorate con affreschi che richiamano sia le case di Delo sia quelle pompeiane. Per le sue caratteristiche S. si ricollega alle città greche di epoca ellenistica come Mileto, Delo, Priene, Pergamo, ecc. La necropoli si estendeva nella pianura sottostante ed era costituita sia da tombe a fossa sia da tombe a camera, scavate nella roccia secondo l'uso punico. La città ebbe anche una monetazione propria. Vedi tav. f. t.
Bibl.: S. Ferri, Il problema archeologico di Solunto, in Le Arti, IV, fasc. 4; V. Tusa, Il problema archeologico di Solunto alla luce dei recenti scavi, in I Congreso arqueologico del Marruecos español, Tetuan 1954; id., Solunto, in Archivio storico per la Sicilia orient., (VII, 1954), pp. 27-34; id., Aspetti storico-archeologici di alcuni centri della Sicilia Occidentale, I e II, in "ΚΩΚΑΛΟΣ", III (1957), pp. 79-93 e IV (1958), pp. 151-162; E. Gabrici, Alla ricerca della Solunto di Tucidide, ibid., V (1959), pp. 1-53.