CAPSONI, Siro Severino (al secolo Giuseppe Antonio)
Nacque a Pavia il 25 marzo 1735 da Francesco, ingegnere, e da Giuliana Bertolazzi. Fece i primi studi nel locale collegio dei gesuiti, dedicandosi anche, per proprio conto, a ricerche di storia letteraria municipale. Decise quindi di darsi alla vita religiosa entrando nell'Ordine domenicano. Dopo aver compiuto il triennio di filosofia nel convento di Correggio, pronunziati i voti, si recò a Bologna per seguirvi gli studi teologici. Vi restò fino al 1754. Poi fece ritorno a Pavia col titolo di lettore dei sacri canoni. Per alcuni anni servì l'Ordine come predicatore nelle principali città dell'Italia settentrionale. Quindi, avendo continuato regolari studi, venne ordinato sacerdote nel 1758, e nel 1761 conseguì la laurea. Da quel momento si dedicò all'insegnamento: da principio a Pavia, presso il collegio S. Carlo, dove ebbe fra i suoi primi allievi Siro Comi, che seguirà la strada tracciata dal C. nel campo dell'erudizione municipale; poi, dal 1763, a Milano, presso il convento delle Grazie e in qualità, questa volta, di lettore di filosofia.
Già dall'anno precedente il C. faceva parte dell'Accademia pavese degli Affidati; a Milano diventò accademico trasformato, esordendo con un componimento poetico in vernacolo pavese. L'influenza di questa accademia, che comprendeva allora altre personalità pavesi (l'abate Angelo Teodoro Villa, rettore dello Studio pavese, è fra queste), si riscontra nei diversi almanacchi che il C., con la copertura dell'anonimato, compose fra il 1764 e il 1768. Quello che riscosse maggior successo presso il pubblico milanese fu il Collegio delle marionette a beneficio delle chicchere femminine, Lugano 1774 (ristampato a Bergamo nel corso dello stesso anno).
L'almanacco, che canzonava l'educazione alla moda impartita alle fanciulle, non si discosta dalla consueta satira dei costumi, e delle novità, ricorrente nell'accademia. Di suo il C. versò nell'almanacco una raffinata erudizione, che, grazie ad un gioco tutto intellettualistico di eleganti allegorie, impreziosiva la satira, per il resto assai futile. Una prova dell'interesse destato da quest'opera è la sua attribuzione a Pietro Verri, attribuzione che venne confutata su solide basi documentarie soltanto nel 1910 dal Corbellini. Si parlò anche di Parini come possibile autore del Collegio. Ma il Baretti, nella Frusta, contestò con l'abituale sarcasmo questa paternità, qualificando l'opera una "goffa satira", che poteva essere soltanto uscita dalla penna del Verri, ricordato da lui come l'autore del Gran Zoroastro e del Mal di Milza. Lo stesso Verri, peraltro, l'anno precedente aveva letto una satira contro i giuristi milanesi, che non è già più catalogabile fra le esercitazioni dotte dei Trasformati, alle quali invece appartiene in pieno il Collegio, e che si allontanava da questo genere per un vivace risentimento civile del tutto sconosciuto al frate pavese.
Dopo il Collegio, il C. scrisse la Riforma del carnevale, consegnata alle stampe nel 1764; Il cittadino istruito,almanacco per l'anno 1766,ad uso di tutto lo Stato della Lombardia austriaca, Milano 1765; e le Memorie galanti,centuria prima di pensieri edannotazioni sopra le opere dell'abate Metastasio, Venezia 1768: tutte operette che appartengono piuttosto al genere dell'erudizione mondana e che rispetto al primo almanacco denotano un affievolimento di mordente satirico, compensato soltanto in parte da una discutibile verve da enciclopedista curioso.
Il C. abbandonò questo genere dopo che fu richiamato a Pavia e nominato bibliotecario e storiografo dall'Ordine. Dal 1765, ad eccezione delle Memorie galanti, si dedicò alla ricerca erudita e antichistica, adattandosi perfettamente al nuovo ruolo. Egli continuava tuttavia a gravitare intorno all'Accademia degli Affidati, per la quale compose dei poemetti (una Novella giapponese, recitata nel 1772, e un Viaggio alle isole Borromee, del 1779).
Giudicato uomo "spregiudicato" dal Mascheroni, che faceva parte anche lui dell'Accademia degli Affidati, il C. non era digiuno di filosofia. E aveva anche una certa confidenza con la filosofia moderna, come dimostrano le sue carte, ricche di citazioni e di giudizi sui filosofi d'oltralpe (Voltaire, d'Holbach, Rousseau, ecc.). Tuttavia l'interesse più avvertito restava l'erudizione storica, che in gioventù l'aveva invogliato a catalogare gli scrittori pavesi. Il suo primo scritto storico, le Origini e privilegi della Chiesa pavese aggiuntavi la serie cronologica de' vescovi di essa. Ragionamento apologetico (Pavia 1769), non si discostava da un genere storiografico tradizionale: l'apologetica ecclesiastica. Tuttavia il C., che avrebbe poi trascurato questa strada, pur condividendo l'intenzione di accreditare ancora una volta l'autonomia della Chiesa pavese, si sforzò di smascherare le invenzioni della tradizione orale, ricostruendo la serie dei vescovi con l'ausilio della critica delle fonti. Egli era conscio della superiorità della nuova storiografia erudita e proprio per questo, dopo le Origini, si risolse a tentare un ambizioso progetto che, a sua detta, coltivava da tempo: scrivere una storia di Pavia dalla fondazione ai tempi moderni. In questo progetto fu incoraggiato dal marchese Pio Bellisomi, il quale gli mise a disposizione la ricca biblioteca di famiglia. Il C. lavorò per un decennio ad una paziente opera di recupero e raccolta delle fonti pavesi (soprattutto epigrafiche). Poi, nel 1782, diede alle stampe il primo tomo della sua opera, dal titolo Memorie istoriche della regia città di Pavia e suo territorio antico e moderno.
In questo volume il C. indagava sulla fondazione della città, tentando di liberarla dall'alone leggendario, e si soffermava soprattutto, con gusto da dotto, sulla disquisizione etimologica relativa all'antica denominazione della città. Nel secondo tomo, uscito l'anno 1785, seguitava la narrazione delle antichità pavesi fino al periodo imperiale, proseguendola nel terzo tomo (Pavia 1788), che tornava a gravitare attorno alla questione della cronologia vescovile. Il terzo tomo si chiudeva con l'anno 643. Avrebbe dovuto seguire una disamina della legislazione longobarda. Ma il quarto tomo non fu mai dato alle stampe e di esso restano soltanto delle minute preparatorie, che confermano questa intenzione.
Le Memorie istoriche, apprezzate allora dal Tiraboschi e poi dal Mommsen, si segnalavano soprattutto in virtù di una lunga e accurata ricerca antiquaria. Il culto della cronaca e dell'archeologia locale, rintracciate con puntigliosità, dominano interamente il quadro dei tre tomi. Da un altro punto di vista, il municipalismo che le ispira costantemente avvicina il C. a quel "patriottismo" pavese, che si rintraccia in tutta la successiva storiografia erudita della città e che era una componente dell'ideologia patrizia di Pavia. Il C. si allineava con una tendenza comune a tutti gli studi eruditi di quegli anni, a carattere antichistico e locale; ma le sue Memorie testimoniano anche l'animus particolare di una città che, mentre perdeva l'antica autonomia dei suoi istituti patrizi, riacquistava rilevanza metropolitana grazie al rilancio del suo Studio.
Apprezzatato e ricercato da altri eruditi (come il Mascheroni, Ireneo Affò e il Tiraboschi), il C. ricevette per la sua opera un sostanzioso donativo dalla città. Nel 1785 l'Ordine domenicano gli conferì la qualifica di maestro provinciale. Nel 1792 fu chiamato a Modena per compilare un catalogo dei codici Estensi. E nel 1794 entrò a far parte dell'Arcadia, dove poetò col nome pastorale di Damageto Cirenaico. Con questo pseudonimo scrisse le Annotazioni all'Elogiodel card. Carlo Bellisomi (Pavia 1794), recitato da E. Giardini.
Morì a Pavia il 27 maggio 1796 per un fortuito colpo d'arma da fuoco durante il sacco francese.
Fonti e Bibl.: Pavia, Bibl. universitaria, Mss. Ticinesi 108 (contenente le minute del IV tomo delle Memorie istoriche), 270, 276, 452 (contenente la minuta del Collegio delle marionette), 503 e altri codici con appunti e minute del C.; una copia del Collegiodelle marionette, una delle pochissime oggi reperibili, a Milano, Bibl. Ambrosiana, S.N.V.I. 57; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, II, Firenze 1941, p. 401 n.; G. Tiraboschi, Storia dell'augusta badia diS. Silvestro, I, Modena 1784, p. XVI; Id., Storiadella letteratura italiana, III, Modena 1787, pp. 41 n., 57 n., 60 n.; T. Mommsen, Inscriptiones Galliae Cisalpinae latinae, II, Berolini 1877, p. 706 n.; G. Capsoni, Notizie riguardanti lacittà di Pavia raccolte da un suo cittadino, Pavia 1878, p. 599; C. Caversazzi, Poesie e prose italianee latine edite ed inedite di Lorenzo Mascheroni, I, Bergamo 1903, p. 115 n.; A. Corbellini, Ninfee pastori sotto l'insegna dello "Stellino", in Boll. della Soc. pavese di storia patria, IX (1909), pp. 246-50; Id., Curiosi almanacchi di un frate e diun prete pavesi,ibid., X (1910), pp. 55-118; Id., Il Collegio delle marionette, Milano 1911; C. A. Vianello, La giovinezza di Parini,Verri e Beccaria con scritti,documenti e ritratti ined., Milano 1933, pp. 88, 249, 290 s.; M. De Bernardi, Unsecolo di erudizione pavese(1750-1850), in Boll. della Soc. pavese di storia patria, n.s., I (1936), pp. 11-33, 63-68 (con sei lettere del C. a G. Tiraboschi); F. A. Tasca, Personaggi noti e ignotinella storia e nella cronaca di Pavia, Pavia 1951, p. 48; G. Natali, IlSettecento, Milano 1955, p. 37.