SOGARI, Prospero detto il Clemente
Figlio di tale Bernardino «de Fructis Parmensis alias Sogari» e di Clementina Spani, sorella dello scultore reggiano Bartolomeo di Clemente Spani, Sogari nacque a Reggio il 10 febbraio 1516 (Artioli - Monducci, 1990, doc. 1). Iniziò la sua carriera di scultore al seguito dello zio Bartolomeo, da cui ereditò l’appellativo di Clemente, con cui usava firmarsi. La sua prima attività potrebbe dunque rintracciarsi nelle opere ascritte alla bottega dello zio, come il monumento a Bertrando de’ Rossi nella Steccata di Parma (1531-36; Bacchi, 2001, p. 25).
Sogari compare per la prima volta come scultore autonomo nel 1543. L’8 agosto di quell’anno, «mastro Prospero di Clementi da Reggio» firmò un contratto con gli eredi del giureconsulto Bartolomeo Prati per l’esecuzione del monumento del defunto, destinato alla cripta del duomo di Parma. Nel luglio 1544 lo scultore veniva saldato dal pittore Girolamo Bedoli, probabilmente implicato nell’ideazione della sepoltura, come farebbe pensare anche un disegno a lui attribuito da collegare al deposito. Il sepolcro, con le due figure dolenti ai lati dell’urna (forse personificazioni di Pace e Giustizia, stando al disegno di Bedoli), sembra inoltre derivare da analoghi progetti di Giulio Romano (Artioli - Monducci, 1990, docc. 4, 6; Bacchi, 2001, pp. 26-31, 140-142).
Il 20 settembre 1544 il capitolo della cattedrale di Parma affidò a Sogari e al cugino Girolamo Clementi l’esecuzione del monumento di s. Bernardo degli Usberti, l’illustre vescovo di Parma vissuto tra l’XI e il XII secolo. L’opera era in progetto da almeno venticinque anni, dacché nel 1519 era stata commissionata (senza esito) a Giovan Francesco d’Agrate. Stando al contratto, i due scultori avrebbero dovuto eseguire il sepolcro su disegno di Bedoli in tre anni, ma l’opera fu inaugurata con un anno di ritardo. In occasione di alcuni interventi del 1720 il monumento fu spostato dall’originaria ubicazione e sottoposto a importanti manomissioni (Artioli - Monducci, 1990, docc. 5, 7-8; Bacchi, 2001, pp. 33 s., 144-146).
Dal 1544 Sogari prese parte anche al cantiere della facciata del duomo di Reggio, un progetto avviato dall’allora vescovo Giorgio Andreasi. Il 12 dicembre il nostro assunse la direzione della fabbrica, da erigere «prout in designo sibi dato» (Artioli - Monducci, 1990, doc. 9; Bacchi, 2001, pp. 43, 48-54), un compito che lo impegnò, pur non in maniera esclusiva, per quasi quattro decadi.
Il 17 aprile 1549 Sogari sottoscrisse una convenzione con gli eredi del vescovo Andreasi, morto in quell’anno a Reggio, per il monumento da erigergli nella chiesa del Carmine nella natìa Mantova. Il sepolcro, plausibilmente completato nel 1551, come da contratto, venne spostato nel 1785 in S. Andrea, subendo forse la dispersione di alcuni elementi (Artioli - Monducci, 1990, docc. 19, 231; Bacchi, 2001, pp. 38, 148-151; Rebecchini, 2003, pp. 134 s.).
Al 21 aprile 1552 risale la commissione a Sogari delle statue in marmo raffiguranti Adamo, Eva e i ss. Crisanto e Daria, da terminare entro sei anni, per la facciata del duomo reggiano. Come emerge dalla controversia scoppiata nel 1555 tra lo scultore e i fabbricieri (Artioli - Monducci, 1990, docc. 40, 47-50), il cantiere subì un forte rallentamento, tanto che il 12 giugno 1557 Sogari aveva completato e collocato nella posizione prevista («supra portam magnam») soltanto le statue di Adamo ed Eva (le altre due figure furono portate a termine nel 1572). Le statue recumbenti dei Progenitori si rivelano altamente rappresentative dell’orizzonte figurativo dell’artista, essendo evidentemente ispirate all’opera di Michelangelo nella Sagrestia Nuova, pur riletta alla luce delle raffinatezze e delle astrazioni grafiche di colleghi emiliani come Bedoli e Parmigianino (ibid., docc. 26, 29-31, 36, 50, 57, 140; Bacchi, 2001, pp. 41-43, 54-58, 160-163).
Intorno alla metà degli anni Cinquanta, sempre a Reggio, Sogari completò il monumento di Filippo Zoboli in S. Niccolò (1554; Artioli - Monducci, 1990, doc. 32, Bacchi, 2001, pp. 152 s.) e quello di Ludovico Parisetti in S. Prospero (1555; ibid., p. 154). Contemporaneamente, tra il 1553 e il 1554 (Marchesi, 2010, p. 66), eseguì il busto loricato di Ercole II d’Este oggi nella Galleria Estense di Modena: a questo ritratto già Adolfo Venturi (1882, pp. 104-106) associava un piedistallo della collezione estense, ma si deve a Luigi Magnani (1927, pp. 238 s.) l’attribuzione di entrambi i marmi a Sogari (Bacchi, 2001, pp. 108 s., 156 s.). Appartiene a questi anni anche l’acquasantiera nei Musei civici di Reggio: l’opera, dal 1876 esposta nella Galleria dei marmi dei musei reggiani, si trovava in origine nella chiesa di S. Agostino, per cui era stata commissionata dalla confraternita della Visitazione (ibid., pp. 158 s.).
Il 16 novembre 1558 i confratelli della Concezione di Maria Vergine affidarono a Sogari l’erezione di un «altare di preda marmora» per la chiesa di S. Francesco a Reggio, portato a termine in tre anni. Di esso, demolito nel 1762, sopravvive la Madonna con il Bambino, collocata in S. Prospero nel 1897, dopo una serie di spostamenti iniziati l’indomani della distruzione del complesso (Artioli - Monducci, 1990, docc. 61-62, 65, 82, 88 s., 94 s.; Bacchi, 2001, pp. 60, 164-166; Adorni, 2002).
Intorno al 1560 si data il busto di Gherardo Mazzoli (Reggio Emilia, Musei civici), proveniente dalla cappella di famiglia in S. Agostino (Bacchi, 2001, p. 168). Nel 1561 Sogari partecipò al cantiere dell’ornamento dell’organo del duomo di Parma. La messa in opera del complesso, progettato da Bedoli già nel 1558, fu affidata al nostro per quanto riguarda la decorazione scultorea, e a Marco Calegari per la struttura lignea. In particolare, Sogari fu pagato per sei statue «marmoreas», forse identificabili nelle sei figure in stucco tuttora esistenti (Artioli - Monducci, 1990, docc. 77, 81, 83; Bacchi, 2001, pp. 170 s.).
Negli stessi anni la comunità di Reggio si preparava ad accogliere adeguatamente il neoeletto duca Alfonso II d’Este, in visita alla città il 29 giugno 1561. Sogari fu quindi incaricato dell’allestimento di alcune delle principali opere ideate per l’evento: a lui si doveva, innanzitutto, l’erezione di una colossale statua in stucco di Emilio Lepido, il mitico fondatore di Reggio, disfatta un mese dopo la visita ducale (Artioli - Monducci, 1990 docc. 68, 80); inoltre, insieme con l’orafo Francesco Maria Signoretti, realizzò un modelletto in oro della città da donare al duca, oggi testimoniato soltanto dalla versione preparatoria in legno (Reggio Emilia, Musei civici; Balletti, 1901; Artioli - Monducci, 1990, docc. 78, 91; Bacchi, 2001, p. 172).
Il 30 luglio 1562 lo scultore venne saldato da un canonico del duomo di Reggio, Vincenzo Fossa, per l’esecuzione del monumento di lui e del fratello Girolamo, un’opera a cui Prospero doveva lavorare almeno dagli inizi del decennio. Anche questo sepolcro ha subito diverse modifiche, dopo essere stato smontato nel 1778, a causa di maggiori interventi architettonici, e riassemblato in una nuova ubicazione (Artioli - Monducci, 1990, doc. 93; Bacchi, 2001, pp. 68-78, 173 s.).
Il 7 gennaio 1561 Sogari firmò il contratto con i fratelli di Ugo Rangoni, vescovo di Reggio dal 1510 al 1540, per l’erezione del sepolcro del canonico in cattedrale, portato a termine in cinque anni. Si tratta di un’opera che, rispetto alle precedenti sepolture realizzate dall’artista, appare d’intonazione più solenne e in linea con dettami più tradizionali, al punto da poter essere considerata il «parallelo padano» (ibid., p. 81) del monumento di Guglielmo della Porta per Paolo III Farnese (Artioli - Monducci, 1990, docc. 75, 114-116, 119, 218; Bacchi, 2001, pp. 78-83, 175 s.).
Nel 1566 Sogari eseguì, sempre per il duomo di Reggio, l’eccentrico monumento di Cherubino Sforziano, l’orologiaio di molti principi del tempo (Artioli - Monducci, 1990, doc. 118; Bacchi, 2001, pp. 68-70, 178). Si attribuisce al nostro anche il sepolcro di Antonio Bernardi nel duomo di Mirandola, eseguito dopo il 1565, anno di morte del titolare del deposito (ibid., p. 180).
Al chiudersi del decennio (1567-68) risale invece il Crocifisso in argento, oggi presso il Tesoro della cattedrale di Reggio, commissionato a Prospero dalla confraternita della Visitazione presso S. Agostino (Artioli - Monducci, 1990, docc. 123, 126-127; Bacchi, 2001, p. 182). Contemporaneamente, la comunità reggiana richiedeva di nuovo a Sogari di abbellire la città per la seconda visita del duca Alfonso II, che avvenne nell’ottobre 1568: oltre all’incarico di decorare con due statue un arco trionfale fuori porta S. Pietro (Artioli - Monducci, 1990, doc. 131), l’artista fu inviato, già alla fine del 1567, a Ferrara, Padova e Venezia alla ricerca di un dono per il duca (ibid., doc. 121). Sogari fu anche l’autore di «varii simulacri delle Virtù et delli Dei» in marmo per la scenografia dell’Alidoro, la tragedia di Gabriele Bombace messa in scena il 2 novembre 1568 in onore del duca e della moglie Barbara d’Austria (ibid., doc. 124): alcuni di questi «simulacri» potrebbero riconoscersi in due busti di divinità femminili (forse Diana e Minerva) oggi alla Galleria Estense di Modena (Bacchi, 2001, pp. 99-103, 184). Infine Sogari, con la collaborazione economica di Gaspare Scaruffi, aveva scolpito, tra il 1565 e il 1568, due colossi di Ercole ed Emilio Lepido in marmo di Carrara, ideati per essere offerti in vendita alla città di Reggio. Fallito il tentativo, nel 1573 le due statue furono acquistate dallo stesso Scaruffi, che le trasferì nella sua dimora nel 1584. Entrambe rimasero presso casa Scaruffi fino al 1724, anno in cui, per volontà dell’ultima erede, Claudia Prati Scaruffi, passarono al duca Rinaldo I d’Este, che le fece collocare nelle nicchie ai lati dell’ingresso del palazzo ducale di Modena (Artioli - Monducci, 1990, docc. 45, 54, 100, 110-112, 122, 147-148, 150, 201, 203, 223-225, Addenda A-B, D; Bacchi, 2001, pp. 85- 95, 185-190).
Nell’ottobre 1572 Sogari consegnò, a distanza di vent’anni dalla loro commissione, le statue dei ss. Crisanto e Daria per la facciata del duomo, che furono collocate presso l’altare maggiore fino al 1621, una volta pronte le nicchie (Artioli - Monducci, 1990, docc. 140, 242-247; Bacchi, 2001, pp. 43, 162). Il 10 luglio dello stesso anno, il capitolo aveva richiesto allo scultore altre cinque statue per la facciata (S. Caterina, S. Massimo, S. Prospero, S. Gioconda e S. Venerio), da terminare in otto anni. Le cinque figure, consegnate nel 1580, come da contratto, rimasero depositate presso la cappella di S. Caterina fino al 1621, quando i Ss. Venerio e Gioconda furono posizionati nella facciata, mentre i restanti, insieme con un S. Sebastiano di Francesco Pacchioni, furono riadattati nel transetto (Artioli - Monducci, 1990, docc. 135-138, 145, 161, 168, 177, 181, 242-247; Bacchi, 2001, pp. 43, 115 s., 192-194).
Al 1572-73 si data il busto di Ludovico Ariosto (dal 1812 in collezione Scutellari), proveniente dal perduto sepolcro eretto da Sogari su progetto di Pirro Ligorio in S. Benedetto a Ferrara. Il deposito venne fatto smontare già nel 1612 dai discendenti del poeta, per essere sostituito da un nuovo complesso (quest’ultimo alla Biblioteca Ariostea dal 1801; Cittadella, 1874; Bacchi, 2001, p. 191). L’intensa produttività dello scultore in questo decennio è testimoniata da altre opere: il busto di Francesco Denagli (1573), rintracciato da Luciano Serra (1985, p. 12) a villa Magawly (già di proprietà Denagli) presso Reggio (Bacchi, 2001, p. 196); l’erma di Giano (1576; attribuitagli da Magnani, 1927, p. 168) posta in uno dei cantonali di palazzo Magnani (già Becchi) a Reggio Emilia (Bacchi, 2001, p. 196); i busti di Gaspare Scaruffi e della moglie Lucrezia Malaguzzi (1579), oggi ai Musei civici di Reggio, ma provenienti da S. Francesco (ibid., pp. 197 s.); il busto di Dionigi Ruggeri sempre ai musei reggiani (attribuito da Magnani, 1927, p. 162), che, pur non datato, si deve collocare cronologicamente vicino a quello dello Scaruffi (Bacchi, 2001, p. 200); il rilievo in marmo del Redentore nella Galleria Estense, anch’esso, comunque, senza una datazione precisa (ibid., p. 201); il sepolcro di Francesco Martelli nel duomo di Reggio, probabilmente eretto nel 1578, alla morte del canonico (ibid., p. 202).
Tra il 1579 e il 1580 Sogari portò a termine anche l’altare maggiore di S. Michele a Reggio, completamente demolito nel Settecento (Artioli - Monducci, 1990, doc. 171). Il 23 novembre 1579, lo scultore fu incaricato dal vicario della collegiata di Carpi, Vincenzo Grillenzoni, di mettere in opera un «altare parte di gesso e parte di marmo» per la venerata statua in legno dell’Assunta (opera di Giuseppe Cibelli di inizi Cinquecento), decorato da «doe statoe di marmo di Carrara». Le due figure, le uniche opere superstiti dell’intero complesso, completato nel 1581 e distrutto quasi due secoli dopo, si devono identificare con la Fede e la Carità collocate sull’altare nella stessa cattedrale, costruito nel 1772 su progetto di fra Stefano da Carpi (ibid., docc. 176, 187; Bacchi, 2001, pp. 116, 203 s.).
Tra le creazioni migliori dell’ultima produzione di Sogari va segnalato il michelangiolesco Cristo porta-croce, dal 1784 in S. Prospero a Reggio, che si deve identificare con quello commissionato il 16 aprile 1581 da Carlo Scaioli, confratello della S. Croce, per l’altare maggiore dell’oratorio di S. Domenico, e terminato entro il 1583 (Artioli - Monducci, 1990, docc. 189, 194, 227; Bacchi, 2001, pp. 116-121, 205 s.). È opera del nostro anche la statua in terracotta del Cristo benedicente nella collegiata di Carpi, un tempo attribuita ad Antonio Begarelli, che dal 1772, insieme con le statue in marmo di Fede e Carità, si trova sull’altare ideato da fra Stefano da Carpi. La figura del Redentore, pur non menzionata dai documenti, si deve collegare a pagamenti versati dalla compagnia del Corpo di Cristo all’artista tra l’aprile 1582 e il marzo 1584, attestanti interventi per la cappella del Sacramento (Artioli - Monducci, 1990, docc. 192, 200; Bacchi, 2001, pp. 121-123, 207 s.).
L’estrema impresa del nostro scultore fu il grandioso tabernacolo eucaristico per il duomo di Reggio Emilia. In data 10 luglio 1577 il capitolo affidò a Sogari la realizzazione del «tabernacolo del Sacramento», disegnato da Lelio Orsi nel 1576, richiedendo che fosse completato entro cinque anni. L’opera, tuttavia, fu portata a termine nel 1585, un anno dopo la morte di Sogari, grazie all’intervento dei suoi collaboratori (Artioli - Monducci, 1990, docc. 156, 160, 162, 177, 195, 206-207, 210, 211-213, 216; Bacchi, 2001, pp. 123 s., 209-212).
Nel 1583 Sogari eseguì il modello della tomba di Orazio Malaguzzi per il duomo di Reggio, messa in opera due anni dopo da ex collaboratori del maestro, allora già scomparso (Artioli - Monducci, 1990, doc. 209; Bacchi, 2001, pp. 124, 213 s.). Sempre al 1583 risale l’ultima commissione del capitolo della cattedrale reggiana, che incaricò lo scultore di eseguire un modelletto in legno della facciata (Artioli - Monducci, 1990, doc. 199; Bacchi, 2001, p. 46). Contemporaneamente, a causa dell’età ormai avanzata, veniva richiesto all’artista di rinunciare alla direzione del decennale cantiere, che venne affidato a Prospero Pacchioni (ibid.).
L’artista morì a Reggio il 25 maggio 1584 (Artioli - Monducci, 1990, doc. 202). La sua sepoltura, visibile in duomo dal 1779, era stata eretta nel 1588 dal figlio Flaminio Clementi e da Francesco Pacchioni nella chiesa di S. Maria del Carmine (ibid., docc. 208, 214-215).
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