socialdemocrazia
Il nome s., assunto in Germania dal Partito socialista tedesco (➔ Partito socialdemocratico tedesco) al suo nascere, si è poi generalizzato a tutti i partiti socialisti (➔ ) di altri Paesi che si sono formati su quel modello dopo la fine della prima Internazionale (➔ Internazionale). Il movimento operaio tedesco, che già nel Congresso di Lipsia (1863) aveva affermato la propria autonomia dalla sinistra borghese, si configurò come un partito politico organizzato nel 1875, quando nel Congresso di Gotha varie associazioni di lavoratori diedero vita al Partito socialista dei lavoratori; dal 1890 esso assunse la denominazione, tuttora vigente, di Partito socialdemocratico tedesco (SPD). Il crescente influsso del marxismo si espresse nel programma di Erfurt (1891), divenuto ben presto comune alle s. degli altri Paesi: il partito, che propugnava la lotta di classe come mezzo per l’emancipazione del proletariato, intendeva conquistare attraverso l’azione politica le indispensabili condizioni di libertà e l’attuazione dei suoi postulati nella legislazione sociale. Il partito politico si assumeva la funzione direttiva del movimento proletario, per guidarlo alla realizzazione delle finalità socialiste. Da questa sua funzione preminente e dal trasferimento dell’azione sul terreno legale della lotta politica, nacquero via via i contrasti tra le diverse tendenze interne che avrebbero travagliato la vita del partito. Nel 1899, la pubblicazione de Die Voraussetzungen des Sozialismus und die Aufgaben der Sozialdemocratie di E. Bernstein avviò una profonda revisione del pensiero marxista e spinse i socialdemocratici ad abbandonare la prospettiva rivoluzionaria. I contrasti tra riformisti e rivoluzionari precipitarono in concomitanza dello scoppio della Prima guerra mondiale, quando i partiti socialisti europei, salvo poche eccezioni, si schierarono a fianco dello sforzo militare dei rispettivi Stati, sancendo di fatto la crisi della seconda Internazionale (1889-1914). Il conflitto fu l’occasione per l’individuazione, all’interno dei differenti partiti socialisti, di minoranze rivoluzionarie che cominciarono a organizzarsi a partire dal 1916 e che lo scoppio della Rivoluzione russa contribuì a mobilitare: dallo sviluppo di queste frazioni nacquero i nuovi partiti comunisti. A partire da questo momento, s. divenne la denominazione delle forze politiche e ideologiche socialiste che rifiutavano il modello sovietico, pur rimanendo in genere ancorate al marxismo. Dopo la Seconda guerra mondiale, per s. si intende il socialismo riformista (quindi non più marxista), ispirato ai principi della democrazia parlamentare, rispettoso dei diritti individuali di libertà, inclusa la libertà di mercato, e fautore del welfare State, per realizzare una maggiore equità sociale e correggere i «difetti» del mercato.