SISTO V papa
Felice Peretti nacque a Grottammare il 13 dicembre 1520 (secondo altre fonti nel 1521) da povera famiglia di contadini oriunda di Montalto Marche; entrò nel 1534 nei minori conventuali. Predicatore e teologo, divenne presto uno degli uomini più notevoli del suo Ordine. Seguì la corrente rigorista, che propugnava la riforma dei costumi, il riordinamento interno della Chiesa, la lotta ad oltranza contro il protestantesimo. Godé quindi il favore, prima di Paolo IV, che lo nominò inquisitore a Venezia, poi di Pio V, che lo creò vescovo e vicario generale dei conventuali nel 1566, cardinale nel 1570. Si tenne in disparte durante il pontificato di Gregorio XIII di cui non godé le simpatie. Alla morte di questo, il Peretti, che era sempre rimasto indipendente dai partiti dominanti nel Collegio cardinalizio, fu eletto papa il 24 aprile 1585. Carattere rigido e autoritario, istituì subito un governo personale, libero da ogni influenza.
Mantenere la Chiesa assolutamente indipendente da ogni potenza, anche cattolica, e ridarle una funzione dominante nel mondo: questo il suo programma politico. A tale scopo egli rivolse anzitutto le sue cure al riordinamento dello stato pontificio per far di esso un saldo punto d'appoggio alla sua politica. In questo campo però si presentava un problema urgentissimo: bisognava ristabilire l'ordine pubblico reprimendo il banditismo dilagante. Su di esso si abbatté la mano ferrea di Sisto che in due anni riuscì a "nettare" il paese dai delinquenti. Successo brillante ma non duraturo: il fenomeno aveva radici troppo profonde nella struttura sociale del paese e riapparve dopo la morte di Sisto. Anche alla sicurezza delle coste volle provvedere il papa facendo costruire una piccola flotta che affrontò i Barbareschi con qualche successo.
Non meno importante fu la sua politica economica e finanziaria. Egli volle da una parte migliorare le condizioni economiche del paese, dall'altra aumentare le entrate della camera apostolica, sia per far fronte alle enormi spese per i lavori pubblici, sia per creare un grosso fondo di riserva, in un momento in cui le necessità finanziarie del papato, tornato ad esercitare una grande funzione politica, erano fortissime e urgenti. Incoraggiò le industrie della seta e della lana, migliorò la viabilità, tentò il prosciugamento delle Paludi Pontine. Con quest'opera voleva risolvere il problema annonario di Roma, la cui popolazione aumentava continuamente. D'altra parte imponeva nuove gabelle al paese già duramente tassato, instaurava una rigida economia nelle spese ordinarie, ricorreva alla vendita degli uffici, ma soprattutto sviluppava il sistema, già esistente, dei prestiti pubblici (i cosiddetti Monti) con interessi garantiti da determinate entrate, attraverso una vera e propria alienazione di proventi pubblici a favore dei creditori. Poiché così le entrate superavano le spese, egli accantonava l'avanzo in un tesoro in Castel S. Angelo, che alla sua morte ammontava a circa 4 milioni di scudi. Questo sistema finanziario, già allora molto criticato, poiché portò a una notevole diminuzione della circolazione, richiamò a Roma gran quantità d'oro specialmente di banchieri genovesi e fiorentini, e aumentò il numero delle persone che vivevano sul sicuro reddito garantito dalla Chiesa.
Come sovrano spirituale Sisto V seguì le direttive della Controriforma applicando severamente i deliberati tridentini. Volle dare al mondo una nuova edizione della Volgata; ma questo lavoro, condotto in gran parte sotto la sua personale direzione, non raggiunse la perfezione desiderata, sollevò anzi molte critiche e dovette essere ripreso dai suoi successori. Volle poi riordinare l'amministrazione centrale della Chiesa: con la bolla del 3 dicembre 1586 fissò definitivamente a settanta il numero dei cardinali e stabilì le attribuzioni del Sacro Collegio, poi con la bolla del 22 gennaio 1588 creò quindici congregazioni cardinalizie, che permisero un rapido disbrigo degli affari. Così diede alla Chiesa un ordinamento che sostanzialmente dura tuttora.
Ma la sua grandezza si rivelò specialmente nella politica estera. Qui Sisto dové affrontare un grave problema: mantenere in Europa l'equilibrio politico e arrestare al tempo stesso la diffusione del protestantesimo. Raggiungere i due scopi insieme non era facile a causa della crisi politica e religiosa della Francia. Una Francia riorganizzata, ma in mano agli ugonotti, poteva significare la fine del cattolicesimo, viceversa una Francia cattolica, ma dominata da Filippo II, voleva dire la fine dell'indipendenza politica della Chiesa, irrimediabilmente asservita alla rinnovata monarchia universale spagnola. Per uscire da questa alternativa Sisto si sforzò di conciliare i cattolici francesi con la monarchia; ma la cosa si rivelò presto assai difficile per l'ostilità della Lega, dominata dai Guisa e aiutata dalla Spagna, contro Enrico III e per la debolezza e l'incertezza dell'ultimo Valois. Le trattative ebbero quindi scarsi risultati. Quando poi nel dicembre 1588, con l'uccisione del duca e del cardinale di Guisa, Enrico III ebbe portato le cose all'estremo, fu chiaro che nulla più si poteva ottenere nel senso voluto dal papa, che lanciò allora un monitorio contro il re (maggio 1589). Morto Enrico III e proclamato re di Francia Enrico di Navarra, quasi irrealizzabile sembrò il piano di Sisto V, che non poteva ora, con un re ugonotto, abbandonare la Lega; perciò in un primo momento fu costretto a inclinare dalla parte spagnola e giunse fino a proporre, nel dicembre 1589, un'alleanza a Filippo II contro Enrico IV; aspettava tuttavia qualche occasione per riprendere il suo piano. Questa si presentò presto per opera dello stesso Enrico IV, che abilmente gli venne incontro, inviandogli nel gennaio 1590 il duca di Lussemburgo esponente di quella parte dei cattolici francesi che aveva riconosciuto nel Borbone il re legittimo. Sisto intravvide allora la possibilità della conversione di Enrico IV e allacciò rapporti con lui, non senza scandalo del partito spagnolo in Roma, che cercò di ostacolarlo in ogni modo. Ciò nonostante egli continuò le trattative rifiutando ora decisamente di allearsi con Filippo II. La morte doveva tuttavia togliergli la gioia di vedere, con la conversione di Enrico IV, realizzato il suo progetto. Il grande avvenimento era stato però da lui preparato in mezzo a difficoltà gravissime. In questa lotta Sisto fu quasi sempre d'accordo con Venezia, preoccupata anch'essa di trovare nella Francia restaurata un contrappeso alla potenza spagnola. Su Venezia egli contava anche per la realizzazione dei suoi progetti orientali; poiché sognava di poter un giorno recare un colpo mortale all'impero ottomano. Così pure avrebbe voluto che il re di Spagna, invece di sprecare le sue forze navali nella lotta contro Elisabetta d'Inghilterra, riprendesse la politica nord-africana con una grande spedizione contro Algeri. I problemi mediterranei furono sempre presenti al suo spirito: ad essi avrebbe voluto dedicare tutte le sue forze, una volta ristabilito l'equilibrio in Europa e riordinato lo stato pontificio. La morte, avvenuta il 24 agosto 1390, troncò tutti questi progetti. Spirito geniale, capace di concepire vasti progetti, mai tuttavia perdeva la precisa intuizione delle difficoltà e la valutazione esatta delle forze degli avversarî. I modi bruschi e violenti, che ricordavano la sua origine contadina, sono passati in proverbio e quasi in leggenda. Amante dell'arte, continuò la tradizione dei papi del Rinascimento; con l'aiuto di Domenico Fontana abbellì Roma di nuovi monumenti. La sua attività in Roma fu anche urbanistica. (V. roma).
Bibl.: C. Tempesti, Storia della vita e geste di Sisto V, voll. 2, Roma 1754; L. Ranke, Die römischen Päpste in den letzen Jahrhunderten, I e III, Lipsia 1885; J. A. Hübner, Sixte V d'après corespondances diplomatiques inédites, voll. 2, Parigi 1890; U. Balzani, S. V, Genova 1913; L. Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, trad. it., X, Roma 1928.