sionismo
Movimento politico che, come si legge nella sua carta costitutiva, redatta a Basilea il 29 agosto 1897, «ha per scopo di creare in Palestina una sede nazionale per il popolo ebraico garantita dal diritto pubblico». Anche se il termine fu usato per la prima volta nel 1890 dallo scrittore N. Birnbaum, i prodromi del movimento si fanno risalire al decennio precedente, quando studenti ebrei delle università russe, polacche e romene fondarono le prime colonie ebraiche in Palestina. Nella religione ebraica il ritorno a Sion e alla terra d’Israele delle comunità disperse nella diaspora rappresenta un’aspirazione centrale, ribadita nelle preghiere quotidiane. Nel corso dei secoli quest’aspirazione non aveva mai assunto un concreto significato politico, ma la situazione cominciò a mutare negli ultimi decenni dell’Ottocento, anche in seguito all’inasprirsi delle violenze antisemite in Russia e in Polonia e alla rimessa in discussione delle prospettive di emancipazione e assimilazione degli ebrei nella stessa Europa occidentale dopo l’esplosione dell’affare Dreyfus (➔ Dreyfus, Alfred). Fu il giornalista Theodor Herzl a formulare i presupposti teorici e politici del movimento. Partendo dall’assunto che l’antisemitismo da un lato e l’incapacità di assimilarsi dall’altro fossero due irriducibili atteggiamenti con radici troppo profonde nelle vicende dei rapporti fra gli ebrei e gli altri popoli, e che quello ebraico fosse un problema alla cui soluzione non erano interessati solo gli ebrei ma tutti i popoli civili, nel suo libro Der Judenstaat (1896) egli prospettò come sola possibile alternativa «la creazione di una patria sicura per coloro che non possono e non vogliono assimilarsi». Nel 1897 si tenne a Basilea il primo congresso sionistico, nel quale i delegati delle comunità ebraiche diedero vita alle strutture dell’organizzazione sionista e tracciarono le linee del suo futuro programma d’azione. Questo rispecchiava l’avvenuta fusione di tre tendenze: una pratica, che vedeva nella colonizzazione agricola della Palestina il mezzo per restituire agli ebrei la loro dignità e per far valere in futuro effettivi diritti sul territorio; una etico-religiosa, che si batteva per un ritorno alla tradizione e la rinascita di uno spirito nazionale e dei valori culturali e religiosi dell’ebraismo; e infine la tendenza politica, che mirava a ottenere, mediante un’azione diplomatica presso le grandi potenze, la concessione di una «carta» internazionale che autorizzasse e tutelasse l’immigrazione ebraica in Palestina. Allo scoppio della Prima guerra mondiale i risultati ottenuti, soprattutto in campo internazionale, erano ancora molto modesti. Un decisivo passo in avanti fu compiuto con la Dichiarazione Balfour (nov. 1917) e la sua successiva incorporazione nello statuto del mandato sulla Palestina affidato alla Gran Bretagna dalla Società delle nazioni, ma determinante, quale organo di coordinamento delle varie iniziative aventi scopi sionistici, fu l’Agenzia ebraica. Sotto la spinta sionista, la nuova società che si andava costituendo in Palestina assunse progressivamente la fisionomia di un’entità statale in formazione: un’assemblea elettiva e un esecutivo dirigevano la politica dello , la comunità ebraica della Palestina; a tutela del lavoro ebraico era sorta un’organizzazione sindacale, la Histadrut; i problemi della difesa delle comunità erano stati affidati alla Haganah, corpo di pionieri-soldati trasformatosi poi nell’esercito d’Israele. A tale evoluzione si accompagnò un progressivo inasprimento dei contrasti fra gli immigrati ebrei e la popolazione arabo-palestinese. Negli anni successivi Londra cercò di limitare l’immigrazione ebraica nel territorio del mandato, ma la situazione creata dallo sterminio di milioni di ebrei in Europa durante la Seconda guerra mondiale rese sempre più forte la spinta verso la costituzione di uno Stato ebraico in Palestina, mentre il movimento sionista otteneva un crescente sostegno internazionale. Dopo la decisione britannica (febbr. 1947) di deferire il problema palestinese alle Nazioni unite e l’insuccesso della soluzione prospettata da queste ultime nel nov. 1947, la vittoria delle forze sioniste nel conflitto militare con quelle arabe portò infine alla costituzione dello Stato d’Israele (proclamato nel maggio 1948) in un’area pari a oltre i tre quarti del territorio del mandato. A mezzo secolo dal Congresso di Basilea, l’obiettivo fondamentale allora delineato per il movimento sionista era stato così raggiunto; nei decenni successivi l’attività di quest’ultimo sarebbe proseguita soprattutto come supporto politico e finanziario allo Stato d’Israele e incoraggiamento all’emigrazione ebraica nel Paese.