ŚIŚUPĀLGARH
Centro fortificato nell'Orissa (India), che costituisce uno degli insediamenti - il più antico a noi noto - della grande area urbano-templare di Bhuvaneshvara, odierna capitale dello Stato. Sorge a N della confluenza del fiume Dayā con la Bhārgavi, a N del sito di Dhauli, risalente all'epoca dell'imperatore maurya Aśoka (III sec. a.C.), e immediatamente a SE della grande area templare scivaita di epoca medievale. Più lontano, a una decina di chilometri in direzione N-NO, si trovano i monumenti rupestri jaina di Udayagiri e Khaṇḍagiri.
Gli scavi di Ś. furono effettuati nel 1948, e non sono stati più ripresi. Furono limitati a un saggio in profondità all'interno del forte, a una sezione attraverso il lato O delle mura, e allo scavo in areale della porta urbana che si apre presso il torrione angolare di NO. L'occupazione del sito risale al 300 a.C. circa, ma le evidenze relative al primo periodo, che ha termine verso il 200 a.C. (ceramica non decorata grigia e rossa), sono molto scarse. Fu agli inizî del II sec. a.C. che vennero erette mura in argilla e che l'insediamento assunse l'aspetto definitivo, quello cioè di un quadrato coi lati lunghi c.a 1 km, con due porte per lato. Accanto a una ceramica rossa polita di buona qualità, vi sono frammenti di ceramica rossa e nera del tipo solitamente associato alle sepolture megalitiche del Deccan (si vedano tuttavia gli analoghi ritrovamenti in siti quali Sālihuṇḍām, ν.) e, in seguito, di rouletted ware, una classe ceramica di derivazione mediterranea diffusa nel Deccan e nelle zone costiere del Golfo del Bengala tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. E questo il periodo di maggior sviluppo dell'insediamento. Le mura, alte c.a 7,50 m, furono rafforzate con breccia di laterite, e rivestite più tardi con mattoni cotti (occorrenza comune in molti siti gangetici). La porta urbana di NO, scavata, appare oggi in questo aspetto monumentale. E una struttura articolata a due ingressi successivi, un passaggio pedonale e scale che portano ai vani superiori, perduti. Tra i reperti del periodo compreso tra il 100 e il 200 d.C. si osservano numerosi braccialetti in vetro e bullae in argilla delle quali alcune recano figure animali (bos indicus ed elefante in particolare), e altre teste virili rappresentate di profilo a imitazione delle monete romane. Si tratta, per queste ultime, di un tipo di oggetti ben documentati nel Deccan e anche nella piana gangetica. All'ultimo periodo di Ś., da porre tra il 200 e il 350 d.C., appartengono alcune abitazioni in mattoni e, tra i reperti, una moneta d'imitazione kuṣāṇa che si discosta da quelle note nell'Orissa - che sono tutte di rame - sia perché è d'oro, sia perché sul rovescio compare una testa romana. Nella zona centrale dell'insediamento, in un'area non scavata, si osserva un gruppo di sedici pilastri monolitici di laterite, probabilmente riferibili a un padiglione ipostilo. Su alcuni di essi sono scolpiti medaglioni che si rifanno allo stile diffuso nell'India centro-settentrionale nel I sec. .C.-I sec. d.C.
Dai pressi del tempio di Bhākareśvara, a Ν di S., provengono alcuni elementi di balaustra e un capitello lotiforme che sembra imitare quelli posti sulle colonne di Aśoka; è stato peraltro ipotizzato, con buone ragioni, che l'insolito liṅga posto nella cella di quel tempio altro non sia che un grande frammento di una colonna maurya (va ricordato che l'interpretazione in chiave scivaita di tali colonne è cosa comune).
A Dhauli, su uno sperone di granito, sono incisi undici dei quattordici editti su roccia di Aśoka. In luogo di quelli mancanti - in particolare il tredicesimo, che ricorda la sanguinosa conquista del Kaliṅga (nome antico dell'Orissa) avvenuta agli inizî del regno del sovrano maurya - vi sono i due «editti separati», in uno dei quali si fa menzione della città di Tosalῑ, dove risiedevano i funzionarî dell'amministrazione maurya. Alcuni autori hanno suggerito che Tosalῑ sia da identificare con Ś., che tuttavia sembra meglio corrispondere alla Kaliṅganagara («la città del Kaliṅga», o Orissa) di cui parla l'iscrizione di Hāthῑguṃphā (sopra Udayagiri) del re ceḍi Khāravela, vissuto secondo alcuni nella seconda metà del I sec. a.C., o, più probabilmente, nella prima metà del secolo successivo, che restaurò di quella mura e porte urbane: siffatti interventi strutturali gli scavi di Ś. sembrano documentare. Nella roccia di Dhauli, accanto alle iscrizioni, fu ricavata la parte anteriore di un elefante, probabile simbolo del Buddha (che in forma di elefante bianco scese nel grembo della madre Mayā), che va considerata una delle poche sculture maurya sicure. Si è sempre notato che la pietra non è polita, com'è invece la regola per l'epoca di Aśoka; va tuttavia osservato, per un verso, che la politura della pietra non è di per sé indice dell'appartenenza di un'opera all'epoca maurya (la politura appare piuttosto come una caratteristica della scultura del Bihar anche in epoca ben posteriore ai Maurya); per l'altro, che l'elefante di Dhauli è sicuramente un'opera non finita.
I gruppi rupestri di Udayagiri e Khaṇḍagiri, due alture gemelle, sono, in virtù delle sculture a rilievo basso che li decorano, tra i monumenti più celebri e importanti dell'India antica. Nonostante ciò manca ancora un'interpretazione soddisfacente della loro funzione e delle iconografie che li caratterizzano. Si devono, secondo l'ipotesi più probabile, alla committenza di Khāravela, fervente jainista, e della sua consorte principale. A differenza dei monasteri rupestri buddhisti, vi sono assenti - con l'eccezione di una struttura absidale situata sulla terrazza superiore di Udayagiri, portata alla luce nel 1958 - luoghi di culto appropriati per l'assemblea dei fedeli, e le celle degli asceti, prive di qualsivoglia decorazione interna ed estremamente anguste, sembrano essere state intese solo per dormirvi. Sono stati compiuti diversi tentativi per interpretare almeno alcune delle scene narrative che decorano l'esterno dei gruppi rupestri più importanti, in particolare quelle del gruppo 1 di Udayagiri, o Rāṇῑguṃphā, grande complesso a due piani dove le celle si aprono su un portico. Una di tali scene è stata p.es. considerata come modellata sul racconto dell'incontro di Duśyanta e Śakuntalā. L'intero gruppo di scene è forse però da riferire agli eventi della vita del ventitreesimo tῑrthaṃkara, Parśvanātha, che potrebbe essere in tal caso il jina di cui si fa menzione nell'iscrizione di Khāravela. È certo che i culti jaina erano in quest'epoca aniconici, poiché nell'intero complesso di Udayagiri non si osserva aloma immagine antropomorfa di tῑrthaṃkara. Dal punto di vista stilistico questi rilievi sono molto vicini a quelli dei portali degli stūpa 1 e 3 di Sāñcῑ, e una datazione ai primi decennî della nostra era (v. vidiśā) sembra convincente. La maggior parte dei rilievi che decorano il minor complesso di Khaṇḍagiri (dove si trovano anche iconografie più tarde) è ritenuta leggermente posteriore.
Mentre il jainismo continuò a essere praticato, sia pure minoritariamente, nella regione, il buddhismo fu soppiantato dai culti scivaiti (esso continuò a prosperare più a N, nella regione di Cuttack: siti di Udayagiri, Lalitagiri e Ratnagiri), qui controllati dalla corrente dei Pāśupata. All'insediamento di Ś., abbandonato nel IV sec. d.C., subentrò la città templare di Bhuvaneshvara, di cui si ricordano qui i monumenti più antichi, in particolare i tre templi del gruppo di Śatrughneśvara, risalenti alla fine del VI sec. o agli inizî del secolo successivo, e il tempio, assai celebre, di Paraśurāmeśvara, del VII secolo.
Bibl.: B. Barua (ed.), Old Brāhmῑ Inscriptions in the Udayagiri and Khaṇḍagiri Caves, Calcutta 1929; M. H. Ḳuraishi, List of Ancient Monuments Protected under Act VII of 1904 in the Province of Bihar and Orissa (ASI, New Imperial Series, 51), Calcutta 1931, pp. 234-278; B. B. Lai, Śiśupalgārh 1948: an Early Historical Fort in Eastern India, in Ancient India, V, 1949, pp. 62-105; D. Mitra, Bhubaneshwar (ASI), Nuova Delhi 1958; id., Udayagiri and Khandagiri (ASI), Nuova Delhi 1960; K. C. Panigrahi, Archaeological Remains at Bhubaneshwar, Calcutta 1961, in part. pp. 177-210; Ch. Fabri, History of the Art of Orissa, Calcutta 1974, pp. 2-24; R. P. Mohapatra, Udayagiri and Khandagiri Caves, Nuova Delhi 1981.
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